Il contratto di compravendita

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 17 marzo 2016, n. 5329

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5713-2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente successiva –

avverso la sentenza n. 1724/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2016 dal Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza degli avvocati (OMISSIS), difensori dei ricorrenti che hanno chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore della ricorrente successiva che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo, assorbiti i restanti motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 20 febbraio 1993 la (OMISSIS) S.r.l., quale acquirente, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Sciacca (OMISSIS) e (OMISSIS), quali venditori, di un terreno di mq. 7.800 in localita’ (OMISSIS) relativamente al quale erano gia’ state rilasciate due concessioni edilizie.

La societa’ attrice chiedeva la condanna dei suddetti convenuti venditori al risarcimento dei danni per colpa grave in quanto il terreno compravenduto (ove nel frattempo erano state realizzate trenta unita’ abitative) apparteneva a terzi ed il terreno stesso e le fabbriche erano stati sottoposti a sequestro penale nell’ambito di un procedimento a carico di ambedue i convenuti medesimi.

Quest’ultimi, costituitisi in giudizio, chiedevano il rigetto dell’avversa domanda e, in via riconvenzionale, esplicavano domanda per la condanna della stessa societa’ attrice al risarcimento dei danni derivanti dal sequestro penale disposto nel procedimento in cui era imputato anche il legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS), poiche’ il medesimo sequestro non era dovuto a comportamenti posti in essere da essi convenuti.

A seguito del decesso di (OMISSIS) il giudizio, interrotto, veniva riassunto nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi del primo.

Con sentenza del 17 ottobre 2006 del GOA presso l’adito Tribunale veniva dichiarato che i convenuti avevano ceduto alla societa’ attrice progetti e concessioni non conformi alle leggi, con condanna dei convenuti stessi a pagare euro 747.932,85, oltre interessi legali in favore della societa’ attrice; quest’ultima veniva a sua volta condannata a corrispondere ai convenuti euro 17.342,04 oltre interessi, con compensazione (parziale) fra i ritenuti crediti. Avverso la succitata sentenza del Giudice di prime cure interponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS), eccependo la nullita’ per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto pronunciato e chiedendo la riforma della gravata decisione.

Si costituiva la (OMISSIS) chiedendo il rigetto delle domande della societa’ (OMISSIS) e l’accoglimento di quelle formulate nei confronti della societa’ stessa.

La societa’ (OMISSIS), costituitasi, chiedeva il rigetto dell’avverso gravame e, in via incidentale, proponeva appello per il rigetto di tutte le domande in origine proposte dallo (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).

Avverso la detta sentenza di primo grado interponeva, altresi’, separato appello (da cui scaturiva giudizio di poi riunito) (OMISSIS) per motivi (Ndr: testo originale non comprensibile) a quelli gia’ spiegati con il primo atto di appello (OMISSIS) – (OMISSIS).

La societa’ (OMISSIS) ribadiva, quanto all’atto di appello della (OMISSIS), la propria richiesta di rigetto, con contestuale proposizione di appello incidentale per il rigetto di tutte le domande in origine proposte dallo (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).

Con sentenza n. 1724/2010 l’adita Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione gravata, condannava gli – appellanti principali, in solido, a corrispondere alla societa’ (OMISSIS) l’ulteriore somma di euro 53.638,75, oltre interessi legali, confermando nel resto l’impugnata sentenza e condannando gli appellanti principali in solido a rifondere alla suddetta societa’ le spese del giudizio.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte territoriale ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) con atto affidato a dodici motivi.

(OMISSIS) aderisce con apposito controricorso al ricorso principale.

Resiste con controricorso l’intimata societa’.

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’articolo 378 codice procedura civile, le parti ricorrenti e la societa’ contro ricorrente.

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione degli articoli 278 e 112 codice procedura civile, nonche’ degli articoli 111 e 24 Cost.”.

Parti ricorrenti lamentano, nella sostanza, il rigetto -da parte della Corte distrettuale – del primo motivo di appello, con il quale si deduceva che il Giudice di merito di prima istanza aveva pronunciato condanna con liquidazione del danno nonostante che “la domanda introduttiva (ex adverso avanzata) espressamente prevedeva una condanna generica”.

La censura e’ infondata.

L’odierna societa’ resistente aveva introdotto il giudizio chiedendo espressamente la “prosecuzione del giudizio per la liquidazione” (dei danni).

Tale letterale locuzione, per come correttamente interpretata dal Giudice del merito nell’ambito delle proprie prerogative, deve far ritenere del tutto esclusa (anche al di la’ della impropria citazione dell’articolo 278 codice procedura civile) la formulazione di una sola domanda di mera condanna generica.

Peraltro, come evidenziato nella sentenza impugnata, gia’ “con le note allegate al verbale del 2/3/99 la predetta societa’ aveva chiesto espressamente determinarsi l’importo dei danni”.

Pertanto deve ritenersi che non vi e’ stata la lamentata mutatio libelli e che vi era, fin da principio, istanza di concreta liquidazione del danno e toccava, quindi, al Giudice del merito decidere con quale scansione temporale (sentenza condanna generica e liquidazione successiva dei danni oppure unica sentenza con condanna e liquidazione) provvedere all’istanza di parte.

Tanto in ossequio al noto (e qui condiviso e ribadito) principio, cui ha fatto riferimento anche la decisione gravata, secondo il giudice quale “rientra nel potere discrezionale, del giudice tanto la facolta’ – in presenza di richiesta della parte – di derogare alla regola generale della concentrazione della decisione in un’unica sentenza, quanto quella di rigettare, anche senza espressa motivazione, tale richiesta ed emettere unica sentenza” (Cass. civ. n. 3769/2004).

In ogni caso, ancora, deve evidenziarsi che le parti odierne ricorrenti, in violazione del compiuto adempimento del noto onere -loro incombente – di autosufficienza, non specificano, ne’ trascrivono dove e quando eventualmente avrebbero non accettato il contraddittorio sulla paventata (ma non ricorrente) domanda nuova.

Ne’ puo’ sottacersi che – per di piu’ – la pretesa “non accettazione” (ancorche’ non rilevante per inesistenza ab origine di una vera e propria “altra” domanda) non e’ nemmeno rinvenibile anche alla stregua di una condotta di accettazione quanto meno implicita. Condotta rilevabile anche dalla mancata specifica indicazione e trascrizione delle parti di atti da cui sarebbe dovuta emergere la pretesa “non accettazione del contraddittorio” comunque non identificabile nella sola da ultimo allegata circostanza di essersi opposto alla “irritualmente effettuata liquidazione del CTU”. Il motivo qui esaminato va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione degli articoli 1489, 1490 e 1495 codice civile (nonche’) omessa motivazione circa fatti decisivi”.

Parti ricorrenti lamentano, nella sostanza, che la Corte di merito abbia disatteso la sollevata eccezione di decadenza e prescrizione.

Tanto, in particolare, in quanto dette eccezioni sarebbero state paralizzate dall’errata valutazione della detta Corte circa la ricorrenza, in ipotesi, di vendita di aliud pro alio ovvero di un terreno non idoneo allo scopo edificatorio.

La censura e’ fondata.

Cio’ in quanto nella fattispecie non poteva ritenersi sic et simpliciter la ricorrenza dell’ipotesi di vendita di aliud pro alio. Tale tipo di vendita non vi era o, almeno, non vi era del tutto attesa la mera constatazione che, in ogni caso, sul terreno oggetto della compravendita risultano essere stati compiuti notevoli interventi edificatori con la realizzazione di numerose unita’ abitative.

Non puo’ pertanto che affermarsi il principio per cui, nell’ipotesi in cui oggetto della compravendita sia un terreno edificatorio, la parziale edificabilita’ dello stesso i minore rispetto alle aspettative, non comporta automaticamente la configurabilita’ di una ipotesi di vendita di aliud pro alio (incidente, per converso, sul regime di eventuali eccezioni di prescrizioni e decadenza di vizi), dovendo il Giudice del merito provvedere a valutare congruamente se il tipo di edificabilita’ in concreto attuabile consenta o meno la detta configurabilita’ di aliud pro alio.

Il principio innanzi appena riportato non puo’ che essere affermato quale ulteriore specificazione dei piu’ generali principi gia’ analogamente affermati da questa Corte.

Giova, all’uopo, rammentare e riaffermare che “….. si ha vizio redibitorio oppure mancanza di qualita’ essenziali della cosa consegnata qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all’uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore ovvero appartenga ad un tipo completamente diverso o ad una specie diversa da quella pattuita (nel mentre) si ha, invece, consegna di aliud pro alio, che da’ luogo all’azione contrattuale di risoluzione o di inadempimento ai sensi dell’articolo 1453 codice civile, svincolata dai termini di decadenza e prescrizione, qualora il bene consegnato sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della “res” promessa e, quindi, fornire l’utilita’ richiesta” (Cass. civ., Sent. 10 luglio 2008, n. 18859, nonche’ Cass. n.ri 8409/2006 e 5202/2007).

Il motivo qui in esame deve, quindi, essere accolto.

3.- Il ricorso e’, altresi’, proposto sulla base degli ulteriori motivi di seguito sinteticamente esposti.

Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano la “violazione dell’articolo 99 codice procedura civile, articolo 163 codice procedura civile, n. 4 e articolo 112 codice procedura civile (nonche’) violazione e falsa applicazione della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, all. E (nonche’, ancora) violazione del principio di legittimita’ e di conformita’ a legge dell’atto amministrativo”.

Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1223 codice civile e dei principi in tema di riconoscimento ed imputabilita’ del danno ingiusto risarcibile, nonche’ dell’articolo 100 codice procedura civile (mancanza e comunque difetto di attualita’ e concretezza dell’interesse).

Con quinto motivo del ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1476, 1489 e 1481 codice civile, nonche’ dell’articolo 100 codice procedura civile e falsa applicazione dei Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e Decreto del Presidente della Repubblica 22 aprile 1994, n. 425.

Con il sesto motivo del ricorso si censura la “violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 113 e 132 codice procedura civile nonche’ dell’articolo 101 Cost. e dei principi generali in tema di ausiliazione del Giudice (e) Omessa motivazione su un fatto decisivo.

Con il settimo motivo del ricorso si censura la gravata sentenza sotto il profilo della “violazione degli articoli 112 e 115 codice procedura civile, nonche’ del diritto alla prova, anche quale diritto ad un giusto e’ processo (articolo 111 Cost.) (e) omessa e comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi (e) violazione dell’articolo 1710 codice civile e 1218 codice civile, nonche’ del principio di parita’”. Con l’ottavo motivo del ricorso si deduce la “violazione del principio di parita’ nel giusto processo (articolo 111 Cost.) e dell’articolo 115 codice procedura civile (e) omessa e in ogni caso insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo”.

Con il nono motivo del ricorso si censura la “violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 2697 codice civile”.

Con il decimo motivo del ricorso si lamenta l'”omessa e in ogni caso insufficiente motivazione su fatti decisivi (e) violazione dell’articolo 112 codice procedura civile e dell’articolo 1223 codice civile”.

Con l’undicesimo motivo parti ricorrenti deducono la “omessa e in ogni caso insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi (e) violazione dell’articolo 112 codice procedura civile (incompletezza di pronuncia) e violazione del principio di determinatezza della condanna.

Con il dodicesimo motivo del ricorso si censura, infine, la “nullita’ e/o inesistenza della sentenza (e) violazione dei principi in tema di sentenza condizionale (e) perplessita’ della motivazione”.

Tutti i rimanenti motivi innanzi doverosamente sintetizzati devono ritenersi assorbiti.

4.- In dipendenza dell’accolto secondo motivo del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo, che provvedera’ uniformandosi al principio innanzi enunciato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo ricorso, accoglie il secondo, assorbiti i rimanenti motivi, cassa -in relazione al motivo accolto -l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *