Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 20 novembre 2015, n. 5297

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 3521 del 2015, proposto da:

Comune di Monteroni di Lecce in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma.Pa., con domicilio eletto presso l’avvocato Al.Pl. in Roma, via (…);

contro

Cr.Bi., rappresentata e difesa dall’avvocato Fr.Za., con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

nei confronti di

Re. in persona del legale rappresentante, non costituita in questo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Lecce, Sezione II, n. 00894/2015, resa tra le parti, concernente diniego accesso agli atti dell’associazione culturale No.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Cr.Bi.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2015 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Va.Ro. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Lecce, rubricato al n. 3100/2014, la signora Cr.Bi. chiedeva l’annullamento del silenzio – diniego opposto dal Comune di Monteroni di Lecce sull’istanza di accesso agli atti, formulata nel suo interesse dall’avvocato Ma.Zi. con nota protocollata in data 4 novembre 2014 e l’accertamento del proprio diritto ad estrarre copia della documentazione richiesta, con contestuale ordine di esibizione alla parte resistente.

La ricorrente riferiva di avere lavorato alle dipendenze dell’Associazione ricreativa culturale “No.” sita in Monteroni.

A seguito delle sue dimissioni per giusta causa ha azionato il procedimento per il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato mai formalizzato.

Poiché è venuta a conoscenza della variazione della sede operativa dell’Associazione ricreativa da Monteroni ad Arnesano e della variazione della denominazione da “No.” a “Mo.”, ha presentato, tramite il proprio legale, due istanze di accesso agli atti, una presso il comune di Monteroni al fine di prendere visione ed estrarre copia dello Statuto della Associazione “No.” nonché della copia della certificazione attestante lo scopo dell’Associazione anche al fine di conoscere la data di inizio e chiusura della associazione ricreativa e l’altra presso il comune di Arnesano, al fine di prendere visione ed estrarre copia dello Statuto della Associazione “Mo.”, anche al fine di conoscere il nome degli associati per verificare se siano gli stessi soggetti dell’associazione prima denominata “No.”.

Mentre il comune di Arnesano ha riscontrato la suddetta richiesta di accesso rilasciando la documentazione richiesta, il comune di Monteroni è rimasto inerte senza dare alcuna risposta alla domanda in questione.

Pertanto, la procuratrice della ricorrente si è recata personalmente presso il Comune e ha formulato una nuova istanza di accesso in formato cartaceo provvedendo a farla protocollare.

Anche quest’ultima istanza è rimasta prova di riscontro e, poiché è trascorso il termine di 30 giorni ex art. 25 l. 241/1990, si è formato il diniego tacito, la signora Cr.Bi. ha proposto il suddetto ricorso deducendo:

– violazione degli artt. 24 e 97 Cost.;

– violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 3, 22, 24 e 25 l. 241/1990;

– violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione del d.P.R. 184/2006;

– eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento della causa tipica attributiva del potere di autorizzazione all’accesso agli atti amministrativi;

– perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa; malgoverno.

La ricorrente sosteneva che l’accesso avrebbe consentito la tutela dei propri interessi giuridici per far accertare il rapporto di lavoro subordinato; che l’interesse posto a base della sua domanda è costituito anche dall’interesse strumentale alla tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi; che l’interesse è diretto, concreto e attuale.

Con la sentenza in epigrafe, n. 894 in data 16 marzo 2015, il Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Lecce, Sezione Seconda, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, ordinava al Comune di Monteroni di esibire, entro venti giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza, i documenti oggetto dell’istanza proposta dalla ricorrente, con facoltà per la stessa di estrarne copia.

2. Avverso la predetta sentenza il Comune di Monteroni di Lecce propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 3521/2015, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio la signora Cr.Bi. chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla udienza camerale del 6 ottobre 2015.

3. L’appello è infondato.

Il Comune appellante non contesta in alcun modo, nel presente grado del giudizio, la pretesa dell’appellata, sostenendo invece che la sua istanza, presentata irregolarmente, non avrebbe fatto sorgere il suo onere di darvi risposta.

Più specificamente, il Comune appellante sostiene di non avere alcun obbligo di dare corso all’istanza in quanto questa è stata presentata dall’avvocato dell’odierna appellata in difetto di procura espressa ed è stata reiterata dopo che il silenzio rifiuto formatosi sul primo atto era divenuto inoppugnabile per decorso del relativo termine, per cui neanche in questo caso il Comune aveva l’obbligo di rispondere.

Tale argomentazione non può essere condivisa.

L’appellante condivisibilmente afferma l’applicabilità, nel caso che ora occupa, dell’art. 6, primo comma, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, ai sensi del quale “qualora non sia possibile l’accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell’interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull’accessibilità del documento o sull’esistenza di controinteressati, l’amministrazione invita l’interessato a presentare richiesta d’accesso formale, di cui l’ufficio rilascia ricevuta”.

Ad avviso del Collegio la norma non ha contenuto propriamente innovativo in quanto si limita ad esplicitare il principio di leale collaborazione fra Amministrazione e cittadini, in base al quale questa non può frapporre ostacoli privi di significato sostanziale alle istanze degli associati (in termini C. di S., VI, 9 marzo 2011, n.1492, che ha affermato l’applicabilità del principio di leale collaborazione ai rapporti relativi ad istanze di accesso agli atti della pubblica amministrazione; sostanzialmente in termini anche C. di S., V, 26 febbraio 2010 n. 1150).

Sulla base del principio richiamato afferma il Collegio che nel caso che ora occupa l’Amministrazione non poteva limitarsi a prendere atto dell’irregolarità della prima istanza, restando conseguentemente inerte.

Costituiva invece suo obbligo rappresentare i motivi che ostavano all’accoglimento della richiesta, in modo da indirizzarla nei termini ritenuti corretti.

Non avendo l’Amministrazione ottemperato a tale obbligo di comunicazione la stessa non può ora opporre l’irritualità dell’istanza, che l’odierna appellante non ha potuto correggere; pertanto, nei suoi confronti il termine per l’impugnazione non ha cominciato a decorrere.

Il ricorso di primo grado deve quindi essere ritenuto tempestivo ed ammissibile.

Infine, deve essere rilevato come le argomentazioni sulla base delle quali il primo giudice ha ritenuto fondato il ricorso di primo grado non sono state contestate in appello.

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 201503521, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza gravata.

Condanna il Comune appellante al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente FF

Manfredo Atzeni – Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Depositata in Segreteria il 20 novembre 2015.

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