Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 26 luglio 2013, n. 32644
Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza resa dal GUP del Tribunale della stessa città in data 21 marzo 2012, ha riqualificato come concorso in furto pluriaggravato (di dieci confezioni di profumo, sottratte da un punto vendita della COIN: fatto avvenuto in (omissis) ) il fatto-reato di cui al capo A), in origine, qualificato come rapina impropria, e, ritenuta l’equivalenza delle circostanze concorrenti, confermata l’affermazione di responsabilità in ordine al concorrente reato di cui al capo B) (resistenza a pubblico ufficiale), ha ridotto la pena applicata dal primo giudice.
La Corte di appello ha, in particolare, ritenuto che la violenza posta in essere dagli esecutori materiali del fatto non fosse prevedibile da parte dell’odierno imputato, rimasto in attesa dei complici alla guida di una autovettura all’esterno dell’esercizio commerciale derubato, e poi datosi alla fuga.
Ha proposto ricorso per cassazione il PG territoriale, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
1. illogicità e contraddittorietà della motivazione (premessa la ricostruzione dei fatti accertati, il ricorrente lamenta che la violenza posta in essere dai complici dell’imputato costituisse logico sviluppo, rilevante quanto meno ex art. 116 c.p., della condotta concorsualmente programmata ed attuata).
Ha concluso chiedendo “cassare per quanto di ragione” la sentenza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.
All’odierna udienza pubblica, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1. L’imputato è stato chiamato a rispondere di concorso in rapina impropria quale concorrente morale nonché quale soggetto incaricato di operare da palo all’esterno dell’esercizio commerciale derubato dalle complici, e di recuperare, all’esito, i correi autori materiali del fatto.
1.1. La sentenza impugnata, con riguardo alla qualificazione del fatto, ha osservato quanto segue:
“Ferma restando la corresponsabilità dei complici quanto al delitto di rapina impropria non pare si possa affermare che la violenza, nel caso di specie, si ponesse dal punto di vista dello H. (rectius, A. : il coimputato H. è stato giudicato separatamente), come uno sviluppo prevedibile dell’azione furtiva. Depongono in tal senso due circostanze entrambe afferenti le modalità di realizzazione del reato.
Anzitutto la rapina era stata posta in essere con uno spintone e dalla complice donna non per niente non sortì alcun effetto ai fini dell’impunità – il che lascia fondatamente presumere che si sia trattato più che altro di una reazione istintiva e non originariamente prevista di chi doveva semplicemente guadagnare l’uscita dopo che altri avevano nascosto la refurtiva nella borsa che portava con sé. Secondariamente proprio il fatto che la borsa presentasse delle protezioni metalliche per consentire di superare i rilevatori magnetici senza far scattare l’allarme lascia supporre che gli autori del crimine non avessero minimamente messo in conto di dover reagire con la forza, ma che ritenessero che il furto programmato non sarebbe stato scoperto e che avrebbero superato indenni i controlli alle casse”.
1.2. In virtù di tali considerazioni, e ferma l’affermazione di responsabilità in ordine alla resistenza a pubblico ufficiale di cui al capo B), il fatto di cui al capo A), è stato qualificato come furto aggravato ai sensi degli artt. 110, 624 e 625 nn. 2 e 5 c.p..
2. Tali conclusioni non possono essere condivise per un duplice ordine di ragioni.
2.1. La responsabilità del correo può essere esclusa, ai sensi dell’art. 116 c.p., soltanto se il diverso e più grave reato realizzato dai compartecipi costituisca un fatto anormale, eccezionale, e quindi non prevedibile.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema è, in proposito, assolutamente ferma nel ritenere che sussiste il necessario rapporto di causa ad effetto tra il reato di furto inizialmente programmato e quelli di rapina impropria (e resistenza), commessi successivamente, poiché è del tutto prevedibile che un compartecipe possa trascendere ad atti di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o di terzi, per assicurarsi il profitto del furto, o comunque guadagnare l’impunità (Cass. pen., sez. II, n. 519 del 26 maggio 1981, dep. 23 gennaio 1982, Michelangeli, rv. 151694; conformi, sez. II, n. 1783 del 2 giugno 1983, dep. 1^ marzo 1984, Papa, rv. 162872, per la quale non è atipico ed imprevedibile l’uso della violenza da parte di uno solo dei concorrenti nel furto in danno delle persone intervenute per bloccarlo; sez. II, n. 138 del 9 luglio 1984, dep. 8 gennaio 1985, Mariniello, rv. 167299, per la quale la rapina impropria non costituisce evento atipico ed imprevedibile rispetto al furto; sez. II, n. 6300 del 230 ottobre 1990, dep. 10 giugno 1991, Pizzalu, rv. 187403, per la quale l’uso eventuale di violenza o minaccia può essere ritenuto prevedibile sviluppo della condotta finalizzata a commettere un furto, e, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa mobile altrui in rapina impropria ascrivibile al compartecipe a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p.; da ultimo, sez. VI, n. 9952 del 22 gennaio 2003, Fanti, rv. 224042).
Deve, pertanto, ribadirsi il seguente principio di diritto:
“l’eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di furto per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l’impunità può essere ritenuto logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione del furto e, se realizzato, comporta la configurabilità nei confronti dei concorrenti nolenti del concorso anomalo ex art. 116 c.p. nel reato di rapina impropria ascrivibile ai compartecipe che se ne sia reso materialmente responsabile”.
2.2. Quanto ai tratti che distinguono il concorso “anomalo” ex art. 116 c.p. dall’ordinario concorso nel reato ex art. 110 c.p., si è in più occasioni chiarito che la responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ordinario ex art. 110 c.p., se il compartecipe ha previsto e accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave, mentre configura il concorso anomalo ex art. 116 c.p., nel caso in cui l’agente, pur non avendo in concreto previsto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza (per tutte, Cass. pen., sez. I, n. 4330 del 15 novembre 2011, dep. 1^ febbraio 2012, Camko, rv. 251849).
2.3. Ciò premesso in diritto, deve rilevarsi che la Corte di appello, da un lato, non ha considerato che il fatto materialmente realizzato dai complici dell’odierno imputato – pur ricostruito con le sfaccettature che ad esso l’impugnata sentenza attribuisce – costituisce pur sempre logico e prevedibile sviluppo del furto programmato, poiché, pur agendo con tutte le cautele possibili, è certamente elevata la probabilità che chi esegua un furto all’interno di un grande magazzino come quello in oggetto possa essere sorpreso dai vigilanti addetti ai relativi controlli, e, di conseguenza, è ampiamente prevedibile da parte dei correi che quello di loro che sia stato sorpreso possa cercare di sottrarsi al controllo ponendo in essere forme pur lievi (ma la stessa Corte di appello non nega che la violenza in concreto posta in essere dalla complice fosse comunque idonea ai fini dell’integrazione del reato di rapina impropria) di violenza.
Dall’altro, la Corte di appello non ha considerato l’evenienza che l’evoluzione della condotta da furto a rapina impropria potesse aver costituito oggetto di rappresentazione – e – volizione (sub specie di consapevole accettazione del relativo rischio) da parte dell’odierno imputato, così integrando gli estremi del concorso ordinario ex art. 110 c.p. nella rapina impropria.
Deve inoltre evidenziarsi che – pur in difetto di una espressa ipotesi fattuale nell’ambito della contestazione di cui al capo A) – nessun rilievo è stato attribuito alla condotta contestualmente costituente oggetto di specifica contestazione nell’ambito del capo B), anch’essa di per sé in astratto suscettibile di integrare gli estremi del reato di rapina impropria, e questa volta non a mero titolo di concorso anomalo, trattandosi di condotta tenuta in prima persona dall’odierno imputato.
2.4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A) dell’imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste che nel nuovo giudizio, ai fini della valutazione della configurabilità del concorso dell’odierno imputato ex art. 110 o 116 c.p. nel reato di rapina impropria, si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A) dell’imputazione con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.
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