cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 17 giugno 2015, n. 12579

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7963/2009 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), in proprio e quale procuratore generale e speciale di (OMISSIS) IN (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 264/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/03/2015 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della resistente (OMISSIS) G., che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 3/11/1997 (OMISSIS) conveniva in giudizio i propri confinanti (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari di servitu’ di passo sul fondo dell’attore e, deducendo di volere impedire l’intrusione di terzi nella sua proprieta’, chiedeva accertarsi il proprio diritto di apporre due cancelli a chiusura della strada di sua proprieta’ sulla quale era esercitato il passaggio; si dichiarava disposto a consegnare ai proprietari dei fondi dominanti, la chiave di apertura dei cancelli.

Il contraddittorio era integrato nei confronti di (OMISSIS), altra comproprietaria di fondo dominante.

Tutti i convenuti chiedevano il rigetto della domanda attorea.

Intervenivano in causa anche (OMISSIS) ed (OMISSIS) i quali, comproprietari dei fondi serventi, aderivano alla domanda dell’attore.

Con sentenza del 24/11/2003 il Tribunale di Como rigettava la domanda dei proprietari del fondo servente ritenendo:

– che, in relazione alle caratteristiche della strada e dei fondi come rilevate e descritte nella CTU, l’apposizione dei due cancelli, quand’anche accompagnata dalla consegna della chiave di apertura, avrebbe reso piu’ gravoso l’esercizio della servitu’ senza peraltro risolvere il problema della protezione del fondo che sarebbe rimasto comunque accessibile;

– che i convenuti non disponevano affatto di un valido accesso carraio alternativo a quello dedotto in giudizio in quanto quello indicato dall’attore come percorso alternativo risultava particolarmente disagevole a causa di un restringimento costituito da un corpo scala in muratura;

– che la posa del cancello avrebbe di fatto inibito la normale vita di relazione non essendo ipotizzabile la consegna delle chiavi al numero indeterminato di soggetti che si relazionavano con i nuclei familiari dei proprietari dei fondi dominanti.

L’appello proposto da (OMISSIS), in proprio e quale procuratore generale e speciale dei fratelli (OMISSIS) ed (OMISSIS), era rigettato dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 4/2/2008 con motivazioni di merito in gran parte analoghe a quelle del giudice di primo grado che trascriveva nella sentenza di appello, aggiungendo ulteriori argomentazioni.

La Corte distrettuale rilevava:

che l’apposizione dei cancelli non realizzava la chiusura del fondo, cosi’ ponendosi al di fuori della previsione dell’articolo 841 c.c., non sussistendo neppure prova che l’attore avesse subito atti vandalici ripetuti, perche’, a tale riguardo v’era stata una sola denuncia risalente al Luglio 1997;

– che in ogni caso, anche a volere ritenere applicabile alla fattispecie l’articolo 1064 c.c. (che prevede la possibilita’, per il proprietario del fondo servente, di chiudere il fondo del fondo gravato da servitu’ a condizione di lasciare libero e comodo l’ingresso a chi ha un diritto di servitu’), era sufficiente ad escludere la condizione della comodita’ di ingresso il fatto che si rendeva necessario compiere, sui due cancelli tra loro distanziati, quattro operazioni, due di apertura e due di chiusura e tenuto conto dello stato dei luoghi, in particolare della lunghezza del percorso e del fatto che non v’era visuale del punto iniziale del tracciato a chi si trovasse sul fondo dominante;

che nella descritta situazione era ultronea la (comunque indimostrata) possibilita’ di raggiungere per altra via il fondo dominante, posto che i requisiti di comodita’ e liberta’ devono essere valutati in relazione alla gia’ costituita servitu’.

(OMISSIS), in proprio e quale procuratore generale e speciale dei fratelli (OMISSIS) ed (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a tre motivi.

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con tre distinti controricorsi.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 841 c.c., sostenendo:

– che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il diritto di chiudere il fondo, riconosciuto dall’articolo 841 c.c., comporti la necessita’ di una chiusura totale del fondo e non attribuisca invece al proprietario il diritto di proteggere il proprio fondo da ingerenze di terzi senza necessita’ di realizzare una recinzione totale;

– che sarebbe erronea e illogica la motivazione secondo la quale mancherebbe la prova che gli atti vandalici commessi in danno della proprieta’ siano stati commessi transitando sulla strada oggetto di servitu’ perche’ dalla denuncia di danneggiamento risulta che furono danneggiate le piantumazioni poste lungo la strada;

– che la tutela di cui all’articolo 841 c.c., e’ accordata senza la necessita’ di provare alcun danno.

I ricorrenti, formulando i quesiti di diritto, chiedono:

– se il riconoscimento del diritto di protezione del fondo previsto dall’articolo 841 c.c., implichi necessariamente che il fondo stesso debba essere completamente recintato o se la tutela possa essere attuata anche mediante limitati manufatti idonei ad evitare o limitare l’ingerenza dei terzi;

– se il diritto di protezione di cui all’articolo 841 c.c., possa essere riconosciuto unicamente nel caso in cui vengano provate l’esistenza di pregressi danneggiamenti subiti dal fondo e le modalita’ di accesso allo stesso da parte dei danneggiati.

1.1 Il primo motivo, cosi’ come i relativi quesiti, non attingono la ratio decidendi della sentenza impugnata: i ricorrenti infondatamente invocano l’applicazione di una norma che non e’ applicabile senza il coordinamento con l’articolo 1064 c.c., laddove si tratti di risolvere il conflitto tra i diritti dei proprietari dei fondi dominanti e il diritto del proprietario del fondo servente.

Infatti, il conflitto tra il proprietario del fondo servente e il titolare della servitu’ di passaggio e’ regolato dall’articolo 1064 c.c., comma 2, nel senso di garantire a quest’ultimo il libero e comodo esercizio della servitu’, in base ad un bilanciamento che tenga conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalita’ del suo esercizio, dello stato e della configurazione dei luoghi.

La questione posta (se il proprietario del fondo ha diritto ex articolo 841 c.c., a recintare anche solo parzialmente il proprio fondo e senza necessita’ di dare la prova di danneggiamenti o della necessita’ della chiusura) non inficia la seconda ratio decidendi (non oggetto di censura in questo primo motivo, ma solo nel secondo motivo, su quale v. infra) della sentenza della Corte di Appello per la quale l’apposizione dei due cancelli, pur con la consegna della chiave di apertura, non avrebbe lasciato libero e comodo l’ingresso e cio’ in violazione di quanto disposto dall’articolo 1064 c.c.. L’argomento della Corte di Appello secondo cui l’esigenza di protezione non sarebbe stata realizzata con la semplice apposizione dei due cancelli, diventa superfluo e il ricorrente e’ privo di interesse alla relativa contestazione; la stessa Corte di Appello (pag. 8 della sentenza) ha affermato essere ultronea (oltre che indimostrata) la possibilita’ di raggiungere per altra via il fondo dominante “posto che i requisiti di comodita’ e liberta’ debbono essere valutati in relazione alla gia’ costituita servitu'”.

La Corte di Appello ha dunque deciso in modo conforme ai principi (qui condivisi) gia’ affermati da questa Corte secondo i quali il conflitto tra il proprietario del fondo servente, cui e’ assicurata dall’articolo 841 c.c., la facolta’ di chiusura del fondo e il titolare della servitu’ di passaggio e’ regolato dall’articolo 1064 c.c., comma 2, nel senso di garantire a quest’ultimo il libero e comodo esercizio della servitu’, in base ad un bilanciamento che tenga conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalita’ del suo esercizio, dello stato e della configurazione dei luoghi (cfr. Cass. 28/11/2012 n. 21129).

Il motivo deve pertanto essere rigettato.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 841 e 1064 c.c. e il difetto di motivazione.

I ricorrenti sostengono che la Corte territoriale non avrebbe applicato il criterio del contemperamento degli opposti interessi, ossia l’interesse alla sicurezza e riservatezza del proprietario del fondo servente e gli interessi dei proprietari dei fondi dominanti non verificando se questi dall’apposizione dei cancelli avessero subito un pregiudizio effettivo e non tenendo conto che i fondi dominanti erano serviti da una strada comunale di maggiore larghezza, minor pendenza e migliore pavimentazione.

A dire dei ricorrenti:

l’interesse del proprietario del fondo servente doveva ritenersi prevalente rispetto al trascurabile disagio dei proprietari dei fondi dominanti i quali, per raggiungere i loro fondi, avrebbero potuto servirsi di altra via (la via (OMISSIS));

invece la Corte di Appello, travisando prove in atti, ha ritenuto inidonea la strada alternativa e non ha considerato quanto da lui affermato circa la possibilita’ di chiudere i cancelli solo nelle ore notturne e di concedere ogni piu’ utile dispositivo per una comoda apertura dei cancelli.

I ricorrenti formulando il quesito di diritto, chiedono se l’esistenza di una valido percorso alternativo, non correttamente apprezzato dal giudice di merito a causa di una omessa o erronea interpretazione delle risultanze istruttorie, possa consentire l’applicazione del criterio di contemperamento dei contrapposti diritti tutelati dagli articoli 841 e 1064 c.c..

2.1. Il Giudice di primo grado, secondo quanto risulta dalla sentenza della Corte di Appello che trascrive e fa proprie le argomentazioni della sentenza appellata, aveva evidenziato:

– che lo sviluppo e il dislivello del tracciato rendeva disagevole la fermata e la sosta di autovetture su fondo sterrato, che si sarebbero rese necessarie per l’apertura manuale dei cancelli;

– che i fondi dominanti erano rappresentati da immobili anche ad uso residenziale, occupati da plurime persone plurimi nuclei familiari, soggetti normalmente alle visite domiciliari di conoscenti, parenti e fornitori e che pertanto la posa dei cancelli avrebbe inibito di fatto ai titolari della servitu’ lo svolgimento della normale vita di relazione, non essendo ipotizzabile la consegna delle chiavi ad una sfera cosi’ estesa di terzi soggetti.

La Corte di Appello ha ritenuto comunque gia’ sufficiente, per escludere la comodita’ dell’ingresso la condizione della comodita’ di ingresso il fatto che, a seguito dell’apposizione di due cancelli, si rendeva necessario compiere, sui due cancelli tra loro distanziati, quattro operazioni, due di apertura e due di chiusura, operazioni che comportavano corrispondenti discese dall’autovettura e risalite sulla autovettura e ha tenuto conto dello stato dei luoghi, in particolare della lunghezza del percorso e del fatto che non v’era visuale del punto iniziale del tracciato a chi si trovasse sul fondo dominante.

La Corte di Appello ha inoltre confermato l’inesistenza di un valido accesso alternativo (in quanto privo di manutenzione e non omogeneo in termini di larghezza, diversa essendo quella di una strada campestre all’aperto e quella di uno spazio interno tra murature), gia’ esclusa dal primo giudice sul rilievo che l’accesso alternativo era disagevole a causa di un restringimento costituito da un corpo di scala in murature.

Con riferimento ai criteri che devono essere seguiti per risolvere il conflitto tra il proprietario del fondo servente e il titolare della servitu’ di passaggio e alla affermata violazione del combinato disposto degli articoli 841 e 1064 c.c., si osserva che tale conflitto come gia’ in precedenza evidenziato e’ regolato dall’articolo 1064 c.c., nel senso che il proprietario ha diritto (ex articolo 841 c.c.) di chiudere il fondo, ma a condizione che sia lasciato libero e comodo l’ingresso a chi ha un diritto di servitu’ che renda necessario il passaggio per il fondo.

Resta inoltre applicabile il divieto di cui all’articolo 1067 c.c., per il quale il proprietario del fondo “non puo’ compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitu’ o a renderlo piu’ incomodo”.

Questa norma, come gia’ dell’articolo 1064 c.c., comma 2, non vieta qualsiasi innovazione perche’, altrimenti verrebbe sacrificato il diritto, riconosciuto al proprietario del fondo dominante a chiudere il proprio fondo l’interesse del proprietario del fondo, ma vieta solo quelle che rendano piu’ gravosa la situazione del fondo servente.

L’aggravamento non e’ dato dall’innovazione in se’, ma dall’incidenza di essa rispetto al modo in cui e’ stata goduta la servitu’, venendo in rilievo, quindi, la frequenza del passaggio, la caratteristica dei luoghi, le particolari esigenze del transito ed ogni altra precedente condizione di esercizio (cfr. Cass. 23/9/2013 n. 21744).

Da questi principi non si e’ discostata la Corte territoriale.

Quanto alla motivazione, si osserva che la Corte distrettuale, nell’ambito della valutazione di merito ad essa riservata, ha accertato con adeguata motivazione che l’apposizione dei due cancelli avrebbe reso non comodo l’ingresso per il fatto “di dover per ben quattro volte scendere e salire sull’autovettura laddove la lunghezza del percorso e il fatto che non vi sia visuale del punto iniziale del tracciato a chi si trovi sul fondo dominante valgono ad inequivocabilmente escludere la liberta’ di ingresso (non a terzi ma) al fondo dominante” (pag. 8 della sentenza di appello).

La Corte di Appello ha altresi’ affermato che l’esistenza di altro accesso diviene irrilevante in quanto i requisiti di comodita’ e liberta’ del fondo devono essere valutati in relazione alla gia’ costituita servitu’; neppure questa parte della motivazione e’ stata censurata nel motivo.

La prima motivazione, in se’ plausibile, non ha formato oggetto di censura (come, d’altra parte, risulta anche dalla stessa formulazione del quesito che fa riferimento alla mancato apprezzamento dell’esistenza di un percorso alternativo), se non con generiche affermazioni con le quali non e’ contestata la motivazione in se’ e, invece, e’ censurata la mancata valutazione dell’esistenza di un percorso alternativo che secondo i ricorrenti dovrebbe ritenersi idoneo e che invece la Corte di Appello, non apprezzando correttamente le risultanze istruttorie, avrebbe ritenuto inidoneo.

In altri termini, i ricorrenti lamentano che la Corte di Appello avrebbe dovuto dare rilevanza all’esistenza del percorso alternativo e, poi, pur prendendo atto che tale percorso alternativo e’ stato ad abundantiam, ritenuto inidoneo, censurano anche questa motivazione meramente aggiuntiva.

Tuttavia, come detto, la prima motivazione, in se’ decisiva, non e’ stata adeguatamente censurata e non assume decisivita’ la censura sulla motivazione aggiuntiva.

Va aggiunto che le opere vietate dal proprietario del fondo servente dall’articolo 1067 c.c., comma 2, sono quelle che si riflettono alterandole, sul contenuto essenziale dell’altrui diritto di servitu’ quale e’ determinato dal titolo, si’ da incidere sull’andatura e sull’estensione dell'”utilitas” oggetto di quello stesso diritto: la norma non tutela, quindi, l'”utilitas” che di fatto il proprietario del fondo dominante ritenga di trarre dalla servitu’, ma quella assicurata nel suo contenuto essenziale dal titolo e sul punto la Corte di Appello, come detto, ha motivato adeguatamente, osservano che i requisiti di comodita’ e liberta’ del fondo devono essere valutati in relazione alla gia’ costituita servitu’.

Quanto alla possibilita’ (affermata nel motivo di ricorso) di adozione di particolari modalita’ temporali di chiusura dei cancelli o dell’uso di dispositivi per una comoda apertura, si osserva che dalla sentenza di appello risulta soltanto (v. pag. 3) che l’odierno ricorrente aveva offerto la chiave dei realizzandi cancelli e nel ricorso non viene indicato dove e quando sarebbe stata affermata tale possibilita’; pertanto la questione proposta risulta nuova e comunque non specifica e non oggetto di uno specifico quesito.

Anche il secondo motivo di ricorso deve quindi essere rigettato.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. e l’omessa motivazione in ordine all’attribuzione delle spese di soccombenza e lamentano di essere stati condannati all’integrale pagamento delle spese processuali nonostante il rigetto dell’appello incidentale della (OMISSIS).

I ricorrenti assumono che, attesa la soccombenza della (OMISSIS) sull’appello incidentale e la legittimita’ della loro domanda di chiusura del fondo, le spese del giudizio di appello avrebbero dovuto essere compensate o almeno la Corte di Appello avrebbe dovuto motivare la mancata compensazione e, formulando il quesito di diritto, chiedono se in caso di rigetto dell’appello incidentale di una convenuta possano essere poste integralmente a carico dell’appellante le spese del grado senza che la Corte di appello motivi la propria decisione, tenuto conto anche della legittimita’ della domanda formulata dall’appellante principale ai sensi dell’articolo 841 c.c..

3.1 La Corte di Appello ha rigettato l’appello incidentale della (OMISSIS) ritenendo insussistente l’errore (dedotto quale motivo di impugnazione) sulla mancata proposizione di domanda riconvenzionale; ha altresi’ ritenuto infondate le eccezioni relative al difetto di legittimazione del (OMISSIS).

Il motivo di ricorso e’ infondato e deve essere rigettato in quanto l’appellante principale era soccombente anche nei confronti della (OMISSIS) e la compensazione delle spese e’ meramente discrezionale; dal contesto della motivazione si desume che nel giudizio di appello l’appellante incidentale era rimasta soccombente solo per quanto riguarda questioni processuali marginali rispetto all’oggetto sostanziale della controversia risultando cosi’ evidente ancorche’ non espressa, la prevalente soccombenza dell’appellante principale; non v’e’ violazione dell’articolo 91, in quanto l’individuazione della parte soccombente che, come tale deve essere condannata al pagamento delle spese, va condotta in relazione all’esito finale del processo e con una valutazione globale e unitaria.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna dei ricorrenti, in quanto soccombenti, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo a favore dei controricorrenti (OMISSIS) il cui difensore ha depositato controricorso, ha depositato memoria ed e’ intervenuto alla pubblica udienza, a favore di (OMISSIS), il cui difensore ha depositato controricorso e memoria e a favore di (OMISSIS), il cui difensore ha depositato controricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a pagare le spese di questo giudizio di cassazione che liquida:

– in euro 2.700,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi per oltre 15% sul compenso per spese forfetarie, oltre accessori di legge a favore di (OMISSIS);

– in euro 2.500,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi per oltre 15% sul compenso per spese forfetarie, oltre accessori di legge a favore di (OMISSIS);

– in euro 2.200,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi per oltre 15% sul compenso per spese forfetarie, oltre accessori di legge a favore di (OMISSIS).

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