Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 11 luglio 2016, n. 28767

Nell’ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 11 luglio 2016, n. 28767

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 9 luglio 2014 la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza emessa in data 13 dicembre 2012 dal Giudice Monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Distaccata di Caserta appellata dal Pubblico Ministero, dal Procuratore Generale e dalla parte civile, ha dichiarato I.M.V. e I.A. colpevoli del reato di concorso in truffa aggravata ex art. 61 n. 7 cod. pen. e, esclusa la continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche alla sola I.M.V. con giudizio di equivalenza sulla contestata aggravate, li ha condannati a pene ritenute di giustizia oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili.
In estrema sintesi si contesta agli imputati di avere venduto ai coniugi G.L. e A.M. un appartamento sito in (omissis) , tacendo il fatto che sullo stesso gravava un’ipoteca giudiziale a favore della Banca Commerciale Italiana S.p.a. iscritta in forza di un decreto ingiuntivo emesso in data 9 ottobre 1997.
Il reato nel capo di imputazione è contestato come consumato in data 21 settembre 2004 ma nella sentenza impugnata lo stesso è stato ritenuto consumato fino al luglio 2008.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore degli imputati, deducendo:
1. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 640 cod. pen. e 530 cod. proc. pen..
Evidenzia la difesa dei ricorrenti il fatto che in primo grado entrambi gli imputati erano stati assolti dal reato di truffa che peraltro risulta contestato come consumato in data 21 settembre 2004 come da capo di imputazione che non è mai stato modificato in corso di giudizio.
La vicenda troverebbe il suo fondamento nel fatto che i dati catastali dell’immobile avevano subito delle variazioni a causa del cambio di destinazione d’uso prima della trascrizione dell’ipoteca e non erano stati correttamente riportati nei registri immobiliari. In ogni caso quando gli imputati seppero dell’esistenza della procedura esecutiva procedettero alla cancellazione dell’ipoteca evitando che gli acquirenti subissero la conseguente esecuzione.
La Corte di appello, riformando la sentenza del Giudice di primo grado non avrebbe operato il dovuto vaglio critico della stessa limitandosi ad effettuare una lettura alternativa delle emergenze processuali e ritenendo che l’attivazione degli imputati per la cancellazione dell’ipoteca fosse un atto non rilevante essendo un’azione posta in essere dopo la consumazione del reato e addirittura dopo l’avvio del procedimento penale. Erroneamente sarebbe quindi stata esclusa la buona fede degli imputati atteso che comunque gli stessi si attivarono prima che fosse stata a loro nota la presenza del procedimento penale a loro carico e, in ogni caso non v’è prova che gli imputati conoscessero l’esistenza dell’atto ipotecario prima della stipulazione dell’atto di compravendita dell’immobile avvenuto nel settembre 2004.
Ulteriore elemento rilevante non analizzato dai Giudici del gravame ed idoneo ad escludere l’elemento psicologico del reato in contestazione, riguarderebbe, poi, la data in cui l’immobile subì la variazione catastale avvenuta il 3 maggio 2002 il che renderebbe impensabile che gli imputati si siano artatamente attivati due anni prima della stipulazione del preliminare di compravendita per trarre in inganno i futuri acquirenti. In realtà gli imputati sarebbero semplicemente caduti in errore credendo che l’ipoteca gravasse solo sul seminterrato dell’immobile e non sul bene venduto.
2. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 157 e 640 cod. pen..
Rileva la difesa dei ricorrenti che il reato in contestazione è da ritenersi estinto per prescrizione essendo contestato come consumato in data 21 settembre 2004.
Non sarebbe quindi condivisibile l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale ci si troverebbe in presenza di una truffa a consumazione prolungata.
Anche alla luce di ciò non sarebbe, poi, possibile comprendere in cosa consisterebbe la gravità del danno patrimoniale asseritamente subito dalle persone offese che oltretutto avrebbero pagato per l’acquisto dell’immobile un corrispettivo assolutamente proporzionato al valore dello stesso.
3. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione all’art. 522 cod. proc. pen. per mancata correlazione tra il fatto contestato e la sentenza, non avendo mai il Pubblico Ministero proceduto alla correzione della data indicata nel capo di imputazione ed essendo quindi l’estensione temporale del momento consumativo del reato stata operata in sentenza in violazione del diritto di difesa anche alla luce della giurisprudenza formatasi a seguito degli interventi della CEDU.
4. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 62 e 133 cod. pen. non avendo la Corte di appello analizzato sotto tale profilo la condotta riparatoria posta in essere dagli imputati.

Considerato in diritto

1. Appare doveroso prendere le mosse dal secondo motivo di ricorso che si presenta assorbente rispetto agli altri e che è fondato.
Non ritiene l’odierno Collegio che ci si trovi in presenza di una truffa contrattuale a c.d. “consumazione prolungata” come apoditticamente affermato nella sentenza di primo grado e successivamente confermato nella sentenza che in questa sede ci occupa.
La situazione in fatto è la seguente: gli acquirenti dell’immobile all’atto della stipula della compravendita hanno contratto un mutuo con la Banca Intesa, hanno pagato i venditori con la somma di denaro in tal modo ottenuta e si sono impegnati con l’Istituto di credito alla successiva estinzione rateale del relativo debito.
Secondo la Corte di appello il momento consumativo del reato dovrebbe ricollegarsi non al conseguimento del profitto da parte degli imputati (ottenuto al momento della stipula del contratto e della conseguente ricezione del corrispettivo economico) ma al momento del danno subito dalle persone offese che si sarebbe protratto fino al pagamento dell’ultima rata del mutuo (luglio 2008).
La Corte di appello cita al riguardo un assunto di questa Corte Suprema secondo il quale “nel delitto di truffa contrattuale, il momento di consumazione non può essere individuato in via preventiva ed astratta essendo indispensabile muovere dalla peculiarità del singolo accordo, dalla valorizzazione della specifica volontà contrattuale, dalle peculiari modalità delle condotte e dei loro tempi, al fine di individuare quale sia stato in concreto l’effettivo pregiudizio correlato al vantaggio e quale il momento del loro prodursi” (Sez. F, n. 31497 del 26/07/2012, Abatematteo, Rv. 254043). Tuttavia il principio sopra riportato che fu espresso in presenza di una fattispecie riguardante la stipula di un contratto con rilascio di due cambiali in garanzia con sottoscrizione falsa, nella quale la suprema Corte ha individuato, quale momento di consumazione del reato di truffa, non la data di stipula del contratto ma quella della scadenza delle cambiali, non si adatta al caso in esame.
Nella vicenda che in questa sede ci occupa il profitto è stato ottenuto dagli imputati mediante la stipulazione del contratto di compravendita e la ricezione del relativo prezzo a titolo di corrispettivo. Il fatto che gli acquirenti per far fronte al pagamento abbiano stipulato un autonomo contratto di mutuo con un Istituto di credito è elemento del tutto estraneo al reato qui in contestazione perché il successivo pagamento delle rate del mutuo è stato effettuato alla banca e non certo ai venditori dell’immobile i quali il loro profitto lo avevano già ottenuto.
Ragionare in senso opposto – come hanno fatto i Giudici di merito potrebbe portare alla paradossale conseguenza che se gli acquirenti avessero contratto con la banca un mutuo ventennale il reato di truffa sarebbe ad oggi ancora in fase di consumazione.
Non si può pertanto che ribadire quanto affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale nell’ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (cfr. Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429; Sez. 2, n. 49932 del 11/12/2012, Nuzzoli, Rv. 254110) situazione che nel caso di specie non può che essere ritenuta coincidente con il pagamento del prezzo del bene venduto.
Ora poiché il contratto di compravendita è stato stipulato nel settembre 2004 ed in quell’epoca e stato pagato ai venditori il corrispettivo pattuito, all’epoca stessa deve essere fatto risalire il momento consumativo del reato con la conseguenza che lo stesso, anche tenendo conto degli eventi interruttivi e sospensivi, è da ritenersi estinto per prescrizione maturata in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza della Corte di appello ma successiva alla pronuncia di primo grado.
Detta situazione impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
2. L’accoglimento di tale motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi di ricorso formulati nell’interesse degli imputati.
Deve qui essere solo essere ulteriormente evidenziato che non ricorrono le condizioni per il proscioglimento degli imputati con formula più favorevole attesa la manifesta infondatezza delle ulteriori doglianze proposte nel ricorso atteso che la Corte di appello, nel riformare la decisione assolutoria pronunciata dal Giudice di prime cure, ha correttamente qualificato i fatti e si è attenuta ai principi ed alle esigenze motivazionali reiteratamente indicati in materia da questa Corte di legittimità, evidenziando l’assenza di necessità di procedere attività di integrazione istruttoria, le ragioni per le quali entrambi gli imputati erano perfettamente a conoscenza del vincolo ipotecario gravante sull’immobile oggetto di vendita e derivante da una situazione debitoria contratta alcuni anni prima (1997) con la Banca Commerciale Italiana, nonché le circostanze che I.A. , imprenditore e geometra, è un tecnico esperto del settore oltre che marito della titolare del bene, che lo stesso si è interessato della procedura di frazionamento catastale e del cambio di destinazione d’uso dello stesso, nonché si è interessato del mandato conferito all’agenzia immobiliare e dei contatti con gli acquirenti, situazioni queste che sono pienamente indicative della circostanza che gli imputati non potevano ignorare (anche solo per errore) l’esistenza del vincolo reale gravante sull’immobile venduto.
Il fatto poi che gli imputati si siano attivati in epoca successiva alla stipulazione del contratto alla cancellazione del vincolo ipotecario non ha alcuna rilevanza circa la sussistenza dell’elemento psicologico del contestato reato di truffa ma – come anche in questa caso correttamente osservato nella sentenza impugnata – può averne esclusivamente nell’ottica di determinazione della pena.
3. L’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, in presenza di un sentenza di condanna nel merito, impone la conferma delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.

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