Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 15 giugno 2016, n. 12281

Escluso che la copertura assicurativa possa essere operare, in relazione ai danni subiti dai terzi trasportati, se il trasporto non è effettuato in conformità alle disposizioni vigenti o alle indicazioni della carta di circolazione.  In ordine alla conformità alle prescrizioni della carta di circolazione, vale l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito. Quanto, invece, al rispetto delle norme per il trasporto, la disposizione contrattuale non può, all’evidenza, ricomprendere in tale espressione anche la violazione, commessa dal conducente, di regole di comportamento derivanti dal codice della strada.  In altri termini, una cosa è che vi siano, ad esempio, difetti strutturali o di costruzione del mezzo tali da provocare un sinistro, altra cosa è che il fatto dannoso sia stato generato dalla violazione di regole di circolazione o di semplice prudenza. Nel caso di specie, è pacifico che il tragico incidente si verificò a causa di un’indebita sosta in prossimità di un traliccio dell’alta tensione, durante la quale il braccio alzato della gru provocò il mortale arco voltaico; ma è evidente che ciò non attiene alle modalità del trasporto, bensì a colposa violazione di regole di prudenza.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 15 giugno 2016, n. 12281

Svolgimento del processo

1. D.S. , F.D. e D.A. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Tempio Pausania, F.A. , la s.r.l. P.M. 3 e la s.p.a. HDI Assicurazioni chiedendo che fossero condannati in solido – nelle rispettive qualità di conducente, proprietario ed assicuratore – al risarcimento dei danni conseguenti al tragico incidente nel quale aveva perso la vita D.C. , figlio e fratello degli attori.

A sostegno della domanda esposero che il camion condotto dal F. si era fermato, con il braccio della gru sollevato, in prossimità di un traliccio dell’alta tensione e che da tale improvvida manovra era partita una scarica elettrica che aveva fulminato la vittima, che viaggiava quale trasportato a bordo del mezzo condotto dal F. .
Rimasto contumace il F. , si costituirono in giudizio sia la società P.M. 3, proprietaria del mezzo, che la società di assicurazione HDI; entrambe contestarono l’attribuzione di responsabilità al conducente, mentre la seconda eccepì la non operatività della polizza di assicurazione, chiedendo in via riconvenzionale di essere ammessa a ripetere nei confronti della proprietaria le somme eventualmente poste a suo carico a titolo di garanzia assicurativa.
Istruita la causa con prove per interrogatorio e per testi, il Tribunale accolse in parte la domanda e, riconosciuta la responsabilità del conducente F. nella determinazione del sinistro, condannò i convenuti in solido al risarcimento dei danni, rigettando la domanda di rivalsa proposta dalla società di assicurazione nei confronti della società proprietaria.
2. La sentenza è stata appellata dalla s.p.a. HDI Assicurazioni e nel giudizio si è costituita la sola società P.M. 3, nella contumacia degli altri.
La Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 22 febbraio 2013, ha rigettato l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale che – dando per pacifico l’avvenuto passaggio in giudicato della decisione del Tribunale in ordine all’an ed al quantum del risarcimento dei danni in favore dei familiari della vittima – l’unico punto in discussione riguardava la fondatezza o meno dell’azione di regresso promossa dalla società di assicurazione nei confronti di quella proprietaria del mezzo.
Risultava dall’esame della polizza contrattuale che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, lettera e), la copertura assicurativa era esclusa, in relazione ai danni patiti dai terzi trasportati, se il trasporto non era stato effettuato “in conformità alle disposizioni vigenti o alle indicazioni della carta di circolazione”. Nella specie, il camion assicurato era dotato di una gru per il sollevamento di cose da collocare nel cassone retrostante ed era abilitato al trasporto di cose per un peso complessivo di kg 24.000; non risultava dalla carta di circolazione, perciò, che vi fosse un ostacolo a trasportare nel cassone – com’era avvenuto nel caso in esame – una vettura, anche in avaria, né vi erano specifiche limitazioni in ordine all’altezza massima di quanto trasportato. Doveva perciò escludersi che il camion fosse stato adibito ad un trasporto vietato dalla carta di circolazione, tanto più che non era stato allegato né il superamento del peso massimo, né che la vettura trasportata fuoriuscisse dal cassone, né sussisteva un divieto a viaggiare “con la gru raccolta dietro la cabina invece che protesa verso il cassone”.
In conclusione, quindi, la polizza assicurativa doveva ritenersi operante nel caso di specie.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Cagliari propone ricorso principale la s.p.a. HDI Assicurazioni, con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste la s.r.l. P.M. 3 con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Con il primo ed unico motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1882 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 61, comma 1, lettera b), del codice della strada.
Rileva la società ricorrente che l’autocarro era adibito al trasporto di materiali edili e non di autovetture, mentre in occasione dell’incidente vi era stata caricata una vettura in modo tale da superare l’altezza consentita. La Corte d’appello non avrebbe tenuto in alcuna considerazione il fatto che il carico era troppo alto, in violazione del citato art. 61; il che rendeva evidente che il trasporto era stato effettuato senza rispettare le disposizioni vigenti e che perciò la polizza assicurativa non era operante nella specie. La decisione, limitandosi a valutare che il trasporto fosse avvenuto in modo rispettoso della carta di circolazione, non avrebbe considerato il superamento dell’altezza consentita, risultante dagli atti dell’indagine compiuta in sede penale.
1.1. Il motivo di ricorso in esame, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento.
1.2. Si osserva, innanzitutto, che esso è formulato secondo una tecnica non rispettosa dell’art. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ., giacché fa riferimento ad una serie di atti e documenti del giudizio di merito senza indicare come e dove essi siano stati messi a disposizione di questa Corte (v. Sezioni Unite, sentenza 3 novembre 2011, n. 22726).
Oltre a ciò, la Corte rileva che non è chiaro o, almeno, non è chiaramente comprensibile dal tenore del ricorso – se la questione relativa alla presunta violazione dell’art. 61, comma 1, lettera b), cod. strada sia stata effettivamente posta al giudice di merito; da quanto è dato comprendere dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso in esame, infatti, sembra piuttosto che la discussione davanti ai giudici di merito si sia concentrata sul contenuto della carta di circolazione dell’automezzo, allo scopo di accertare se il trasporto di un’auto in avaria potesse ritenersi ammissibile o meno sulla base di quel documento. Il che comporta che l’odierno motivo di ricorso potrebbe avere, magari anche solo in parte, un contenuto di novità rispetto agli argomenti trattati in sede di merito.
1.3. Tanto premesso, osserva il Collegio che la disposizione contrattuale invocata dalla parte ricorrente e richiamata dalla Corte d’appello esclude che la copertura assicurativa possa essere operante, in relazione ai danni subiti dai terzi trasportati, “se il trasporto non è effettuato in conformità alle disposizioni vigenti o alle indicazioni della carta di circolazione”. In ordine alla conformità alle prescrizioni della carta di circolazione, vale l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito, in sostanza neppure contestato dalla società ricorrente. Quanto, invece, al rispetto delle norme per il trasporto, la disposizione contrattuale non può, all’evidenza, ricomprendere in tale espressione anche la violazione, commessa dal conducente, di regole di comportamento derivanti dal codice della strada.
In altri termini, una cosa è che vi siano, ad esempio, difetti strutturali o di costruzione del mezzo tali da provocare un sinistro, altra cosa è che il fatto dannoso sia stato generato dalla violazione di regole di circolazione o di semplice prudenza. Nel caso di specie, è pacifico che il tragico incidente si verificò a causa di un’indebita sosta in prossimità di un traliccio dell’alta tensione, durante la quale il braccio alzato della gru provocò il mortale arco voltaico; ma è evidente che ciò non attiene alle modalità del trasporto, bensì a colposa violazione di regole di prudenza.
Non va dimenticato, del resto, che il principio secondo cui l’assicurazione per la responsabilità civile conseguente alla circolazione degli autoveicoli si estende ai danni causati ai terzi trasportati – oltre ad essere stato più volte affermato da questa Corte (v. la sentenza 16 marzo 2009, n. 6316, delle Sezioni Unite) – è conforme anche alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, che l’ha in più occasioni ribadito. La CGUE ha infatti affermato che le direttive dell’Unione ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli (v. le sentenze 30 giugno 2005, in causa C-537/03, Candolin, e 19 aprile 2007, in causa C-356/05, Farrel; si vedano, sul punto, le considerazioni svolte dalla Sezione Lavoro di questa Corte con la sentenza 12 settembre 2014, n. 19301).
2. Il ricorso principale, pertanto, è rigettato.
3. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale il quale, benché non formulato esplicitamente in termini condizionati, tale è nella sostanza delle prospettate argomentazioni.
A questo esito segue la condanna della società ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e condanna la società ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

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