cavallo

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 12 febbraio 2014, n. 3212

Svolgimento del processo

La Scuderia Enea s.d.f. corrente in Modena con atti di citazione del 26 giugno 1991 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Belluno l’Azienda agricola Sgrey di Bortolo Caneve & C. snc. per ivi sentire pronunciare la risoluzione del contatto di compravendita di un cavallo da corsa denominato Orly di Sgrey al prezzo complessivo di L. 81.651.306 per grave inadempimento della parte venditrice, convenuta in giudizio. La società attrice esponeva di avere stipulato in data 29 ottobre 1990 contratto di locazione finanziaria con Ippoleasing Finanziaria spa., in base al quale quest’ultima le aveva concesso in locazione il cavallo di corsa denominato Orly di Sgrey al prezzo complessivo di L. 81.651.306 oltre PIVA che la società Ippoleasing aveva acquistato il suddetto cavallo dall’Azienda agricola Sgrey snc. di essere in possesso dell’animale dall’1 novembre 1990 e che in data 8 novembre 1990 il cavallo aveva presentato gravi sintomi di malattia. Chiamato d’urgenza il medico veterinario questi aveva diagnosticato un’ernia inguinale e che compiuti ulteriori accertamenti, essa Enea aveva scoperto che il cavallo era già stato operato in precedenza in data 4 maggio 1989 per ernia inguinale cronica presso l’allevamento del C. , che tale situazione era stata completamente taciuta dall’alienante ed aveva reso del tutto inservibile il cavallo allo scopo per il quale era stato stipulato il contratto di locazione finanziaria, che tali difetti erano stati denunciati immediatamente all’Azienda agricola Sgrey invitando essa venditrice a ritirare l’animale e a risarcire i danni subiti da essa Scuderia Enea, che la situazione era stata portata a conoscenza anche alla società Ippoleasing Finanziaria comunicando l’intenzione di ritenere risolti i predetti contratti, che la società Ippoleasing non aveva provveduto neppure in parte al pagamento del prezzo pattuito per la vendita.
Si costituiva la società Azienda Agricola Sgrey di Bartolo Caneve & C. snc, eccependo in via pregiudiziale il difetto di legittimazione sostanziale e processuale dell’attrice e nel merito contestava le deduzioni avversarie, esponendo che in occasione della vendita del cavallo l’Associazione Nazionale Allevatori Cavallo Trottatore aveva dato notizia ai partecipanti all’asta di tutte le circostanze inerenti alla salute del cavallo messo all’asta ed, in particolare, che esso cavallo era stato sottoposto ad intervento chirurgico per asportazione di ernia inguinale e che la relativa cicatrice era visibile, che il cavallo l’intervento chirurgico non aveva lasciato esiti di sorta neppure di indebolimento intestinale che il cavallo non aveva avuto altri disturbi e che il malore lamentato poteva ritenersi di natura episodica, che la lettera di contestazione datata 8 novembre 1990 portava nella busta la data di partenza da Modena il 17 novembre 1990 e la data di arrivo a Belluno il 20 novembre 1990. Chiedeva pertanto la declaratoria di carenza di legittimazione attiva sostanziale e processuale della Scuderia Enea, in via preliminare l’accertamento della insussistenza della garanzia o della decadenza della stessa, nel merito il rigetto della domanda.
Con ordinanza collegiale del 16 gennaio 1996 veniva ordinato ai sensi dell’art. 107 cpc, l’intervento in causa della società Ippoleasing Finanziaria affinché la stessa prendesse posizione sulle istanze e domande delle parti e la causa fosse definita nei confronti di tutti i soggetti interessati al rapporto.
Si costituiva la società Ippoleasing, contestando le deduzioni avversarie ed esponeva di essere una società specializzata nel leasing dei cavalli da corsa alla quale il cliente si rivolgeva dopo avere individuato il cavallo da acquistare per ottenere la locazione attraverso la stipulazione di apposito contratto per un periodo determinato con la possibilità di riscatto dopo detto periodo e che, pertanto, al stessa procedeva all’acquisto per cederlo dopo in godimento, mentre la scelta era frutto di trattative tra il fornitore e il futuro utilizzatore.
Nel caso concreto, dunque, il cavallo di cui si dice era stato scelto dalla Scuderia Enea ed essa era rimasta estranea alla scelta del cavallo da acquistare, che a seguito della richiesta della Scuderia Enea aveva acquistato dall’Azienda Agricola il cavallo in questione e stipulato con la Scuderia Enea contratto di leasing per il prezzo di L. 81.651.306 oltre IVA da corrispondere in 23 canoni mensili, che la Scuderia Enea aveva ritirato il cavallo regolarmente e, in seguito ai vizi lamentati aveva preteso di risolvere il contratto rifiutando di provvedere al pagamento dei canoni pattuiti. Chiedeva, pertanto, in caso di risoluzione del contratto di compravendita, la condanna della convenuta Azienda Agricola Sgrey alla restituzione del prezzo pari a L. 66.490,000 e il risarcimento del danno pari alla differenza tra l’importo complessivo dei canoni pattuiti, oltre interessi convenzionali e l’ammontare del prezzo.
Ammesse le prove richieste espletata CTU sulla salute del cavallo il Tribunale di Modena con sentenza n. 610del 2004 rigettava le domande di risoluzione del contratto del risarcimento del danno proposte dall’attrice, nonché la domanda proposta dalla società Ippoleasing nei confronti dell’Azienda Agricola Sgrey, condannava la Scuderia a versare alla società Ippoleasing la somma di Euro 45.964,67, oltre gli interessi per canoni insofferenza, compensava tra le parti, per la particolarità delle questioni trattate, le spese giudiziali. In particolare, il Tribunale riteneva fondata l’eccezione di rito di mancata denuncia del vizio entro otto giorni dalla scoperta e nel merito la mancata prova del nesso causale tra asserito mancato utilizzo del cavallo in gara e concorsi e la patologia di cui al Scuderia Enea riteneva che il cavallo fosse affetto.
Avverso questa sentenza proponeva appello la Scuderia Enea s.d.f., ribadendo gli argomenti tutti già evidenziati in primo grado.
Si costituivano entrambe le appellate, chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 954 del 2007 accoglieva, in parte l’appello e in riforma della sentenza di primo grado: dichiarava risolti per inadempimento della società Azienda Agricola Sgrey sia il contratto di compravendita e sia il contratto di leasing, condannava la stessa Sgrey al pagamento in favore di Ippoleasing della somma di Euro 34339, 22 a titolo di restituzione per l’acquisto oltre interessi legali, condannava la società Sgrey al danno emergente liquidato in Euro 45.248,00, oltre ad interessi legali, condannava la stessa società Agricola Sgrey al pagamento delle spese giudiziali del doppio grado a vantaggio della società Ippoleasing e a vantaggio di Enea compensava tra le stesse la restante il restante residuo dei due terzi. Secondo la Corte veneziana, aveva errato il Tribunale: a) nell’aver escluso la tempestività della denuncia del suddetto vizio redibitorio atteso che la società Enea aveva avuto contezza del vizio di cui si dice in data 15 novembre 1990, una volta acquisita la documentazione medica e aveva provveduto a denunciare tale vizio con lettera spedita il 17 novembre 1990.
b) nell’aver escluso in concreto la prova del dedotto vizio redibitorio, atteso che dalla documentazione in atti vi era compiuta dimostrazione della sussistenza del vizio redibitorio.
c) Il vizio redibitorio comportava la risoluzione del contratto di compravendita oggetto della controversia, la quale a sua volta comportava anche la risoluzione del contratto di leasing con il primo collegato;
d) dalla risoluzione conseguivano i necessari obblighi restitutori e risarcitoli a favore della Scuderia Enea e a favore del Finanziatore.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dall’Azienda Agricola Sgrey con ricorso affidato a tre motivi, illustrati con memoria. La Scuderia Enea Sdf.
E Ippoleasing finanziaria spa., hanno resistito separatamente con autonomi controricorsi. La società Ippoleasing spa. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla società Scuderia Enea per tardività della notifica del ricorso. Secondo la resistente, il termine utile (60 gironi dalla notifica della sentenza che si vuole impugnare) per proporre ricorso in cassazione scadevamo il 15 febbraio 2008, epperò controparte avrebbe notificato il ricorso presso lo studio dell’avv. Androidi ove la Scuderia non era domiciliata il 19 febbraio 2008 e presso lo studio dell’avv. Zanata di Venezia in cui la convenuta aveva eletto domicilio il 20 febbraio 2008.
1.1.- L’eccezione è infondata.
Come è ormai ius receptum, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, il principio, derivante dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, secondo cui la notificazione a mezzo posta deve ritenersi perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anziché dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi dell’art. 1 della legge n. 53 del 1994, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’Ufficio postale.
Ora, nel caso in esame, come risulta dalla documentazione in atti e/o dalle cartoline di ricevimento e/o di spedizione, la consegna dell’atto di ricorso per la notifica è avvenuto il 15 febbraio 2008, cioè l’ultimo girono utile per la proposizione del ricorso per cassazione.
2- Con il primo motivo, la società Azienda Agricola Sgrey snc, lamenta l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione sotto il profilo dell’accertamento dei fatti (ex art. 360 n. 5 cpc), decisivi per il giudizio.
a) Secondo il ricorrente, la Corte di Venezia avrebbe errato nel ritenere che la patologia da ernia inguinale che avrebbe interessato il cavallo oggetto della controversia riguardasse un periodo dall’8 novembre 1990 al 28 agosto 1991, non considerando, invece, che il certificato del 28 agosto 1991 esprimeva il concetto che il Veterinario rilevava i sintomi colici da ernia inguinale per più di un ora in quel di e non nei nove mesi precedenti e, per altro, che la terapia con la manipolazione manuale dell’ernia era stata praticata solo il 28 agosto 1991. Se la Corte di merito avesse rilevato tale chiaro ambito temporale ristretto ad un giorno, mai avrebbe potuto sostenere che da quella certificazione risultasse che il Dott. Pe. avesse avuto in cura l’equino nel periodo dall’8 novembre 1990 al 18 agosto 1991.
b) La Corte di merito non avrebbe spiegato, neppure, perché non avrebbe utilizzato elementi tecnici ai fini del decidere atteso che ha utilizzato il concetto di ernia cronaca, mentre il CTU ha indicato un’ernia acuta. Se la Corte di merito avesse avuto esatta coscienza dell’ernia cronaca non avrebbe dedotto dal fatto che il puledro era stato operato dopo pochi giorni di vita che lo stesso in ragione di ciò doveva avere una grave crisi perché al contrario, essendo stato operato “foal” di ernia cronaca, come certifica il prof. B. , essendo questa la condizione in cui l’ernia è asintomatica la grave crisi non poteva di certo esser la causa della prima operazione. Quella acuta e non quella cronaca da sintomi colici potenzialmente letali sì da giustificare un intervento. Per l’ernia acuta e, quindi, per gli episodi del 1990 e 1991 poteva parlarsi di gravi crisi. E di più, se fosse stata presa coscienza del concetto scientifico di ernia cronaca, la sentenza non avrebbe concluso per l’irrilevanza della mancata produzione dell’esame autoptico dopo la morte del cavallo.
c) la Corte non avrebbe tenuto conto, altresì’, sempre secondo la ricorrente, che erano diverse le condizioni in cui si presentarono le tre ernie (riferite la prima dal certificato del prof. B. , e la II e la III dai certificati Pe. ) atteso che la prima si presentò senza sintomi (ernia cronaca) le altre due con sintomi (ernia acuta) Piuttosto questi dati avrebbe dovuto essere elementi di riflessione assenti in sentenza, per stabilire se le dedotte ernie del 1990 e del 1991 preesistevano alla vendita dell’ottobre 1990. I due fenomeni acuti del 1990 e del 1991 non ebbero ad oggetto le stesse parti inguinali (quello del 90 interessò un inguine) quello in certificato del 1991 entrambi, mentre non risulta dal certificato B. dov’era l’ernia che operò nel 1989. E questi sono elementi che da soli non avrebbe potuto far ritenere che l’ernia del 1989 fu causa di quelle nel 1990 e del 1991 come ha affermato la sentenza impugnata.
d) Insufficiente sarebbe la motivazione in ordine alla considerazione della Corte di merito che la patologia per ernia inguinale avrebbe impedito oggettivamente al cavallo di allenarsi dato che la Corte territoriale non avrebbe spiegato per quale ragione scientifica i gravi problemi di ernia inguinale avvero i frequenti episodi di coliche per ernia inquinale avrebbe impedito a Orly di Sgrey di partecipare alle gare di eseguire gli allenamenti e di sottoporsi a doma. In ogni caso, specifica la ricorrente, la sentenza non spiega perché non abbia dato rilevanza a quelle prove che infirmavano l’assunto dell’unanimità dei testi che avrebbero confermato che la malattia impediva a Orly di Sgrey di gareggiare.
1.1.- Il motivo, così come è formulato non sempre risponde ai requisiti di chiarezza, tuttavia è, comunque, infondato.
Va qui evidenziato che la ricorrente, sotto il profilo del vizio motivazionale, con la censura in esame si limita a prospettare una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella fornita dal giudice del merito, mentre, secondo giurisprudenza unanime di questa Corte, il motivo di ricorso per Cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Ove così non fosse, ovvero, in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.
1.1.a).- Né può trascurarsi che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base essendo necessario, in altri termini, che sussista un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza.
1.1.b).- Piuttosto, la decisione della Corte di Venezia non solo è adeguatamente e logicamente motivata, ma trova fondamento nelle stesse risultanze istruttorie essendo conforme ai fatti e agli accertamenti eseguiti, nonché agli atti di causa. La Corte di Venezia, in verità, con una sentenza ampia e articolata ha chiarito con un iter logico consequenziale che le prove acquisite in giudizio (prove testimoniali, interrogatori, documenti prodotti e CTU) avevano dato una compiuta dimostrazione della sussistenza del vizio redibitorio dovuto alla patologia da ernia inguinale e pregresso intervento chirurgico per la detta patologia.(pag. 13 della sentenza). In particolare, la Corte territoriale ha accertato che: a) il cavallo presentava già prima dell’acquisto (seppure la circostanza era stata sottaciuta in male fede dal venditore e all’atto dell’acquisto stesso) il vizio consistente nella patologia dell’ernia inguinale, b) il vizio ovvero la patologia dell’ernia inguinale non era apparente, dato che la cicatrice dovuta al primo intervento (cioè all’interveto effettuato dal Prof. B. ) non era visibile (e d’altra parte solo ponendo forzatamente il cavallo in pozione supina dopo un accurato esame si sarebbe potuto notare tracce di una cicatrice che tuttavia non potevano essere univocamente attribuite ad un pregresso intervento chirurgico di cui per altro la Scuderia Enea non era stata avvisata: c) il cavallo era stato acquistato al solo fine di partecipare alle gare negli ippodromi, trattandosi di un puledro figlio di cavalli trottatori vincitori di considerevoli premi; e) la patologia, per altro, era talmente grave da incidere sull’efficienza del cavallo quale elemento connaturato ed essenziale al negozio di vendita di cavalli da corsa.
Pertanto, risultano esaminati adeguatamente tutti i fatti rilevanti nella presente controversia. Né sono fondati i rilievi svolti dal ricorrente circa la distinzione tra ernia acuta congenita ed acquisita o la mancata valutazione da parte della Corte della “regola scientifica” posto che, nella realtà del fatto, la Corte ha accertato che la patologia dell’ernia inguinale di cui era affetto il cavallo era tale da incidere sull’efficienza del cavallo quale elemento connaturato ed essenziale al negozio di vendita di cavalli da corsa destinati a gare.
3.- Con il secondo motivo contrassegnato con la lettera E) la ricorrente lamenta la violazione di legge, art. 1363 cod. civ. ex art. 360 n. 3 cpc.
Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe interpretato erroneamente la CTU dato che dalla lettura della stessa si evinceva che l’affermazione del sig. C. del sig. E. e del Dott. Pe. “non continuò il suo sviluppo fisico in modo normale” aveva come base temporale anteriore di riferimento, non il primo intervento del 1980 del prof. B. , ma il secondo del Dott. Pe. del 1991. Trattasi, dunque, quella riportata in sentenza di una affermazione irrilevante ai fini del decidere se ci fu il vizio redibitorio poiché è possibile che il dichiarato sviluppo anormale dopo il 28 agosto 1991 non trovò causa alcuna nella condizione del cavallo nel 1989.
Pertanto, dica la Corte di Cassazione, conclude la ricorrente: Vero che quando in giudizio civile si utilizzano ai fini del decidere dichiarazioni di persone o delle stesse parti riferite dalla perizia del CTU si deve fare uso della regola ermeneutica dell’art. 1363 cc, che pur riguardando il contratto ha portata generale come insegna la Suprema Corte di cassazione (Cass. 22.12.2005 n.. 2842) e, quindi, a quelle dichiarazioni deve darsi il senso che risulta dalla lettura del brano complessivo in cui le stesse sono riferite?.
3.1.- Il motivo è infondato.
La consulenza tecnica, per dottrina e giurisprudenza unanimi, è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale vi ricorre quando risulta necessario, per accertare i fatti del procedimento, l’impiego di conoscenze tecniche o scientifiche particolari che vanno al di là della cultura media, e delle quali Egli non dispone. La c.t.u. è, dunque, uno strumento di valutazione, sotto il profilo tecnico-scientifico, di dati già acquisiti che non può essere utilizzato al fine di esonerare le parti dall’onus probandi gravante su di esse e può contenere elementi idonei a formare il convincimento del giudice. Pertanto, appare ragionevole pensare che nell’ipotesi in cui l’elaborato peritale presenti equivoci o contraddizioni il Giudice possa e debba richiamare il Consulente per specificazioni e integrazioni, escludendo una propria attività interpretativa.
Nel caso di specie, comunque, quale che fosse il risultato acclarato dalla CTU, la decisione in ordine all’esistenza del vizio redibitorio e alla sussistenza della patologia dell’ernia inguinale già prima della stipula del contratto di compravendita, è stata assunta, in modo prevalente, alla luce dei documenti acquisiti ed in particolare dalla certificazione medica acquisita al processo.
4.- Con il terzo motivo, contrassegnato con la lettera F) la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 346 cpc. Secondo la ricorrente la società Ippoleasing in primo grado aveva chiesto: a) in caso di risoluzione del contratto di compravendita do Orly di Sgey la condanna della convenuta Azienda Agricola Sgrei alla restituzione del prezzo, il risarcimento danno pari alla differenza tra l’importo complessivo dei canoni pattuiti dovuti alla locataria Enea, e l’ammontare del prezzo pagata da essa Ippoleasing a Sgrey; b) in caso di accertata validità del contratto di compravendita la condanna della Scuderia Enea al pagamento della somma dovuta a titolo di canoni di leasing. Il Tribunale ha accolto la secondo domanda proposta. Epperò, proponendo appello la società Ippoleasing ha riproposto le stesse domande di primo grado e non, invece, come avrebbe dovuto, appello incidentale in ordine alla domanda non accolta dal Tribunale. Pertanto, non avendo proposto appello incidentale avverso la domanda di cui si dice, la sentenza che ha rigettato tale domanda sarebbe passata in giudicato e non avrebbe potuto essere delibata dalla Corte di Appello.
Pertanto, conclude la ricorrente, dica la Suprema Corte: se una parte appellata vittoriosa in primo grado verso un’altra, in appello ripropone contro una terza domanda respinta in primo grado sia pure condizionatamente all’accoglimento dell’appello principale, in ragione di ciò mostra interesse ad impugnare, perché vuole, sia pure condizionatamente, la modifica della sentenza di primo grado; di tal che, è vero che egli, se vuole evitare il passaggio in giudicato ex art. 324 cpc della decisione di rigetto in primo grado della sua domanda deve questa proporre in appello non ex art. 346 cpc, bensì con appello incidentale nel rispetto degli artt. 342 e 343 cpc.
4.1- Anche questo motivo è infondato.
Va qui osservato che, qualora in primo grado siano proposte più domande o eccezioni non già in via cumulativa, bensì in via alternativa o subordinata, cioè domande tali che l’accoglimento di una di esse comporti l’assorbimento dell’altra, ovvero che il rigetto di una di esse non escluda l’accoglimento dell’altra, in sede d’appello non è necessario che la parte appellata proponga gravame incidentale sul capo di domanda non accolto, essendo sufficiente la riproposizione della domanda alternativa, o subordinata, ai sensi dell’art. 346 c.p.c..
Ora, nel caso in esame, la Ippoleasing Finanziaria chiamata in causa era nella posizione di terzo ed ha chiesto, come ha chiarito la stessa ricorrente a) in caso di risoluzione del contratto di compravendita do Orly di Sgey la condanna della convenuta Azienda Agricola Sgrei alla restituzione del prezzo; b) in caso di accertata validità del contratto di compravendita la condanna della Scuderia Enea al pagamento della somma dovuta a titolo di canoni di leasing, domande, queste, alternative. Pertanto, in fase di appello non era necessario proporre appello incidentale in ordine alla domanda relativa alla risoluzione del contratto di compravendita e quindi in ordine alla domanda che la Scuderia Enea corrispondesse il prezzo della compravendita, perché era sufficiente che tale domanda fosse riproposta con l’atto di costituzione in appello perché l’originaria domanda riprendesse l’esatta posizione che aveva avuto nel primo grado del giudizio.
In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cpc, condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che saranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.

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