Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 10 marzo 2016, n. 9934
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 2/2/2015 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2 febbraio 2015 la Corte d’appello di Milano, giudicando in sede di rinvio a seguito dell’annullamento da parte di questa Corte della precedente sentenza di assoluzione della medesima Corte d’appello, in riforma della sentenza del 21 dicembre 2012 del Tribunale di Milano ha condannato (OMISSIS), nella veste di delegato alla sicurezza della S.p.a. (OMISSIS), alla pena di euro 300,00 di multa per il reato di cui all’articolo 590 codice penale (per non avere impedito che un lavoratore, sfilando dal fusto di un miscelatore un sacco di nitrocellulosa e scuotendolo all’interno dell’imboccatura per recuperare i residui di materiale, fosse investito da una fiammata che gli cagionava ustioni al volto ed agli arti superiori, per colpa specifica consistita nel non aver adottato le cautele necessarie ad evitare l’accensione di atmosfere esplosive e le misure idonee ad attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione).
Ha ritenuto la Corte d’appello che la lavorazione svolta costituiva concretizzazione del rischio d’incendio, di cui i garanti per la sicurezza erano consapevoli, in relazione al quale la certificazione di garanzia della esportatrice dei sacchi non aveva significato liberatorio (in presenza di materiale infiammabile spesso riscontrato difettoso e che per essere utilizzato aveva bisogno di scuotimento); che la causa prima dell’evento era da individuarsi nella non adeguata resistivita’ dei sacchi, nella qualita’ del prodotto (sovente compattato in modo anomalo) e nel procedimento lavorativo; che l’evento era prevedibile e prevenibile, come dimostrato anche dalla prassi virtuosa messa in atto dopo l’infortunio; che il lavoratore singolo era privo di potere di autotutela, mediante sospensione della lavorazione, e che generici inviti alla attenzione non potevano ritenersi liberatori per i garanti della sicurezza.
Ha escluso, in particolare, la Corte territoriale la rilevanza a fini liberatori della circolare inviata il 10 luglio 2006 dalla (OMISSIS) a tutti i suoi fornitori, con cui erano state richieste certificazioni di antistaticita’ o conduttivita’, in considerazione del fatto che il materiale oggetto di lavorazione continuava a presentarsi compattato in modo anomalo e che cio’ era noto a tutti ed anche al direttore della fabbrica.
Quanto alla veste di responsabile della sicurezza in capo all’imputato, da quest’ultimo contestata, la Corte, oltre ad evidenziare il ruolo del (OMISSIS) di direttore di stabilimento, ha sottolineato che questi, nel corso del suo esame, non aveva mai declinato la responsabilita’ sotto il profilo della assenza di poteri, affermando anzi di aver disposto dopo l’infortunio nuove e piu’ sicure modalita’ lavorative, e che nell’organigramma della societa’, quale risultante dalla visura camerale, risultavano attribuiti al (OMISSIS) ampi poteri, rilevanti anche in materia di prevenzione degli infortuni.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo difensore, affidato ad un unico articolato motivo.
Ha lamentato inosservanza ed erronea applicazione di norme penali, in riferimento all’articolo 590 codice penale e Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 15, 16, 17, 26, 28 e 289, in relazione alla sua individuazione da parte della Corte d’appello di responsabile della sicurezza, non avendo nel corso del suo esame riconosciuto di possedere tale veste ne’ di aver provveduto, successivamente all’infortunio, alla modifica del documento di valutazione dei rischi, avendo solamente dato atto della sua modifica ma non anche di avervi provveduto direttamente.
Ha negato, in particolare, che la sua posizione di direttore dello stabilimento consentisse, di per se, di ravvisare il profilo di colpa specifica che gli era stato contestato, ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 289, comma 2, lettera a) e b), da interpretare in relazione alla centralita’ della valutazione del rischio di esplosione di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 17 e 290, soprattutto in considerazione della non delegabilita’ della valutazione dei rischi e della elaborazione del relativo documento e della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, ai sensi del citato Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 16 e 17.
Ha censurato la affermazione della Corte d’appello che lo aveva individuato come responsabile della sicurezza, in quanto non era stato destinatario di una delega specifica al riguardo, come invece richiesto, ma solo delegato per la sicurezza per la gestione di alcune sostanze pericolose di cui al Decreto Legislativo n. 334 del 1999, e dunque non era il soggetto obbligato e garante dell’obbligo di valutazione del rischio di esplosione.
3. Con memoria integrativa depositata il 18 novembre 2015 ha ribadito la censura di inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, denunciando anche mancanza, insufficienza ed illogicita’ della motivazione, e l’omessa verifica di un concorso colposo del lavoratore infortunato, nonche’ l’omessa considerazione da parte della Corte d’appello della sua tesi difensiva volta ad escludere che egli fosse responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed anche delegato alla sicurezza, con particolare riferimento al rischio di esplosione di materie elettrostatiche, contestatogli a titolo di colpa specifica come violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 289, comma 2, lettera a) e b).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
La Corte d’appello di Milano, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con la sentenza n. 43839 del 25/9/2014, e’ pervenuta alla affermazione della responsabilita’ del ricorrente sulla base dell’accertamento, in punto di fatto, della sua veste di responsabile della sicurezza dello stabilimento nel quale si verifico’ l’infortunio, sia in considerazione di quanto dallo stesso dichiarato nel corso del suo esame (evidenziando come il (OMISSIS) non avesse mai declinato la responsabilita’ sotto il profilo della assenza di poteri nella materia antinfortunistica, proponendosi anzi al vertice dell’organigramma locale, ed affermando anche di aver disposto dopo l’incidente nuove e piu’ sicure modalita’ lavorative); sia sulla base delle competenze attribuitegli nell’organigramma societario; sia alla luce dei poteri attribuitigli quali emergenti dalla visura camerale della societa’ (fra cui quelli “di acquisto, di modifica, di manutenzione, di riparazione di impianti, macchinari e attrezzature da lavoro….. omissis, di acquisto di…. omissis…. quant’altro sia o si riveli necessario al fine di garantire la prevenzione degli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose…. omissis…. senza necessita’ di preventiva autorizzazione del consiglio di amministrazione, di sospendere, anche solo parzialmente, l’attivita’ lavorativa qualora il protrarsi della stessa avvenga in violazione della normativa di prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro, ovvero si versi in una situazione di pericolo grave ed immediato per la sicurezza e salute degli addetti, ovvero gli impianti, i macchinari, le attrezzature di lavoro, i mezzi di trasporto e di sollevamento, i materiali destinati alle opere provvisionali ed i dispositivi di protezione non rispondano ai requisiti essenziali di sicurezza…. omissis”, pag. 7 della sentenza impugnata).
Tale accertamento comporta l’infondatezza della doglianza del ricorrente, che ha lamentato violazione di legge penale nella affermazione della sua veste di responsabile della sicurezza, per la non delegabilita’ della valutazione del rischio di esplosione di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 17 e 290 e l’assenza, in ogni caso, di una delega specifica al riguardo, essendo stato delegato solo per la gestione di alcune sostanze pericolose, in quanto la veste di direttore di stabilimento, con gli ampi poteri evidenziati dalla Corte d’appello, comporta la responsabilita’ del direttore per l’infortunio occorso al lavoratore in esecuzione di prassi lavorative pericolose non conformi alle regole di sicurezza (Sez. 4, n. 13858 del 24/02/2015, Rota, Rv. 263287; conf. Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne, Rv. 259228), quali quelle indicate nella precedente sentenza di questa Corte (nella quale e’ stato evidenziato come la lavorazione cui era addetto il lavoratore infortunato, implicando la manipolazione di materiali infiammabili e sensibili alle cariche elettrostatiche, costituiva concretizzazione del rischio di incendio, di cui i garanti per la sicurezza erano pienamente consapevoli).
Il direttore dello stabilimento di una societa’ per azioni, quale nella specie era l’imputato, e’ destinatario iure proprio, al pari del datore di lavoro, dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di funzioni, in quanto, in virtu’ della posizione apicale ricoperta, assume una posizione di garanzia in materia antinfortunistica a tutela della incolumita’ e della salute dei lavoratori dipendenti. (v. Sezione 4, 7 febbraio 2012, Pittis, Rv. 255001). Il compito del direttore dello stabilimento non si esaurisce nella predisposizione di adeguati mezzi di prevenzione e protocolli operativi, essendo lo stesso tenuto ad accertare che le disposizioni impartite vengano nei fatti eseguite e ad intervenire per prevenire il verificarsi di incidenti, attivandosi per far cessare eventuali manomissioni o modalita’ d’uso pericolose da parte dei dipendenti o il mancato impiego degli strumenti prevenzionali messi a disposizione.
Il riferimento contenuto nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 289 al datore di lavoro non implica, per le ragioni esposte, ne’ la non delegabilita’ degli obblighi di garanzia, ne’ la loro esclusivita’ prospettate dal ricorrente, potendo tali obblighi gravare, specie in strutture articolate e complesse, anche sul direttore di stabilimento, soprattutto quando, come nel caso in esame, egli sia dotato di ampi e specifici poteri ed anche della delega per la gestione di alcun sostanze pericolose, con la conseguente ravvisabilita’ della responsabilita’ del direttore dello stabilimento, correttamente affermata dalla Corte d’appello.
La censura circa l’omessa valutazione della sussistenza di un concorso colposo del lavoratore infortunato, formulata con la memoria aggiunta depositata dal ricorrente, risulta, poi, inammissibile, non essendo stata in precedenza dedotta e, in ogni caso, irrilevante, non essendo comunque, neppure secondo la prospettazione del ricorrente, causa unica dell’evento, idonea ad escludere la responsabilita’ dell’imputato.
Il ricorso in esame deve, in conclusione, essere respinto, risultando infondato l’unico motivo cui e’ stato affidato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Leave a Reply