Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 19 giugno 2015, n. 12732
Svolgimento del processo
Dalla sentenza impugnata si ricava che con due distinte delibere adottate il 9.11.2005 e il 22.10.2008 il Consiglio notarile dei distretti notarili riuniti di Napoli, Torre Annunziata e Nola, stabiliva di sottoporre a controllo ed analisi l’attività di tutti i notai i cui onorari repertoriali fossero risultati nell’anno immediatamente precedente superiori ad oltre il doppio della media repertoriale distrettuale annuale. Il tutto allo scopo di verificare il numero di atti rogati o autenticati nel corso di una medesima giornata, il luogo di stipulazione e il rapporto tra prezzi di vendita e somme erogate con i contratti di mutuo collegati. In esecuzione di tali delibere il predetto Consiglio richiedeva al notaio V.C. di fargli pervenire documentazione varia (copia delle fatture dell’anno 2007 ed altro), dalla cui successiva analisi detto organo traeva un notevole numero di atti ricevuti o autenticati fuori sede nel periodo da aprile a luglio del 2009 (oltre 800 atti repertoriati, di cui oltre 650 a raccolta), la gran parte dei quali stipulati a (…) nel recapito di piazza (omissis) , mentre notevolmente esiguo era il numero dei rogiti effettuati presso la sede di (omissis) . All’esito dell’audizione del notaio V. , il Consiglio, ritenuta la violazione degli artt. 26, 36, 37, 42 e 147 della legge n. 89 del 1913 (legge notarile) e dell’art. 9 del codice deontologico promuoveva innanzi alla Commissione amministrativa regionale di disciplina della Campania e della Basilicata (Co.re.di.) procedimento disciplinare contro il suddetto notaio. A sua volta la Commissione all’esito del procedimento applicava nei confronti del notaio V. la sanzione della censura, ritenendo fondata la sola violazione dell’art. 9 del codice deontologico e dell’art. 147 della legge notarile, essendo risultata provata la violazione del divieto di assistere ad uffici secondari nei giorni fissati per l’assistenza alla sede.
Adita in via principale dalla V. e in via incidentale dal Consiglio notarile, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 2.11.2012 rigettava il reclamo principale e, in accoglimento di quello incidentale, applicava la sanzione disciplinare della censura anche per la violazione dell’obbligo riguardante il carattere personale della prestazione.
In particolare riteneva la Corte territoriale che la circostanza che gli atti prodromici all’esercizio dell’azione disciplinare fossero stati impugnati dal notaio V. innanzi all’autorità giurisdizionale amministrativa era circostanza priva di rilievo. Attribuito all’autorità giurisdizionale ordinaria il potere di decidere i reclami avverso l’applicazione di sanzioni disciplinari, la medesima autorità aveva anche il potere di conoscere gli aspetti endoprocedimentali, il che escludeva qualsiasi sospensione del procedimento fin visto l’esito delle impugnazioni in sede amministrativa.
Osservava che il Consiglio notarile aveva correttamente esercitato il proprio potere di vigilanza e di controllo, ai sensi dell’art. 93-bis legge notarile, nel rispetto della difesa e del contraddittorio, l’una e l’altro esercitati in concreto ed in maniera esauriente dal notaio V. .
Quanto alle doglianze di merito, osservava che nel recapito in (…) il suddetto notaio operava stabilmente, con un’adeguata e permanente organizzazione di studio, mentre pochissimi erano stati gli atti rogati nella sede assegnatagli, presso la quale era stata svolta prevalentemente l’attività di levata di protesti, che non richiedeva uno specifico e diretto rapporto tra il professionista e la clientela. Inoltre, il notaio V. aveva comunicato l’apertura della sede secondaria soltanto il 3.12.2009, e quindi dopo l’audizione davanti al Consiglio notarile.
Quanto al ricorso incidentale, la Corte partenopea osservava che l’elevato numero degli atti ricevuti nella sede secondaria di Napoli non poteva non rilevare la compromissione della personalità della prestazione che deve caratterizzare l’attività del notaio non solo nelle fasi della stipula, ma prima ancora in quelle della preparazione dell’atto, dell’identificazione delle parti, dell’indagine sull’effettiva volontà delle parti e della scelta dello strumento negoziale più adatto al raggiungimento dello scopo.
Per la cassazione di tale sentenza il notaio V.C. propone ricorso, affidato a undici motivi d’impugnazione.
Resiste con controricorso il Consiglio notarile.
Motivi della decisione
1. – Il primo motivo di ricorso denuncia quale error in procedendo la mancata sospensione del procedimento disciplinare a causa della pregiudiziale amministrativa giurisdizionale. Il procedimento disciplinare, sostiene parte ricorrente, doveva essere sospeso per effetto della pendenza, innanzi al TAR Campania, del ricorso giurisdizionale amministrativo col quale il notaio V. aveva impugnato i provvedimenti di esercizio dell’azione disciplinare, che costituiscono altrettanti presupposti essenziali nel giudizio innanzi alla Co.re.di. (provvedimento 9.6.2010 del Presidente del Consiglio notarile, di esercizio dell’azione disciplinare davanti alla Co.Re.Di., delibera del Consiglio notarile del 19.5.2010, provvedimenti del Presidente del Consiglio notarile del 26.1.2009 e del 23.9.2009, entrambi di richiesta di esibire documentazione varia fiscale e notarile, e verbale del consiglio notarile del 25.11.2009, nonché tutti gli atti e i provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali). La litispendenza giurisdizionale amministrativa sugli atti d’esercizio dell’azione disciplinare determinava l’obbligo di sospendere immediatamente il procedimento disciplinare, sia al fine di evitare un possibile conflitto di giudicato, sia per l’effetto demolitorio ex tunc di un eventuale giudicato amministrativo di annullamento degli atti impugnati. Con la conseguenza che in tal caso la stessa pronuncia disciplinare ne resterebbe travolta.
2. – Il secondo, collegato, motivo denuncia l’error in iudicando derivante dall’astratta ammissibilità dell’impugnazione giurisdizionale amministrativa degli atti di esercizio dell’azione disciplinare. Poiché, si sostiene, la sentenza impugnata verrebbe irrimediabilmente travolta dalla sentenza del giudice amministrativo che riconoscesse l’illegittimità dell’atto del Presidente del Consiglio notarile n. 27 del 2009 (avente ad oggetto la richiesta di esibizione di documentazione fiscale e notarile), è illegittima la decisione della Corte distrettuale che ha escluso l’esistenza della pregiudiziale amministrativa allo svolgimento del procedimento disciplinare.
3. – Col terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 160 legge notarile, come sostituito dall’art. 49 D.Lgs. n. 249/06, e degli artt. 1, 3, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge n. 241/90, nonché “l’eccesso di potere”. Come ritenuto dal Consiglio di Stato, il procedimento istruttorio notarile è un procedimento amministrativo autonomo e indipendente rispetto a quello di competenza della Commissione amministrativa regionale di disciplina. Esso è interamente disciplinato dalla legge n. 241 del 1990 e si conclude con un atto amministrativo (archiviazione o esercizio dell’azione disciplinare) definitivo e autonomo, i cui vizi ben possono essere fatti valere in sede d’impugnazione giurisdizionale o straordinaria, sussistendo un interesse ad agire in capo al soggetto che riporta dal suddetto provvedimento finale un pregiudizio, derivante non già dal mero “rischio” di una sanzione disciplinare, ma dalla stessa attività istruttoria, qualora leda principi primari quali il diritto alla privacy, inteso come diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati personali.
Nella specie il rinvio a giudizio disciplinare è stato disposto senza che il notaio fosse stato posto in condizioni di esercitare i propri diritti soggettivi di partecipazione procedimentale e di difesa, senza poter presentare una memoria difensiva ed essere ascoltato dal Consiglio notarile. In particolare, il provvedimento del 26.1.2009 col quale il Consiglio notarile ha ordinato al notaio V. di esibire copia dei repertori, delle fatture e del registro IVA, è illegittimo perché privo di motivazione e non preceduto da alcuna fase in contraddittorio.
4. – Il quarto motivo reitera le medesime doglianze del terzo mezzo d’annullamento, ma sotto il profilo della violazione dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa, in quanto l’esercizio dell’azione disciplinare non è stata preceduta da un regolare e legittimo procedimento amministrativo istruttorio notarile, con applicazione della legge n. 241/90. Lamenta il ricorrente che non sono stati riconosciuti al notaio V. il diritto di partecipazione procedimentale, ex art. 7 legge n. 241/90, e di difesa, ai sensi dell’art. 24, comma 2 Cost, non essendo stato assegnato un termine per il deposito di memoria difensiva.
5. – Col quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90, nonché degli artt. 153, comma 2 e 160 della legge notarile, e il vizio di “eccesso di potere”. I provvedimenti di esercizio dell’azione disciplinare posti in essere dal Consiglio notarile violano l’art. 7 della legge n. 241/90 e l’art. 160 della legge notarile in quanto non preceduti dalla comunicazione ab origine dell’avviso di procedimento, contenente le indicazioni ivi prescritte (amministrazione competente, oggetto, responsabile del procedimento, durata entro la quale questo deve essere definito, rimedi esperibili, ufficio presso cui si può prendere visione degli atti). Così operando il Consiglio notarile ha adottato il provvedimento di esercizio dell’azione disciplinare senza aver prima posto il notaio incolpato a conoscenza dell’esistenza di un procedimento disciplinare pendente in fase istruttoria e dei fatti contestati, al fine di consentirgli l’esercizio dei diritti di partecipazione e difesa. In particolare, non è stato inviato alcun avviso di procedimento e non è stato adottato alcun atto amministrativo istruttorio di contestazione degli addebiti, giuridicamente assimilabile ad un avviso di procedimento.
6. – Col sesto mezzo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della legge n. 241/90 e 160 legge notarile, nonché “l’eccesso di potere”. I provvedimenti amministrativi impugnati, si sostiene, di esercizio dell’azione disciplinare, di monitoraggio e di acquisizione documentale sono in grave contrasto con le suddette norme perché l’omesso invio dell’avviso di procedimento non ha consentito l’esercizio del diritto soggettivo di partecipazione al procedimento e del legittimo esercizio del diritto di difesa.
7. – Il settimo mezzo espone la violazione degli artt. 1, 7, 8, 9 e 10 e dell’art. 160 legge notarile, nel senso che la violazione di dette norme rende annullabili i provvedimenti amministrativi ex art. 21-octies, comma 1, legge n. 241/90.
8. – L’ottavo mezzo allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 93 della legge notarile, per l’uso, si sostiene, abnorme e distorsivo del potere di vigilanza. I provvedimenti amministrativi impugnati innanzi al TAR, di esercizio dell’azione disciplinare, di monitoraggio e di acquisizione documentale sono in contrasto con le norme indicate perché non occasionati da specifici comportamenti asseritamente contrari a norme di legge, regolamenti o principi deontologici. La richiesta, senza motivazione, di esibire la documentazione inerente all’attività del notaio V. costituisce un esercizio abnorme del potere di vigilanza, trasformato in una forma di inesistente potere ispettivo, che compete non al Consiglio notarile ma esclusivamente al Ministro della Giustizia, al Procuratore della Repubblica e agli Archivi notarili. Ne consegue l’illegittimità dell’attività di monitoraggio e della richiesta di acquisizione di dati professionali e fiscali.
9. – Il nono motivo espone la medesima censura di cui al motivo precedente, richiamando a sostegno il parere del Consiglio di Stato n. 139 del 4 maggio 2010, secondo cui non può essere ricompresa nella facoltà di assumere informazioni presso le amministrazioni e gli uffici pubblici l’acquisizione, richiesta direttamente all’Agenzia delle Entrate senza che l’interessato ne venisse informato, del quadro E del modello unico e dei certificati relativi ai versamenti IVA.
Pertanto la richiesta di documentazione notarile, personale e fiscale avrebbe costituito esercizio d’un inesistente potere ispettivo.
10. – Il decimo mezzo allega la violazione dell’art. 147, comma 1, legge notarile e la violazione dei principi nazionali e comunitari in materia di libera concorrenza economica. Sostiene parte ricorrente, citando Cass. n. 10042/13, che non è sufficiente il richiamo al numero giornaliero degli atti rogati per dimostrare la negligenza del professionista, essendo necessaria un’analisi penetrante e dettagliata, ancorata a precise risultanze istruttorie; e che l’attività notarile, inquadrandosi nel genus del lavoro autonomo e nella specie di quello svolto nell’esercizio di professioni intellettuali, ha carattere economico d’impresa e si svolge in regime di libera concorrenza.
11. – Con l’undicesimo motivo parte ricorrente solleva, in via subordinata, una questione di legittimità costituzionale degli artt. da 148 a 159 della legge notarile, per violazione degli artt. 3, 24, 103, 111 e 113 Cost.. Tutti i procedimenti disciplinari prevedono un doppio grado di giustizia domestica ed un terzo grado di legittimità dinnanzi alla Corte di cassazione. Il sistema previsto dalla legge n. 89 del 1913, invece, nel prevedere un solo grado di giustizia domestica e un grado giurisdizionale si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., rispettivamente, per disparità di disciplina rispetto a quanto previsto per gli altri ordini professionali, per violazione del diritto di difesa, non consentito all’incolpato di fronte ad organi imparziali, e per violazione del principio del giusto processo.
Le norme denunciate, inoltre, si porrebbero in contrasto anche con gli artt. 16, 41 e 47 della Carta di Nizza e dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea.
12. – I primi sette motivi devono essere esaminati congiuntamente per la loro complementarietà. Tutti riposano su di una medesima premessa, costituita dall’affermata compresenza, in materia, di un duplice sindacato giurisdizionale: da parte del giudice ordinario sulla responsabilità disciplinare, e da parte del giudice amministrativo sui singoli atti prodromici alla richiesta di cui all’art. 153 legge notarile. Con l’espressa affermazione di una pregiudiziale amministrativa incidente sul giudizio disciplinare.
12.1. – Detti motivi sono infondati, anche se per ragioni diverse da quelle svolte nella sentenza impugnata, che impongono l’esercizio del potere correttivo previsto dall’art. 384, ultimo comma c.p.c..
Come chiarito dalle S.U. di questa Corte (sentenza n. 13617/12), l’iniziativa disciplinare a carico di un notaio non è un momento esterno al relativo procedimento, ma fa parte di esso ed è disciplinata nell’ambito della sua regolamentazione dall’art. 153 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come modificato dall’art. 39 del d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249. Ne consegue che essa, ai fini della giurisdizione, non può essere distinta dal contesto in cui è inserita, vertendosi comunque, e come sempre nel campo disciplinare, in tema di diritti soggettivi, la cui tutela è devoluta al giudice ordinario (Cass. S.U. n. 13617/12).
Detto intervento delle S.U. è stato seguito da altra pronuncia (sez. III, n. 20054/13) la quale ha ribadito che non è consentita l’impugnazione innanzi al giudice amministrativo né degli atti dei Consigli notarili funzionali all’esercizio dell’azione disciplinare (in particolare, di quelli adottati ai sensi dell’art. 93, comma 1, numero 1, e degli artt. 93-bis e 93-ter della legge 16 febbraio 1913, n. 89), né dello stesso atto d’inizio del procedimento disciplinare. Ai sensi, infatti, dell’art. 113, ultimo comma, Cost. il giudice ordinario è munito in tale materia di giurisdizione esclusiva, estesa anche al sindacato sugli atti che costituiscono il presupposto dell’irrogazione della sanzione disciplinare, impugnabili, pertanto, innanzi ad esso, purché nel rispetto dell’art. 100 c.p.c.. Ne deriva (come precisato sempre da Cass. n. 20054/13) che la giurisdizione amministrativa non può estrinsecarsi su sollecitazione del singolo notaio con riferimento non solo alla stessa “richiesta di procedimento”, di cui all’art. 153, comma 3 legge notarile, ancorché nei casi di cui alle lettere b) e c) della norma, ma anche riguardo ad atti assunti dal consiglio notarile e comunque dagli organi agenti nell’espletamento delle funzioni ispettive, espressione del potere di vigilanza funzionale all’esercizio del potere disciplinare, ai quali, rispetto alla “richiesta” possa riconoscersi natura oggettiva di atto presupposto.
12.1.1. – A tale indirizzo, secondo cui la giurisdizione in materia disciplinare notarile appartiene in toto all’autorità giudiziaria ordinaria, deve prestarsi convinta adesione.
Infatti, come osservato da questa Corte (sia pure con riguardo alla responsabilità disciplinare degli psicologi), “la repressione degli illeciti disciplinari (…) incide sulla sfera giuridica della persona fisica destinataria del provvedimento, fino a intaccarne il diritto di continuare a svolgere una data attività lavorativa [tant’è che, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, ciò può dar luogo a “controversie su; suoi diritti (…) di natura civile”, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione: cfr. Konig c. Germania, 28 giugno 1978, §§ 87-95]. Il potere disciplinare non si esercita secondo la consueta tecnica del provvedimento amministrativo che attua la sintesi solidaristica tra interesse generale e interesse particolare, ma in maniera immediata e diretta sulla posizione del soggetto incolpato, secondo un modulo simile a quello penalistico. La fase giurisdizionale che ne può seguire non ha ad oggetto, infatti, il controllo dell’uso legittimo di un potere altrimenti insindacabile nelle sue scelte di merito amministrativo, ma l’accertamento della fondatezza della pretesa sanzionatoria esercitata, accertamento che, una volta richiesto dalla parte percossa dal provvedimento o da quella titolare del potere d’azione, coinvolge un interesse pubblico indisponibile” (Cass. n. 1172/14).
Non è argomento valido addurre la possibile compresenza, in materia, di profili – secondari a quello disciplinare – idonei a configurare interessi legittimi concorrènti con i diritti soggettivi, e dunque ipotizzare che le due tutele debbano coordinarsi tra loro. La prima affermazione non implica il riflesso della seconda, sol che si consideri che una volta promossa l’azione disciplinare la cognizione sul diritto soggettivo, essendo per sua natura piena (nel senso del merito processuale), esaurisce ogni aspetto del rapporto, sul quale non possono evidentemente confluire più giurisdizioni. La stessa funzione del rapporto giuridico, del resto, è di tenere insieme i vari effetti derivanti da una fonte comune, sicché ipotizzare che l’un effetto possa prodursi indipendentemente dall’altro e in maniera potenzialmente antagonista, equivale a non considerare che la giurisdizione ordinaria in materia disciplinare non è di tipo impugnatorio ma avviene, appunto, a livello di rapporto.
Quale che ne sia la finalità garantistica, l’eventuale impugnazione innanzi al giudice amministrativo degli atti prodromici o d’impulso disciplinare non possiede attitudine alcuna ad interferire col sindacato giurisdizionale ordinario, e dunque non può condizionarne tempi e modi di esercizio.
Ulteriore corollario è che lo svolgimento della difesa nella fase che precede l’iniziativa disciplinare cessa di avere rilevanza autonoma ove quest’ultima sia esercitata, e diviene oggetto d’esame da parte del giudice ordinario solo se ed in quanto ne sia derivato un vulnus non altrimenti emendabile nell’ambito del giusto procedimento disciplinare. E poiché in quest’ultimo la difesa è piena ed espressamente prevista anche prima che sia eventualmente fissata l’udienza davanti alla Co.re.di. (v. l’art. 155, 2 comma legge notarile), ne deriva che la sola doglianza di non aver potuto far valere le proprie ragioni anticipatamente alla richiesta dell’organo titolare dell’azione non vizia il procedimento disciplinare, nel quale quelle stesse ragioni l’incolpato ha facoltà di esporre.
Non senza osservare, inoltre e nella specie, che anche in occasione dell’esercizio dell’attività di vigilanza da parte del Consiglio notarile l’odierna ricorrente avrebbe potuto presentare memorie e chiedere di essere sentita, senza bisogno di un espresso invito in tal senso e senza la fissazione di un apposito termine.
13. – L’ottavo e il nono motivo, anch’essi da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
L’art. 93, n. 1 della legge n. 89 del 1913 attribuisce al Consiglio notarile l’attività di vigilanza sui notai, allo scopo non solo di prevenire, ma anche di accertare le condotte contrarie alla legge e al decoro della professione di cui venga a conoscenza. Essa non avrebbe né senso né modo di estrinsecarsi ove fosse inibito al Consiglio di richiedere informazioni allo stesso notaio interessato o a soggetti od organismi terzi, di disporre l’esibizione di atti e documenti non coperti da segreto ovvero di effettuare attività mirate di ispezione, per poi riferirne eventualmente agli organi titolari dell’azione disciplinare sollecitandone l’esercizio.
14. – Anche il decimo motivo è infondato.
L’art. 26 legge notarile (nella pregressa come nella vigente formulazione, introdotta dall’art. 12 del D.L. n. 1/12, convertito in legge n. 27 del 2012) tutela dichiaratamente il regolare e continuo funzionamento dell’ufficio cui il notaio è stato assegnato – id est la sua sede principale – e non già un interesse corporativo e di cartello, volto a regolare la concorrenza tra professionisti in danno del mercato. Invertire nei fatti l’ordine d’importanza tra la sede principale e quella secondaria incide, alterandola, sulla ripartizione dei notai nell’ambito del territorio nazionale, sicché è quest’ultima a risultarne sostanzialmente ed obiettivamente pregiudicata (cfr. sui rapporti tra sede principale e sede secondaria, Cass. n. 9358/13, secondo cui la sede notarile, e non l’ufficio secondario, deve costituire il centro effettivo dell’operato professionale del notaio).
Né sotto altro profilo la natura libero-professionale dell’attività notarile, per come intesa dalla giurisprudenza comunitaria, implica il superamento dei criteri eteronomi di ripartizione dei notai sul territorio, come dimostra il punto 87 della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea C-50/08, Commissione Europea c/ Repubblica francese, in tema di libertà di stabilimento, secondo cui i singoli paesi membri possono organizzare sul territorio nazionale la professione notarile secondo le proprie specificità, “quali l’inquadramento di cui sono oggetto i notai per effetto delle procedure di selezione che sono loro applicate, la limitazione del loro numero e delle loro competenze territoriali o ancora il regime loro applicato relativo a remunerazione, indipendenza, incompatibilità e inamovibilità, purché dette restrizioni permettano di conseguire tali obiettivi e siano a ciò necessarie”.
Giova ricordare, a conferma di quanto sopra, che l’art. 7 del D.Lgs. n. 59/10, di attuazione della direttiva comunitaria 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, espressamente esclude dall’ambito d’applicazione del decreto stesso i servizi prestati dai notai.
15.- Infine, neppure ha pregio l’undicesimo mezzo.
Infatti, in tema di responsabilità disciplinare a carico dei notai, la conformazione del procedimento, nel quale è previsto un unico grado in sede giurisdizionale, non è in contrasto con i principi o le disposizioni della Costituzione e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, poiché queste fonti di rango primario non impongono il doppio grado di giudizio, come evidenziato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza del 30 luglio 1997, n. 288, né può ritenersi violato il principio di uguaglianza, perché anche altri ordinamenti disciplinari professionali (come quello forense) prevedono un’articolazione analoga a quella fissata per i notai (Cass. S.U. n. 13617/12).
16. – In conclusione il ricorso va respinto.
17. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.
18. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
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