Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 16 giugno 2016, n. 25027

In tema di reati sessuali, la condotta induttiva prevista dall’art. 600 bis cod. pen., può anche consistere in una attività di incoraggiamento e/o persuasione nei confronti di soggetto minore che abbia anche ventilato l’eventualità di contatti sessuali con adulti, sfruttando proprio l’immaturità ed inesperienza giovanile e contribuendo, così, in maniera significativa – ed anzi, decisiva – allo instradamento del minore verso la strada dei rapporti sessuali con terzi

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 16 giugno 2016, n. 25027

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio Felice – Presidente
Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/11/2014 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udito in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015, la relazione svolta dal Consigliere Dott. GRILLO RENATO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI SANTE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. RIZZUTI Giovanni del foro di Palermo.

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 14 novembre 2014 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella citta’ con la quale (OMISSIS), imputato del delitto di cui all’articolo 600 bis c.p. (induzione e sfruttamento della prostituzione minorile) era stato ritenuto colpevole della sola condotta di induzione alla prostituzione (mentre veniva assolto dalla condotta di favoreggiamento) e condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per il rito, alla pena di anni tre e mesi due di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa.
1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato (OMISSIS) a mezzo del proprio difensore di fiducia affidando il ricorso a due articolati motivi: con il primo, si denuncia vizio di motivazione per illogicita’ manifesta in punto di valutazione delle prove; travisamento della prova, con riferimento alle dichiarazioni della persona offesa e dei soggetti sentiti ai sensi dell’articolo 391 bis c.p.p. e inosservanza della legge processuale penale in punto di valutazione della credibilita’ intrinseca della persona offesa. Con il secondo motivo si denuncia, invece, erronea applicazione della legge penale in punto di qualificazione giuridica della condotta, da sussumersi sotto il paradigma dell’articolo 600 bis c.p., comma 2 e non 1 (come invece ritenuto erroneamente dalla Corte distrettuale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato. Va premesso in punto di fatto ed al fine di meglio valutare il secondo motivo di ricorso, che al (OMISSIS) si fa carico del reato di cui all’articolo 600 bis c.p., comma 1 ed articolo 81 cpv. c.p. per avere indotto alla prostituzione soggetto infrasedicenne, in particolare conducendo il minore in due diverse localita’ della citta’ di (OMISSIS) per la consumazione di rapporti sessuali a pagamento effettuati nei riguardi dello stesso minore (fatti commessi a (OMISSIS) tra il (OMISSIS)).
2. La Corte di merito ha valutato il materiale probatorio (costituito, in prevalenza, dalle dichiarazioni del minore persona offesa rese in diverse occasioni – prima alla P.G. e dopo, in sede di incidente probatorio -; ancora, delle dichiarazioni testimoniali rese da amici della persona offesa e dai genitori) sottoposto al suo esame esprimendo, all’esito, un giudizio di intrinseca credibilita’ del minore sia per la genuinita’ e spontaneita’ delle dichiarazioni, sia per la presenza di riscontri estrinseci alle dette dichiarazioni. Le valutazioni espresse in ordine alla attendibilita’ del minore – censurate dalla difesa – poggiano sulla spontaneita’ della denuncia del minore, preoccupato delle conseguenze che gli sarebbero potute derivare sul piano della salute dai contatti sessuali intrattenuti con altri soggetti adulti ed indottosi, pertanto, a confidare ai propri familiari – in particolare ai suoi genitori – quello che gli era accaduto; ed ancora, sulla circostanza del suo disinteresse alle sorti del giudizio in quanto non costituitosi parte civile. Ne e’ conseguito un giudizio omogeneo di responsabilita’ del (OMISSIS), escludendosi recisamente l’ipotesi che fosse stato il minore – come invece sostenuto dalla difesa – ad indursi ai contatti sessuali a pagamento con terzi e privilegiandosi l’ipotesi inversa, che era stato il (OMISSIS) ad indurre il minore a questi rapporti sessuali. Quanto, poi, alla qualificazione della fattispecie, la Corte di merito ha ritenuto integrata l’ipotesi delittuosa di cui al comma 1 dell’articolo 600 bis c.p. e non quella meno grave, auspicata dalla difesa, di cui al comma 2: secondo il giudice di appello, infatti, nel caso di specie doveva farsi riferimento al comma 1 in relazione alla condotta di induzione posta in essere dal (OMISSIS), laddove il comma 2 prevede una ipotesi di minore offensivita’ rappresentata dal compimento di atti sessuali da parte dell’autore del fatto con il minore dietro compenso di denaro (o di altre utilita’) sicche’ la promessa del denaro e’ volta al fine di convincere il minore ad intrattenere – a pagamento rapporti sessuali con l’autore della promessa.
3. Tanto precisato, il primo motivo del ricorso si sviluppa su tre direttrici: la prima di esse concerne la manifesta illogicita’ con la quale la Corte di merito ha valutato le dichiarazioni del minore, traendo spunto da alcuni episodi da lui descritti nei quali viene fatto riferimento ad incontri sessuali a pagamento ed alla condotta del (OMISSIS), dai quali – secondo la tesi difensiva – emergerebbe una ipotesi del tutto diversa da quella recepita dalla Corte: non sarebbe stato il (OMISSIS) ad incoraggiare il ragazzo ad intraprendere rapporti sessuali con altri uomini ed a sostenerlo in tale proposito, ma lo stesso minore ad autodeterminarsi sia nelle sue scelte sia nella idea di intrattenere in generale rapporti sessuali a pagamento.
3.1 La seconda direttrice si sviluppa sul versante del travisamento della prova: la Corte di merito, nel valutare le dichiarazioni rese dal minore nel corso dell’incidente probatorio in riferimento ai due episodi verificatisi nei locali “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”, avrebbe completamente stravolto le affermazioni del minore con le quali egli dichiarava di aver assunto (anzi cercato di assumere) iniziative per intrattenere rapporti sessuali a pagamento con altri uomini proponendosi al (OMISSIS) (il quale avrebbe manifestato perplessita’ e stupore) che poi lo avrebbe accompagnato sui luoghi convenuti per i rapporti sessuali, ma dopo che l’autodeterminazione del minore si era concretizzata. In analogo travisamento sarebbe incorsa la Corte territoriale in riferimento alle deposizioni rese da (OMISSIS), facente parte della cerchia di amici del minore, che avrebbe riferito proprio dell’intenzione assolutamente spontanea del giovane di provare le esperienze sessuali senza alcun intervento di tipo induttivo o persuasivo da parte del (OMISSIS), in un certo senso sorpreso e meravigliato dei propositi esternati dal ragazzo.
3.2 La terza direttrice concerne il tema della attendibilita’ intrinseca del minore, ritenuta elevata da parte della Corte territoriale sulla base di un assioma, per di piu’ mutuato dalla decisione di primo grado, secondo il quale la credibilita’ del ragazzo derivava sostanzialmente dalla spontaneita’ con la quale egli si era deciso a rivelare ai suoi genitori ed al fratello quanto accadutogli sul piano sessuale, impaurito delle possibili negative conseguenze sul proprio stato di salute (possibile contrazione di gravi malattie); ancora, dal fatto che il minore aveva deciso di non costituirsi parte civile cosi’ manifestando un chiaro disinteresse alle sorti del processo e l’assenza di rivalsa verso il (OMISSIS). Secondo la tesi difensiva sarebbe stato il minore, invece, ad essere stato costretto dai suoi genitori a denunciare i fatti alla P.G. (“O lo denunciamo o ci pensiamo noi” avrebbero detto i genitori, una volta appresi i fatti dal figliolo), mentre il dato della mancata costituzione di parte civile sarebbe neutro e comunque insufficiente, da solo, a giustificare il giudizio di attendibilita’ ritenuto dalla Corte di merito. In ultimo, la difesa rileva che quelli che la Corte definisce riscontri estrinseci alle dichiarazioni del minore, non hanno affatto tale caratteristica sicche’, anche sotto tale profilo, la motivazione in punto di credibilita’ intrinseca del minore si rivela manifestamente illogica e contraddittoria rispetto alla realta’ processuale.
4. Sebbene dettagliatamente e coerentemente sviluppate, le argomentazioni difensive non sono fondate. Dal complesso delle dichiarazioni del minore si evince, anzitutto,la circostanza che sia stato il (OMISSIS) ad approfittare di alcune favorevoli e contingenti opportunita’ per indurre il minore a prostituirsi con adulti dietro compenso. Dal racconto del ragazzo emerge, contemporaneamente, una marcata curiosita’ sessuale spinta anche alla eventualita’ di rapporti sessuali a pagamento ed una altrettanto marcata, e penalmente rilevante, interferenza del (OMISSIS) in questa curiosita’ adolescenziale che e’ valsa ad incoraggiare il ragazzo a praticare questa strada. L’equivoco di fondo in cui cade la difesa laddove ritiene che il (OMISSIS) sia del tutto estraneo al processo volitivo sviluppatosi – a detta della difesa – in termini di autodeterminazione del ragazzo ad intraprendere la strada del vizio, consiste proprio in una visione riduttiva della condotta penale descritta dall’articolo 600 bis c.p., comma 1: la difesa ritiene che ad integrare il reato occorra la determinazione da parte dell’autore a convincere un minore del tutto “digiuno” di pratiche sessuali ad intraprendere la strada dei rapporti sessuali a pagamento. A ben vedere, e come da sempre affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cosi’ Sez. 3, 7.2.2013 n. 16759, G, Rv. 255453; idem 11.1.2011 n. 4235, F., Rv. 249316), la condotta induttiva puo’ anche consistere in una attivita’ di incoraggiamento e/o persuasione nei confronti di soggetto minore che abbia anche ventilato l’eventualita’ di contatti sessuali con adulti, sfruttando proprio l’immaturita’ ed inesperienza giovanile e contribuendo, cosi’, in maniera significativa – ed anzi, decisiva – allo instradamento del minore verso la strada dei rapporti sessuali con terzi: strada certamente pericolosa e tale da suscitare nel giovane – come e’ accaduto nella specie – la paura di poter contrarre dopo le prime sperimentazioni sessuali malattie e, quindi, la decisione di confidare quanto accadutogli ai genitori. Ecco perche’ la valutazione operata dalla Corte di merito in ordine alla decisione del ragazzo di raccontare tutto ai genitori con la prospettiva inevitabile di una denuncia penale viene posta – a ragione – in stretta correlazione con l’attivita’ induttiva esercitata dal (OMISSIS), seppure in termini di incoraggiamento e rafforzamento di una altrui volonta’ per di piu’ dal carattere debole perche’ riguardante un soggetto immaturo (il ragazzo era poco piu’ che quindicenne e dunque nemmeno in condizioni di comprendere realmente i rischi che avrebbe potuto correre nell’intrattenere rapporti sessuali con sconosciuti) allettato dalla prospettiva di avere denaro in modo facile.
4.1 Del resto la formula adoperata nell’articolo 600 bis c.p., comma 1 indica quale caratteristica della condotta esclusivamente la parola “induzione” senza ulteriori aggiunte o specificazione: l’etimologia del termine “induce” si riferisce ad un comportamento non solo orientato alla determinazione da parte di un soggetto verso l’altro, ma ad una azione caratterizzata da persuasione, convincimento, incoraggiamento. Una condotta, dunque, che implica da parte di un soggetto la spinta in qualunque modo attuata (o attuabile) verso un altro soggetto a compiere qualcosa influenzandone la volonta’.
4.2 La giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla induzione alla prostituzione minorile afferma che per configurarsi il reato non e’ necessario che il soggetto passivo sia avviato ad avere rapporti a pagamento con una pluralita’ indiscriminata di persone, essendo sufficiente che l’agente convinca il minore a fare mercimonio del suo corpo, senza che sia necessario che si tratti di soggetto iniziato o gia’ dedito alla vendita del proprio corpo, bastando che l’agente ponga in essere una condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi al fine di una qualsiasi utilita’ economica (cosi’ Sez. 3, 19.5.2010 n. 26216, P.M. in proc. A. Rv. 247696).
4.3 Sul piano dell’interpretazione sistematica si identifica, quindi, nella condotta di “induzione” un qualsivoglia comportamento che valga a spingere, o solo ad incoraggiare, il minore a compiere atti sessuali a fronte di una controprestazione che puo’ essere costituita dall’elargizione di danaro o da qualsiasi altra utilita’, anche sfruttando le debolezze del minore: soggetto, come e’ noto, manipolabile, incapace o comunque, inadeguato ad autodeterminarsi, facilmente influenzabile ed inducibile ad atti sessuali che possono avere ricadute negative, anche non emendabili, sul suo futuro sviluppo psicofisico. Il che spiega la maggiore tutela giuridica apprestata ai minori rispetto agli adulti sul fronte della induzione ad atti sessuali e/o dello sfruttamento sessuale in coerenza con le direttive seguite in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 cui l’Italia ha prestato adesione come risulta dall’articolo 31 Cost., comma 2 (vds. Sez. 3, 4.7.2006 n. 33470, Cantoni ed altri, Rv. 234787).
4.4 Ne consegue che, partecipando l’agente – in maggiore o minor misura – al processo volitivo del minore, attraverso una sollecitazione ovvero un incoraggiamento ovvero ancora blandendolo, affinche’ compia atti sessuali in cambio di una qualche utilita’ si configura l’induzione disciplinata appunto dall’articolo 600 bis c.p., comma 1.
5. Non puo’ allora considerarsi illogica, quanto meno in modo manifesto, la conclusione della Corte territoriale secondo cui sarebbe stato il (OMISSIS) ad indurre il ragazzo a prostituirsi per denaro, e non l’inverso. E se anche dovesse prestarsi credito a quello scambio di battute riportato dalla difesa secondo cui alla richiesta del minore rivolta al (OMISSIS) “… qualche volta mi fai provare anche a me-” l’imputato avrebbe risposto con un laconico quanto eloquente “se, va be’” (si’, va bene), espressione dialettale palermitana che sta a significare la non condivisione della richiesta o comunque un lasciar perdere, il discorso non muterebbe affatto, perche’ il (OMISSIS), approfittando della immaturita’ e manipolabilita’ del minore, lo ha poi incoraggiato sulla strada del vizio conducendolo in luoghi ove si esercitava la prostituzione ed addirittura scegliendo di propria iniziativa un luogo piu’ sicuro (Foro Italico battuto da molte prostitute e dunque piu’ agevolmente sottraibile ad accertamenti di P.G. per la confusione che vi imperava, rispetto alla (OMISSIS), luogo solito di convegno di transessuali e prostitute).
6. Quanto al vizio di travisamento della prova, come ricordato dalla stessa difesa, esso va qualificato come un tipico esempio di contraddittorieta’ processuale (in termini Sez. 6 18.11.2010 n. 8342, P.G. in proc. Greco, Rv. 249583). A differenza del cd. “travisamento del fatto” il cui esame e’ precluso in sede di legittimita’ esulando dai poteri della Suprema Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e piu’ adeguata valutazione delle risultanze processuali, il travisamento della prova si verifica quando nella motivazione si introduca un’informazione rilevante che non esiste nel processo ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia e dunque rientra a pieno titolo nel sindacato del giudice di legittimita’ (Cass. Sez. 5 39048/07 cit.; Cass. Sez. 3 18.6.2009 n. 39729, Belluccia e altri, Rv. 244623).
6.1 Ora la Corte palermitana, nell’esaminare le dichiarazioni rese dall’ (OMISSIS), non ne ha affatto travisato il contenuto, come reputa la difesa del ricorrente, in quanto l’ (OMISSIS) (come emerge dal testo delle sue dichiarazioni riportato dalla difesa) si e’ limitato a riferire di aver notato il (OMISSIS) parlare con un soggetto in zona (OMISSIS) ed il minore avvicinarsi ai due partecipando alla discussione, pur senza ascoltare cosa i tre si dicessero. Lo stesso (OMISSIS) come evidenziato dalla difesa – ha precisato che il (OMISSIS) si sarebbe allontanato e il minore sarebbe rimasto a parlare con l’uomo per poi fare ritorno nel punto in cui si trovavano il (OMISSIS) e l’ (OMISSIS): costoro avrebbero espresso stupore alla proposta esternata dal minore di provare una esperienza di sesso orale con un adulto (nel caso di specie un dottore noto come omosessuale e pronto a dare denaro in cambio del contatto), escludendo che fosse stato il (OMISSIS) a sollecitare il ragazzo a provare quella esperienza e sottolineando che era il ragazzo ad insistere in quella proposta. Dimentica, pero’, la difesa che questi dialoghi si erano svolti all’interno dell’auto con la quale il (OMISSIS) intendeva accompagnare, come poi e’ avvenuto, il minore nella zona del (OMISSIS) ove si sarebbe dovuto incontrare con il dottore omosessuale e quindi e’ evidente l’incoraggiamento prestato dall’imputato che, anziche’ dissuadere il ragazzo dai suoi propositi, pur avendo egli stesso espresso perplessita’ al riguardo, non ha poi esitato ad accompagnare il ragazzo sul luogo convenuto agevolandogli il compito persino nella scelta logistica.
6.2 Ancora una volta erra la difesa nell’attribuire al minore l’esclusiva iniziativa, anche perche’ il (OMISSIS) ha partecipato all’azione accompagnando il minore sui luoghi con la propria autovettura e dunque, interferendo nei suoi propositi.
7. Quanto alla attendibilita’ intrinseca del minore messa in discussione dalla difesa, la valutazione operata dalla Corte di merito e’ corretta ed, in ogni caso, esente da censure sotto il profilo della congruita’ logica, in quanto le incertezze manifestate dal minore che la difesa ha interpretato come vere e proprie stridenti contraddizioni, tali non sono, in quanto il minore ha spiegato in modo convincente quali fossero state le proprie paure che alla fine lo avevano indotto a confidarsi con i genitori: atteggiamento, questo, che correttamente la Corte territoriale ha interpretato come spontaneita’ delle dichiarazioni e non costrizione a renderle come prospettato dalla difesa. La Corte ha anche sottolineato come alcune difficolta’ nel rendere le dichiarazioni derivavano dal senso di vergogna provato dal ragazzo nel dover raccontare episodi della sua vita visti in chiave negativa per se’, in quanto vissuti come episodi disdicevoli. Il dover confessare vicende intime afferenti alla propria sessualita’, per di piu’ non usuali, certamente e’ stato considerato dalla Corte elemento tale da poter in qualche misura influenzare il racconto del giovane senza tuttavia togliere nulla alla verita’ delle sue narrazioni. Cosi’ come le asserite contraddizioni tra la versione resa ai Carabinieri in sede di sommarie informazioni testimoniali e quella resa in sede di incidente probatorio in realta’ non ha assunto alcun valore decisivo secondo il giudizio della Corte anche perche’ la disponibilita’ del minore e’ sempre rimasta presente nel suo racconto, ferma restando l’interferenza del (OMISSIS) nel processo volitivo del ragazzo in termini di incoraggiamento. Pertanto e’ corretta la conclusione della Corte palermitana secondo la quale il ragazzo avrebbe dichiarato di essersi fatto convincere con leggerezza a farsi coinvolgere in rapporti sessuali con il (OMISSIS) e con altri da lui indicati (vds. pag. 4 della sentenza impugnata).
7.1 La circostanza che il minore non si e’ costituito parte civile viene, a ragione, considerata dalla Corte un elemento aggiuntivo che conferma l’attendibilita’ del racconto verificata attraverso la spontaneita’ del racconto e la semplicita’ della sua esposizione.
8. Quanto, infine, alla prospettata assenza di riscontri estrinseci alle dichiarazioni del minore, in effetti l’affermazione della Corte circa la loro esistenza e’ esente da censure sul fronte motivazionale. Correttamente la Corte di merito ha indicato tra i riscontri le dichiarazioni dei genitori che, per primi, hanno raccolto le confidenze del minore e che testimoniano anche della credibilita’ del ragazzo in considerazione delle modalita’ del disvelamento dei fatti.
8.1 Cosi’ come le dichiarazioni degli altri giovani escussi nel corso delle indagini confermano la presenza del (OMISSIS) nel locale, la sua inclinazione ad offrire da bere ai ragazzi (persona offesa compresa) e dunque, la sua propensione ad attrarli verso di se’ e verso il proibito con una serie di blandizie che evidentemente facevano molta presa sulle giovani ed inesperte menti dei ragazzi che erano soliti frequentare quei luoghi. Corretta anche l’affermazione della Corte secondo la quale tutti gli amici e conoscenti del minore hanno comunque raccontato gli episodi riguardanti i rapporti con il (OMISSIS) con grande difficolta’ e disagio derivante, anche per loro, dall’imbarazzo nel dover confessare vicende intime che li riguardavano direttamente e personalmente, ritenute commendevoli.
9. E’ infondato anche il secondo motivo riguardante la presunta inosservanza della legge penale in cui sarebbe incorsa la Corte palermitana nella qualificazione della condotta: nel caso di specie, ad avviso della difesa, la condotta dell’imputato andrebbe inquadrata nell’articolo 600 bis c.p., comma 2.
9.1 Come e’ noto, nella giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, la linea di confine tra le due fattispecie dell’articolo 600 bis c.p., commi 1 e 2 va individuata tenendo conto del carattere residuale della fattispecie meno grave e della finalita’ complessiva della norma, introdotta dalla L. 3 agosto 1998, n. 269, articolo 2, comma 1, e rafforzata, nella tutela del minore, dalla L. 6 febbraio 2006, n. 38, articolo 1 in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 che raccomandano e giustificano una tutela penale piu’ intensa per i minori in quanto soggetti facilmente manipolabili ed inducibili ad atti sessuali che possono avere ricadute negative, anche non emendabili, sul loro futuro sviluppo psicofisico.
9.2 Muovendo, allora, dal concetto di induzione nei termini precedentemente esposti, va osservato che nella fattispecie meno grave e residuale (giustificata dalla formula “salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato”) dell’articolo 600 bis c.p., comma 2, l’agente tiene un comportamento che, pur essendo ugualmente abusivo del minore al pari di quanto accade nel comma 1, e’ assolutamente neutro rispetto alla determinazione della volonta’, pur immatura, di quest’ultimo di assentire al compimento di atti sessuali con controprestazione; il minore, in quel caso, non e’ benche’ minimamente sollecitato, o incoraggiato, o blandito perche’ si determini al compimento dell’atto sessuale con controprestazione.
9.3 Si e’ sottolineato in proposito che, con l’articolo 600 bis c.p., comma 2, il legislatore (sia quello della L. n. 268 del 1998 che, a maggior ragione, quello della L. n. 38 del 2006), per cercare di eliminare ogni forma di prostituzione minorile, ha introdotto una inedita fattispecie di reato sottoponendo a sanzione penale anche la mera condotta del “cliente” (Cass. Sez. 3, 4.7.2006 n. 33470, cit.).
9.4 Nel caso in cui, invece, l’agente partecipi, in maggior o minor misura, al processo volitivo del minore, sollecitandolo, o incoraggiandolo, o blandendolo, perche’ compia atti sessuali in cambio di una qualche utilita’ vuoi con lo stesso agente, vuoi con altri, si configura l'”induzione” alla prostituzione minorile e quindi si ricade nella piu’ grave fattispecie dell’articolo 600 bis c.p., comma 1.
9.5 La tesi sostenuta dalla difesa fa leva sul fatto della assenza di processi induttivi che invece la Corte di Palermo ha ritenuto, in modo convincente e logico, provati.
9.6 Come esattamente ricordato dal giudice distrettuale, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 19.12.2013 n. 16207, S. Rv. 258757, hanno superato un precedente contrasto interpretativo, affermando che la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilita’, attraverso la quale un minore di eta’ compresa tra i 14 ed i 18 anni venga convinto ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma 2 e non di quella di cui all’articolo 600 bis c.p., comma 1.
9.7 A tale conclusione le S.U. sono giunte sottolineando che il concetto di “induzione alla prostituzione”, anche con riferimento alla fattispecie di “prostituzione minorile”, non puo’ essere diversa dalla nozione tradizionalmente accolta con riferimento alle fattispecie di prostituzione fra adulti, che ha, da sempre, consentito pacificamente di escludere la punibilita’ del “cliente”; la nozione penalmente rilevante di “induzione alla prostituzione” puo’ abbracciare soltanto quelle ipotesi in cui il soggetto passivo e’ indotto a prostituirsi nei confronti di “terzi”, e non gia’ quando l’attivita’ persuasiva e’ rivolta a compiere atti sessuali con lo stesso adulto “induttore”: con la precisazione che – per il Collegio – i “terzi” potrebbero essere anche una singola persona diversa dal soggetto agente (vds. S.U. n. 16207/13 cit.; v. anche Sez. 3 27.1.2014 n. 5927, S. e altro, Rv. 263468).
9.8 In altri termini, si e’ evidenziato che l’induzione, per essere tale, deve essere diretta a fare si che il minore abbia rapporti sessuali con un soggetto diverso dall’induttore, perche’ altrimenti si risolve nel compimento di rapporti sessuali con minorenne in cambio di denaro o altra utilita’ economica.
9.9 Stando al capo di imputazione fatto proprio dai giudici di merito, in cui si fa riferimento all’offerta di denaro o utilita’ economiche da parte dell’imputato al minore per convincerlo ad avere rapporti con terzi estranei deve, conclusivamente, rilevarsi che tale ipotesi va ricompresa nel paradigma normativo di cui all’articolo 600 bis c.p., comma 1.
9.10 D’altra parte la tesi difensiva, per cercare di dimostrare l’erronea qualificazione della condotta, fa leva sulla assenza di induzione al compimento di atti sessuali con terzi circoscrivendo la condotta ai soli rapporti intercorsi tra il (OMISSIS) ed il minore: il che non e’ per quanto visto in precedenza esaminando il profilo delle censure della sentenza impugnata sul piano motivazionale.
10. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *