In tema di sottrazione fraudolenta di olii minerali al pagamento delle accise, la confisca del mezzo di proprietà di un terzo estraneo al reato, utilizzato per il trasporto della merce, è esclusa solo se tale soggetto fornisce la prova non semplicemente della sua buona fede, ma, specificamente, di non aver potuto prevedere, per cause indipendenti dalla sua volontà, l’illecito impiego, anche occasionale, del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza. Inoltre, l’intervenuta privazione del mezzo di trasporto non costituisce violazione dell’art. 1, protocollo n. 1 della CEDU
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 15 giugno 2016, n. 24847
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. MANZON Enrico – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di NAPOLI in data 7 ottobre 2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO G., che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 7 ottobre 2015, depositata in data 13 ottobre 2015, il tribunale del riesame di NAPOLI rigettava l’appello cautelare proposto da (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante pro – tempore della societa’ (OMISSIS) con sede in (OMISSIS), avverso l’ordinanza emessa in data 25 giugno 2015 dal Gip presso il tribunale di Nola, con cui veniva rigettata la richiesta di dissequestro del semirimorchio marca MENCI, tg. (OMISSIS), gia’ oggetto di sequestro probatorio e sottoposto a vincolo reale ex articolo 321 c.p.p. con provvedimento del 13 aprile 2015; giova precisare, per migliore intelligibilita’ dell’impugnazione, che si procede a carico di tali (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, comma 1, lettera b), per essersi gli stessi riforniti a nero di grossi quantitativi di gasolio per autotrazione, sottraendoli all’accertamento ed al pagamento della relativa accisa, laddove il ricorrente nel procedimento in esame e’ terzo interessato in quanto la societa’ (OMISSIS) s.r.l., di cui il medesimo e’ legale rappresentante pro – tempore, e’ proprietaria del semirimorchio – cisterna tg. (OMISSIS) che, rispetto alla condotta posta in essere dai predetti indagati, svolge secondo la Pubblica Accusa una funzione chiaramente strumentale, fungendo da raccoglitore per lo stoccaggio del combustibile ricevuto a nero.
2. Ha proposto ricorso (OMISSIS) a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando la ordinanza predetta con cui deduce quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.: a) vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della violazione di legge per omessa notifica ex articoli 321 e 321 bis c.p.p.; b) vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della errata applicazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40; c) vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della violazione di legge rappresentata dal protocollo n. 1 CEDU, articolo 1 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo; d) vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), sotto il profilo della contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione.
3. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 25 febbraio 2016, il P.G. presso la S.C. ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, in particolare osservando: a) quanto al primo motivo, osserva che il ricorrente Io. optato per una istanza al Gip di restituzione del bene in sequestro ed ha poi gravato la relativa ordinanza di rigetto dinanzi al tribunale del riesame con rituale appello, di cui il ricorso in questa sede costituisce l’ulteriore corso, cosi’ non potendosi invocare alcuna lesione del diritto di difesa in grado di incidere concretamente sull’originario provvedimento cautelare reale adottato sul mezzo di proprieta’ della societa’ del ricorrente; b) quanto poi al secondo ed al terzo motivo di ricorso, la motivazione di cui all’ordinanza impugnata, inerente la sussistenza del presupposto giuridico del sequestro, non sarebbe censurabile in sede di legittimita’, comportando le censure mosse dal ricorrente una rivalutazione di fatto del compendio indiziario compiutamente esposto al tribunale, trattandosi di sequestro preventivo finalizzato la confisca; c) infine, quanto al quarto motivo di ricorso, osserva il Procuratore Generale come la affermata estraneita’ al reato del ricorrente, come riconosciuto dal tribunale del riesame, non incide sulla confiscabilita’ del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza e perche’ proposto per motivi non consentiti dalla legge.
5. Ed invero, va rilevato – quanto al quarto motivo – che con il medesimo il ricorrente deduce un vizio di contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione che inficerebbe l’ordinanza impugnata. Trattasi, all’evidenza, di vizio non deducibile ex articolo 325 c.p.p., atteso che, per pacifica e costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la totale mancanza di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ o la incompletezza di motivazione le quali non possono denunciarsi nel giudizio di legittimita’ nemmeno tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e) posto che questo richiede la mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione (v., tra le tante: Sez. 5, n. 8434 del 11 gennaio 2007 – dep. 28 febbraio 2007, Ladiana ed altro, Rv. 236255; Sez. U, n. 5876 del 28 gennaio 2004 – dep. 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710).
Il predetto motivo e’ pertanto inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti ex articolo 606 c.p.p., comma 3.
6. Passando quindi all’esame dei residui motivi, gli stessi si appalesano privi di pregio.
6.1. Ed invero, quanto al primo motivo con cui si deduce la nullita’ per omessa notifica al ricorrente del decreto di sequestro preventivo emesso dal PM e dell’ordinanza di convalida della misura cautelare, questioni rispetto alle quali il Gip del tribunale di Napoli non si sarebbe espresso mentre il tribunale del riesame avrebbe risposto affermando che l’omessa notifica del decreto non e’ sanzionata dalla nullita’ essendo tutelato il diritto di difesa dalla facolta’ di proporre richiesta di riesame entro il termine di dieci giorni dalla data in cui si e’ avuta conoscenza dell’atto, va qui ricordato che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, da un lato, in tema di misure cautelari reali, il precetto posto dall’articolo 321 c.p.p., comma 3 – ter, secondo il quale copia dell’ordinanza di convalida del sequestro preventivo e’ immediatamente notificata alla persona cui le cose sono state sequestrate, non e’ sanzionato con la nullita’; esso e’ infatti previsto al fine di accelerare la possibilita’ dell’interessato di proporre impugnazione, ma il ritardo nella notifica (e quindi nella conoscenza del provvedimento) ha solo l’effetto di ritardare la decorrenza del termine di impugnazione per l’interessato, ma non pregiudica l’intervento, l’assistenza o la rappresentanza dell’interessato stesso, ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera c) (v., tra le tante: Sez. 3, n. 1099 del 7 marzo 1996 – dep. 11 aprile 1996, Giorgio, Rv. 204267); dall’altro, e’ poi sufficiente richiamare – al fine di rilevarne l’infondatezza manifesta – quanto ricordato dal P.G. nella Sua requisitoria, nel senso che in tema di misure cautelari reali, l’eventuale omessa notifica del decreto di revoca del sequestro preventivo nei confronti della persona interessata alla restituzione del bene non e’ sanzionata con la nullita’, difettando un’espressa previsione della relativa causa d’invalidita’ ed essendo il diritto di difesa garantito dalla facolta’ di proporre appello entro il termine di dieci giorni dalla data in cui si e’ avuta conoscenza dell’atto (v., da ultimo: Sez. 2, n. 37692 del 15 luglio 2011 – dep. 18 ottobre 2011, Tessiore, Rv. 251137).
E’, quindi, evidente che nessuna nullita’ puo’ rilevarsi in questa sede, posto che il ricorrente ha optato per una istanza al Gip di restituzione del bene in sequestro ed ha poi gravato la relativa ordinanza di rigetto dinanzi al tribunale del riesame con rituale appello, di cui il ricorso in questa sede costituisce l’ulteriore corso, cosi’ non potendosi invocare alcuna lesione del diritto di difesa in grado di incidere concretamente sull’originario provvedimento cautelare reale adottato sul mezzo di proprieta’ della societa’ del ricorrente.
6.2. Quanto, poi, al secondo ed al terzo motivo – che, attesa l’omogeneita’ delle doglianze ad essi sottese, meritano trattazione congiunta – con cui, rispettivamente, il ricorrente si duole, da un lato, per aver il tribunale ritenuto applicabile il disposto del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, cosi’ disponendo il sequestro del mezzo di proprieta’ della societa’ del ricorrente che tuttavia non risulta indagato per tale reato, rivestendo il ruolo di terzo proprietario di buona fede estraneo al reato de quo, e, dall’altro, per determinare tale sequestro una violazione del protocollo n. 1 CEDU, articolo 1 ledendo la misura cautelare il diritto proprieta’ del ricorrente in assenza di prova del coinvolgimento del medesimo nel reato per cui si procede a carico di altri, essendo il ricorrente estraneo ai fatti -, osserva il Collegio che la giurisprudenza di questa Corte e’ pacifica e consolidata nell’affermare che in tema di sottrazione fraudolenta di olii minerali al pagamento delle accise, la confisca del mezzo di proprieta’ di un terzo estraneo al reato, utilizzato per il trasporto della merce, e’ esclusa solo se tale soggetto fornisce la prova non semplicemente della sua buona fede, ma, specificamente, di non aver potuto prevedere, per cause indipendenti dalla sua volonta’, l’illecito impiego, anche occasionale, del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza (v., da ultimo: Sez. 3, n. 40524 del 30 aprile 2015 – dep. 9 ottobre 2015, Gyurek e altri, Rv. 264930). Sul punto, deve qui ricordarsi che in tema di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, va disposta la confisca dei prodotti petroliferi e degli automezzi utilizzati per commettere il reato previsto dal Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, articolo 40, atteso che il Decreto Legislativo ci., articolo 44, prevede che tali beni sono soggetti a confisca secondo le norme vigenti in materia doganale, con conseguente applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, articolo 301, come sostituito dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, articolo 11, comma 19, ai sensi del quale la confisca va sempre ordinata, anche in assenza di una pronuncia di condanna (Sez. 3, n. 16785 del 28 febbraio 2013 – dep. 12 aprile 2013, Boccuto, Rv. 255455).
6.3. Infine la Corte non ritiene fondata la questione proposta nel terzo motivo sull’addotta violazione del protocollo n. 1 CEDU, articolo 1 per l’intervenuta privazione del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, nonostante lo stesso sia di proprieta’ di un terzo estraneo al reato.
L’articolo 1, Protocollo n. 1, nelle parti pertinenti, dispone: Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei propri beni. Nessuno puo’ essere privato della proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
Nella giurisprudenza della Corte europea, sull’argomento, va qui ricordato che la confisca costituisce una misura rientrante nella previsione in deroga di cui al protocollo n. 1, articolo 1, comma 2, (Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale) in quanto misura che garantisce il controllo dell’uso dei beni (v. caso Milosavljev c. Serbia, n. 15112/07, deciso il 12 giugno 2012; v. caso Varvara c. Italia, n. 17475/09, del 29 ottobre 2013). Inoltre, numerosi sono stati i casi in cui la Corte ha attribuito peso significativo al fatto che il veicolo sequestrato avesse il telaio alterato e non potesse essere rimesso su strada. Secondo la Corte, tale circostanza consente di assimilare il caso del veicolo del telaio contraffatto ai casi in cui il provvedimento di confisca e’ applicato a beni la cui importazione e’ vietata (v. caso Agosi c. Regno Unito, sentenza del 24 ottobre 1986, concernente il divieto di importazione di monete d’oro; il caso Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret Anonim SIRKETI c. Irlanda GC, n. 45036/98, deciso il 30 giugno 2005 riguardante il sequestro di un aereo battente la bandiera di Serbia e Montenegro, e locato da una societa’ turca, nel quadro del regime sanzionatorio adottato, su risoluzione dell’ONU, avverso la Repubblica federale di Yugoslavia).
La questione, si noti, e’ stata anche di recente esaminata dalla Corte E.D.U. (Corte europea diritti dell’uomo, Sez. I, 28 aprile 2016, n. 74681/11), nel caso Sulejmani riguardante la confisca di un veicolo disposta nel procedimento penale che aveva interessato il precedente proprietario dell’automezzo confiscato. Orbene, la Corte di Strasburgo ha accolto la tesi del Governo dell’ex Repubblica di Macedonia, secondo cui il ricorrente avrebbe dovuto intentare una causa civile contro il precedente proprietario ai sensi della normativa interna. Sul punto la Corte di Strasburgo ha osservato che il ricorrente, proprio nella sua qualita’ di soggetto che aveva agito in buona fede, aveva la possibilita’ di adire le vie legali davanti ad un tribunale civile per ottenere l’indennizzo per il danno subito a causa della confisca del veicolo (v., mutatis mutandis, C.M. c. Francia (dec.), n. 28078/95, del 26 giugno 2001), cosi’ affermando che la confisca del veicolo del ricorrente non poteva considerarsi un onere eccessivo ed era compatibile con il protocollo n. 1 CEDU, articolo 1.
Applicando, dunque, i principi affermati dalla CEDU al caso in esame, non puo’ certo ritenersi sproporzionato il sequestro preventivo del mezzo utilizzato per commettere un reato di contrabbando, prevista Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, ex articolo 301, base legale legittimante la misura cautelare volta ad impedire un uso per finalita’ illecite, cosi’ che, il fine di una tale ingerenza coincide con l’interesse generale. Quanto alla proporzionalita’ dell’ingerenza, secondo la CEDU, in considerazione del margine di apprezzamento degli Stati nel regolamentare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale, in particolare nell’ambito di una politica di contrasto al fenomeno del contrabbando, l’ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto dei beni costituita dalla confisca del mezzo di trasporto, a seguito di un corretto procedimento in contraddittorio secondo le norme del diritto interno (ben potendo, infatti, dimostrare il terzo proprietario di non aver potuto prevedere, per cause indipendenti dalla sua volonta’, l’illecito impiego, anche occasionale, del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza), non puo’ certo ritenersi sproporzionata rispetto al fine legittimo perseguito. Il rilievo della correttezza del procedimento adottato nel caso di specie rende ragione della correttezza e legittimita’, anche con riferimento alle disposizioni della CEDU, dell’incidenza del provvedimento sui beni sottoposti a confisca, non potendosi nemmeno del resto prospettarsi un contrasto con l’articolo 117 Cost. e articolo 7 C.E.D.U. (Sez. 3, n. 14860 del 17 marzo 2010 – dep. 16 aprile 2010, Sunseeker Holding Limited, Rv. 246965). Seguendo, del resto, le indicazioni piu’ recenti della Corte di Strasburgo, ben potrebbe peraltro il ricorrente agire giudizialmente in sede civile, ove per avventura dovesse subire la confisca del mezzo all’esito del giudizio, ottenendo cosi’ il risarcimento del danno dagli indagati – utilizzatori.
Anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso e’ manifestamente infondato.
7. Solo per completezza, infine, dev’essere rilevato che a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 in materia di depenalizzazione, entrato in vigore il 6 febbraio u.s., devono intendersi depenalizzati alcuni reati in materia di accise e, segnatamente, Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, articolo 40, comma 5, articolo 3, comma 4 e articolo 47, comma 1, periodo 2; in particolare, per quanto qui di interesse, l’articolo 40, comma 5, reca un illecito autonomo rispetto alla previsione del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, comma 1, lettera b), oggetto di attuale contestazione al ricorrente; la fattispecie depenalizzata non riverbera tuttavia, nel caso in esame, alcun riflesso su quella ipotizzata nell’imputazione cautelare mossa all’ (OMISSIS), in quanto la sottrazione al pagamento dell’accisa riguarda gasolio per autotrazione e non gas naturale (ipotesi depenalizzata ove il quantitativo sia inferiore a 5000 mc.), donde nel caso in esame il fatto riveste tutt’ora rilevanza penale.
8. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
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