In tema di violenza sessuale la testimonianza della persona offesa può essere posta a fondamento probatorio esclusivo nella ricostruzione del fatto di reato sub judice, purché sottoposta ad un rigoroso e penetrante vaglio critico delle sue credibilità intrinseca ed attendibilità esogena. Tuttavia, il Giudice di merito non può sottrarsi al dovere di esaminare elementi di sospetto rispetto alla testimonianza della persona offesa, i quali risultino posti a fondamento e veicolati da specifici motivi di impugnazione della sentenza di primo grado, limitandosi per contro ad affermare puramente e semplicemente che la vittima non aveva motivo per dire il falso, risultando in tali ipotesi evidente la carenza di motivazione su questioni devolute e rilevanti ai fini del decidere
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 16 settembre 2016, n. 38496
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere
Dott. GENTILE Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/12/2014 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il sig. (OMISSIS) ricorre per l’annullamento della sentenza del 03/12/2014 della Corte di appello di Roma che, per quanto qui rileva, integralmente confermando la pronuncia di primo grado da lui solo impugnata, lo ha definitivamente condannato alla pena (principale) di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 609 bis c.p., u.c., per aver costretto, agendo in modo repentino, la sig.ra (OMISSIS) a subire, contro la di lei volonta’, il reiterato strofinamento del suo pene in erezione contro i glutei della donna mentre viaggiavano su un mezzo pubblico di trasporto; il fatto e’ contestato come commesso in (OMISSIS).
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), vizio di omessa e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata lamentando che la credibilita’ della persona offesa e’ stata ribadita dai Giudici distrettuali senza nemmeno prendere in considerazione gli specifici spunti critici devoluti in appello con i quali si sollecitava un esame critico e puntuale della coerenza intrinseca ed estrinseca della sua testimonianza sotto i vari profili del rapporto di conoscenza con l’imputato, della ricostruzione stessa del fatto, del contrasto con le testimonianze rese dalla guardia giurata (testimone d’accusa) e dalla (OMISSIS) (compagna dell’imputato e testimone della difesa), della attendibilita’ del testimone (OMISSIS) che la persona offesa aveva affermato esser presente sul vagone, della reticenza della vittima a indicare i nomi degli altri suoi conoscenti che lei stessa aveva affermato aver viaggiato sul suo stesso vagone.
1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), il vizio di omessa e/o contraddittoria e/o illogica motivazione in relazione all’affermata assenza di ipotesi alternative alla propria responsabilita’ penale.
Deduce, al riguardo, che diversamente da quanto affermato in sentenza, non ha mai ammesso alcun contatto con la persona offesa se non quelli, non intenzionali, provocati dagli scossoni del treno, stracolmo di gente come ammesso dalla stessa vittima.
Inoltre, prosegue, la Corte di appello ha ritenuto di trarre dalla revoca della costituzione di parte civile la prova della assenza di qualsivoglia intento calunnioso della donna, ma non ha considerato che la revoca e’ stata effettuata perche’ separatamente risarcita dopo la condanna senza alcuna espressa ammissione di responsabilita’.
1.3. Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), inosservanza dell’articolo 164 c.p., e vizio di motivazione contraddittoria ed illogica in punto di ritenuta sussistenza di cause ostative alla concessione dei benefici di legge, in contrasto con le ragioni della revoca della misura cautelare decisa dal Tribunale con ordinanza del 17/07/2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso e’ fondato.
3. Sono fondati, in particolare, il primo ed il secondo motivo.
3.1. Con troppa facilita’, ed in modo alquanto contraddittorio, la Corte di appello liquida le specifiche questioni poste dall’imputato in ordine alla credibilita’ della persona offesa.
3.2. Va innanzitutto evidenziato che non v’e’ alcun nesso logico tra l’ammissione di contatti fisici involontariamente provocati dagli scossoni del vagone e le conseguenze che la Corte territoriale vuol trarne circa l’insostenibilita’ dell’ipotesi dell’errata interpretazione del gesto, ovvero dell’intento calunnioso, alternative alla tesi accusatoria.
3.3. Il vizio logico sta nel fatto che per escludere l’ipotesi dell’errata interpretazione del gesto, la Corte territoriale si adagia apoditticamente proprio sul racconto della persona offesa senza pero’ affrontare nemmeno una delle pur numerose questioni poste dall’imputato sulla credibilita’ di quest’ultima.
3.4. Allo stesso, modo, l’intento calunnioso viene escluso sul rilievo, logicamente e giuridicamente erroneo, che nemmeno la difesa aveva argomenti persuasivi al riguardo, tant’e’ vero – si legge nella sentenza – che la persona offesa aveva revocato la costituzione di parte civile.
3.5. Orbene, a parte il fatto che la persona offesa aveva gia’ ottenuto una forma di risarcimento fuori dal processo (il che toglie sostanza fattuale al ragionamento della Corte di appello), l’argomento utilizzato dai Giudici distrettuali determina una sostanziale inversione dell’onere della prova ai danni dell’imputato che, a sua volta, presuppone un inammissibile atto di fede nei confronti della persona offesa, la cui testimonianza puo’ esser si’ assunta anche da sola come fonte di prova ricostruttiva del fatto per il quale si procede, purche’ sottoposta ad un rigoroso e penetrante indagine positiva sulla sua credibilita’, sopratutto quando portatrice di un personale interesse all’accertamento del fatto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
3.6. Tale interesse, dunque, non puo’ essere aprioristicamente escluso quando la revoca della costituzione di parte civile intervenga successivamente alla sentenza di condanna in primo grado a causa del risarcimento comunque ottenuto.
3.7. Piu’ volte questa Corte ha affermato che, al pari di qualsiasi altra testimonianza, anche quella della vittima di abusi sessuali e’ sorretta da una presunzione di veridicita’ secondo la quale il giudice, pur essendo tenuto a valutarne criticamente il contenuto, verificandone l’attendibilita’, non puo’ assumere come base del proprio convincimento l’ipotesi che il teste riferisca scientemente il falso (salvo che sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere, in assenza dei quali egli deve presumere che il dichiarante, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza) (cosi’, da ultimo, Sez. 4, n. 6777 del 24/01/2013, Grassidonio, Rv. 255104; cfr. anche Sez. 6, n. 7180 del 12/12/2003, Mellini, Rv. 228013 e Sez. 4, n. 35984 del 10/10/2006, Montefusco, Rv. 234830, secondo le quali “in assenza di siffatti elementi, il giudice deve presumere che il teste, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza e deve percio’ limitarsi a verificare se sussista o meno incompatibilita’ fra quello che il teste riporta come vero, per sua diretta conoscenza, e quello che emerge da altre fonti di prova di eguale valenza”).
3.8. Allorquando questi elementi di sospetto si traducano in specifici motivi di impugnazione avverso la sentenza di condanna, la Corte di appello non puo’ sottrarsi al dovere di esaminarli limitandosi ad affermare puramente e semplicemente che la vittima non aveva motivo per dire il falso, perche’ e’ evidente la carenza di motivazione su questioni devolute e rilevanti ai fini del decidere.
3.9. La fondatezza dei primi due motivi di ricorso (che riguardano l’an della punibilita’) assorbe le questioni poste con il terzo anche se non puo’ non stigmatizzarsi anche qui il mancato esame della specifica questione posta con l’appello e relativa alla contraddizione tra la decisione del Tribunale di revocare la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla PG per mancanza di pericolo di reiterazione del reato e il giudizio prognostico negativo ostativo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
3.10. La sentenza va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
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