Le disposizioni degli articoli 1537e 1538 del Cc sulla disciplina della vendita a corpo e della vendita a misura sono applicabili quando sorga contestazione sul prezzo del fondo in rapporto alla sua superficie e non anche quando, essendo stata alienata una parte certa e determinata del fondo stesso, occorre procedere alla sua identificazione per poi poter individuare materialmente detta parte sul terreno, in quelli che sono i suoi dati di riconoscimento e, cioè, nei suoi confini a norma dell’articolo 950 del Cc; in tal caso, qualora le parti, nel contratto di compravendita, abbiano identificato la porzione di immobile che ne formava oggetto facendo specifico riferimento ai dati catastali e al tipo di frazionamento, il giudice deve tener conto necessariamente di tali elementi che, per espressa volontà delle parti, perdono l’ordinaria natura di elemento probatorio di carattere sussidiario per assurgere ad elemento fondamentale per l’interpretazione dell’effettivo intento negoziale delle parti
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 21 novembre 2016, n. 23668
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3761/2012 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 633/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 05/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/06/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS), promissario acquirente di un fondo rustico in comune di (OMISSIS), in forza di un contratto preliminare di vendita dell'(OMISSIS), conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Salerno (OMISSIS), promittente venditrice, per la risoluzione del contratto e la condanna di quest’ultima ai danni e alle restituzioni. A base della domanda, l’inadempimento della (OMISSIS), che entro il termine contrattuale del (OMISSIS) non era stata in grado di stipulare il definitivo per carenza della documentazione tecnica.
Nel resistere in giudizio la convenuta deduceva che il problema era sorto a causa di una porzione del fondo promesso che era posseduta terzi, ma aggiungeva che l’attore prima della conclusione del preliminare aveva verificato la consistenza del fondo e ne era entrato in possesso, accettandolo nella sua effettiva consistenza cosi’ come promessa a corpo e non a misura. Pertanto, domandava in via riconvenzionale la condanna del (OMISSIS) all’adempimento del contratto.
Accolta dal Tribunale, la domanda principale era respinta dalla Corte d’appello di Salerno con sentenza n. 633/11, che dichiarava, altresi’, inammissibile, perche’ proposta per la prima volta in appello, la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto. Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimita’, che delle tre particelle catastali identificative del fondo promesso in vendita, una, la n. (OMISSIS) del f. (OMISSIS), aveva presentato due problemi. Il primo, di pura numerazione e derivante da un errore dell’UTE, era stato corretto con tabella di variazione n. 8618 del 9.5.1994 su istanza della (OMISSIS) (sicche’ il mappale (OMISSIS) era stato rinumerato in (OMISSIS)); il secondo, relativo non alla mera identificazione catastale della particella ma alla sua estensione, poiche’ una parte del terreno promesso in vendita era in realta’ occupata e posseduta da terzi. Per ovviare a cio’, proseguiva la Corte distrettuale, la (OMISSIS) aveva provveduto a frazionare il fondo. suddividendolo nelle particelle (OMISSIS), di 6,92 are, corrispondente alla porzione posseduta da terzi, e (OMISSIS), di 2,08 are corrispondente alla parte posseduta dalla promittente venditrice.
Quindi, la Corte salernitana osservava che dalle deposizioni raccolte era emerso che tale situazione di fatto (id est, la circostanza che la promittente venditrice possedesse solo la parte di terreno poi identificata dalla particella (OMISSIS)) era esistente al momento della stipula del contratto preliminare; che il fondo era stato promesso a corpo, e non a misura, in base ai confini di fatto; e che questi ultimi erano stati accettati dal promissario acquirente, peraltro subito dopo immesso nel possesso del fondo cosi’ come posseduto fino a quel momento dalla (OMISSIS).
Pertanto, concludeva la Corte, la suddetta riduzione solo catastale non era ostativa alla stipula del definitivo di vendita, essendo stato promesso il fondo a corpo e non a misura.
Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo e’ dedotta la violazione o falsa applicazione degli articoli 1537, 1538, 1476 e segg., articoli 1477 e segg., articoli 1321 e segg., articoli 1350, 1372 e segg., articoli 1453 e seggs. e articoli 1470 e segg., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Sostiene il ricorrente che la vendita a corpo rileva ai fini della determinazione del prezzo, non dell’identificazione del bene che ne forma oggetto.
2. – Col secondo motivo e’ dedotta la violazione degli articoli 1476 e segg., articoli 1321 e segg., articoli 1350, 1372 e segg., articoli 1453 e segg., articoli 1218 e segg. e articoli 1470 e segg., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Parte ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato il fatto che il definitivo di vendita non e’ stato stipulato entro il termine convenuto per mancanza continuita’ delle trascrizioni relativamente alla particella (OMISSIS), il cui frazionamento, che per di piu’ ha comportato una sensibile riduzione della superficie del bene, e’ stato eseguito dopo la scadenza del termine pattuito per la conclusione del definitivo di vendita. Ragion per cui la censura interpella questa Corte sul carattere rilevante dell’inadempimento della prominente venditrice, circa l’obbligo di presentare in tempo utile la documentazione propedeutica al rogito notarile.
3. – Il terzo motivo espone, ancora, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1476 e segg., articoli 1321 e segg., articoli 1350, 1372 e segg., articoli 1453 e segg., articoli 1218 e segg., articoli 1470 e segg., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene parte ricorrente che la venditrice, una volta accortasi che la particella (OMISSIS) promessa in vendita era in gran parte posseduta da un terzo, avrebbe dovuto recuperarla da quest’ultimo e non gia’ sottrarla al promittente acquirente sol perche’ il corrispettivo della vendita figurava determinato a corpo, cosi’ modificando unilateralmente il contratto.
4. – Il quarto mezzo denuncia la violazione dell’articolo 2722 c.c. e articoli 116 e 244 c.p.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in quanto la Corte territoriale ai fini dell’identificazione del bene promesso ha attribuito rilievo ai confini di fatto, ancorche’ il contratto non vi si riferisca in alcun modo.
5. – Il quinto mezzo deduce la violazione degli articoli 91 c.p.c. e segg. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, perche’ la Corte territoriale non compensato integralmente le spese di giudizio, data la reciproca soccombenza delle parti, avendo dichiarato inammissibile la domanda di esecuzione del contratto in forma specifica.
6. – Il primo motivo e’ fondato.
La giurisprudenza di questa Corte e’ costante nell’affermare che nel caso di vendita di un immobile a corpo, anziche’ a misura, l’irrilevanza dell’estensione del fondo vale soltanto in relazione alla determinazione del prezzo, secondo il diverso regime di cui agli articoli 1537 e 1538 c.c., ma non alla identificazione del bene effettivamente venduto. Pertanto, se nel contratto risultano insieme indicate una certa particella catastale senza limitazioni ed una superficie inferiore alla reale estensione di essa, il fatto che si tratti di vendita a corpo non puo’ indurre il giudice del merito identificare sic et simpliciter il bene venduto con l’estensione corrispondente alla intera particella, dovendosi, invece, stabilire, con i consueti criteri ermeneutici, se questa sia stata soltanto richiamata come dato catastale entro cui dover intendere ricompresa la minor superficie pattuita, o sia stata indicata come oggetto stesso della vendita, ossia per tutta la sua estensione (Cass. n. 3042/87; in senso conforme, v. anche Cass. n. 7720/00).
Dunque, le disposizioni degli articoli 1537 e 1538 c.c., sulla disciplina della vendita a corpo e della vendita a misura sono applicabili quando sorga contestazione sul prezzo del fondo in rapporto alla sua superficie e non anche quando, essendo stata alienata una parte certa e determinata del fondo stesso, occorra procedere alla sua identificazione per poi poter individuare materialmente detta parte sul terreno, in quelli che sono i suoi dati di riconoscimento e, cioe’, nei suoi confini a norma dell’articolo 950 c.c.: in tal caso, percio’. qualora le parti, nel contratto di compravendita, abbiano identificato la porzione di immobile che ne formava oggetto facendo specifico riferimento ai dati catastali e al tipo di frazionamento, il giudice deve tener conto necessariamente di tali elementi, che, per espressa volonta’ delle parti, perdono l’ordinaria natura di elemento probatorio di carattere sussidiario per assurgere ad elemento fondamentale per l’interpretazione dell’effettivo intento negoziale delle parti (Cass. n. 5045/78; analogamente, v. Cass. n. 91/76).
E in applicazione di tali enunciati e’ stato anche affermato che siccome il principale elemento di identificazione degli immobili e’ rappresentato dai confini indicati nell’atto, qualora le parti abbiano descritto l’immobile compravenduto con esclusivo riferimento alla consistenza della particella fondiaria, nei suoi confini risultanti in catasto, non puo’ ritenersi, per il solo fatto che si sia trattato di una vendita a corpo, che le parti abbiano, invece, inteso riferirsi soltanto all’estensione visibile del fondo quale risulta delimitata da un muro, cosi’ da escludere dall’oggetto del trasferimento la zona posta al di la del muro stesso. A questo risultato puo’, pervenirsi, soltanto ove si accerti, sulla base di una prova rigorosa, che l’indicazione per relationem dei confini catastali non corrisponda all’effettiva volonta’ delle parti e sia, invece, frutto di un mero errore bilaterale nella manifestazione della volonta’, che, in quanto tale, non darebbe luogo all’annullamento del negozio, ma alla sua rettifica in sede di interpretazione dell’atto (Cass. n. 3352/73).
6.1. – La Corte d’appello e’ incorsa in un triplice errore, perche’ a) ha ritenuto che la vendita a corpo fosse criterio anche di identificazione del bene venduto; oltre a cio’ b) ha ritenuto che poiche’ cio’ di cui la (OMISSIS) era proprietaria era solo la particolo (OMISSIS) e non anche la (OMISSIS), ella aveva venduto solo la prima delle due; conclusione, questa, del tutto illogica ove si consideri che e’ ben possibile promettere erroneamente piu’ di quanto in realta’ si abbia; e c) ha opinato che i confini di fatto identificassero il bene, senza considerare che quando le parti indicano i mappali con cui i terreni sono catastalmente designati anche i confini possono non essere decisivi, in base alla complessiva interpretazione contrattuale.
7. – L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame delle restanti censure, atteso che una volta annullata la parte della sentenza relativa all’individuazione dell’oggetto del contratto preliminare, qualsiasi questione logicamente successiva resta assorbita nella necessita’ di procedere ad una nuova individuazione dell’oggetto negoziato, come l’inadempimento contrattuale (2 e 3 motivo) e la motivazione svolta dalla Corte distrettuale sul presupposto interpretativo errato (4 motivo). Mentre la statuizione sulle spese di lite (5 motivo) e’ travolta, infine, dall’effetto espansivo interno della cassazione ai sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 1.
8. – Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Salerno, che provvedera’ ad un rinnovato esame di merito attenendosi ai principi di diritto richiamati nel paragrafo 6. che precede.
8.1. – Ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3, al giudice di rinvio e’ rimesso anche il regolamento delle spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Salerno, che provvedera’ anche sulle spese di cassazione
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