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Suprema Corte di Cassazione 

sezione II

sentenza  n. 9249 del 27 febbraio 2013    

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 20/2/2012, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Gorizia, in data 15/7/2010, dichiarava non doversi procedere nei confronti di N. D. e L.S. per i reati di circonvenzione d’incapace risalenti all’anno (omissis) per essere gli stessi estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili (la condanna al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile B.D.).

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati per mezzo del comune difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame con i quali deducono il vizio di mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione sotto tre differenti profili.

3.1 Sotto il primo profilo si dolgono che la motivazione della sentenza abbia fatto rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, senza motivare in ordine alle specifiche doglianze della difesa che aveva avanzato numerose obiezioni in ordine alla sussistenza della presunta deficienza psichica della persona offesa;

3.2 Sotto il secondo profilo si dolgono che la motivazione della sentenza non ha preso in considerazione le obiezioni della difesa in ordine al rapporto di causalità ed alla reale motivazione delle elargizioni liberali effettuate ai prevenuti;

3.3 Sotto il terzo profilo denunziano l’assenza di ogni motivazione in ordine alle questioni civilistico – risarcitorie del processo.
Motivi della decisione 1. Il ricorso è infondato 2. Inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

4. In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico – giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv, 203073, Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, semprechè tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000), Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud. 23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999 (ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis).

Le posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta nè quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. 4. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice. 5. In punto di diritto va rilevato che l’integrazione della fattispecie criminosa della circonvenzione di persone incapaci non richiede che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermità psichica o deficienza psichica, ovvero da un’alterazione dello stato psichico, che sebbene meno grave dell’incapacità, risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva od affettiva che ne affievolisca le capacità critiche (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6971 del 26/01/2011 Cc. (dep. 23/02/2011) Rv. 249662). 6. Nel caso di specie la Corte ha compiutamente in ordine all’alterazione dello stato psichico della donna spiegando come la B., a seguito della tragica morte del figlio e della successiva separazione dal marito: “fosse pervenuta ad una comprensibilmente protratta nel tempo, giustificata e patologica condizione di forte depressione, e di angosciante solitudine e stress (..) la conseguente grande insicurezza e fragilità emotiva della B., connessa a tali infelici eventi, è stata sicuramente percepita ed abilmente sfruttata dagli imputati, i quali hanno approfittato del suo stato di soggezione e fiduciosa dipendenza dagli ordini dagli stessi strategicamente impartiti alla donna..”.

7. La conferma della responsabilità penale degli imputati, anche in presenza della prescrizione, comporta la conferma delle statuizioni civili, senza che ci sia bisogno di una specifica motivazione sul punto. Di conseguenza il ricorso deve essere respinto. 8. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – in solido – alla rifusione in favore della parte civile B.D. delle spese del grado che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè – in solido – alla rifusione in favore della parte civile B.D. delle spese del grado che liquida in Euro. 2.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.

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