Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 23 febbraio 2017, n. 4685

La convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente, che assume i connotati tipici di una detenzione qualificata.

Il convivente more uxorio deve restituire all’ex i beni da lui acquistati, anche se la casa è stata assegnata a lei per viverci con i figli minori. Dalla restituzione vanno esclusi i beni di stretta necessità dei figli e individuarli spetta alle parti che possono risolvere l’eventuale conflitto sul punto davanti al giudice di famiglia

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 23 febbraio 2017, n. 4685

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23796/2012 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3361/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega orale dell’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente, che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente, che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del primo, del secondo e del terzo motivo e per l’accoglimento per quanto di ragione del quarto motivo di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 28 marzo 2002, rigetto’ la domanda proposta da (OMISSIS) di condanna di (OMISSIS), gia’ sua convivente more uxorio, alla restituzione degli arredi e oggetti personali specificamente indicati in citazione, che erano rimasti nella casa familiare dopo che lo stesso (OMISSIS) se ne era allontanato.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 22 giugno 2012, ha accolto il gravame proposto dal sig. (OMISSIS), e condannato la sig.ra (OMISSIS) alla restituzione dei beni indicati, ad eccezione della scatola di lacca cinese del 1800, e dei beni strettamente connessi alle necessita’ dei figli rimasti nell’alloggio.

2.1. Per quanto ancora di rilievo, la Corte territoriale ha ritenuto provata la titolarita’ dei beni in capo all’appellante sulla base delle dichiarazioni dei testi, di quelle rese dalla sig.ra (OMISSIS) in sede di interrogatorio formale, e della mancata comparizione della predetta a rendere il giuramento suppletorio che le era stato deferito al fine di specificare quali, tra i beni oggetto di domanda di restituzione, erano stati acquistati dal (OMISSIS) e dai suoi familiari. In senso contrario non era rilevante che, in sede di regolamentazione dei rapporti familiari, la casa familiare fosse stata assegnazione alla sig.ra (OMISSIS), atteso che il giudice della separazione si era limitato a disporre l’assegnazione dei beni strettamente connessi alle necessita’ dei figli, in ragione della pendenza del giudizio avente ad oggetto la domanda restitutoria.

3. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

1.1. Con il primo motivo e’ denunciata illegittimita’ della sentenza per incertezza sul contenuto e impossibilita’ di esecuzione e si contesta che la Corte d’appello non avrebbe dichiarato la proprieta’ dei beni in capo all’appellante, ne’ avrebbe deciso sulle eccezioni di parte appellata relativamente alla indeterminatezza dei beni riportati nell’inventario, con la conseguenza che la sentenza, nella parte in cui ha escluso dalla restituzione i beni strettamente connessi alle necessita’ dei figli, necessiterebbe di interpretazione.

2. Con il secondo motivo e’ denunciata omessa pronuncia sull’eccezione, riproposta in appello, con cui la sig.ra (OMISSIS) contestava la genericita’ dell’elenco dei beni oggetto di domanda restitutoria, e omessa o comunque insufficiente motivazione riguardo argomenti rilevanti e decisivi della controversia.

3. Con il terzo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 219, 1100, 1190 e 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., e si contesta, nell’ordine: a) l’ammissibilita’ della domanda subordinata, con la quale l’appellante (OMISSIS) aveva chiesto il riconoscimento della proprieta’ dei beni ad esclusione di quelli per i quali non fosse stata raggiunta la prova piena della titolarita’; b) la valenza delle dichiarazioni testimoniali, tenuto conto sia del contenuto generico sia della scarsa attendibilita’ dei testimoni; c) il deferimento del giuramento suppletivo alla convenuta (OMISSIS).

4. Con il quarto motivo e’ denunciato vizio di motivazione, anche in riferimento all’articolo 116 c.p.c., e si contesta la mancata specificazione dei beni “strettamente connessi alle necessita’ dei figli”, che erano stati esclusi dalla condanna alla restituzione, e il mancato esame delle eccezioni formulate dalla parte appellata.

4.1. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l’evidente connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondate.

4.2. La valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice del merito non e’ sindacabile in sede di giudizio di legittimita’ se, come nella specie, sorretta da congrua motivazione che dia conto delle ragioni del convincimento (ex plurimis, Cass., 02/08/2016, n. 16056).

4.3. Inammissibile risulta anche la censura riguardante il deferimento del giuramento suppletorio, strumento rimesso alla discrezionalita’ del giudice di merito, le cui valutazioni in ordine alla sussistenza del requisito della cosiddetta semiplena probatio e alla scelta della parte alla quale deferirlo costituiscono apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimita’, se non sotto il profilo della adeguatezza della motivazione (ex plurimis, Cass., 10/02/2016, n. 2676). Nella specie, la Corte territoriale ha evidenziato che la sig.ra (OMISSIS) aveva ammesso che parte degli oggetti ed arredi erano stati acquistati dal sig. (OMISSIS) e dai suoi familiari, e che le prove testimoniali confortavano l’assunto, sicche’ la domanda di restituzione non era del tutto sfornita di prova.

4.4. Non sussiste la denunciata duplice omissione di pronuncia: l’accoglimento della domanda di restituzione contiene infatti sia l’accertamento della proprieta’ dei beni in capo al sig. (OMISSIS), sia l’implicito rigetto dell’eccezione di genericita’ dell’elenco, atteso che la specificita’ dell’elenco costituisce presupposto logico della pronuncia restitutoria (ex plurimis, Cass., 04/10/2011 n. 20311).

4.5. Nemmeno sussiste il vizio di motivazione, posto che la Corte territoriale ha chiarito le ragioni dell’accoglimento della domanda di restituzione dei beni indicati nell’elenco prodotto in allegato alla citazione introduttiva, richiamando l’esito dell’istruzione probatoria.

4.6. Priva di fondamento risulta anche la denuncia di violazione delle norme in materia di comunione dei beni, la cui disciplina non poteva trovare applicazione in assenza di allegazione di titolo negoziale. La convivenza more uxorio determina infatti, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente, che assume i connotati tipici di una detenzione qualificata (tra le altre, Cass., 21/07/2013, n. 7214).

5. La ricorrente lamenta, inoltre, con il primo e con il quarto motivo, l’indeterminatezza dell’elenco dei beni oggetto di restituzione, assumendo di avere formulato la relativa eccezione, sulla quale peraltro la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata, e quindi denuncia la nullita’ della sentenza per la genericita’ del dictum, nella parte in cui non precisa quali beni rimangono esclusi dalla restituzione essendo “strettamente connessi alle necessita’ dei figli”.

5.1. Si e’ gia’ detto, a proposito della censura riguardante la genericita’ dell’elenco dei beni, che non sussiste omessa pronuncia. Si puo’ aggiungere che la valutazione coinvolge un apprezzamento fattuale che spetta soltanto al giudice del merito, e quindi non e’ comunque riesaminabile in sede di giudizio di legittimita’, tanto piu’ se, come nella specie, non sono precisate le ragioni per cui le indicazioni contenute nell’elenco – che neppure viene riportato nel ricorso – non avrebbero consentito di individuare gli oggetti di arredamento e personali che l’ex convivente chiedeva in restituzione.

5.2. Infondata, infine, e’ la censura di indeterminatezza del decisum, avuto riguardo alla esclusione, dall’obbligo di restituzione, dei “beni strettamente connessi alle necessita’ dei figli” della coppia di ex conviventi more uxorio. In disparte la questione dell’interesse in capo alla ricorrente – soggetto tenuto alla restituzione dei beni indicati nell’elenco – a lamentare l’indeterminatezza del decisum, si deve osservare che il dispositivo adottato dalla Corte d’appello sul punto non e’ altro che la trasposizione di quanto gia’ statuito dal giudice della famiglia il quale, secondo quanto si legge nella sentenza qui impugnata, ha assegnato la casa familiare alla sig.ra (OMISSIS) con i beni strettamente necessari alle necessita’ dei figli rimasti a vivere con la madre, a salvaguardia dell’interessi dei predetti. La Corte d’appello ha correttamente assegnato prevalenza a tale interesse, rimettendo l’individuazione di tali beni alle stesse parti, ovvero alla sede propria della risoluzione dell’eventuale conflitto che, in quanto involge valutazioni complesse – eta’ dei figli, abitudini di vita della coppia e quindi dei figli -, non puo’ che fare capo al giudice della famiglia, in sede di specificazione della statuizione gia’ pronunciata.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge

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