La massima
Quando oggetto dell’impugnazione non è la tabella millesimale, ma la delibera che modifica la tabella medesima, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti, essendo l’amministratore del condominio legittimato a resistere contro l’impugnazione delle delibere assembleari
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 11 luglio 2012, n. 11757
Ritenuto in fatto
1. – Con atto di citazione notificato il 2 marzo 1999, F.D. in D. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari il Condominio di via (omissis), in persona dell’amministratore pro tempore, impugnando la delibera assembleare dell’11 gennaio 1999, della quale chiedeva la declaratoria di nullità (o l’annullamento) nella parte in cui recava l’approvazione di nuove tabelle millesimali.
Il Condominio resistette alla domanda.
Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 100 del 2002, dichiarò la nullità dell’impugnata delibera, condannando il Condominio alle spese.
2. – La Corte d’appello di Bari, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 12 luglio 2005, in riforma della impugnata pronuncia, ha dichiarato, rilevando d’ufficio il relativo vizio, che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri condomini e, per l’effetto, ha rimesso la causa al primo giudice, compensando per intero le spese processuali del doppio grado.
2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che la domanda giudiziale volta ad incidere sulla tabella millesimale del condominio, sia per una determinazione ex uovo, sia per la dichiarazione di nullità di una deliberazione assembleare che l’abbia modificata a maggioranza, deve essere necessariamente proposta nei confronti di tutti i condomini, e non del solo amministratore del condominio.
Secondo la Corte di Bari, se un condomino, come nella specie la F., propone un’azione di accertamento della invalidità ed inefficacia della tabella millesimale deliberata dagli altri condomini, senza il suo consenso, la domanda – in quanto preordinata, innanzitutto, alla tutela del diritto di proprietà della porzione di edificio di cui si lamenta l’illegittima determinazione del valore – deve essere proposta nei confronti di coloro che hanno deliberato l’atto impugnato e cioè nei confronti di tutti gli altri condomini dell’edificio, principali legittimati a contraddire; la legittimazione passiva ad causava, oltre ad appartenere ai singoli condomini, spetta pure all’amministratore, essendo la domanda stessa preordinata anche alla tutela di cose ed interessi comuni, dato che la precisazione dei valori dei piani o porzioni di piano, ragguagliati in millesimi a quello dell’intero edificio, si riflette sulle cose comuni, costituendo essi il parametro su cui debbono commisurarsi il godimento delle cose stesse, dei servizi comuni, la ripartizione delle spese relative e l’entità della partecipazione e della espressione del voto dei condomini nella costituzione delle assemblee e nelle deliberazioni da prendere in esse.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 9 giugno 2006, sulla base di due motivi, illustrati con memoria.
L’intimato Condominio non ha resistito con controricorso.
Considerato in diritto
1. – Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per vizio di extrapetizione e per violazione degli artt. 350 e 183 cod. proc. civ., perché la Corte d’appello avrebbe attribuito alla domanda avanzata dall’attrice una natura giuridica del tutto differente da quella effettiva. Si sostiene che l’attrice non ha chiesto l’accertamento dell’invalidità ed inefficacia della tabella millesimale approvata dal condominio, ma ha impugnato la deliberazione assembleare con cui i condomini, a maggioranza semplice e senza il suo consenso, hanno approvato una nuova tabella millesimale. La domanda giudiziale concernente l’impugnazione della tabella millesimale sarebbe azione diversa da quella diretta ad impugnare la delibera assembleare che modifica la tabella medesima.
Inoltre, la Corte territoriale avrebbe omesso di indicare alle parti la questione della eventuale necessità di integrare il contraddittorio prima di riservare la causa per la decisione, sollevando d’ufficio la questione solo con la sentenza oggetto di gravame e cosi incorrendo in un ulteriore error in procedendo. La sentenza sarebbe pertanto affetta da nullità per violazione del principio del contraddittorio, non essendo stata la F. posta in condizione di esporre le proprie ragioni difensive.
Con il secondo mezzo (nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1131 cod. civ., 112, 102 e 354 cod. proc. civ., nonché erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione sui punti decisivi) si sostiene che avrebbe errato la Corte d’appello a non considerare che la legittimazione passiva sulle domande proposte contro il condominio spetta all’amministratore, anche fuori dei limiti delle attribuzioni che gli sono proprie a norma dell’art. 1130 cod. civ., la rappresentanza del condominio in qualità di convenuto riguardando ogni lite che abbia ad oggetto un interesse comune dei condomini. Nell’ambito del potere rappresentativo dell’amministratore rientrerebbe la legittimazione passiva in ordine alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione delle delibere assembleari, quand’anche vertenti sulla modificazione delle tabelle millesimali.
2. – I due motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati, nei termini di seguito precisati.
È bensì vero che la domanda giudiziale di un condomino volta all’accertamento della invalidità o della inefficacia della tabella millesimale deve essere necessariamente proposta nei confronti di tutti gli altri condomini, senza che possa ritenersi passivamente legittimato l’amministratore del condominio, la cui rappresentanza processuale passiva è sempre limitata alle azioni relative alle parti comuni dell’edificio, ossia ai rapporti giuridici scaturenti dall’esistenza di parti comuni, e non anche estensibile alle questioni che, in quanto attinenti all’accertamento dei valori millesimali delle quote di proprietà singola, incidono su obblighi esclusivi dei singoli condomini.
Ma l’impugnazione della tabella è cosa diversa dalla impugnazione della delibera che modifica la tabella. L’impugnazione della delibera, infatti, non trae fondamento dall’errore iniziale o dalla sopravvenuta sproporzione dei valori del prospetto, ma dai vizi concernenti l’atto e la sua formazione.
Precisato che la domanda giudiziale diretta ad impugnare la tabella millesimale configura una azione diversa rispetto alla domanda concernente l’impugnazione della delibera assembleare che modifica la tabella, diversa nelle due ipotesi è anche la legittimazione passiva.
Come già affermato da questa Corte (Sez. II, 15 aprile 1994, n. 3542), l’impugnazione della delibera che modifica la tabella va infatti proposta contro l’amministratore del condominio, perché questi è sempre legittimato a resistere contro l’impugnazione delle deliberazioni assunte dall’assemblea.
Alla stregua di questo principio, la decisione della Corte d’appello non si sottrae alle censure della ricorrente. Essendo oggetto della specifica impugnazione proposta dalla condomina F. non la tabella millesimale, ma la delibera di approvazione della nuova tabella, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti non sussiste: legittimato passivo nell’azione di impugnazione della delibera è l’amministratore del condominio.
Resta assorbito l’ulteriore profilo di doglianza.
3. – La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che deciderà attenendosi al seguente principio di diritto: “quando oggetto dell’impugnazione non è la tabella millesimale, ma la delibera che modifica la tabella medesima, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti, essendo l’amministratore del condominio legittimato a resistere contro l’impugnazione delle delibere assembleari”.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.
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