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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza n. 18354  del 31 luglio 2013

Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4242/2007 proposto da:
M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato MORGANTI
Pietro, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato FIORE
GIOVANNA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BIANCHI SILVANA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 497/2006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 23/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/06/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;
udito l’Avvocato Pietro MORGANTI, difensore della ricorrente che ha
chiesto accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giovanna FIORE, difensore della resistente che ha
chiesto il rigetto del ricorso e si riporta agli atti depositati;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 22-12-1989 decedeva “ab intestato” a (OMISSIS) M. R. lasciando quali eredi legittimi il figlio A., nato dal suo primo matrimonio, e la seconda moglie P.A., concorrenti all’eredità nella quota del 50% ciascuno.

Con atto di citazione del 20-4-1995 M.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pesaro la P. chiedendo la divisione dell’eredità.

Costituendosi in giudizio la convenuta aderiva alla domanda di divisione.

Con sentenza del 16-5-2001 il Tribunale adito dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria, assegnava in proprietà al M. l’immobile sito in (OMISSIS) ed alla P. quello sito in (OMISSIS), e condannava il M. a corrispondere alla P. un conguaglio di L. 97.006.500.

Proposta impugnazione da parte della P. cui resisteva il M. la Corte di Appello di Ancona con sentenza del 21-11-2006 ha accolto per quanto di ragione l’appello, ed ha disposto la divisione dei beni relitti da M.R. in due lotti, il lotto A comprendente l’immobile e gli arredi siti in (OMISSIS), ed il lotto B comprendente l’immobile e gli arredi siti in (OMISSIS), ha disposto l’assegnazione di tali lotti mediante estrazione a sorte, da svolgersi dinanzi alla Corte stessa all’udienza del 12-12-2006, ed ha fissato la misura del conguaglio in favore della P., nel caso alla stessa fosse stato assegnato il lotto A, in complessivi Euro 176.640 e, nel caso le fosse stato assegnato il lotto B, in Euro 167.310.

Per la cassazione di tale sentenza il M. ha proposto un ricorso affidato a cinque motivi cui la P. ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato delle memorie.

Questa Corte con ordinanza del 10-1-2013 ha rinviato la causa a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite Civili su una questione oggetto del primo motivo di ricorso.

Le parti hanno successivamente depositato delle ulteriori memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni logiche di priorità occorre anzitutto esaminare il secondo motivo di ricorso con il quale il M., deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 184 e 345 c.p.c., ed omessa motivazione, assume che la P. aveva chiesto di tener conto nell’ambito della divisione ereditaria del suo preteso diritto di abitazione sull’immobile di (OMISSIS) e di uso dei relativi arredi soltanto con la seconda comparsa conclusionale del 23-3-2001 nel giudizio di primo grado, e che l’esponente nella seconda memoria di replica del 27-3-2001 aveva eccepito l’inammissibilità della stessa in quanto tardiva; inoltre, avendo la controparte riproposto tale domanda in appello, l’istante nella comparsa di costituzione aveva eccepito l’effetto preclusivo di cui all’art. 345 c.p.c.;

peraltro la Corte territoriale ha omesso qualsiasi pronuncia in proposito.

La censura è infondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 27-2-2013 n. 4847 hanno affermato che nella successione legittima spettano al coniuge del “de cuius” i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall’art. 540 c.c., comma 2 e che il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima non tenendo conto dell’attribuzione dei suddetti diritti, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato.

Orbene il riconoscimento di tale diritto di abitazione al coniuge del “de cuius” nella successione legittima e la sua assimilazione ad un prelegato “ex lege” comportano che la concreta spettanza di tale diritto non è subordinata alla relativa domanda dal coniuge stesso, trattandosi di un diritto attribuito a quest’ultimo in tale tipo di delazione ereditaria direttamente dalla legge, con la conseguenza che il diritto suddetto deve essere riconosciuto – nell’ambito della controversia avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione ereditaria secondo le norme previste in materia di successione legittima – al suddetto coniuge del “de cuius” senza la necessità di una sua espressa richiesta in tal senso.

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 540, 553, 565, 566, 581, 582 e 661 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver affermato che i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che l’arredano sono riservati al coniuge come prelegati oltre la quota di riserva, cosicchè, se a detto coniuge in sede di divisione viene attribuita la casa oggetto del diritto di abitazione, il valore di quest’ultimo deve essere calcolato e considerato come un prelegato.

Il M. sotto un primo profilo rileva che detti diritti previsti dall’art. 540 c.c., comma 2, non possono essere qualificati come prelegati, essendo il prelegato espressamente regolato dall’art. 661 c.c., che opera soltanto per volontà del testatore, e quindi solo nella successione testamentaria; del resto il diritto di abitazione del coniuge superstite costituisce una mera riserva qualitativa, pertanto non monetizzabile.

Il ricorrente inoltre fa presente che nella fattispecie si verte in tema di successione legittima, e che gli artt. 581 e 582 c.c., non prevedono che i diritti di abitazione ed uso siano idonei a determinare un incremento della quota di legge prevista in favore del coniuge superstite, e che quindi si cumulino con la quota ad esso riconosciuta nella successione legittima.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, nel ritenere che nella successione legittima al coniuge è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare come un prelegato il cui valore deve essere calcolato a parte, ha espresso un convincimento sostanzialmente in linea con la recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte sopra richiamata, con la conseguente infondatezza dei profili di censura sollevati dal ricorrente; è solo opportuno rilevare, con riferimento all’affermazione del M. secondo cui il prelegato ai sensi dell’art. 661 c.c., opera soltanto per volontà del testatore, quindi solo nella successione testamentaria, che la menzionata sentenza delle Sezioni Unite ha chiarito che il riferimento al prelegato deve essere inteso soltanto come indicazione del criterio di calcolo del diritto di abitazione (non a caso si è ritenuto di dover applicare “un meccanismo assimilabile al prelegato”), il cui valore capitale deve appunto essere stralciato dall’asse ereditario prima di procedere alla divisione di esso secondo le norme della successione legittima, e non quindi in senso strettamente tecnico secondo la previsione di cui all’art. 661 c.c..

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 112, 113, 116, 184 e 345 c.p.c., artt. 718 e 729 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione, censura sotto diversi profili la sentenza impugnata per aver disposto l’estrazione a sorte dei due lotti.

Anzitutto il M. afferma che la Corte territoriale, attesa la mancata contestazione da parte della convenuta nel giudizio di primo grado del progetto divisionale che prevedeva l’attribuzione dell’immobile di (OMISSIS) all’esponente e di quello di (OMISSIS) alla P., avrebbe dovuto dichiarare inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la domanda di quest’ultima tendente all’estrazione a sorte dei lotti; inoltre la P. aveva aderito al suddetto progetto divisionale senza avanzare alcuna contestazione sul punto.

Il ricorrente rileva poi che, avendo la P. chiesto di valutare nella divisione il preteso diritto di abitazione, diritto che non poteva essere monetizzato, ne consegue che occorreva necessariamente attribuire alla controparte l’immobile di (OMISSIS) già costituente la casa familiare; d’altra parte, anche monetizzando tale diritto, la conclusione era inaccettabile, essendosi verificato che con l’estrazione a sorte è stata assegnata alla P. la porzione comprendente l’immobile di (OMISSIS) con l’aggiunta del valore del diritto di abitazione, con la conseguenza che alla controparte erano stati attribuiti circa i 3/4 dell’asse ereditario ed al figlio legittimo il residuo quarto.

La censura è infondata.

Anzitutto deve ritenersi, conformemente a quanto ribadito anche recentemente da questa stessa Corte, che il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, con il conseguente diritto delle parti del giudizio divisorio di mutare, anche in sede di appello, le proprie conclusioni (Cass. 17-4-2013 n. 9367), cosicchè legittimamente la P. ha chiesto nel giudizio di secondo grado di procedere alla divisione mediante sorteggio.

Tanto premesso, si osserva che la Corte territoriale ha ritenuto che, in presenza di porzioni uguali, ai sensi dell’art. 729 c.c., doveva adottarsi il criterio del sorteggio, aggiungendo che non sussistevano ragioni per derogare ad esso, essendo del tutto ininfluente la residenza dei due condividenti.

Orbene tale convincimento è corretto in quanto conforme al principio generale di cui all’art. 729 c.c., dell’adozione del criterio del sorteggio qualora le porzioni siano uguali, mentre erroneo si rivela l’assunto del ricorrente secondo cui il diritto di abitazione non può essere monetizzato; al contrario il riconoscimento di tale diritto sull’immobile già adibito a residenza familiare comporta la determinazione del suo valore in riferimento alla sua inerenza al predetto bene; inoltre non sussiste alcuna norma che preveda necessariamente l’assegnazione al coniuge superstite della casa familiare, essendo invece necessario che, come già sopra rilevato, il valore capitale del diritto di abitazione venga stralciato dalla divisione con la conseguenza, nella formazione dei lotti, della determinazione separata del valore dell’immobile destinato a residenza familiare da quello del suddetto diritto di abitazione.

Con il quarto motivo il M., deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 791 c.p.c. e art. 46 disp. att. c.p.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione, afferma che erroneamente la Corte territoriale ha disposto l’operazione di estrazione a sorte dei lotti prima della formazione del giudicato sia sui diritti della P. sia sulle modalità della divisione; il ricorrente richiama al riguardo il disposto dell’art. 791 c.p.c., che prevede che “l’estrazione dei lotti non può avvenire …se non in base a sentenza passata in giudicato”; infatti nella specie, come emerge dagli atti e dalla stessa sentenza impugnata, vi era contestazione da parte dell’esponente sia sui diritti della P. sia sulle modalità della divisione; pertanto erroneamente era stata fissata l’udienza del 16-1-2007 per le operazioni di estrazione a sorte conclusasi con l’assegnazione del lotto A) comprendente l’immobile di (OMISSIS) al M. e del lotto B) comprendente l’immobile di (OMISSIS) alla P..

Il ricorrente evidenzia poi che dal verbale di tale udienza (depositato in copia autentica insieme alla sentenza) emerge che sono state operate delle correzioni nella parte del verbale relativa all’assegnazione dei lotti (prima pagina) senza rispettare le modalità prescritte dall’art. 46 disp. att. c.p.c..

La censura è fondata (seppure il richiamo all’art. 791 c.p.c., riguardante il progetto di divisione davanti al notaio, è erroneo).

Il giudice di appello ha disposto l’immediata effettuazione delle operazioni di estrazione a sorte nonostante le contestazioni in proposito sollevate dal M.; tale assunto è erroneo, in quanto nel procedimento di scioglimento della comunione non è consentito procedere all’estrazione a sorte ai sensi dell’art. 789 c.p.c., comma 4, sino a quando le contestazioni al progetto di divisione non siano state definitivamente risolte con sentenza passata in giudicato (Cass. 28-10-2002 n. 15163).

Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, sostiene che il giudice di appello ha attribuito un valore di Euro 230.000,00 al diritto di abitazione della P. – a fronte di due distinte valutazioni da parte del CTU, una del valore minimo di Euro 164.272,14 ed una del valore massimo di Euro 234.674,49 – senza offrire argomentazioni in favore dell’attribuzione del suddetto valore massimo tra le due stime proposte dal CTU. La censura è fondata.

Premesso che la sentenza impugnata ha aderito sostanzialmente, quanto al valore del diritto di abitazione spettante all’appellante sull’immobile di (OMISSIS), alla stima operata dal CTU in Euro 234.000,00 (sia pure riducendo tale valore ad Euro 230.000,00 per essere nel frattempo passato un anno dall’epoca di determinazione della stima), e che la controricorrente non contesta che il CTU aveva espresso anche un valore minimo di tale diritto nella misura indicata dal ricorrente, si osserva che il giudice di appello ha omesso del tutto di esprimere le ragioni di tale opzione per il valore massimo, e che tale carenza argomentativa appare ancor più rilevante avuto riguardo al notevole scarto tra le due diverse stime; pertanto, incidendo tale stima sull’entità dei conguagli conseguenti all’attribuzione dei due lotti, occorre procedere al riguardo in sede di rinvio ad un nuovo esame di tale punto decisivo della controversia.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all’accoglimento del quarto e del quinto motivo di ricorso, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Bologna.

P.Q.M.

La Corte Accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2013

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