Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 16 novembre 2016, n. 48304

Nel calcolo della pena se gli elementi negativi sono particolarmente rilevanti (somma evasa e personalità) è superfluo procedere a un esame di quelli positivi.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 16 novembre 2016, n. 48304

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), n. (OMISSIS) a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte d’appello di SALERNO in data 20/10/2015;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOCCI S., che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 20/10/2015, depositata in data 26/01/2016, la Corte d’appello di SALERNO, in parziale riforma della sentenza emessa in data 20/06/2007 dal tribunale di Salerno nei confronti di (OMISSIS), dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso limitatamente al reato ascritto al capo a) della rubrica (emissione continuata in concorso di fatture per operazioni inesistenti Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 8), perche’ estinto per prescrizione, riducendo per l’effetto la pena inflitta al medesimo ad 1 anno e 4 mesi di reclusione; nel resto, confermava la sentenza appellata, la quale aveva riconosciuto l’attuale ricorrente colpevoli anche del delitto di omessa dichiarazione in concorso relativamente al periodo di imposta (OMISSIS), evadendo IVA per un importo pari ad Euro 181.307,76 superiore al limite di legge, reato contestato come commesso in data (OMISSIS), ultima data per la presentazione della dichiarazione annuale, secondo le modalita’ esecutive e spazio – temporali meglio descritte nel relativo capo.

2. Ha proposto ricorso (OMISSIS) impugnando la sentenza predetta con cui deduce due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’individuazione del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno (OMISSIS) ed al momento consumativo del reato.

In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente, la Corte d’appello ha individuato erroneamente il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione dei redditi nel (OMISSIS), senza indicare quale sia la norma che lo preveda, aggiungendo il ricorrente che detto termine potrebbe in realta’ essere procrastinato sino alla scadenza dell’anno solare; in ogni caso, peraltro, il principio del favor rei, dovrebbe consentire la retrodatazione del momento consumativo alla data minima di presentazione.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione apparente in relazione alla determinazione della pena.

In sintesi la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente, la Corte d’appello ha determinato la pena in 2 anni di reclusione, riferendosi ad una condotta complessiva dell’imputato che avrebbe creato ad hoc una societa’ cartiera, cosi’ fornendo in realta’ una motivazione apparente; tale affermazione sarebbe erronea non potendo quanto affermato assurgere a criterio di commisurazione della pena, in quanto la creazione di una “cartiera” costituisce il nucleo del fatto tipico del reato contestato, tant’e’ che senza la societa’ cartiera non vi sarebbe stata nemmeno la contestazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ inammissibile.

4. Ed invero, quanto al primo motivo, deve rilevarsi che sulla base delle disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, e successive modificazioni, la dichiarazione fiscale per l’anno (OMISSIS) doveva essere presentata entro i termini seguenti: a) 2 agosto 2004, per chi presentava il modello in banca o presso gli uffici postali; b) 2 novembre 2004 per chi avesse optato per l’invio telematico. Si ricorda, infine, che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15 gennaio (pubblicato sul Supplemento ordinario n. 15 della Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29/1/2004), erano stati approvati i modelli Iva/2004 e le relative istruzioni per la compilazione, che dovevano essere utilizzati per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta (OMISSIS).

Quanto, poi, al dies a quo da cui computare la consumazione del reato di omessa dichiarazione, e’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il termine di novanta giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi od I.V.A., individuato “ex lege” quale momento consumativo del delitto di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 5, decorre, ove le scadenze siano diverse a seconda della modalita’ prescelta dal contribuente per la presentazione della dichiarazione, dall’ultima scadenza prevista dalle leggi tributarie (Sez. 3, n. 22045 del 21/04/2010 – dep. 10/06/2010, Perrone, Rv. 247636, relativa proprio a fattispecie di omessa dichiarazione I.V.A. in cui il momento consumativo e’ stato individuato in quello della presentazione per via telematica, la cui scadenza era successiva a quella della tradizionale presentazione presso gli uffici postali o bancari).

Tenuto pertanto conto di quanto sopra, corretto e’ il calcolo eseguito dalla sentenza impugnata (salva la indicazione quale termine di consumazione del (OMISSIS) anziche’ nel 2/11/2004) dovendosi quindi computare i sette anni e sei mesi dalla scadenza del 90 giorno successivo al 2/11/2004, ossia dal 2/02/2005; il termine, cosi’ computato, sarebbe quindi andato a scadere il 2/08/2012; devono, pero’, essere calcolati i periodi di sospensione per un totale di anni 3, mesi 6 e gg. 6 (precisamente, i rinvii: dal 10/07/09 al 6/07/2010 e dal 6/07/2010 al 20/01/2012 ai sensi dell’articolo 132 bis disp. att. c.p.p.; dal 20/01/2012 al 23/11/2012 su richiesta del difensore; dal 23/11/2012 al 15/10/2013 per concomitante impegno processuale, nella misura di gg. 60; dal 15/10/2013 al 31/10/2014 per adesione del difensore all’astensione proclamata dall’organismo professionale di appartenenza); ne discende, pertanto, che il termine finale e’ maturato in data 8/02/2016, successivo alla sentenza d’appello, donde trova applicazione il principio secondo cui l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266; nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso, come nel caso in esame).

5. Inammissibile e’, anche, il secondo motivo.

Ed infatti, la pena base e’ stata determinata dal giudice in due anni di reclusione; il giudice ha determinato il trattamento sanzionatorio valutando l’entita’ dei redditi non dichiarati e la condotta complessiva dell’imputato; la pena finale e’ stata quindi fissata in anni 1 e mesi 4 di reclusione. Tenuto conto dei diversi limiti edittali applicabili all’epoca del fatto (da 1 a 3 anni di reclusione, a fronte dell’aumento apportato dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015 da un anno e sei mesi di reclusione a 4 anni), la circostanza che la pena sia stata determinata in misura di poco superiore al minimo edittale, ossia in 1 anno e 4 mesi di reclusione complessivi, rende del tutto prive di pregio le censure del ricorrente.

Ed infatti, osserva questa Corte, il richiamo all’entita’ complessiva dell’IVA di cui e’ stata omessa la dichiarazione si traduce nella valutazione negativa, ex articolo 133 c.p., comma 1, n. 2, della condotta del ricorrente, tenuto conto del danno provocato all’Erario con il proprio comportamento; ed e’ pacifico che ai fini della determinazione della pena il giudice deve procedere ad una valutazione complessiva del fatto e della personalita’ dell’autore, categorie di elementi che, se pure sono indicate in due parti separate della stessa disposizione (articolo 133 c.p.), molto spesso si integrano. Nell’ipotesi in cui gli elementi negativi di valutazione siano particolarmente rilevanti e’ superfluo procedere ad un esame dettagliato di quelli positivi (peraltro nella specie nemmeno indicati dal ricorrente), specialmente quando taluni di questi presentino scarso significato (Sez. 3, n. 15811 del 19/09/1990 – dep. 29/11/1990, Leonardi, Rv. 185876).

6. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

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