Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza del 10 gennaio 2013, n. 508
Svolgimento del processo
D. G. e A. M., proprietari di un appartamento sito nel condominio di via (omissis) in Montegranaro, impugnarono dinanzi al Tribunale di Fermo la delibera con cui, in data 13 maggio 1986, l’assemblea aveva deciso l’apertura di una porta nel locale sottotetto sovrastante il loro appartamento al fine di consentirne l’utilizzo comune, assumendo gli attori che il suddetto locale era pertinenza esclusiva della loro abitazione.
In giudizio si costituirono i condomini Q. B., G. C. e G. R., che si opposero alla domanda, mentre il condominio rimase contumace.
Con sentenza del 2004 il Tribunale respinse la domanda e la relativa decisione, sia pure con motivazione diversa, fu confermata dalla Corte di appello di Ancona con sentenza n. 673 del 26 novembre 2005, la quale rilevò che il sottotetto, per le sue dimensioni, non poteva considerarsi intercapedine e quindi mera pertinenza dell’appartamento sovrastante, ma doveva ritenersi di proprietà condominiale, tenuto conto che nel verbale di assegnazione dei beni sottoscritto dai soci della cooperativa edilizia nel 1968 esso era stato destinato all’alloggio dei serbatoi idrici dei singoli appartamenti, nonché del fatto che le dimensioni e le sue caratteristiche lo rendevano un locale sicuramente destinato, sia pure in via potenziale e futura, all’uso di un servizio comune ai condomini, quale quello di centrale idrica.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 20 novembre 2006, ricorrono D. G. e A. M., affidandosi ad un unico motivo.
Resistono con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo, Q. B., G. C. e G. M., quest’ultimo quale erede di G. R.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
In via preliminare ed assorbente rispetto all’esame dei ricorsi, la Corte deve rilevare che il giudizio di secondo grado si è svolto senza la partecipazione del Condominio di via (omissis) in Montegranaro, che era stato correttamente evocato in primo grado, ove era rimasto contumace, ma non anche nel giudizio di appello.
La sentenza di secondo grado risulta pertanto pronunciata nell’ambito di un procedimento affetto da nullità, perché svoltosi senza la partecipazione del Condominio, il quale è senza dubbio litisconsorte necessario nel giudizio in cui venga impugnata una delibera dell’assemblea condominiale.
Né tale mancanza può, nel caso di specie, ritenersi superata dalla partecipazione in giudizio dei singoli condomini, atteso che, come risulta dagli atti e come dedotto specificatamente nel controricorso, i partecipanti al giudizio non rappresentano l’intera compagine condominiale, essendoci altri condomini che sono rimasti estranei al processo.
La sentenza di appello va quindi cassata per la violazione del principio dell’integrità del contraddittorio stabilito dall’art. 102 cod. proc. civ. e la causa è rimessa dinanzi al giudice di secondo grado affinché, adempiuti i necessari adempimenti per assicurare l’integrità del contraddittorio, pronunci sul merito delle domande, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
riuniti i ricorsi, pronunciando su di essi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altre Sezione della Corte di appello di che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2012.
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