Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 8 ottobre 2015, n. 40394
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 10.12.2013 il Tribunale di Bologna assolse G.R. dai reati di cui agli artt. 81, 648 e 474 cod. pen. perché il fatto non sussiste.
2. Il Procuratore generale presso la Corte territoriale e le parti civili Burberry Limited S.n.c. e Louis Vuitton Malletier S.A. proposero gravame e la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 16.12.2014 in riforma della pronunzia di primo grado, dichiarò G.R. responsabile dei reati a lei ascritti unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le circostanze attenuanti generiche – la condannò alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, pena sospesa e non menzione.
L’imputata fu altresì condannata al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese processuali a favore delle parti civili.
3. Ricorre per cassazione l’imputata, tramite i suoi difensori, con due distinti atti.
3.1. Con ricorso redatto dall’Avv. Maurizio Conti si deduce:
1. violazione della legge processuale in relazione all’autentica della sottoscrizione della procura e della costituzione di parte civile con conseguente inammissibilità dell’impugnazione proposta da Burberry Limited; infatti nell’autentica il notaio inglese non attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza; contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello l’eccezione era stata sollevata anche in primo grado, essendo implicita nell’eccezione (respinta) relativa alla mancanza di legalizzazione consolare, ma con la sola apposizione di apostille; se è sufficiente l’apostille la procura deve essere conforme alla legge del luogo in cui il processo si svolge; la Corte territoriale ha inoltre trascurato che, poiché il codice di procedura penale non disciplina l’autenticazione delle firme, occorre far riferimento al codice civile e la Corte di cassazione a Sezioni Unite (sent. 16296/2007) ha affermato che è indispensabile che il notaio straniero attesti che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza; tale decisione è applicabile perché l’art. 100 e 122 c.p.p., richiamano le persone abilitate e quindi occorre far riferimento all’art. 2703 c.c., che richiede la apposizione della sottoscrizione in presenza del pubblico ufficiale; è irrilevante che non si dubiti della parola del notaio;
2. violazione della legge processuale sotto il profilo dell’incompetenza territoriale; l’eccezione relativa, fondata sull’assunto che la merce fu sdoganata a (OMISSIS) (con conseguente competenza del Tribunale di Milano) è stata respinta sia in primo che in secondo grado affermando che non vi sarebbe prova che la mercé sequestrata fosse la stessa sdoganata a (OMISSIS) e comunque perché il più grave reato di ricettazione si è consumato con la consegna della merce da parte dello spedizioniere a (…); la prima affermazione è smentita dalle deposizioni testimoniali del M.llo G. di F. Gu. e del funzionario doganale I. , nonché dalla documentazione acquisita; quanto al secondo argomento lo spedizioniere doganale è figura di diritto privato, il che significa che una volta sdoganata la mercé era nella disponibilità della Girardi S.n.c. che perciò entrò in possesso della merce a (OMISSIS);
3. violazione di legge in relazione all’art. 474 cod. pen. ed agli artt. 7 e 9 D. Lgs. n. 30/2005 in relazione alla ritenuta contraffazione del marchio per l’apposizione sui capi del fiore o del diamante usati da Louis Vuitton senza la riproduzione della “LV” e dei colori scozzesi senza il cavaliere con la lancia del marchio Burberry, nonché personaggi come Gatto Silvestro, Titti o Topolino senza i marchi Warner Bross (o Disney); la modifica dell’art. 474 cod. pen. è avvenuta in applicazione della Direttiva 22 ottobre 2008, n. 95 del Parlamento e del Consiglio Europeo, la quale prevede che possono costituire marchi d’impresa tutti i segni a condizione che siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; ma il nuovo testo dell’art. 474 cod. pen. introdotto nel 2009 non è applicabile retroattivamente a fatti accertati il 10.1.2008;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in ragione dell’essere i marchi notissimi e che l’imputata deteneva migliaia di prodotti; peraltro la mercé ritenuta recare i marchi contraffatti Louis Vuitton e Burberry riguarda due scatoloni in tutto in una situazione di magazzino caratterizzata dalla presenza di moltissima mercé; inoltre non è stata valutata l’applicazione degli artt. 42 e 43 cod. pen. alla luce del Regolamento CE 1383/2003, tenuto conto che la mercé era stata sdoganata e che il funzionario doganale aveva escluso l’esistenza di marchi, sicché l’imputata poteva fare affidamento sulla valutazione del funzionario;
5. violazione di legge in relazione alla mancanza di offensività, dal momento che il consumatore ben avrebbe potuto escludere la provenienza dei beni in questione dalle case il cui marchio si assume contraffatto, alla luce della qualità dei prodotti.
Al ricorso, ai fini dell’autosufficienza, è allegata la documentazione richiamata a sostegno dello stesso.
3.2. Con ricorso redatto dall’Avv. Marco Capucci si deduce:
1. violazione della legge processuale in relazione alla nullità del decreto di citazione per il giudizio di appello in quanto contenente l’indicazione che in caso di mancata presentazione l’imputata sarebbe stata giudicata in assenza anziché in contumacia, come previsto dalla disciplina transitoria di cui all’art. 1 comma 1 legge n. 67/2014, conformemente all’indirizzo, se pur minoritario, espresso da Cass. Sez. 6 n. 4415/2011);
2. violazione della legge processuale in relazione alla ritenuta legittimità della costituzione della parte civile Louis Vuitton Malletier S.A. e della conseguente impugnazione in quanto la costituzione di parte civile non può avvenire a mezzo di sostituto processuale, posto che l’art. 122 cod. proc. pen. richiede che la procura speciale sia determinata oggettivamente e soggettivamente;
3. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione all’inammissibilità dell’appello proposto dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte territoriale in quanto sottoscritto con mera sigla sotto la dicitura “L’Avvocato generale”, senza precisazione della identità e dei poteri;
4. vizio di motivazione in ordine alla ritenuta competenza territoriale del Tribunale di Bologna, in quanto la Corte territoriale ha tralasciato totalmente la questione prospettata con memoria difensiva sull’assenza di un accordo tra venditore e Girardi S.n.c. e comunque sul suo contenuto ed il momento di perfezionamento dell’accordo ed ha trascurato le risultanze dibattimentali che davano un diverso valore al documento doganale prodotto dalla difesa, che per tutte le parti si riferisce alla mercé sequestrata;
5. violazione della legge processuale e vizio di motivazione sulla ritenuta competenza territoriale del Tribunale di Bologna; la Corte territoriale ha ritenuto che non era dato sapere con certezza dove la G. ricevette la mercé e che la competenza sarebbe comunque in capo al Tribunale di Bologna per il meno grave reato di cui all’art. 474 cod. proc. pen.; ma la mercé fu sdoganata in (OMISSIS) come risulta dalla bolla doganale con conseguente competenza territoriale del Tribunale di Milano;
6. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione alla dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da B.G.G. , P.M. , C.F. e Ca.Gu. ; era stata tempestivamente contesta l’utilizzabilità delle dichiarazioni e delle consulenze nel corso delle deposizioni in quanto non era chiaro se fossero dichiarazioni di testi o di consulenti tecnici; in ogni caso le consulenze sono state depositate dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari; dalla lista testi del P.M. risulta che gli stessi dovevano essere sentiti come consulenti tecnici; la confusione sulla qualità di testimoni o consulenti tecnici delle persone escusse rende inutilizzabili le loro dichiarazioni;
7. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 474 cod. pen. ed agli artt. 7 e 9 D. Lgs. n. 30/2005 e della Direttiva 22 ottobre 2009, n. 95 del Parlamento e del Consiglio Europeo in quanto il nuovo testo dell’art. 474 cod. pen. introdotto nel 2009 non è applicabile retroattivamente a fatti accertati il 10.1.2008; in precedenza non erano punibili condotte relative a prodotti per i quali mancasse la specifica indicazione del marchio; inoltre è errata la mancata valutazione delle specifiche caratteristiche dei prodotti e delle modalità di commercializzazione rispetto alla capacità di ingannare; manca motivazione rispetto alla ravvisata contraffazione dei marchi Hello Kitty, Titti, Winnie the Pooh, Topolino, personaggi Digimon e Pucca;
8. vizio di motivazione in ordine al diniego di perizia avanzata dalla difesa dell’imputata in primo e secondo grado; la Corte territoriale si è limitata a rilevarne la superfluità;
9. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 474 cod. pen. anche alla luce del Regolamento CE 1383/2003, con riferimento all’elemento soggettivo del reato; la mercé in questione aveva subito controllo doganale, anche anti contraffazione, su cui l’imputata ha fatto affidamento; in ogni caso la Corte territoriale ha operata una errata applicazione delle massime di esperienza nel valutare il materiale probatorio, alla luce del fatto che gli scatoloni con il materiale che si assume recare marchi contraffatti era una minima parte rispetto al materiale complessivo, al magazzino ed al fatturato;
10. violazione di legge in relazione all’art. 648 cod. pen. in quanto la mercé non proviene da delitto e comunque difetta l’elemento soggettivo del reato;
11. violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione della ricettazione quale ipotesi lieve;
12. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condanna al risarcimento dei danno a favore delle parti civili difettandone i presupposti ed in ogni caso i danni sono stati liquidati su base equitativa senza precisarne le ragioni.
Al ricorso è allegata, ai fini dell’autosufficienza, la documentazione richiamata a sostegno dello stesso.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Maurizio Conti è infondato. Questa Corte ha chiarito (in tema di riparazione per ingiusta detenzione) che la domanda deve essere sottoscritta e presentata, a pena d’inammissibilità, dalla parte personalmente ovvero a mezzo di un procuratore speciale nominato nelle forme previste dall’art. 122 cod. proc. pen. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 14413 del 18/02/2009 dep. 01/04/2009 Rv. 243880. Nella specie, la Corte ha ritenuto validamente autenticate da notaio greco, secondo la “lex loci”, la sottoscrizione apposta dall’interessato in calce all’istanza e la procura speciale rilasciata per la presentazione in favore del difensore nominato procuratore speciale, osservando che non occorreva la legalizzazione della procura speciale, essendo la stessa stata conferita a mezzo di notaio di un paese aderente alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, né la formalità della cosiddetta “apostille”, espressamente esclusa dalla Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1997, essendo la Grecia uno Stato membro dell’Unione Europea).
Pertanto, alla luce del richiamato principio, la procura speciale è soggetta alle regole dello Stato in cui viene rilasciata.
2. Il secondo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è infondato. Vero è che il sostituto processuale del procuratore speciale nominato dalla persona offesa non ha il potere di costituirsi parte civile, considerato che l’attribuzione al difensore del potere di costituirsi parte civile (“legitimatio ad causam”) costituisce istituto diverso dal rilascio del mandato alle liti (rappresentanza processuale), in quanto solo per quest’ultimo l’art. 102 cod. proc. pen. prevede la possibilità della nomina di un sostituto che eserciti i diritti e assuma i doveri del difensore, con la conseguenza che il sostituto processuale non è legittimato a esercitare l’azione civile nel processo penale; né tale difetto di legittimazione può essere, nella specie, sanato mediante la presenza in udienza della persona offesa, stante l’assenza di quest’ultima (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6680 del 23/10/2009 dep. 18/02/2010 Rv. 246147).
Tuttavia, nel caso in esame, la Corte territoriale ha rilevato che la procura speciale rilasciata all’Avv. Andres dalla Louis Vuitton Malletier SA prevedeva espressamente la facoltà di questi di nominare sostituti processuali, la cui legittimazione non derivava pertanto dall’art. 102 cod. proc. pen., ma dalla procura speciale stessa.
3. Il terzo motivo di ricorso presentato dall’Avv. Marco Capucci è infondato. In tema di impugnazione del pubblico ministero, legittimati alla sua proposizione sono sia il capo che gli altri magistrati dell’Ufficio, in quanto delegati, anche informalmente, dal primo, attesa l’impersonalità dell’ufficio, sicché non rileva, in proposito, la mancanza agli atti di un provvedimento di delega scritta (con riferimento alla Procura della Repubblica v. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 21969 del 14/12/2012 dep. 22/05/2013 Rv. 256542, citata anche nel provvedimento impugnato).
Nessun dubbio può sorgere sull’identità del magistrato sottoscrittore posto che esiste un solo Avvocato generale alla Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Bologna.
4. Il primo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è manifestamente infondato ed è meramente reiterativo del corrispondente motivo di appello.
Questa Corte ha più volte chiarito che non è causa di nullità del decreto che dispone il giudizio l’omesso avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia, atteso che, il predetto avvertimento non è qualificabile come “uno dei requisiti” della citazione e, pertanto, in applicazione del principio di tassatività delle nullità, l’omissione dello stesso non è sanzionata (da ultimo Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36097 del 14/05/2014 dep. 25/08/2014 Rv. 260354).
Il contrario orientamento citato nel ricorso è stato perciò superato da tempo di molto antecedente la proposizione del ricorso, ma nel motivo di ricorso ci si limita a riproporre il corrispondente motivo di appello senza analizzare l’orientamento successivo pur richiamato dalla Corte d’appello.
5. Il secondo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Maurizio Conti, il quarto ed il quinto motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci sono manifestamente infondati.
In tema di competenza territoriale, l’art. 491 cod. proc. pen., stabilisce un preciso sbarramento alla deducibilità della eccezione di incompetenza, a prescindere dal momento in cui la questione stessa diviene in concreto proponibile (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 915 del 26/02/1992 dep. 18/03/1992 Rv. 189930).
Ne consegue che non rileva ai fini della decisione quanto emerso nell’istruzione dibattimentale dopo tale momento preclusivo.
Pertanto l’eccezione di incompetenza territoriale, ritualmente prospettata nel termine di cui all’art. 491 cod. proc. pen. e respinta dal giudice, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza, però, poter introdurre argomentazioni ulteriori rispetto a quelle originarie, anche se queste ultime potrebbero giustificare uno spostamento della competenza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1415 del 13/12/2013 dep. 15/01/2014 Rv. 258149. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che non potessero in nessun modo essere rivalutati in sede di legittimità i nuovi argomenti proposti, a sostegno dell’eccezione di incompetenza territoriale, per la prima volta con i motivi di appello).
Quanto all’asserita assenza di un contratto di compravendita, posto che lo stesso può essere anche solo verbale, il Tribunale aveva deciso sulla situazione presente al momento della formulata eccezione e la Corte territoriale confermando la competenza ha disatteso implicitamente la questione relativa.
6. Il sesto motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è infondato.
Va premesso che in tema di accertamenti tecnici (anche irripetibili), l’attività di esame e di studio espletata oltre il termine di durata delle indagini preliminari dal consulente tecnico del P.M. sulla documentazione e sull’attività tempestivamente compiuta (nella specie, esame autoptico), pur impedendo l’acquisizione della relazione di consulenza al fascicolo del dibattimento, non osta alla formazione della prova a seguito dell’esame dell’ausiliario nel contraddittorio delle parti (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 18473 del 06/03/2014 dep. 05/05/2014 Rv. 261961).
Per il resto la questione proposta non ha pregio posto che, in tema di istruzione dibattimentale, le dichiarazioni rese dai consulenti tecnici di parte, indipendentemente dallo svolgimento del proprio incarico in ambito peritale ovvero extraperitale, hanno il medesimo valore probatorio di quelle testimoniali, in quanto l’art. 501, comma primo, cod. proc. pen. riconosce sostanziale qualità di testimone ai consulenti tecnici ammessi su richiesta di parte (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8377 del 17/01/2008 dep. 25/02/2008 Rv. 239281).
D’altro canto il divieto di apprezzamenti personali del testimone non è riferibile ai fatti direttamente percepiti dallo stesso, al quale, a causa della speciale condizione di soggetto qualificato, per le conoscenze che gli derivano dalla sua abituale e specifica attività, non può essere precluso di esprimere apprezzamenti, se questi sono inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 44326 del 11/11/2010 dep. 16/12/2010 Rv. 249180. Nella specie la Corte ha rilevato che la contraffazione di marchi, modelli e segni distintivi ben può essere accertata in via testimoniale mediante escussione di soggetti qualificati, in virtù delle conoscenze acquisite nel corso di abituale e specifica attività).
7. Il terzo e quinto motivo di ricorso proposti dall’Avv. Maurizio Conti ed il settimo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci sono infondati.
Anche prima della modifica dell’art. 474 cod. pen. questa Corte aveva chiarito che non può dirsi estranea alla previsione di reato di cui all’art. 474 cod. pen. la condotta consistente nella produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti, ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione, un personaggio di fantasia protetto da registrazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27032 del 25/05/2004 dep. 16/06/2004 Rv. 229121. Nella specie, trattavasi di giocattoli gonfiabili riproducenti il pulcino “Calimero”; Conf. con riferimento a “Titti” Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25147 del 31/01/2005 dep. 11/07/2005 Rv. 231894).
Infatti, ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi, è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti, o non, registrato, data l’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia omogenei o identici, sia diversi, allorché al primo derivi un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del secondo. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 40170 del 01/07/2009 dep. 15/10/2009 Rv. 244750. Fattispecie relativa a sequestro di magliette riportanti al centro una dicitura di grandi dimensioni di un celebre marchio e sul collo un’altra, di piccole dimensioni, riferita a un altro produttore).
Nella specie risultavano imitati personaggi di note case produttrici, come nel caso delle pronunzie richiamate.
Nel caso in esame la Corte territoriale ha inoltre ritenuto che fossero stati utilizzati su cerchietti fiori stilizzati in forme geometriche a intervalli regolari identici a quelli utilizzati da la casa francese Louis Vuitton ed i colori scozzesi della Burberry con conseguente servile imitazione dei marchi stessi (p. 13 e 14 sentenza impugnata).
Quanto alla dedotta inidoneità della condotta va ricordato che integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5260 del 11/12/2013 dep. 03/02/2014 Rv. 258722).
8. Il quarto motivo di ricorso proposto dall’Avv. Maurizio Conti ed il nono motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci sono manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
La Corte d’appello ha ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo in ragione non solo della notorietà dei marchi, ma dell’acquisto attraverso canali diversi da quelli dei prodotti originali (p. 15 sentenza impugnata), argomento decisivo trascurato dal primo giudice.
Rispetto a tale valutazione, non manifestamente illogica, non assume rilievo l’avvenuto sdoganamento della mercé in questione o il quantitativo di mercé rispetto al magazzino o al fatturato.
9. L’ottavo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è manifestamente infondato.
La superfluità della perizia è stata motivata richiamando le considerazioni in precedenza svolte sulla contraffazione dei prodotti.
10. Il decimo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è manifestamente infondato.
Il delitto di ricettazione è configurabile anche nell’ipotesi di acquisto o ricezione, al fine di profitto, di cose con segni contraffatti nella consapevolezza dell’avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale il falso segno è impresso – e che con questo viene a costituire un’unica entità – è provento della condotta delittuosa di falsificazione prevista e punita dall’art. 473 cod. pen. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 23427 del 09/05/2001 dep. 07/06/2001 Rv. 218770).
11. L’undicesimo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è manifestamente infondato.
L’ipotesi lieve è stata implicitamente esclusa dalla considerazione che la G. deteneva migliaia di prodotti con marchi contraffatti (p. 15 sentenza impugnata).
12. Il dodicesimo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Marco Capucci è manifestamente infondato.
È infatti legittimo il ricorso del giudice a criteri equitativi nella quantificazione del danno risarcibile ove in esso non siano rinvenibili componenti patrimoniali suscettibili di precisa determinazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43053 del 30/09/2010 dep. 03/12/2010 Rv. 249140).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha motivato sia sul pregiudizio alle vendite che sul danno di immagine (p. 16 sentenza impugnata).
13. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 474 cod. pen. essendo maturata la prescrizione del reato.
Conseguentemente elimina la relativa pena di mesi 2 di reclusione ed Euro 100,00 di multa inflitta quale aumento per la continuazione.
Per il reato di ricettazione la pena deve essere rideterminata, sulla scorta di quanto risulta dalla sentenza impugnata, in anni 1 mesi 4 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
14. Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
15. Alla pronunzia adottata consegue la condanna dell’imputata alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Louis Vuitton Mallatier S.A. per questo grado di giudizio che si liquidano in Euro 1.500,00, oltre accessori di legge come da nota spese ritenuta congrua.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 474 cod. pen. perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi 2 di reclusione ed Euro 100,00 di multa inflitta quale aumento per la continuazione.
Ridetermina la pena per il reato di ricettazione in anni 1 mesi 4 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
Rigetta il ricorso nel resto.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Louis Vuitton Mallatier S.A. per questo grado di giudizio che si liquidano in Euro 1.500,00, oltre accessori di legge.
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