Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 24 giugno 2016, n. 26450

In tema di reati tributari, non è possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale alla confisca del profitto in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, ancorché con sentenza non definitiva, perché ciò comporta il venir meno della pretesa tributaria e, dunque, la stessa esistenza del profitto del reato, atteso l’intervenuto “sgravio” delle somme di cui all’avviso di accertamento della amministrazione finanziaria

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 24 giugno 2016, n. 26450

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRILLO Renato – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 15/09/2015 del Tribunale di Vicenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Mauro Mocci;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giulio Romano, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 15 settembre 2015, con la quale il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’istanza di revoca del decreto di sequestro per equivalente, emesso dal GIP il 17 gennaio 2014, assumendo che, essendo stata eliminata la pregiudiziale tributaria, il giudice penale non sarebbe stato vincolato dalla sentenza della Commissione tributaria di primo grado, che aveva escluso il debito del ricorrente.
2. Assume il (OMISSIS) l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 20 ed all’articolo 238 bis c.p.p..
Lamenta, in particolare, che il Tribunale, pur prendendo atto della novita’ della pronunzia della Commissione tributaria, medio tempore intervenuta, non l’avrebbe valutata, specie a fronte del principio che l’annullamento della cartella esattoriale, ancorche’ con sentenza non definitiva, avrebbe determinato il venir meno della pretesa tributaria. In altri termini, l’ordinanza impugnata avrebbe omesso di indicare e specificare per quali motivi il Tribunale si sarebbe discostato dalle valutazioni dei giudici tributari, quantomeno ai fini della valutazione di sussistenza del fumus boni iuris dei reati contestati.
D’altronde, la verifica sui presupposti delle misure cautelari reali neppure avrebbe potuto risolversi in un mero controllo formale, dovendo invece essere concreto e condotto anche con riferimento all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo del reato (Corte Cost. ordinanza n. 153 del 2007).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
Rileva il Collegio che le censure del ricorrente colgono nel segno, soprattutto alla luce della richiamata giurisprudenza di questa Corte, che, sul punto, ha gia’ avuto modo di pronunciarsi in fattispecie sostanzialmente analoga a quella in esame Sez. 3, n. 39187 del 02/07/2015 (dep. 28/09/2015), Lombardi Stronati, Rv. 264789.
Con il motivo di ricorso, invero, la difesa si duole della mancata valutazione da parte del giudice della cautela in ordine alla questione del rapporto tra il sequestro e l’annullamento degli atti di accertamento da parte della Commissione tributaria regionale. Vero e’ che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di reati tributari, il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente e’ costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che rimane inalterato anche nella ipotesi di sospensione della esecutivita’ della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria (Sez. 3, n. 9578 del 17/01/2013 – dep. 28/02/2013, Tanghetti, Rv. 254748); ma e’ altrettanto vero che, nel caso in esame, non di sospensione dell’esecutivita’ della cartella si e’ trattato ma di annullamento. Nei reati tributari, il profitto e’ certamente costituito anche il risparmio economico che consegue alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale (Sez. 3, n. 1199 del 02/12/2011 – dep. 16/01/2012, Galiffo, Rv. 251893; Sez. 3, n. 35807 del 07/07/2010 – dep. 06/10/2010, Bellonzi e altri, Rv. 248618; piu’ di recente, Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013 – dep. 23/04/2013, Adami e altro, Rv. 255036), ma e’ altrettanto certo che la possibilita’ di sequestro preventivo per equivalente del profitto (consistente nell’imposta non versata) derivante dal reato tributario e’ prevista nella misura in cui la somma corrispondente sia rimasta nelle casse della societa’.
Se e’ vero che a seguito del reato tributario non si e’ verificato un decremento del patrimonio circolante, l’accrescimento patrimoniale e’ solo il riflesso di un mancato depauperamento che, pero’, non si traduce in un elemento concreto, materialmente apprensibile. Nel caso di specie, dunque, l’intervenuto annullamento della cartella esattoriale, ancorche’ con sentenza non definitiva, comporta il venir meno della pretesa tributaria (e, dunque, l’esistenza del profitto del reato, consistente nel delitto in esame nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma: Sez. 3, n. 10214 del 22/01/2015 – dep. 11/03/2015, Chiarolanza e altri, Rv. 262754), atteso l’intervenuto sgravio delle somme di cui all’avviso di accertamento. Quest’ultimo, in particolare, renderebbe privo di qualsiasi giustificazione “allo stato” (secondo la peculiare natura del giudizio cautelare, necessariamente rebus sic stantibus) il mantenimento del sequestro in assenza di qualsivoglia “attuale” pretesa erariale, sembrando non esservi infatti nell’attualita’ nulla da salvaguardare a seguito non solo dell’annullamento degli avvisi di accertamento ma anche del conseguente provvedimento di “sgravio” del debito tributario, cio’ che manifesterebbe l’assenza, appunto, attuale, di pretese erariali, rendendo quindi illegittimo il sequestro funzionale alla confisca per equivalente di un profitto, in atto, inesistente.
D’altronde, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il giudice, benche’ gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve operare il controllo, non meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il parametro del “fumus” del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purche’ di immediato rilievo (v. Corte cost., ord. n. 153 del 2007) Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014 (dep. 11/04/2014), Di Salvo, Rv. 259337.
Il Tribunale di Vicenza si e’ invece limitato a statuire l’autonomia del giudizio penale rispetto a quello tributario, senza alcuna considerazione (sia pure critica) nei confronti del merito della decisione tributaria, anche ai fini del fumus e dell’elemento soggettivo.
L’ordinanza impugnata dev’essere, conseguentemente, annullata con rinvio al Tribunale del riesame, al fine di accertare, se alla luce di quanto emerso – pur nella sommarieta’ della delibazione legata alla fase cautelare – possa ritenersi ancora sussistere il fumus del delitto per cui si procede, chiarendo, in caso affermativo, se e in che misura possa ancora mantenersi in sequestro il patrimonio del ricorrente ed individuando di conseguenza, se esistente, il profitto confiscabile, imprescindibile presupposto del mantenimento del vincolo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Vicenza.

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