Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 20 gennaio 2016, n. 2281

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Salerno;

avverso le ordinanze emesse in sede di riesame dal Tribunale di Salerno n. 494 e n. 499 del 7 agosto 2015 nei confronti di:

(OMISSIS) n. (OMISSIS) e (OMISSIS) n. (OMISSIS);

n. 506, n. 507, n. 516, n. 518 del 14 agosto 2015 nei confronti rispettivamente di:

(OMISSIS) n. (OMISSIS) (n. 506) (OMISSIS) n. (OMISSIS) (n. 507) (OMISSIS) n. (OMISSIS) (n. 516) (OMISSIS) n. (OMISSIS) (n. 518);

Visti gli atti, i provvedimenti impugnati e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Matilde Cammino;

udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. Dott. PINELLI Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

sentiti l’avv. (OMISSIS) del foro di Salerno, difensore di fiducia di (OMISSIS) e sostituto dell’avv. (OMISSIS) difensore di fiducia di (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) del foro di Salerno difensore di fiducia di (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) del foro di Salerno difensore di fiducia di (OMISSIS), che hanno concluso per il rigetto del ricorso del pubblico ministero;

osserva:

RITENUTO IN FATTO

1. Il pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione avverso le ordinanze indicate in epigrafe, emesse dal Tribunale di Salerno in sede di riesame delle ordinanze del locale giudice per le indagini preliminari di applicazione di misure cautelari personali in data 9 luglio 2015 nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) (ordinanze del tribunale del riesame nn. 494 e 499 del 7 agosto 2015) e in data 23 luglio 2015 nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (ordinanze del tribunale del riesame nn. n. 506, n. 507, n. 516, n. 518 del 14 agosto 2015).

2. Con le ordinanze nn. 494 e 499 emesse il 7 agosto 2015 veniva annullata l’ordinanza di applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine ai reati di truffa aggravata ai danni dello Stato contestati ai capi G ed O dell’incolpazione provvisoria per difetto di gravita’ indiziaria e veniva sostituita, quanto al reato di abuso di ufficio contestati ai capi A e D, la misura degli arresti domiciliari con quella dell’interdizione dai pubblici uffici con la sospensione dall’esercizio del pubblico servizio cui entrambi gli indagati erano adibiti.

3. Con le ordinanze nn. 506, n. 507, n. 516, n. 518 del 14 agosto 2015 l’ordinanza in data 23 luglio 2015 di applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS) e di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) veniva annullata in ordine a tutti i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato contestati all’ (OMISSIS), per il quale la misura cautelare degli arresti domiciliari veniva sostituita con quella interdittiva del divieto temporaneo di esercitare imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per dodici mesi ex articoli 290 e 308 c.p.p., in ordine al reato di abuso di ufficio contestato al capo A; nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l’ordinanza impugnata veniva annullata e venivano dichiarati cessati gli effetti della misura cautelare in corso di esecuzione.

4. La vicenda all’origine del procedimento riguarda varie condotte di truffa aggravata e abuso di ufficio messe in atto da (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ rispettivamente di dirigente e dipendente amministrativo del Tribunale amministrativo regionale di Salerno, in relazione alla stipula di tre convenzioni con altrettanti gestori di telefonia mobile per il rilascio di utenze in nome e per conto del TAR di Salerno nell’anno 2007 con la (OMISSIS), nell’anno 2009 con la (OMISSIS), nell’anno 2013 con la (OMISSIS) attraverso schede di adesione non registrate e protocollate presso l’organo giurisdizionale amministrativo nelle quali era indicata come modalita’ di pagamento quella del bonifico bancario proveniente dall’intestatario del conto corrente indicato nel TAR sezione di Salerno. Dette convenzioni comportavano il rilascio di schede telefoniche a un numero elevato di utenti (oltre mille) con tariffe agevolate e la consegna di apparati telefonici, in realta’ non destinati all’esiguo numero di dipendenti del TAR (circa 30), e procuravano inoltre cospicue provvigioni ai promoter che agivano in concorso con il (OMISSIS) e la (OMISSIS). Il TAR di Salerno, che risultava formalmente contraente nelle convenzioni stipulate per interessi personali dei promoter e dei destinatari finali delle utenze e degli apparecchi telefonici ottenuti in sostanza gratuitamente, aveva ricevuto richieste di pagamento per circa 492.000,00 euro in relazione a fatture relative alle prestazioni telefoniche erogate in base a dette convenzioni, fatture contestate e non pagate.

5. Il Tribunale del riesame nei vari provvedimenti impugnati ha escluso la configurabilita dell’ipotizzato reato di truffa nella forma aggravata ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 (truffa ai danni dello Stato o di ente pubblico), ravvisando la gravita’ indiziaria in relazione al reato di truffa semplice, eventualmente aggravata da circostanze attenuanti comuni, punita con pena inferiore al limite che consente l’applicazione di misure coercitive ai sensi degli articoli 278 e 280 c.p.p., sul presupposto che il danno fosse stato subito esclusivamente dalle compagnie telefoniche e non dal TAR, il quale non aveva effettuato alcun pagamento, anche perche’ le fatture indirizzate all’ente erano state onorate dai vari promoters o dal (OMISSIS), che come la (OMISSIS) non aveva tratto alcuna utilita’ dal meccanismo imbastito al solo scopo di consentire ai promoter di riscuotere ingenti provvigioni. Pertanto nei confronti di (OMISSIS), della (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) (quest’ultimo promoter per conto prima della (OMISSIS) e poi della (OMISSIS)) le ordinanze applicative della misura cautelare degli arresti domiciliari venivano annullate quanto al reato di truffa aggravata per difetto della gravita’ indiziaria e, in relazione ai reati di abuso di ufficio loro rispettivamente contestati, si riteneva fronteggiabile il pericolo di reiterazione di condotte analoghe con misure meno afflittive. Nei confronti degli altri indagati ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti promoter) veniva dichiarata cessata l’esecuzione della misura in corso, non ravvisandosi per il reato di concorso in abuso di ufficio il concreto e attuale pericolo di reiterazione della condotta criminosa.

6. Con il ricorso del pubblico ministero, dopo un’ampia ricostruzione dei fatti, si deduce la violazione di legge e l’illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione; in sostanza, a sostegno della sussistenza della gravita’ indiziaria anche in ordine al reato di truffa aggravata ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, si afferma che:

1) il TAR aveva subito un danno economico costituito dall’esposizione debitoria con consequenziali richieste di pagamento da parte delle varie compagnie telefoniche; per la sussistenza della truffa non e’ necessaria l’identita’ tra la persona offesa e la persona indotta in errore; finora e’ prevalsa la concezione economica del danno secondo la quale e’ necessaria un’effettiva deminutio patrimoni’ nella forma del danno emergente o del lucro cessante per stabilire l’ambito di applicazione della norma incriminatrice di cui all’articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 (Cass. Sez. Un. n. 1/1999; n. 18/2000); nel caso di specie la condotta delle persone sottoposte ad indagini non aveva determinato il mero pericolo di un danno, ma una modificazione peggiorativa della condizione patrimoniale preesistente del TAR;

2) gli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS) ricevevano personalmente gli apparecchi telefonici e le schede SIM; pertanto e’ inveritiera l’affermazione che essi non avevano conseguito ingiusto profitto dalle truffe; il danno non era subito solo dalle compagnie telefoniche, ma anche dall’ente pubblico che inconsapevolmente assumeva obbligazioni per effetto delle convenzioni stipulate a suo nome;

3) la truffa, contrariamente a quanto affermato nelle ordinanze impugnate, non e’ reato a dolo specifico, essendo irrilevante la specifica finalita’ della condotta o il motivo a delinquere (Cass. sez. 2 21 marzo 2012 n. 24645; sez. 6 7 novembre 1991 n. 470).

Nell’interesse di (OMISSIS) e’ stata depositata una memoria con la quale si sostiene l’inammissibilita’ del ricorso del pubblico ministero, per violazione del termine perentorio di dieci giorni per proporre ricorso per cassazione.

Altra memoria difensiva e’ stata depositata nell’interesse di (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente disatteso quanto dedotto con la memoria difensiva presentata nell’interesse di (OMISSIS) in ordine alla pretesa inammissibilita’ del ricorso del pubblico ministero, presentato tardivamente (il 1 settembre 2015) in relazione all’ordinanza n. 494/15 R.G.L.P. emessa il 7 agosto 2015 nei confronti dello stesso (OMISSIS) e della coindagata (OMISSIS); l’ordinanza risulta pervenuta alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno il 17 agosto 2015 e vistata il giorno successivo dal Procuratore aggiunto. Nella memoria si afferma che l’udienza dinanzi al tribunale del riesame si era svolta in periodo feriale (7 agosto 2015) “in ragione della circostanza che trattatasi di un procedimento per reati di criminalita’ organizzata”. E’ ormai consolidata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ai fini dell’applicazione dell’articolo 240 bis disp. coord. c.p.p., comma 2, che prevede l’esclusione (anche per i termini di impugnazione dei provvedimenti in materia di cautela personale e reale) della sospensione feriale dei termini procedurali nei procedimenti per reati di criminalita’ organizzata, quest’ultima nozione identifica non solo i reati di criminalita’ mafiosa e assimilata, oltre i delitti associativi previsti da norme incriminatrici speciali, ma anche qualsiasi tipo di associazione per delinquere, ex articolo 416 c.p., con l’esclusione del mero concorso di persone nel reato (Cass. Sez. Un. 22 marzo 2005 n. 17706, Petrarca e altri; Sez. Un. 15 luglio 2010 n. 37501, Donadio). Nel caso di specie, tuttavia, in ordine al reato associativo (capo E dell’incolpazione provvisoria), come in ordine ai reati di peculato (capo F) e falso (capi A, B, C e D), la richiesta di applicazione di misura cautelare personale era stata rigettata dal giudice per le indagini preliminari, che non aveva ravvisato la gravita’ indiziaria, senza che il pubblico ministero impugnasse sul punto il provvedimento cautelare. Nel procedimento di impugnazione de libertate il reato associativo era quindi ininfluente, concentrandosi le censure difensive sui soli reati di truffa, aggravata o meno ai sensi dell’articolo 640 c.p., comma 2, e di abuso di ufficio, reati per i quali si applica la sospensione dei termini nel periodo feriale e in relazione ai quali erano state disposte le misure limitative della liberta’ personale che solo per alcuni degli indagati (tra cui (OMISSIS)), sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari, si traducevano in custodia cautelare. Del resto inequivocabilmente il ricorso del pubblico ministero verteva sui soli reati di truffa e abuso di ufficio. Sulla fissazione in periodo feriale dell’udienza del riesame non risulta peraltro che la difesa abbia eccepito la nullita’ eventualmente ravvisabile (nullita’ di ordine generale a regime intermedio, suscettibile di sanatoria ex articoli 180 e 182 c.p.p.; cfr. Cass. sez. 2 7 febbraio 2014 n.21809, Rugeri). Pertanto il termine per impugnare il provvedimento emesso dal tribunale del riesame in periodo feriale decorreva, per la parte che vi aveva interesse, solo alla fine del periodo feriale.

2. Il ricorso e’ fondato.

Nei provvedimenti impugnati si afferma che gli unici soggetti danneggiati dalla condotta truffaldina posta in essere dagli odierni ricorrenti erano le compagnie telefoniche, indotte ad elargire indebite provvigioni ai promoter per contratti di telefonia stipulati in maniera illegittima, mentre il TAR di Salerno era stato esposto a mere richieste di pagamento inoltrate dalle diverse compagnie di telefonia mobile e nessun esborso aveva in realta’ effettuato. In particolare, si riporta nelle ordinanze nn. 506, 507, 516, 518 il contenuto di decisioni analoghe adottate in sede di riesame: “… l’intenzione dei protagonisti era quella di non gravare in alcun modo sull’ente ed anzi di tenerlo all’oscuro del meccanismo proprio perche’ cio’ avrebbe comportato, come immediata conseguenza, il disvelamento dell’articolato sistema truffaldino…che la P.A. era rimasta del tutto all’oscuro della stipulazione di contratti e convenzioni. Le fatture che pervenivano all’ente venivano onorate, di volta in volta, ora dai promoter, ora dai dipendenti pubblici e, proprio (OMISSIS), corrispondeva la somma di euro 6.262,83 attraverso un bonifico effettuato nel mese di dicembre 2013 dal suo conto corrente, per evitare che i costi gravassero sull’ente. Dalla lettura dell’intera vicenda emerge, abbastanza pacificamente, che ne’ il (OMISSIS) ne’ la (OMISSIS) abbiano tratto una qualche forma di diretta utilita’ dal meccanismo imbastito, i cui contenuti, semmai, non hanno saputo ben controllare e fronteggiare, consentendo ai promoter la riscossione di significative provvigioni…”.

Le argomentazioni spese dal Tribunale del riesame appaiono errate e comunque non concludenti rispetto alle determinazioni assunte, e si pongono altresi’ in contrasto, per evidente illogicita’, con le successive valutazioni espresse con riferimento alla ritenuta ipotesi di reato di abuso d’ufficio.

Va rilevato infatti che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, il delitto di truffa e’ configurabile anche quando il soggetto passivo del raggiro sia diverso dal soggetto passivo del danno e, in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato (ben potendo quest’ultimo rimanere, sino alla fine, all’oscuro di tutto), sempre che sussista un nesso di causalita’ tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato (sez. 2 17 luglio 2013 n. 43143, Saracino; sez. 2 21 febbraio 2008 n.10085, Minci; sez. 6 4 aprile 1975 n. 8418, Tarantino; sez. 2 11 maggio 1973 n. 2705, Spina; sez. 5 26 agosto 1969 n. 950, Cabella; sez. 2 29 ottobre 1998 n. 6335, p.o. in proc. Santini).

La truffa, configurando secondo l’opinione prevalente un reato non di mero pericolo ma di danno, richiede comunque un reale depauperamento economico del soggetto passivo, quindi un’effettiva deminutio patrimonii, nella forma del danno emergente o del lucro cessante, a carico dello stesso ed e’ quindi necessario che la condotta truffaldina provochi una lesione effettiva del patrimonio, non essendo il mero disvalore della condotta di per se’ sufficiente a provocare la reazione dell’ordinamento, ove non si realizzino gli eventi di danno previsti.

Si e’ peraltro osservato (Cass. sez. 2 21 febbraio 2008 n. 10085, Minci), con argomentazioni che il collegio condivide, “come secondo la c.d. concezione giuridica, che valorizza l’aspetto giuridico-formale del rapporto che si instaura fra il soggetto e i suoi beni, il momento della circolazione giuridica sarebbe, in ogni caso, prevalente sulla realizzazione effettiva del danno, ma… permangono a tutt’oggi e restano rilevanti le ragioni che da tempo (v. SU n. 1/1999; SU n. 18/2000) hanno indotto la giurisprudenza a confermare la opposta concezione economica, che richiede che la diminuzione del patrimonio del soggetto passivo sia reale ed effettiva. Il che non vuoi dire, pero’, che si possano sottovalutare, specie in un contesto costituzionale improntato alla tutela dei valori della persona ed in un ambiente economico che vede una progressiva trasformazione delle forme della ricchezza, la liberta’ di determinazione del consenso ed il ruolo che in tal senso svolge la norma in esame, in quanto posta a tutela della buona fede e dell’equilibrio contrattuale, quali principi cardini del diritto contrattuale, cosi’ come le indicazioni che provengono dalla stessa concezione giuridica, nella parte in cui individua nel patrimonio non solo un complesso di beni, ma anche di rapporti attivi e passivi, che possono essere pregiudicati pure dalla perdita ingiusta di un diritto o dalla diminuzione delle attivita’ e dall’accrescimento delle passivita’. Quel che appare decisivo e’ la necessita’ di non porre di fatto nell’ombra la collocazione del reato nell’ambito dei delitti contro il patrimonio, con un’inammissibile dilatazione del suo ambito di operativita’, in contrasto con il principio di legalita’, ma, al tempo stesso, con l’esigenza di individuare un netto discrimine fra la tutela penale e la tutela civile, specie in presenza di un progressivo, ma chiaro intento del legislatore di ridurre e specializzare le fattispecie incriminatici e di potenziare, in termini di qualita’ ed effettivita’, le forme della tutela civile del danno ingiusto”.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso merita accoglimento, essendo rimasto accertato che gli indagati, con le rispettive condotte contestate ed attraverso l’abuso delle funzioni pubbliche ricoperte da (OMISSIS) e (OMISSIS), creando l’apparenza dell’esistenza di accordi contrattuali del tutto validi tra il TAR di Salerno e le diverse compagnie telefoniche, hanno conseguito la disponibilita’ di utenze telefoniche, apparecchi cellulari e schede sim intestate all’ente pubblico, provocando cosi’, da parte dei promoter, l’incasso delle provvigioni riconosciute dai contratti e determinando, al tempo stesso, in evidente rapporto eziologico, un’esposizione debitoria della Pubblica amministrazione, suscettibile di esecuzione e, quindi, idonea a realizzare un’alterazione dell’equilibrio patrimoniale preesistente, in termini attuali e concreti (non potendosi, tra l’altro, disconoscere per il TAR di Salerno quanto meno un dispendio per l’attivita’ di autotutela necessaria a rimuovere il pregiudizio derivante dall’inconsapevole e rilevante assunzione di obbligazioni), rimanendo del tutto ininfluente, ai fini della configurabilita’ del reato – trattandosi di comportamento che poteva avere anche altri “giustificativi” – il fatto che gli stessi avessero in minima parte, attraverso modesti pagamenti, cercato di ripianare l’esposizione.

3. Si rende quindi necessario, essendo le ulteriori censure contenute nel ricorso assorbite dalla ritenuta fondatezza della censura riguardante la configurabilita’ della truffa ai danni di ente pubblico, fatta salva ovviamente la valutazione circa l’eventuale sussistenza di esigenze cautelari attuali, annullare le ordinanze impugnate con rinvio al tribunale di Salerno per nuovo esame, alla luce dei principi sopra esposti, sulla sussistenza della gravita’ indiziaria nei confronti dei ricorrenti anche in ordine al delitto di truffa aggravata ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, con riferimento all’esposizione debitoria della Pubblica amministrazione nell’ammontare della somma di euro 492.488,04 suscettibile di immediata esecuzione, con alterazione reale e non solo potenziale, in evidente senso peggiorativo, della condizione patrimoniale preesistente.

P.Q.M.

annulla le ordinanze impugnate con rinvio al Tribunale del riesame di Salerno per nuovo esame.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *