Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 25 marzo 2015, n. 12601

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro – Presidente

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere

Dott. MANNA Anton – rel. Consigliere

Dott. RAGO Geppino – Consigliere

Dott. ALMA Marco Mari – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS);

avverso la sentenza 26.4.13 della Corte d’Appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;

udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore di parte civile – Avv. (OMISSIS) -, che ha depositato nota spese e conclusioni con cui ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il difensore della (OMISSIS) – Avv. (OMISSIS) -, che ha concluso per l’annullamento dell’impugnata sentenza in virtu’ dei motivi di cui al ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza 26.4.13 la Corte d’Appello di Milano confermava la condanna di (OMISSIS) emessa il 15.6.12 dal Tribunale della stessa sede per concorso in truffa aggravata ex articolo 61 c.p., n. 7.

Questi, in sintesi, i fatti come ricostruiti in sede di merito: (OMISSIS), impiegata presso un’agenzia immobiliare, in concorso con i proprietari d’un immobile in vendita per l’importo di euro 140.000,00, aveva indotto (OMISSIS) a stipulare un preliminare d’acquisto facendole credere che su tale immobile gravasse solo un’ipoteca volontaria di modesto importo, cosi’ ottenendo la consegna di complessivi euro 20.000,00 a titolo di caparra confirmatoria e compenso d’agenzia. Solo dopo di cio’ la persona offesa apprendeva che, invece, sull’immobile gravava un’altra – ed assai rilevante – ipoteca, il tutto per complessivi euro 295.000,00.

(OMISSIS) ricorreva personalmente contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) insussistenza del dolo e omessa motivazione a tale riguardo, giacche’ la Corte territoriale non aveva spiegato in base a quale inferenza logica si dovesse ritenere che la ricorrente fosse a conoscenza della reale situazione ipotecaria dell’immobile oggetto di trattativa; ne’ poteva ricavarsi il dolo dalla mera circostanza – per altro non rispondente al vero, ma asserita in sentenza in forza d’un travisamento dei fatti – che la (OMISSIS), sebbene invitata, non si fosse presentata all’appuntamento fissato per il rogito davanti al notaio;

b) l’ipoteca gravante sull’immobile costituiva circostanza agevolmente accertabile mediante apposita visura ipotecaria cui l’acquirente avrebbe potuto e dovuto provvedere con un minimo di diligenza prima di firmare il preliminare e versare la caparra e la provvigione, versamento che tutelava anche l’acquirente in caso di inadempimento del venditore (essendo prevista in tal caso la restituzione del doppio): alla luce di tali considerazioni doveva ravvisarsi una fattispecie di reato impossibile;

c) il reato non era procedibile per tardivita’ della querela, considerato che a tal fine il dies a quo dovrebbe essere non quello in cui il soggetto passivo si rendeva conto di tutti gli elementi del reato, ma quello in cui avrebbe dovuto acquisirne consapevolezza usando l’ordinaria diligenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 – I motivi che precedono sub a) e sub b) – da esaminarsi congiuntamente perche’ connessi – sono infondati.

Contrariamente a quanto affermato in ricorso, la sentenza impugnata ha analiticamente riportato e condiviso la motivazione con cui il primo giudice ha ritenuto il dolo della ricorrente non solo per essersi, dopo il versamento della caparra e del compenso provvisionale, ripetutamente negata al telefono e per aver omesso di consegnare la visura ipotecaria piu’ volte chiesta dalla persona offesa, ma anche per averla piu’ volte rassicurata, nel corso della trattativa e al momento stesso della firma del preliminare e della consegna del denaro, che sull’immobile gravava solo un’ipoteca volontaria di residuale importo, mentre in realta’ ve ne era un’altra di assai rilevante importo, il tutto per complessivi euro 295.000,00, circostanza – quest’ultima – riferita alla (OMISSIS) solo dopo la firma del preliminare.

Supporre che la (OMISSIS), dipendente di un’agenzia immobiliare, ignorando la reale situazione del bene avesse in buona fede, seppur in maniera avventata e senza disporre di alcuna documentazione a conforto del proprio dire, ripetutamente rassicurato la persona offesa e’ un’irragionevole congettura, in quanto tale inidonea a radicare un vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimita’.

Ne’ ricorre una fattispecie di reato impossibile sol perche’ la persona offesa avrebbe potuto apprendere la reale situazione dell’immobile provvedendo da se’ alla relativa visura ipotecaria: ex articolo 49 c.p., comma 2 puo’ parlarsi di reato impossibile solo per impossibilita’ dell’evento dannoso o pericoloso derivante da inidoneita’ dell’azione od inesistenza del suo oggetto. Nella vicenda in discorso non solo l’azione era idonea e ne esisteva l’oggetto, tanto da riuscire la (OMISSIS) ad ottenere la consegna del denaro cosi’ realizzando l’evento dannoso (il fatto vince l’ipotesi), ma a cio’ si aggiunga che l’eventuale negligenza o scarsa accortezza del soggetto passivo del delitto p. e p. ex articolo 640 c.p. non ha mai efficacia scriminante od attenuante.

Ne’ alla conclusione contraria puo’ pervenirsi in base al diritto alla restituzione del duplum della caparra (ex articolo 1385 c.c., comma 2) in caso di inadempienza del promittente venditore, atteso che quest’ultimo puo’ poi rendersi inadempiente anche di tale obbligo e risultare privo di beni fruttuosamente aggredibili in sede esecutiva.

2 – Il motivo che precede sub c) e’ manifestamente infondato in virtu’ del dirimente rilievo che per la truffa aggravata ex articolo 61 c.p. n. 7 la procedibilita’ non e’ a querela, ma d’ufficio: nel caso in oggetto la suddetta aggravante, espressamente e ritualmente contestata nell’editto accusatorio, e’ stata confermata all’esito dei gradi di merito e tale statuizione non risulta investita dal ricorso in oggetto.

3 – In conclusione, il ricorso va rigettato. Ex articolo 616 c.p.p. consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile (OMISSIS), liquidate in euro 3.510,00 oltre accessori come per legge.

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