cassazione 7

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 19 novembre 2015, n. 23670

Ritenuto in fatto

S.V. e P.R. , con atto di citazione del 6 luglio 2000, premesso che con atto pubblico del 6 giugno 1998 avevano venduto a G.M.R. una casa di abitazione con circostante giardino sita in (omissis) per il presso di L. 150.000.000 che le parti dichiaravano essere stato versato prima e fuori dell’atto di compravendita, evidenziando che in realtà la compravendita era stata stipulata all’esclusivo scopo di garantire al Si.Le. coniuge della G. il pagamento di un debito del S. pari a L. 100.000.000 debito contratto nell’ambito dei rapporti commerciali intercorsi tra i due, commercianti di auto. Sussistevano vari elementi a riprova di quanto detto: a) la riserva di riacquistare l’immobile da parte dei venditori entro sei mesi previa restituzione del prezzo, b) l’indicazione di un prezzo superiore a quello risultante dall’applicazione dei coefficienti catastale; c) la mancata consegna dello stesso all’acquirente, convenivano, pertanto, G.M.R. a comparire davanti al tribunale di Brindisi per sentire dichiarare la nullità dell’atto di compravendita di cui si dice perché contrario alla normativa di cui all’art. 2744 cc.
Si costituiva G.M.R. , contestava le avverse pretese e proponeva domanda riconvenzionale in relazione al danno subito per il fallimento della trattativa finalizzata alla successiva vendita dell’immobile, danno cagionato dalla trascrizione dalla domanda giudiziale che veniva quantificato in L. 50.000.000.
Acquisita la documentazione prodotta, assunte le prove orale, conclusa la fase istruttoria della causa il Tribunale di Brindisi con sentenza n. 6 del 2006 rigettava tutte le domande e compensava le spese di lite.
Avverso questa sentenza proponevano appello S.V. e P.R. , lamentando l’erronea valutazione delle emergenze istruttorie e contestavano il ragionamento del giudice che erroneamente aveva escluso la causa di garanzia della vendita di cui si dice.
Si costituiva la G. eccepiva l’infondatezza dell’appello e proponeva appello incidentale in relazione al mancato accoglimento della sua domanda di risarcimento del danno.
La Corte di appello di Lecce con sentenza 373 del 2010 accoglieva l’appello e dichiarava la nullità dell’atto di compravendita oggetto del giudizio, rigettava l’appello incidentale, condannava la G. al pagamento delle spese dell’intero giudizio. Secondo la Corte di Lecce, le risultanze istruttorie documentali ed orali darebbero ragione alla ricostruzione dei coniugi S. – P. e valorizzerebbero gli elementi sintomatici della causa di garanzia del contratto di compravendita oggetto della controversia. In definitiva, il negozio di che trattasi sarebbe stato caratterizzato da, e destinato ad una funzione di, garanzia, non a quella di scambio, proprio della compravendita. L’illiceità del patto commissorio, per altro, non poteva ritenersi escluso dalla previsione di un patto di riscatto o di retrovendita se la causa del trasferimento non era lo scambio ma la garanzia capace di evolversi a seconda che il debitore adempiva, oppure no, l’obbligazione restitutoria. In altri termini, la vendita pur non integrando direttamente gli estremi di un patto commissorio, tuttavia, costituiva un mezzo per eludere il relativo divieto e, dunque, era connotata non dalla causa sua propria, bensì da una causa illecita. La Corte di Lecce ha avuto cura di specificare che riconducibile alla normativa di cui all’art. 2744 cc, sono: sia le alienazioni di terzi al creditore, per garantire debiti altrui (come per la relativa quota, quella della P. ) sia le alienazioni del debitore a terzi in quanto finalizzata, comunque, a garantire l’adempimento del primo in favore del creditore (specialmente quando il terzo è legato da rapporti di parentela o di coniugi con il ceditore come nella specie).
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da G.M.R. con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. S.V. e P.R. hanno resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo di ricorso G.M.R. denuncia la violazione dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cpc violazione e falsa applicazione dell’art. 102 e 354 cpc, in relazione agli artt. 1418 e 2744 cc 24 e 11 comma 2 Cost. omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale pur avendo ravvisato, nel caso in esame, la sussistenza di un patto commissorio, assumendo che il contratto di compravendita di cui si dice fosse stato concluso al solo fine di offrire uno strumento di garanzia del presunto credito vantato dal marito della compratrice nei confronti di uno dei venditori (sig. S. ) avrebbe completamente trascurato che il garantito (il marito della sig.ra G. ) non fosse né vocatio in ius né tantomeno intervenuto volontariamente. Epperò il giudizio non avrebbe potuto svolgersi senza la piena integrazione del contraddittorio anche nei confronti del garantito (il marito sella sig. G. ) Ciò integrerebbe, pertanto una lesione del principio del contraddittorio fra tutti i soggetti coinvolti sul pian o sostanziale dalla vicenda negoziale in esame al fine di assicurare a ciascuno di essi l’esercizio delle prerogative costituzionali ad essi spettanti sul piano difensivo.

La Corte distrettuale, a sua volta, non avrebbe offerto alcuna spiegazione in merito alla non sussistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti del marito della sig. G. titolare del contratto di compravendita oggetto del giudizio.

1.1.- Il motivo è infondato.

È da premettere che nessuna rilevanza può avere l’asserito difetto di motivazione dell’impugnata sentenza in relazione ad un punto di decisione che, per essere attinente solo a profili processuali, non si sottrae al diretto apprezzamento della cassazione e, per il resto, si risolve in una questione di diritto e non di fatto.

1.2.- Piuttosto, la questione riguarda la configurabilità o meno di un litisconsorzio necessario, tale per cui la decisione di merito (o, almeno, quel capo di essa con cui è stata pronunciata la nullità del contratto da cui trae origine la vertenza) non avrebbe potuto essere neppure pronunciata.

1.3.- Va, intanto, osservato che – come ha chiarito questa stessa Corte in altra occasione (Cass. n. 4714 del 09/03/2004), qui da intendersi richiamata e confermata: il litisconsorzio necessario, fuor che nei casi espressamente previsti dalla legge, ricorre solo quando, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti. Pertanto – come la più attenta dottrina da tempo ha sottolineato – la funzione dell’istituto è di tutelare chi ha proposto la domanda e non potrebbe, in realtà, conseguire quanto richiesto, se la sentenza non producesse effetti nei confronti di tutti i litisconsorzi; non invece quella di tutelare il diritto di difesa dei litisconsorzi pretermessi, già sufficientemente protetti dall’inefficacia nei loro riguardi di una pronuncia emessa a seguito di un giudizio cui essi siano rimasti estranei. Decisivo è, perciò, stabilire se sia inscindibile la posizione contrattuale plurisoggettiva su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi, o se la richiesta pronuncia possa invece produrre i propri effetti anche solo nei riguardi di alcuni dei contraenti.

Ora, nel caso di specie, non ricorre né un’ipotesi di litisconsorzio imposta dalla legge né un’ipotesi di litisconsorzio necessario, perché come emerge, con chiarezza, dalla sentenza impugnata, la pronuncia di nullità dell’atto di compravendita di cui si dice ha una sua piena autonomia perché fondata su un presupposto autonomo e, cioè, quello della mancanza di causa propria, rappresentata dalla scambio di cosa contro prezzo e manifestando di avere uno scopo di garanzia. Tale decisione, da un verso, è in grado di raggiungere il suo scopo specifico e complessivo, senza che, lo stesso, possa essere paralizzato da azioni del preteso litisconsorte, per altro, non determina alcun pregiudizio, alla parte pretermessa, perché lo stessa potrà esperire ogni azione utile per la restituzione delle somme date a mutuo.

In altri termini, l’accertamento compiuto, in sede di merito, ha avuto riguardo solo ed esclusivamente il difetto di giustificazione causale concreta dell’atto oggetto della controversia che ha comportato, anche, l’indagine indiretta dell’effettiva giustificazione causale dello stesso atto; o se si vuole, l’indagine oggetto del giudizio di merito, ha interessato il rapporto obbligatorio intercorso tra il Si. ed il S. , solo incidentalmente, nel senso che l’esistenza di quel rapporto necessaria per confermare l’esistenza di un patto commissorio, non rappresentava l’oggetto del giudizio, tanto è vero che la Corte distrettuale ha chiarito che riconducibile alla normativa di cui all’art. 2744 cc, sono: sia le alienazioni di terzi al creditore, per garantire debiti altrui (come per la relativa quota, quella della P. ), sia le alienazioni del debitore a terzi in quanto finalizzata, comunque, a garantire l’adempimento del primo in favore del creditore (specialmente quando il terzo è legato da rapporti di parentela o di coniugio con il ceditore come nella specie).

2.- la ricorrente lamenta:

a) Con il secondo motivo, la violazione dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cpc violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 2744 cc. omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonché travisamento dei fatti di causa. Secondo la ricorrente la Corte distrettuale nel ritenere sussistente, nel caso in esame, un patto commissorio non avrebbe tenuto conto dell’assenza di un elemento essenziale della fattispecie di cui all’art. 2744 cc ossia la ricorrenza di un termine di pagamento del debito garantito e la sussistenza di un collegamento motivato tra la scadenza del predetto termine ed il trasferimento del bene di cui al contratto impugnato. E di più, la Corte distrettuale avrebbe ritenuto sussistente la preesistenza di un rapporto obbligatorio in essere al momento della vendita tra il S. e il Si. , solo in via presuntiva.

b) con il terzo motivo ed in via subordinata la violazione dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cpc violazione e falsa applicazione degli artt. 1183 e 2744 cc. omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Secondo la ricorrente posto che dagli atti di causa non emergeva in alcun modo il termine fissato per il pagamento dell’obbligazione, l’obbligazione doveva ritenersi scaduta ai sensi della normativa di cui all’art. 1183 cc. e se l’obbligazione doveva ritenersi scaduta prima della conclusione del contratto di compravendita non sarebbe stata applicabile la normativa di cui all’art. 2744 cc, perché il divieto del patto commissorio non sarebbe configurabile in relazione ad accordi intervenuti dopo la scadenza dell’obbligazione del mutuatario di restituire al mutuante le somme ricevute in prestito.

2.1.- La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte – o direttamente o indirettamente per gli effetti riflessi e conseguenti – la questione (sia pure sotto profili diversi) di accertare se, nell’ipotesi sussistevano i presupposti per l’applicazione della normativa di cui all’art. 2744 cc.

Entrambi i motivi sono infondati non solo perché si risolvono nella richiesta di una nuova e diversa valutazione del risultanze istruttorie non proponibile nel giudizio di cassazione, se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici o giuridici ma anche e/o soprattutto perché, la Corte distrettuale, ha correttamente applicato la normativa in materia di patto commissorio indicando la sussistenza degli elementi strutturali della fattispecie di cui all’art. 2744 cc. Come chiarisce la Corte distrettuale, le risultanze probatorie (in verità vagliate con particolare cura) deponevano nel senso che l’acquisto effettuato dalla G. in realtà era stato determinato dall’esigenza di garantire il credito del marito verso il S. ovvero nel senso che la vendita dell’immobile da parte di quest’ultimo e della moglie è stata posta in essere in funzione di garanzia e non di scambio (…).

In tal senso, erano i dati processuali e cioè: che tra il S. ed il Si. marito della G. sussistevano rapporti commerciali che vedevano il primo debitore nei confronti del secondo; b) che il prezzo dell’acquisto dell’immobile, indicato nell’atto notarile, in realtà non era stato mai versato dalla G. ; c) che quest’ultima non aveva conseguito l’effettivo possesso materiale dell’abitazione formalmente comprata che, invece, rimasta ai coniugi S. P. , si badi anche dopo la scadenza del termine fissato del rogito per l’esercizio del patto di riscatto (come emergeva dalle testimonianze sulla presenza dei prefati nell’immobile nell’anno 1999 presenza non certo determinata da un rapporto locativo con la proprietaria, tanto che i medesimi si preoccupavano pure di eseguire nello stesso lavori di manutenzione, in senso analogo deponevano le bollette Enel pagate dagli appellanti anche nel 2000 ed anche per il periodo invernale. (…….) giova osservare che a sostegno dell’esistenza di siffatto rapporto obbligatorio (del rapporto obbligatorio tra S. e Si. ) si pone come già visto la testimonianza di Sa.Eg. che risulta suffragata dai due assegni protestati di cui pure si è detto e che unitamente alle ulteriori emergenze, sopra ricordate, fonda il ragionevole convincimento che l’immobile sia stato trasferito per garantire il credito di 100 milioni di lire prospettato dagli appellati. Su tali premesse, aggiunge ancora la Corte distrettuale, la ricostruzione della vicenda depone nel senso che l’acquisto effettuato dalla G. in realtà è stato determinato dall’esigenza di garantire il credito del marito verso il S. , ovvero nel senso che la vendita dell’immobile da parte di quest’ultimo e della moglie è stata posta in essere in funzione di garanzia e non di scambio (…).

È di tutta evidenza che la Corte distrettuale ha identificato, alla luce delle emergenze probatorie, tutti gli elementi strutturali di un patto commissorio: la compravendita che non aveva realizzato l’effetto traslativo, l’esistenza del rapporto obbligatorio tra S. (venditore) e Si. (marito dell’acquirente), la specifica funzione di garanzia della compravendita posta in essere. Come ritiene la dottrina più attenta e la stessa giurisprudenza di questa Corte: ai fini dell’operatività del divieto del patto commissorio, è essenziale il profilo funzionale dell’operazione, nel senso che l’assetto d’interessi risultante dalle pattuizioni intervenute tra le parti dev’essere tale da far ritenere che il meccanismo negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento del bene al creditore sia effettivamente collegato, piuttosto, che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, restando invece irrilevanti la natura obbligatoria, traslativa o reale del contratto attraverso il quale si realizza il predetto intento.

3.- Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cpc violazione e falsa applicazione degli artt. 1344 cc, 1414 e 2744 cc. omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte distrettuale nel ritenere la mera violazione diretta dell’art. 2744 cc. senza prendere atto che tale impostazione presuppone o il ricorso alla schema della simulazione relativa del negozio traslativo essendo effettivamente perseguito dalle parti uno scopo di garanzia o il ricorso al motivo fraudolento di cui all’art. 2744 cc, entrambi non dedotti nell’atto introduttivo del giudizio da parte degli attori, che richiedevano la mera nullità del contratto di compravendita in se considerato per violazione dell’art. 2744 cc. Piuttosto, la domanda in difetto di deduzione della simulazione relativa o del motivo fraudolento di cui all’art. 1344 cc. andava, pertanto, rigettata.

3.1.- Anche questa censura non coglie nel segno e non può essere accolta.

Come è stato già affermato da questa Corte, una vendita stipulata con patto di riscatto o di retrovendita è nulla se il versamento del denaro da parte del compratore non costituisca il pagamento del prezzo, ma l’adempimento di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo a porre in essere una transitoria situazione di garanzia, destinata a venir meno, con effetti diversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che una siffatta vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, costituisce un mezzo per eludere il divieto posto dall’articolo 2744 cod. civ., e la sua causa illecita ne determina l’invalidità ai sensi degli articoli 1343 e 1418 cod. civ. (Cass. 16953 del 20/06/2008).

Ora la sentenza impugnata ha fatto applicazione di questi principi, posto che accertato che la vendita oggetto di causa era stato impiegata per consentire risultati non voluti dall’ordinamento ha correttamente ricondotto la fattispecie nell’ambito del concetto di frode alla legge prevista dall’art. 1344 cc. Sicché accertata la frode alla legge non era necessario accertare la sussistenza di una simulazione o di un motivo fraudolento, perché, comunque, superfluo.

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cpc condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *