Risulta illegittimo il rifiuto da parte dell’acquirente di procedere alla stipula del contratto definitivo in quanto al momento non sussisteva alcun rischio concreto che terzi creditori intendessero agire esecutivamente sui beni della compravendita, non avendo l’acquirente fornito alcuna prova al riguardo
Suprema Corte di Cassazione
sezione III civile
ordinanza 28 luglio 2017, n. 18771
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24034-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 92/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano con sentenza 12.1.2015 n. 92 ha confermato la decisione di prime cure, rigettando l’appello proposto da (OMISSIS), ritenendo infondata la pretesa risarcitoria da quello formulata nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. per inadempimento degli obblighi di stipula del definitivo scaturenti dal contratto preliminare di vendita in data 6.3.1999.
Osservava il Giudice di appello che le parti si erano determinate alla stipula del preliminare di vendita dell’immobile di proprieta’ del (OMISSIS) per sottrarre il bene, sul quale erano in corso i lavori di costruzione, dalla aggressione dei creditori del venditore, come emergeva dalla collaterale scrittura privata sottoscritta dalle parti, e che, pertanto, si palesava legittimo il rifiuto di adempiere il preliminare da parte della societa’, essendosi particolarmente aggravata la situazione debitoria del (OMISSIS) rispetto a quella ipotizzabile all’atto della stipula del preliminare, con conseguente giustificato timore da parte del promissario acquirente di “situazioni che possono pregiudicare seriamente la tranquillita’ ed il buon proseguimento dei lavori conseguenti all’atto notarile”.
La sentenza e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con quattro motivi, illustrati da memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.
Resiste con controricorso la societa’ intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Dagli atti regolamentari si evidenziano le seguenti deduzioni difensive svolte dalle parti nei gradi di merito.
La tesi difensiva dell’attuale ricorrente pone a fondamento degli argomenti critici rivolti alla sentenza impugnata la sequenza cronologica dei fatti di seguito riassunta:
la situazione debitoria verso le banche era ben nota alle parti del preliminare stipulato in data 6.3.1999: il (OMISSIS) era stato autorizzato dalle banche creditrici ad effettuare la vendita cosi’ da rientrare nella esposizione: l’assenso delle banche alla operazione ed alla cancellazione della ipoteca era stato reso ad (OMISSIS) s.r.l. (ricorso pag. 11 e pag. 13)
– nella scrittura privata “collaterale”, in pari data, si precisava che una modesta parte del bene oggetto del preliminare (porzione di capannone che – sembra – consentisse l’accesso al residuo immobile su cui dovevano eseguirsi i lavori), veniva trasferita “solo temporaneamente” alla societa’ “per impedire che eventuali azioni di creditori – ndr sui beni del (OMISSIS) – potessero bloccare i lavori di costruzione” intrapresi dalla societa’ sulla residua area del fondo, con obbligo di ritrasferimento della proprieta’ della “porzione” in questione alla fine dei lavori: tale obbligo di ritrasferimento, assunto da (OMISSIS) s.r.l., sarebbe stato garantito da fidejussione, che tale Bezze avrebbe rilasciato a favore del (OMISSIS), alla stipula del rogito
– il rogito fissato per il 10.6.1999 non era stato stipulato, avendo comunicato il proprio rifiuto, (OMISSIS) s.r.l., con lettera 10.6.1999 a causa del mancato perfezionamento della vendita immobiliare, sarebbe seguita la istanza di fallimento proposta da una delle banche creditrici, e quindi la sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale Monza n. (OMISSIS), con conseguente vendita dei beni all’asta ad un prezzo inferiore da quello pattuito nel preliminare; il fallimento era stato quindi chiuso il (OMISSIS);
– il danno lamentato dal (OMISSIS) era pari, quindi, alla differenza tra il prezzo promesso dalla societa’ ed il ricavato dal fallimento: Euro 70.231,37;
– la societa’, convenuta in giudizio con azione risarcitoria per inadempimento del preliminare di vendita immobiliare, non aveva fornito alcuna prova del rischio di evizione concreto ed attuale che, soltanto, l’avrebbe legittimata a rifiutare la stipula del contratto definitivo, attesi che nessuna delle banche creditrici risultava, al tempo, che fosse intenzionata ad ostacolare una operazione dal cui ricavato potevano essere tutte soddisfatte.
(OMISSIS) s.r.l. ha contestato tale ricostruzione dei fatti, sostenendo (controricorso pag. 12) di aver legittimamente rifiutato la stipula del definitivo in quanto il pericolo di azioni esecutive del ceto creditorio bancario era attuale; che la esatta esposizione debitoria del (OMISSIS) era emersa solo dopo il fallimento con la redazione dello stato passivo; che oltre alle banche vi erano altri creditori anche privilegiati.
La sentenza di appello ha accertato che dall’esame della scrittura “collaterale” emergeva che “la sottoscrizione del preliminare era quindi intervenuta nella consapevolezza di una precaria situazione finanziaria del promittente venditore” e che le parti intendevano sottrarre i beni a future pretese dei creditori. Il Giudice di appello ha inoltre rilevato che la (OMISSIS) s.r.l. si era difesa sostenendo che la situazione debitoria del (OMISSIS) “era ben piu’ grave di quella inizialmente ipotizzabile all’atto della sottoscrizione del contratto preliminare” e che tale precaria situazione legittimava il timore manifestato dalla promissaria acquirente in ordine all’azione di terzi creditori che avrebbero potuto “pregiudicare seriamente il buon proseguimento dei lavori conseguenti all’atto notarile”, sicche’ doveva escludersi il colpevole inadempimento della societa’ dell’obbligo di concludere il contratto di vendita.
Venendo all’esame dei motivi del ricorso, osserva il Collegio quanto segue.
Motivo a.1): violazione dell’articolo 112 c.p.c. – corrispondenza tra chiesto e pronunciato -, degli articoli 1481 e 2697 c.c.
Sostiene il ricorrente che la societa’ convenuta non aveva svolto nei propri atti difensivi alcuna eccezione ex articolo 1481 c.c. avendo, quindi, la Corte d’appello pronunciato oltre il devoluto.
La resistente eccepisce la inammissibilita’ del motivo, in quanto introduce una questione del tutto nuova non formulata con i motivi di gravame.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza.
La questione sollevata dal ricorrente concerne l’asserita violazione dell’articolo 112 c.p.c. in quanto il Giudice di appello avrebbe accolto la eccezione di merito ex articolo 1481 c.c. (ritenendo legittimo il rifiuto della promissaria acquirente alla stipula del definitivo, per insorto aggravamento delle condizioni patrimoniali del promittente alienante) in quanto eccezione di merito mai formulata dalla societa’ convenuta.
Dall’esame della comparsa di risposta in primo grado di (OMISSIS) s.r.l. (riportata solo per estratto nel ricorso, mentre e’ trascritta interamente nel controricorso: pag. 15-16) risulta che tale eccezione non era stata formulata: in particolare non emerge la proposizione di alcuna eccezione specifica fondata sulla “scoperta di nuove situazioni” prima ignorate, atteso che, come riferito in comparsa dalla stessa societa’, gli elementi di sproporzione tra patrimonio del debitore ed esposizione debitoria erano emersi solo in tempo successivo (con la relazione del commissario giudiziale, e dopo la dichiarazione di fallimento con la redazione dello stato passivo del curatore) alla scadenza inutile del termine fissato per il definitivo.
Tuttavia la attuale resistente rileva, nel controricorso, che il Tribunale, pur in assenza di specifica eccezione, aveva inteso qualificare la fattispecie sussumendola nello schema della eccezione ex articolo 1481 c.c. (sentenza Tribunale, pag. 11 motivazione, riportata a pag. 11 controric.), ma che tale qualificazione giuridica – con le conseguenze che comportava quanto alla individuazione dei fatti costitutivi della eccezione – non era stata oggetto di specifico motivo di gravame, non avendo svolto il (OMISSIS) alcuna doglianza in merito alla violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, essendo interamente incentrata la critica dell’atto di appello sulla inesistenza dei fatti costitutivi della eccezione (id est sulla mancanza di prova dell’aggravamento della situazione economica anteriormente alla scadenza del termine fissato per la stipula del definitivo), e dunque essendosi difeso l’appellante soltanto nel merito (cfr. motivi di appello riportati in sintesi a pag. 20 controric.).
A tale rilievo il ricorrente si limita ad obiettare che “nella intestazione della rubrica del motivo di gravame dell’appello”, che non trascrive, aveva indicato tra le norme violate dal primo Giudice anche l’articolo 112 c.p.c..
Orbene considerato che la violazione dell’articolo 112 c.p.c. determina una nullita’ che si converte in motivo di gravame, rimanendo pertanto sanato il vizio di extrapetizione dalla formazione del giudicato sulla domanda od eccezione (non ritualmente proposta), e ritenuto altresi’ che e’ onere del ricorrente per cassazione specificare nel motivo di ricorso, onde assolvere ai requisiti di ammissibilita’ prescritti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, che il predetto vizio processuale, in cui era incorso il primo giudice, era stato tempestivamente contestato mediante deduzione di specifico motivo di gravame, ne segue la inammissibilita’ della censura in esame, non avendo il ricorrente adempiuto all’onere predetto, omettendo finanche di riferire per riassunto il contenuto dei motivi dell’atto di appello, e senza neppure allegare se, oltre alla indicazione dell’articolo 112 c.p.c. nella epigrafe della intestazione del motivo di gravame (ricorso pag. 24 e controric. pag. 19), fossero stati svolti puntuali argomenti di critica alla sentenza del Tribunale in ordine al vizio di extrapetizione. Con la conseguenza che il motivo di ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 112 c.p.c. da parte della Corte territoriale (avendo pronunciato il Giudice di appello confermando la decisione di prime cure, in assenza di eccezione di merito ex articolo 1481 c.c.) deve ritenersi inammissibile in quanto precluso dal giudicato formatosi in primo grado.
Motivo a.2): violazione dell’articolo 1481 c.c. (nel corpo del motivo deduce anche il vizio di motivazione apparente ex articolo 132 c.p.c., commma 1, n. 4 c.p.c.)
Sostiene il (OMISSIS) che al momento del rifiuto della stipula del definitivo non sussisteva alcun rischio serio e concreto che terzi creditori intendessero agire esecutivamente sui beni della compravendita, non avendo (OMISSIS) s.r.l. fornito alcuna prova al riguardo.
Il Giudice di appello non avrebbe indagato su tali aspetti, limitandosi ad affermare che il rifiuto della societa’ era fondato sul timore di vedere aggrediti i beni, attesa la critica situazione patrimoniale del (OMISSIS), ma ha omesso del tutto di individuare le circostanze di fatto da cui detto timore era stato originato rispetto alla propria situazione patrimoniale e finanziaria quale era nota ad (OMISSIS) s.r.l. alla data di stipula del preliminare.
Il motivo e’ fondato.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la conformita’ della sentenza al modello di cui all’articolo 132 c.p.c., n. 4, e l’osservanza degli articoli 115 e 116 c.p.c. non richiede l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi, essendo sufficiente, al fine di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per se’ sole idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare l'”iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni, disattendendo anche per implicito quelle logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 22801 del 28/10/2009; id. Sez. 2, Ordinanza n. 8294 del 12/04/2011). Tuttavia affinche’ venga osservato il disposto dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, potendosi ritenere assolto il requisito “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost. per integrare l’elemento motivazionale del provvedimento giurisdizionale, occorre che la pronuncia non riveli un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e “per relationem”, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, ne’ disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 25866 del 21/12/2010). La motivazione deve quindi ritenersi solo apparente, e la sentenza e’ nulla perche’ affetta da “error in procedendo”, quando, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016).
Orbene la controversia nel caso di specie era stata condotta da entrambi i Giudici di merito, alla stregua delle allegazioni difensive delle parti, sul piano dell’accertamento probatorio della manifestazione oggettiva di un aggravamento della situazione finanziaria del (OMISSIS) che legittimava (OMISSIS) s.r.l. a rifiutare l’adempimento dell’obbligo di concludere il contratto definitivo di vendita, in quanto detta modifica era sopravvenuta e dunque non apprezzata – quanto alla valutazione del rischio economico della operazione – dalla promissaria acquirente al momento della stipula del preliminare.
Ne segue che la motivazione della sentenza di appello risulta del tutto apparente nella parte in cui statuisce la legittimita’ del rifiuto all’adempimento del preliminare in considerazione della grave situazione di dissesto finanziario in cui versava il (OMISSIS) al momento della conclusione del definitivo, atteso che il Giudice di appello dopo aver rilevato che “la sottoscrizione del preliminare era quindi intervenuta nella consapevolezza di una precaria situazione finanziaria del promittente venditore” e dopo aver individuato l’ambito della controversia delimitato dalla eccezione della societa’ secondo cui “la situazione debitoria del (OMISSIS) era ben piu’ grave di quella inizialmente ipotizzabile all’atto della sottoscrizione del contratto preliminare”, ha poi concluso che la situazione debitoria del (OMISSIS), come attestata dalla “scrittura collaterale”, sottoscritta in pari data con il preliminare, “avrebbe indotto qualsiasi interlocutore contrattuale a forti timori circa l’acquisto di un suo bene”, con cio’ venendo a risolversi l’apparato motivazionale della sentenza nell’argomento meramente circolare e tautologico, e dunque apparente, secondo cui il rifiuto della stipula del “definitivo” era legittimato dalla precaria condizione finanziaria del promittente venditore cosi’ come emergeva gia’ alla data di stipula del “preliminare” (dovendosi osservare che l’autotutela di cui all’articolo 1481 c.c. presuppone la buona fede del promissario acquirente in ordine al pericolo di rivendica del bene da parte di terzi – comma 2 precitata norma – e nella specie era resa palese la volonta’ dei contraenti di evitare azione esecutive dei creditori sul bene compravenduto essendo quindi noto il dissesto economico sfociato nella istanza, accolta, di fallimento del promittente venditore).
La sentenza va dunque cassata con rinvio al Giudice di appello affinche’ provveda ad un nuovo esame emendando il vizio di nullita’ della sentenza.
Motivo B/1 e B/2: violazione dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 1481 c.c.
Il motivo e’ inammissibile in quanto attraverso la violazione di norme di diritto viene fatto valere, invece, un vizio attinente all’ “error facti”: il Giudice di appello, infatti, non ha disposto illegittimamente il carico dell’onere probatorio, ma ha ritenuto, invece, provata la buona fede di (OMISSIS) s.r.l. sulla scorta dei documenti acquisiti al giudizio (preliminare e scrittura collaterale). La relativa censura avrebbe dovuto quindi essere svolta ai sensi dell’articolo 360, c.p.c., comma 1, n. 5 nei limiti consentiti dalla nuova formulazione della norma processuale e con indicazione dei fatti storici determinanti omessi dal Giudice di appello.
Motivo C/1 e C/2: omesso esame di fatto decisivo.
Il motivo inammissibile in quanto si limita a prospettare una interpretazione del contratto preliminare e della scrittura privata collaterale, meramente contrapposta a quella fornita dalla Corte d’appello, senza individuare i parametri normativi dei criteri ermeneutici ex articolo 1362 ss c.c. in ipotesi violati, e senza dedurre fatti storici decisivi omessi dal Giudice di merito. E’ poi appena il caso di osservare come l’omesso esame di un punto controverso, ridondante in una insufficienza logica del discorso argomentativo inon integri piu’ vizio di legittimita’ deducibile con ricorso per cassazione.
In conclusione il ricorso va accolto quanto al secondo motivo A.2, inammissibili gli altri motivi; la sentenza impugnata va in conseguenza cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello Di Milano in diversa composizione per nuovo esame e liquidazione anche delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo (a.2) di ricorso; dichiara inammissibili il primo, terzo e quarto motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’
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