condominio quater

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 16 gennaio 2014, n. 820

Svolgimento del processo

Con atto depositato in data 21.12.2002 R.A. , Ro.El. e Ro.Ri. ricorrevano al giudice di Pace di Milano per sentir dichiarare nulla o annullabile la delibera del Condominio di via (omissis) del 21.11.2002, limitatamente al punto 4 dell’Ordine del giorno, nella parte relativa all’approvazione del regolamento riguardante il posteggio dei veicoli e, per l’effetto, dichiarare nullo il regolamento stesso nella parte concernente la sosta delle auto all’interno delle aree condominiali. Secondo gli attori la delibera impugnata era contraria agli artt. 1118 e 1123 c.c. ed era inoltre nulla al punto 4 per impossibilità ed illiceità dell’oggetto, in relazione ad una sanzione prevista nello stesso regolamento condominiale a carico dei condomini in caso d’irregolare parcheggio dei veicoli.
Si costituiva il Condominio di via (OMISSIS) contestando la domanda attrice e l’adito Giudice di Pace, con sentenza n. 2460/2004 respingeva la domanda stessa, compensando le spese processuali.
La sentenza era appellata dagli attori che riproponeva le precedenti istanze ed eccezioni e si costituiva il condominio che formulava appello incidentale in punto compensazione delle spese processuali. L’adito tribunale di Milano, con la sentenza n. 5758/06 depositata il 5.6.2006, rigettava l’appello principale ed accoglieva quello incidentale condannando gli appellanti alle spese del doppio grado. Secondo il tribunale doveva ritenersi legittimo il contestato regolamento del posteggio delle auto nel cortile condominiale, perseguendo la legittima finalità di dettare regole specifiche ai singoli condomini per un uso più razionale della cosa comune e una migliore prestazioni dei servizi che andasse a vantaggio del condominio intero. Riteneva altresì legittima anche la previsione di una sanzione in caso della violazione delle norme regolamentari in parola concernenti l’irregolare parcheggio dei veicoli (“rimozione dell’auto non in regola a spese del proprietario”).
Per la cassazione la suddetta decisione ricorrono R.A. , Ro.El. e Ro.Ri. sulla base di 2 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; il Condominio resiste con controricorso. La causa è stata rinviata per consentire al condominio di autorizzare il proprio amministratore alla proposizione del controricorso, autorizzazione che è stata poi rilasciata e prodotta.

Motivi delle decisione

1 – Con il primo motivo del ricorso, denunziano gli esponenti la violazione e falsa applicazione degli artt. 1118 e 1123 c.c. nonché il vizio di motivazione in ordine ad una circostanza determinante: deroga ai criteri di ripartizione delle spese fissati dalla legge o dal regolamento condominiale.
Ad avviso dei ricorrenti, dal regolamento condominiale approvato con la delibera impugnata (punti 1 e 3) si evince che ad ogni unità immobiliare viene attribuito un unico posto-macchina sull’area condominiale di cui trattasi. Dall’esame dei rendiconti consuntivi emerge invece che – in conformità di quanto disposto dal primo comma dell’art. 1123 c.c. – le spese relative all’area adibita a parcheggio vengono ripartite fra i condomini “in misura proporzionale alla proprietà di ciascuno”. Invero, in base all’art. 1118, 1 comma c.c. “il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell’edificio (tra cui i cortili anche se adibiti a parcheggio) è proporzionale al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene”. Concludono quindi gli esponenti che nel caso in esame non vi è proporzionalità tra i “millesimi” attribuiti al singolo condomino ed il godimento dello spazio condominiale da parte di costui, che quindi non è correlato alla quota di proprietà condominiale facente capo ai singoli condomini. Ciò posto, risulta di conseguenza ingiusto che un condomino contribuisca alle spese in modo proporzionale alla propria quota di proprietà secondo i millesimi – come espressamente previsto nel caso in esame, da una successiva delibera assembleare de 2005, non impugnata – ma poi possa godere, in modo meno che proporzionale, del bene comune – o non goderne affatto – mentre altro condominio contemporaneamente ne tragga un’utilità più che proporzionale rispetto ai millesimi, contribuendo in misura inferiore.
La doglianza si conclude con il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis):
“a) In assenza di una delibera unanime dell’assemblea del condominio o di un’apposita convenzione, voglia…. giudicare se alla luce dell’art. 1118 c.c., sia illegittima la limitazione dell’utilizzo del cortile condominiale – adibito a parcheggio – ad una sola autovettura per unità immobiliare, attribuendo pertanto a condomini proprietari di porzioni di piano differenti un uso paritario del bene comune; b) nell’eventualità del giudizio negativo, se sia legittimo, ai sensi dell’art. 1123 c.c., ripartire le spese relative all’utilizzo paritario del parcheggio comune in proporzione al valore del piano o porzione di piano che appartiene al singolo condomino”.
La doglianza non ha pregio.
Occorre sottolineare in premessa come la norma regolamentare di cui alla delibera impugnata, non risulta che abbia modificato né disciplinato il regime di ripartizione delle spese per la manutenzione del cortile; ciò venne infatti deliberato solo con una successiva delibera del 2005, che non risulta mai impugnata.
Occorre in linea generale puntualizzare, quanto alla questione della misura di utilizzazione della cosa comune, che nell’attuale regolamentazione giuridica del condominio, la stessa non è certamente in rapporto con la quota maggiore o minore di proprietà del singolo condominio ed è totalmente sganciata dalle “tabelle millesimali” utilizzate per il calcolo delle spese relative alla gestione del bene stesso. Occorre sul punto fare invece riferimento a quanto prevede l’art. 1102 c.c. secondo il quale, ciascun partecipante al condominio può servirsi della cosa comune, “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto”.
Questa S.C. ha precisato al riguardo con riferimento ad analoga ipotesi, che: “L’utilizzazione a parcheggio dei viali adiacenti agli edifici di un complesso condominiale configura un uso della cosa comune (ulteriore rispetto alla ordinaria destinazione degli stessi ad accesso ai vari fabbricati); pertanto la disciplina di tale utilizzazione (con limitazione, nella specie, ad una sola vettura per unità abitativa) disposta dall’amministratore nell’ambito delle attribuzioni che gli competono a norma dell’art. 1130, primo comma, c.c. ovvero, a maggior ragione, (come nella specie) dall’assemblea, non riguarda la misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini sulla cosa comune ma raffigura una modalità d’uso della cosa stessa…” Cass. Sez. 2, n. 772 del 25/01/1997).
Invero ai sensi dell’art. 1123, primo comma, c.c., grava sul condomino l’obbligo di contribuire alle spese necessarie alla conservazione ed al godimento delle parti comuni dell’edificio, alla prestazione dei servizi nell’interesse comune e alle innovazioni deliberate dalla maggioranza ciò che trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio.
Bisogna dunque ritenere che nella fattispecie, le spese d’uso e manutenzione di tale spazio condominiale destinato al parcheggio dei veicoli, devono collocarsi nell’ambito del godimento della cosa comune; ne discende che le spese stesse rientrano fra quelle generali, per cui è applicabile il criterio di riparto stabilito dal primo comma dell’art. 1123 c.c. con riferimento al valore della proprietà di ciascun condomino, e non a quello dell’uso differenziato dettato dal secondo comma, che appunto non opera per le spese generali (v. a proposito del servizio di riscaldamento: Cass. Sez. 2, n. 2946 del 14/02/2005; Cass. n. 10492 del 26/11/1996).
In linea generale al riguardo si è così espressa questa S.C.: “In tema di oneri condominiali, la funzione ed il fondamento delle spese occorrenti per la conservazione dell’immobile si distinguono dalle esigenze che presiedono alle spese per il godimento dello stesso, come è dato evincere, in via di principio generale, dal disposto dell’art. 1104 cod. civ. – dettato in tema di comunione -, e, sub specie dei rapporti di condominio, dalla norma di cui all’art. 1123 stesso codice, a mente della quale i contributi per la conservazione del bene sono dovuti in ragione della appartenenza e si dividono in proporzione alle quote (indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzioni di piano), mentre le spese d’uso (che traggono origine dal godimento soggettivo e personale) si suddividono in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell’appartenenza (e possono, conseguentemente, mutare, del tutto legittimamente, in modo affatto autonomo rispetto al valore della quota) (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8292 del 19/06/2000).
2 – Con il 2 motivo gli esponenti denunciano “la nullità dell’impugnata delibera per impossibilità ed illiceità dell’oggetto del punto 4 del Regolamento Posteggio Auto: violazione e falsa applicazione dell’art. 70 disp. att. c.c. e dell’art. 392 c.c.”.
Secondo i ricorrenti non è legittima ed è anzi illecita la sanzione regolamentare che prevede la “rimozione dell’auto non in regola a spese del proprietario” di cui al punto 4 della delibera impugnata, secondo cui: “dopo un periodo di prova della durata di 6 mesi, a partire dal 6 dicembre 2002, gli autoveicoli non in regola verranno rimossi a spese del proprietario.
La doglianza è fondata.
Questa Corte ha avuto occasione di chiarire a proposito di siffatte sanzioni che ” qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto previsto eccezionalmente dall’art. 70 disp. Att. c.c., la previsione di una “sanzione pecuniaria”, avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l’ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso art. 70 e pari ad Euro 0,05 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10329 del 21/04/2008; Cass. n. 948 del 26.01.1995). A maggior ragione dunque non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente “afflittive”, ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato – se non eccezionalmente – il diritto di “autotutela“.
In conclusione dev’essere rigettato il primo motivo del ricorso e accolto il 2 motivi; dev’essere cassata la sentenza impugnata e rinviata la causa anche per le spese di questo giudizio al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo del ricorso; accoglie il 2 motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese di questo giudizio al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato.

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