Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 27 ottobre 2015, n. 21791

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25759-2013 proposto da:

(OMISSIS) S.N.C. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 7438/2013 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 07/06/2013, R.G.N. 13643/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La (OMISSIS) s.n.c. convenne in giudizio la (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentirle condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni materiali riportati in un sinistro stradale avvenuto in (OMISSIS).

Assumeva l’attrice che la responsabilita’ del sinistro era da addebitarsi al conducente dell’autoveicolo di proprieta’ della (OMISSIS) che, proveniente a tergo rispetto a quello antagonista, lo aveva tamponato nelle parti posteriori.

Il Giudice di Pace affermo’ l’esclusiva responsabilita’ della (OMISSIS) nella produzione dell’evento e condanno’ quest’ultima, in solido con l’assicurazione, al risarcimento dei danni che quantifico’ in euro 1.200,00, oltre accessori.

Avverso tale decisione propose appello la (OMISSIS) s.n.c., dolendosi dell’illegittima liquidazione delle spese processuali, con esclusivo riferimento ai diritti di avvocato.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello per mancata specificazione dei motivi d’appello.

Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.n.c. che presentano memoria.

Parte intimata non svolge attivita’ difensiva.

La causa, in data 20 aprile 2015, e’ stata rimessa alla pubblica udienza della terza sezione civile.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4).

Sostiene la ricorrente che il giudice di primo grado ha liquidato in maniera illegittima e in misura incongrua le spese giudiziali del grado e che il Tribunale, investito in sede d’appello di tale questione, ha ritenuto inammissibile il relativo gravame, per mancata specificazione dei motivi d’appello.

Ad avviso della ricorrente, avendo ella allegato all’atto introduttivo di secondo grado la nota spese, si era riportata a tale nota per la rideterminazione dei compensi. Ed essa non poteva fare null’altro, non conoscendo quali voci il giudice di pace avesse ritenuto di escludere dal relativo, analitico elenco, in quanto la liquidazione dei diritti di avvocato e’ avvenuta in maniera indistinta e globale.

In altri termini, il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla societa’ (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza del giudice di pace n. 377/2012, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali ed ha quindi condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese.

Il motivo deve essere accolto.

La circostanza che, nel caso specifico, tali voci non siano integralmente riportate nell’atto di appello, ma richiamate per relationem attraverso il rinvio alla nota spese, depositata unitamente allo stesso atto, rappresenta solo una modalita’ di redazione dell’atto di gravame che non incide sulla sua specificita’.

La giurisprudenza di legittimita’ e’, invero, costante nel ritenere, che in tema di liquidazione delle spese processuali, la parte che censuri la sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di giudizio, lamentando la violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale, ha l’onere di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, dovendosi escludere che tali indicazioni possano essere desunte da note o memorie illustrative successive, la cui funzione e’ solo quella di chiarire le censure tempestivamente formulate. (Cass., 8 aprile 2011, n. 8067; Cass. 9 luglio 2009, n. 16149). Sennonche’ qui il Giudice di appello ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello, non gia’ perche’ le necessarie indicazioni per la rideterminazione del compenso erano state fornite in una nota successiva all’atto di appello, bensi’ perche’ erano contenute nella nota allegata al medesimo atto e da esso richiamato, sulla base di un’impropria applicazione del criterio di autosufficienza.

In definitiva il ricorso va accolto; cio’ comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al Tribunale di Napoli, in persona di altro giudice, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Napoli in persona di altro giudice.

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