Cassazione 6

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 29 gennaio 2015, n. 1668

Svolgimento del processo

1.- Con atto di citazione notificato il 6 luglio 1992 G.B. , premesso che il 28 marzo 1989 era deceduto il padre, Gi.Pi. , lasciando eredi legittimi la moglie, M.E. , ed i figli Fr. , F. , f. , P. e M. , convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Padova i coeredi chiedendo che venisse accertata la natura simulata o di donazioni indirette di alcune vendite effettuate in vita dal de cuius a favore dei figli e che previa collazione e riduzione delle liberalità lesive del suo diritto si disponesse la divisione dell’asse ereditario.
A seguito del decesso della M. , il processo venne riassunto nei confronti dei suoi eredi.
Con ricorso depositato in data 5 aprile 2001 G.B. , premesso di essere nel possesso di un immobile caduto nella successione dei suoi genitori sito in (OMISSIS) , del quale occupava in via esclusiva tre stanze, cucina e bagno, convenne in giudizio il fratello F. , lamentando che questi, approfittando di una sua momentanea assenza, aveva sostituito la serratura, di fatto spogliandola del possesso dell’immobile, e chiedendo di essere reintegrata nel possesso.
Il ricorso venne rigettato e le due cause riunite.
2. – Con sentenza del 29 agosto 2002 il Tribunale di Padova dichiarò la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande di cui ai punti 1 e 2 della citazione, ordinò la cancellazione della trascrizione della domanda di cui al punto 1, rigettò la domanda possessoria della G. disponendo con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio per l’accertamento a mezzo di ctu della consistenza dell’asse ereditario, per determinare il valore dei beni donati da sommare al relictum.
Quindi, con sentenza emessa il 13 gennaio 2005, il Tribunale dispose la divisione del compendio ereditario relitto da Gi.Pi. assegnando a Gi.Fr. , F. , f. , P. e M. l’intero compendio, e condannando i predetti a corrispondere all’attrice a titolo di conguaglio la somma di Euro 198.030 con la rivalutazione fino al passaggio in giudicato della sentenza, oltre agli interessi sulla somma di anno in anno rivalutata dal 27 ottobre 2003 al saldo.
3. – G.B. impugnò detta sentenza. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 17 dicembre 2007, rigettò il gravame.
Premessa la correttezza ai sensi dell’art. 2668 c.c. dell’ordine di cancellazione e della trascrizione relativa alle domande rinunciate, la Corte di merito giudicò inammissibile per difetto di specificità dei motivi, e comunque priva di fondamento, la doglianza relativa alla esclusione da parte del primo giudice della sussistenza di lesioni alla quota di legittima per effetto delle due donazioni fatte dal de cuius, tenuto conto che per contestare la correttezza della pronuncia l’appellante non aveva usato altro argomento se non l’asserita esistenza di altre donazioni per tre milioni di Euro, che non sarebbero state prese in considerazione dal giudicante nell’escludere la sussistenza della lesione di legittima.
Quanto all’affermazione dell’appellante, che lamentava che non si sarebbero considerate le donazioni e non si sarebbe valutato tutto il compendio ereditario, rilevò il giudice di secondo grado che si trattava di affermazione apodittica, inidonea ad assurgere a motivo ammissibile di impugnativa, in quanto non supportata da alcuna motivata argomentazione atta a convalidare l’assunto.
Quanto alla doglianza relativa alla ritenuta indivisibilità del compendio, la Corte rilevò che l’appellante sosteneva che oggetto di indagine doveva essere la verifica della possibilità di stralciare dall’asse ereditario una quota in natura pari ad un settimo a lei spettante, e che quindi le premesse dalle quali il giudice traeva la conclusione che l’asse ereditario non era comodamente divisibile, e cioè la inidoneità, data la consistenza dell’asse ereditario, a consentire la formazione di sette porzioni in natura, non erano corrette. La appellante sosteneva che poiché gli altri coeredi non avevano chiesto la divisione, ma avevano dichiarato di voler rimanere in comunione tra loro, ciò che doveva essere individuato era unicamente la porzione in natura pari ad un settimo del valore del compendio da stralciare dall’asse ereditario e da attribuire all’appellante.
Al riguardo la Corte di merito osservò che l’asse ereditario immobiliare relitto era descritto dal ctu come un ampio terreno recintato, sul quale sorgevano cinque distinti fabbricati (una villa padronale, un modesto fabbricato retrostante alla villa, di cui costituiva il garage, un capannone artigianale, un “barco” agricolo adibito a rimessa e deposito, e un edificio coevo alla villa costruito a fianco di quest’ultima. Il valore dell’asse ereditario comprensivo dei mobili di arredo, e considerate le donazioni, è stato indicato dal ctu, con valutazione che non aveva formato oggetto di motivata censura, in complessivi Euro 1.574710 con valutazione al 2003, con la conseguenza che la quota spettante a ciascun coerede era pari ad Euro 224.958,57.
Dalla ctu si evidenziava altresì la indivisibilità del compendio, stante la impossibilità di pervenire alla formazione in natura di sette lotti di pari valore, da assegnare a ciascuno dei coeredi. Neppure l’appellante aveva offerto la dimostrazione che l’asse potesse essere diviso in natura in sette parti. Ella intendeva, in effetti, non già affermare la divisibilità del compendio, ma piuttosto conseguire lo stralcio in natura di una porzione corrispondente alla quota di sua pertinenza, pretendendo di individuare detta porzione in uno degli appartamenti a suo dire ricavabili dalla villa padronale. Ciò posto, la Corte rilevò che la causa non aveva ad oggetto tale stralcio, ma la divisione dell’intero compendio, richiesta anche dagli altri coeredi, i quali, tuttavia, in ragione della indivisibilità del compendio, avevano chiesto l’assegnazione dell’intero compendio ai sensi dell’art. 720 cod.civ..
La richiesta di assegnazione dell’intero compendio, non comodamente divisibile in quote pari al numero dei condividenti, formulata dai coeredi aventi la quota maggiore, costituiva l’unica alternativa alla vendita all’asta del compendio medesimo.
Ai fini dell’accoglimento della richiesta era del tutto irrilevante la valutazione della possibilità di ricavare due appartamenti dalla villa padronale. Secondo la Corte lagunare, neppure la ipotizzata creazione di due unità abitative avrebbe determinato la conseguenza di consentire la divisione in natura dell’intero compendio con la formazione di sette quote di pari o di consimile valore. Quanto alla doglianza formulata dall’appellante, relativa alla presunta determinazione del compendio in misura non corrispondente all’attuale valore dei beni, la valutazione del compendio risaliva alla perizia del 2003 e l’appellante non aveva neppure dedotto che da detta data fossero intervenute particolari congiunture incidenti sulla valutazione degli immobili che ne avessero comportato variazioni di valore diverse e maggiori rispetto all’andamento del fenomeno inflattivo, tali quindi da giustificare un aggiornamento della valutazione del compendio effettuata dal consulente nel giudizio di primo grado al fine della rideterminazione del conguaglio spettante all’appellante.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre G.B. sulla base di un unico motivo. Resistono G.F. , Fr. , f. , P. , M. e G. , nonché Pr.Pi. e P.M. . Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1.-Devono preliminarmente essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dai controricorrenti.
1.1. – Con la prima di tali eccezioni si deduce la omessa specificazione delle violazioni di legge addebitate alla sentenza impugnata.
1.2. – La eccezione è infondata.
La indicazione delle norme asseritamente violate è nel ricorso accompagnata da argomentazioni idonee a dimostrare, dal punto di vista della ricorrente, le ragioni del contrasto di alcune affermazioni contenute nella sentenza con le norme asseritamente violate.
1.3. – Si deduce poi la mancata riproduzione nel ricorso dei passaggi degli scritti difensivi della ricorrente richiamati a sostegno delle proprie affermazioni, in asserita violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
1.4. – Anche tale eccezione è priva di fondamento.
In realtà, l’unico atto rilevante ai fini della valutazione della dedotta violazione delle norme invocate dalla ricorrente è il parere – prodotto in giudizio – favorevole dell’amministrazione comunale competente in ordine alla realizzabilità di intereventi edilizi nella villa ai fini della divisione della stessa in più appartamenti.
2. – Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 718, 720 e 729 cod.civ.. La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto della ratio dell’istituto della divisione e delle specifiche domande delle parti. La domanda dell’attuale ricorrente, formulata ai sensi dell’art. 718 cod.civ., di vedersi attribuita la propria quota del compendio ereditario in natura, con l’assegnazione di una parte della villa, divisibile in più unità abitative, ferma restando l’attribuzione della restante parte della villa in comproprietà agli altri coeredi, che ne avevano fatto richiesta.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione, ai sensi dell’art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis: “Se il diritto del coerede di ottenere ex art. 118 c.c. la sua quota in natura dell’asse ereditario, possa essere realizzato, nell’ipotesi in cui gli altri coeredi abbiano manifestato la volontà di restare in comunione, mediante lo stralcio della sua quota, nel caso in cui questa sia individuabile in un bene corrispondente alla quota ideale dell’intero asse”.
3. – Premesso che il riferito quesito, a differenza di quanto eccepito dai controricorrenti, risulta posto in modo preciso e conferente, deve rilevarsi che la censura merita accoglimento.
Il plesso normativo che disciplina la divisione della comunione ereditaria pone un principio generale di divisibilità, cui si deroga nella ipotesi di beni intrinsecamente indivisibili o la cui divisione risulterebbe non opportuna nell’interesse della pubblica economia o dell’igiene (artt. 718 e 720 cod.civ.).
In tale ipotesi, qualora alcuni dei condividenti vogliano mantenere la comunione con riferimento alle quote loro spettanti, ottenendo l’assegnazione congiunta di una quota pari alla somma delle loro singole quote, deve ritenersi sussistere, ai sensi dell’art. 729 cod. civ., un’ipotesi di porzioni diseguali, con conseguente impossibilità di procedere all’assegnazione delle quote mediante sorteggio e necessità, quindi, di disporre l’attribuzione delle stesse da parte del giudice, atteso che l’alterazione dell’originaria uguaglianza delle quote ereditarie, dovuta alla richiesta di alcuni coeredi di attribuzione di una porzione corrispondente ad una quota pari alla somma delle singole quote loro spettanti, determina un inevitabile riflesso sulle modalità di attuazione della divisione e giustifica la mancata adozione del criterio di estrazione a sorte (v. Cass., sent. n. 407 del 2014).
La volontà di alcuni dei coeredi di rimanere in comunione tra loro e la richiesta dell’erede di conseguire lo stralcio della sua sola quota costituiscono, dunque, mere modalità di realizzazione della divisione ex art. 720 cod. civ. (cfr. sul punto Cass., sent. n. 2630 del 1990). Nella specie, da un lato, i coeredi della attuale ricorrente avevano chiesto di restare in comunione, dall’altro costei aveva chiesto di ottenere l’attribuzione della propria quota in natura, avuto riguardo alla possibilità giuridica, evidenziata dalla produzione documentale, di una divisione della villa padronale in diverse unità immobiliari.
A fronte di tale richiesta di G.B. , l’errore della Corte di merito è consistito nel non prendere in considerazione la possibilità di ricorrere alla indicata modalità di realizzazione della divisione alla luce della volontà manifestata dai coeredi della prima di restare in comunione fra loro.
4. – In definitiva, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice – che viene individuato nella Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, cui è demandato altresì il regolamento delle spese del giudizio – che la dovrà riesaminare alla stregua dei rilievi svolti sub 3 sulla base dei principi di diritto ivi enunciati.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

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