Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 20 ottobre 2016, n. 21297

La violazione del principio di sinteticità degli atti, se non determina di per se stessa l’inammissibilità del ricorso per cassazione, espone al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione. Detta violazione, infatti, rischia di pregiudicare l’intelligibilità delle questioni sottoposte all’esame della Corte, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e quindi, in definitiva, ridondando nella violazione delle prescrizioni, queste sì assistite da una sanzione testuale di inammissibilità, di cui ai nn. 3 e 4 dell’articolo 366 c.p.c.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 20 ottobre 2016, n. 21297

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4166/2011 proposto da:

(OMISSIS) SRL, p.iva (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) LCCERC89DO7F205X entrambi quali figli ed eredi di (OMISSIS), deceduta, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3248/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega dell’Avvocato (OMISSIS) difensore dei controricorrenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ (OMISSIS) srl ricorre per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Milano, confermando la decisione di primo grado, l’ha condannata a rimborsare alla signora (OMISSIS) gli oneri condominiali maturati negli esercizi (OMISSIS) in relazione a due unita’ immobiliari (un locale ad uso magazzino ed uno scantinato) di proprieta’ di costei e detenuti dalla (OMISSIS), per esser quest’ultima stata immessa nella relativa detenzione in forza di contratto preliminare di compravendita concluso dalle parti il (OMISSIS) e rimasto ineseguito.

La corte distrettuale, disattendendo le doglianze mosse dalla (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado, ha giudicato indiscutibile l’ inefficacia del suddetto contratto preliminare (in ragione dell’intervenuto avveramento di una condizione risolutiva espressa), ritenendo l’accertamento di tale inefficacia coperto dal giudicato formatosi sulla sentenza della stessa corte d’appello di Milano n. 2844/98; conseguentemente, ha rigettato tutte le domande giudizialmente spiegate dalla (OMISSIS) in ordine a tale contratto, ha ordinato la cancellazione della trascrizione della domanda della (OMISSIS) di adempimento in forma specifica del medesimo ed ha riconosciuto il diritto della (OMISSIS) al rimborso delle spese condominiali da lei sostenute nel periodo in cui gli immobili erano stati occupati dalla medesima (OMISSIS), richiamando, a fondamento della propria decisione, il principio cuius commoda eius et incommoda.

Avverso tale sentenza la (OMISSIS) libri ricorre per cassazione nei confronti degli eredi della signora (OMISSIS), frattanto deceduta, sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla scorta di diciotto motivi di gravame; con tutti tali motivi si denuncia il vizio di nullita’ della sentenza impugnata (ancorche’ solo i motivi 1, 4, 13, 14 e 17 siano riferiti al n. 4 dell’articolo 360 c.p.c., essendo tutti gli altri riferiti ai nn. 3 e 5 dello stesso articolo), proponendo le censure di seguito riepilogate.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullita’ del procedimento e della sentenza gravata conseguente agli errori procedurali nei quali la corte distrettuale sarebbe incorsa:

a) omettendo di rilevare la nullita’ del procedimento di primo grado, conseguente all’errore procedurale commesso dal tribunale di Milano decidendo sulla querela di falso presentata dalla (OMISSIS) all’udienza del 16 aprile 2004 senza lo svolgimento del regolare procedimento di falso e senza l’intervento obbligatorio del pubblico ministero;

b) omettendo di sospendere il giudizio di appello, fissando alle parti un termine perentorio per riassumere la causa di falso avanti al tribunale.

Con il secondo motivo si contesta l’interpretazione operata nella sentenza qui gravata in ordine alla portata del giudicato di cui alla sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2844/98, con particolare riguardo alla statuizione, ivi contenuta, di inefficacia del contratto preliminare inter partes (OMISSIS) (in ragione dell’intervenuto avveramento di una condizione risolutiva espressa). Secondo la ricorrente, poiche’ il dispositivo di quest’ultima sentenza conteneva esclusivamente una statuizione di rigetto di “ogni domanda di riforma delle parti”, con conseguente conferma della sentenza del tribunale di Milano n. 5271/94, il giudicato si sarebbe formato su quest’ultima sentenza e non, come ritenuto dalla sentenza qui gravata, sulla sentenza di secondo grado n. 2844/98 (e, in particolare, sul rilievo della sopravvenuta inefficacia del contratto preliminare inter partes per l’avveramento della condizione risolutiva espressa).

Con il terzo motivo si censura la sentenza gravata perche’, interpretando erroneamente, secondo la ricorrente, il giudicato formatosi con la ripetuta sentenza della corte d’appello di Milano n. 2844/98, ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), tra cui quella relativa al giudicato esterno formatosi sulla sentenza penale n. 4213/04 della Corte d’appello di Milano, di condanna della (OMISSIS) per il delitto di falso materiale della scrittura privata del (OMISSIS), integrativa del contratto preliminare di compravendita.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia il vizio di ultra petizione in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa accertando di ufficio l’avveramento della condizione risolutiva del contratto preliminare di compravendita del (OMISSIS), nonostante che la validita’ di tale preliminare fosse stata posta da entrambe le parti a fondamento delle rispettive domande e nonostante che la (OMISSIS) avesse sollevato un’ eccezione di inadempimento contrattuale.

Con il quinto motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse dal giudicato formatosi con la ripetuta sentenza della corte di appello di Milano n. 2844/98 tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare che la clausola risolutiva espressa non poteva in ogni caso considerarsi operativa a favore della sig.ra (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 1460 c.c., per l’inadempimento della stessa all’obbligo contrattuale di trasferire gli immobili.

Con il sesto motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare, in riferimento alla clausola risolutiva espressa, che la sig.ra (OMISSIS) non aveva mai validamente esercitato (lasciandolo quindi prescrivere) il diritto potestativo di risolvere il rapporto derivante dal suddetto preliminare.

Con il settimo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare che la clausola risolutiva espressa non poteva essere esercitata dalla (OMISSIS), per difetto del requisito della tempestivita’, a fronte dell’adempimento della (OMISSIS) alle proprie obbligazioni.

Con l’ottavo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare che il dispositivo della ripetuta sentenza della corte di appello di Milano n. 2844/98 si limita rigettare gli appelli delle parti senza pronunciare la risoluzione del contratto (OMISSIS), essendo tale pronuncia impedito dall’assenza di colpa della (OMISSIS).

Con il nono motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare che la domanda di trasferimento della proprieta’ svolta nel presente giudizio era diversa da quella svolta nel precedente giudizio definito in grado d’appello dalla ripetuta sentenza della corte di appello di Milano n. 2844/98 ed omettendo altresi’ di considerare che, dopo la pronuncia di quest’ultima sentenza, erano mutati gli elementi essenziali del rapporto controverso.

Con il decimo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare l’insuperabile ostacolo al riconoscimento della risoluzione di diritto del preliminare costituito, secondo la stessa ricorrente, dagli atti scritti dalle parti in data successiva al (OMISSIS), i quali avrebbero dato ulteriore esecuzione al contratto e avrebbero costituito ulteriori titoli validi, ai sensi dell’articolo 1350 c.c., per rinnovare il contratto preliminare.

Con l’undicesimo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di considerare l’insuperabile ostacolo al riconoscimento della risoluzione di diritto del preliminare costituito, secondo la stessa ricorrente, dall’impedimento l’esercizio della facolta’ di recesso unilaterale della signora (OMISSIS) ex articolo 1373 c.c.. A fondamento del motivo si deduce che il preliminare inter partes del (OMISSIS) era stato confermato con la scrittura del (OMISSIS) che dava ad esso esecuzione e sarebbe stato ancora confermato con l’avvio della presente causa.

Con il dodicesimo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le domande risarcitorie proposte dalla (OMISSIS). La sentenza gravata argomenta (pag. 8): “non merita poi ingresso la domanda risarcitoria… poiche’ derivante da lamentati inadempimenti della proprieta’ al contratto preliminare, inadempimenti il cui preteso accertamento osta col giudicato intervenuto invece di sopravvenuta inefficacia del contratto”. Tale statuizione viene censurata dal ricorrente con rilievo che “per quanto esposto e dimostrato nell’ambito del secondo motivo e del terzo motivo di ricorso, contrariamente a quello che afferma la sentenza impugnata nessuna delle plurime eccezioni e domande riconvenzionali della (OMISSIS) sono precluse dal giudicato, tanto piu’ la domanda di risarcimento danni per responsabilita’ precontrattuale ed extracontrattuale” (pag. 146, § 628 del ricorso per cassazione).

Con il tredicesimo motivo di ricorso si censura la sentenza gravata perche’, in violazione, tra l’altro, degli articoli 112 e 345 c.p.c., avrebbe accolto la domanda della (OMISSIS) di condanna al ristoro delle spese condominiali a titolo di risarcimento danni ex articolo 1591 c.c. sebbene in primo grado (OMISSIS) avesse chiesto il ristoro di tali spese, dapprima, a titolo di esecuzione del contratto preliminare (OMISSIS) e poi, mutando la causa petendi, a titolo di indennita’ di occupazione.

Con il quattordicesimo motivo si denuncia l’errore in cui la Corte d’appello sarebbe incorsa giudicando tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata dalla odierna ricorrente riguardo al credito azionato in giudizio dalla (OMISSIS). Al riguardo nella sentenza gravata si legge che l’eccezione di prescrizione “non risulta tempestivamente sollevata. Invero non consta formulata nella comparsa di costituzione 26-27 aprile 2001, ne’ in parte espositiva ne’ nelle rassegnate conclusioni. Neppure nella memoria autorizzata del 10 novembre 2001, neppure nelle memorie autorizzate 11 marzo 2002, 25 febbraio 2003, 19 maggio 2003 ne’ in quella ex articolo 184 c.p.c. del 3 ottobre 2003, ne’ in quella di replica ex articolo 184 c.p.c. del 3 novembre 2003”. Nel mezzo di ricorso, per contro, si deduce l’eccezione di prescrizione era stata sollevata fin dalla comparsa di costituzione del 26 aprile 2001 e precisamente a pagina 22 di tale atto, punto 6, ove si legge “si solleva allo scopo espressa eccezione di prescrizione del diritto al pagamento di quanto richiesto dall’attrice”, oltre che in altri successivi atti del giudizio di primo grado.” (cfr. pag. 184, § 815, del ricorso).

Con il quindicesimo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’ ha ritenuto precluse tutte le eccezioni sollevate dalla (OMISSIS), omettendo di esaminare l’eccezione di nullita’ parziale del contratto preliminare (OMISSIS), di per se’ impeditiva, ad avviso della ricorrente, del diritto della (OMISSIS) di pretendere il rimborso delle spese condominiali. Tale statuizione viene censurata dal ricorrente con rilievo che “per quanto esposto e dimostrato nell’ambito del secondo motivo e del terzo motivo di ricorso, contrariamente a quello che afferma la sentenza impugnata nessuna delle plurime eccezioni e domande riconvenzionali della (OMISSIS) sono precluse dal giudicato, tanto meno l’eccezione di nullita’ parziale del contratto” (pag. 195, § 865 del ricorso per cassazione).

Con il sedicesimo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata perche’, avendo la corte territoriale riconosciuto alla (OMISSIS) il diritto alla percezione di somme a titolo di risarcimento danni ex articolo 1591 c.c., avrebbe errato nel confermare l’ordinanza ex articolo 186 ter c.p.c., emessa in base ad un diverso titolo, ossia il contratto preliminare del (OMISSIS).

Con il diciassettesimo motivo si censura la sentenza gravata per aver accolto la domanda di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare del (OMISSIS); ad avviso della ricorrente la domanda di cancellazione sarebbe stata inammissibile perche’ proposta per la prima volta in appello.

Con il diciottesimo motivo si censura la sentenza gravata per aver erroneamente ritenuto precluse dal giudicato tutte le eccezioni e le domande svolte dalla (OMISSIS), ingiustamente disattendendo le relative istanze istruttorie. Assume il ricorrente che “in assenza dei vizi denunciati con i su esposti 17 motivi di ricorso, dette domande, secondo diritto, sarebbero state esaminate ed accolte” (pag. 231 del ricorso per cassazione).

(OMISSIS) e (OMISSIS) si sono costituiti con controricorso ed hanno anche depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c..

Il ricorso e’ stato discusso alla pubblica udienza del 20.4.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ inammissibile, perche’ non contiene – come prescritto a pena di inammissibilita’ dall’articolo 366 c.p.c., n. 3 – la esposizione sommaria dei fatti della causa.

La parte del ricorso intitolata “FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO” (da pag. 10 a pag. 51) si risolve infatti nella trascrizione di stralci dell’atto di appello della (OMISSIS) del 19.12.05, interpolata con l’integrale trascrizione di taluni documenti (cfr. pagg. 26 e 44) e seguita da una descrizione del processo di primo grado che si risolve in un mero rinvio ai motivi di ricorso (pag. 49, § 207) e da una descrizione del processo di secondo grado priva delle indicazioni necessarie per l’individuazione del devolutum, non venendo indicate ne’ le statuizioni della sentenza di primo grado investite di impugnazione, ne’ le censure proposte con l’appello. In sostanza, il ricorrente ha ritenuto di poter assolvere all’onere di offrire l’esposizione dei fatti della causa proponendo un testo circa 41 pagine di cui circa 40 contenti la mera trascrizione di parti del proprio atto di appello.

D’altra parte, anche i motivi di ricorso – che si sviluppano per 191 pagine (facendo ascendere il numero delle pagine complessive dell’atto di impugnazione, compreso il sommario e l’indice, a 251) – risultano redatti con una alluvionale riproposizione di stralci di atti processuali e documenti, con la quale in sostanza il ricorrente pretende di riversare in sede di legittimita’ il contenuto dei gradi di merito del presente giudizio, nonche’ di altri giudizi, civili e penali, tra le stesse parti.

Tale tecnica redazionale non e’ compatibile con i principi che definiscono le modalita’ di introduzione del giudizio di legittimita’, elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte sulla base del disposto dell’articolo 366 c.p.c..

E’ infatti consolidato orientamento di questa Corte che il requisito della sommaria esposizione dei fatti della causa non puo’ ritenersi soddisfatto dalla trascrizione degli atti del giudizio di merito. Come evidenziato dalle Sezioni Unite, il requisito dell’articolo 366 c.p.c., n. 3, e’ considerato dal legislatore come un’attivita’ di narrazione del difensore, che, in ragione dell’espressa qualificazione della sua modalita’ espositiva come sommaria, postula una rappresentazione funzionale a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio, sia lo svolgimento del processo (cfr. ord. n. 19255/10); cosicche’ il ricorrente risulta onerato di operare una sintesi specificamente finalizzata alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata (cfr. sent. n. 5698/12).

Tali principi risultano reiteratamente ribaditi dalle sezioni semplici della Corte (sentt. nn. 593/12, 17168/12, 19357/12, 10244/13, 17002/13, 26277/13, 784/14, 18363/15, 19218/15, 2846/16, 3385/16), nell’ambito di una giurisprudenza che – del tutto uniforme sull’affermazione che una esposizione dei fatti di causa che si risolva nella mera trascrizione degli atti del giudizio di merito non e’ idonea a soddisfare il requisito di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 3, si differenzia solo in relazione alla possibilita’ di ritenere comunque ammissibile il ricorso per cassazione ove l’esposizione dei fatti di causa emerga almeno dal contenuto dei motivi di ricorso; possibilita’ affermata nelle sentenze nn. 15478/14, 18363/15, 2846/16 e negata nelle sentenze nn. 22860/14, 11308/14, 3385/16.

Nella specie, peraltro, il tema della possibilita’ di trarre dai motivi di ricorso l’esposizione dei fatti di causa nemmeno si pone, giacche’ i motivi del ricorso in esame sono essi stessi redatti con modalita’ espositive che, come sopra accennato, si risolvono a propria volta nell’affastellamento di un profluvio di atti dei pregressi gradi del presente giudizio e di altri giudizi che rendono i medesimi inammissibili per la palese violazione dei principi di sinteticita’ e chiarezza del ricorso per cassazione; principi in relazione al quali questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, con la sentenza n. 17698/14, che il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza e della sinteticita’ espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d’inammissibilita’ dell’impugnazione, in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’articolo 111 Cost., comma 2 e in coerenza con l’articolo 6 CEDU, nonche’ di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.

Il Collegio condivide il principio espresso nella sentenza n. 17698/14, con le seguenti precisazioni.

Va premesso che nel codice di procedura civile una espressa prescrizione di sinteticita’ e’ posta solo con riferimento agli atti del giudice (nei riferimenti alla “concisa” esposizione ed alla “succinta” motivazione contenuti negli artr. 132 e 134 c.p.c e articolo 118 disp. att. c.p.c.), mentre per gli atti di parte (per le cui modalita’ redazionali le uniche prescrizioni espresse sono quelle dettate dall’articolo 46 disp. att. c.p.c., concernenti profili meramente estrinseci) opera il principio della liberta’ delle forme, fissato in via residuale dall’articolo 121 c.p.c..

Il principio di sinteticita’ degli atti processuali (tanto del giudice quanto delle parti) e’ stato tuttavia introdotto nell’ordinamento processuale con l’articolo 3, comma 2, del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo n. 104/110, alla cui stregua, “Il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica”. Tale disposizione esprime un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, in quanto funzionale a garantire, per un verso, il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato con la modifica dell’articolo 111 Cost. e, per altro verso, il principio di leale collaborazione tra le parti processuali e tra queste ed il giudice. La smodata sovrabbondanza espositiva degli atti di parte, infatti, non soltanto grava l’amministrazione della giustizia e le controparti processuali di oneri superflui, ma, lungi dall’illuminare i temi del decidere, avvolge gli stessi in una cortina che ne confonde i contorni e ne impedisce la chiara intelligenza, risolvendosi, in definitiva, in un impedimento al pieno e proficuo svolgimento del contraddittorio processuale (cfr. Cass. n. 11199/12, nella cui motivazione si legge che l’eccessiva ampiezza degli scritti difensivi, pur non ponendo un problema di formale violazione delle prescrizioni dettate dall’articolo 366 c.p.c., “concorre ad allontanare l’obiettivo di un processo celere, che esige da parte di tutti atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio”; nonche’ Cass. n. 9488/14, nella cui motivazione si fa espresso riferimento arinderogabile dovere di solidarieta’ che responsabilizza il giudice e le parti alla luce dei principi del giusto processo ispirato al canone della ragionevole durata”).

Il principio di sinteticita’ degli atti processuali non e’ tuttavia assistito da una specifica sanzione processuale, cosicche’ l’incontinenza espositiva – pur quando assuma, come nella specie, caratteri di manifesta eccessivita’ – non puo’ determinare, di per se stessa, l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione.

Nel nostro ordinamento manca, infatti, una esplicita sanzione normativa della prolissita’ e oscurita’ degli atti di parte, sia in generale (mentre, per esempio, l’articolo 132 c.p.c., svizzero recita: Atti viziati da carenze formali o da condotta processuale querulomane o altrimenti abusiva. 1. Carenze formali quali la mancata sottoscrizione dell’atto o la mancanza della procura vanno sanate entro il termine fissato dal giudice. Altrimenti, l’atto si considera non presentato. 2. Lo stesso vale per gli atti illeggibili, sconvenienti, incomprensibili o prolissi. 3. Gli atti scritti dovuti a condotta processuale querulomane o altrimenti abusiva sono rinviati al mittente senz’altra formalita’.”), sia con specifico riferimento al ricorso per cassazione (mentre, per esempio, la Rule 33 of the Supreme Court of the United States indica il limite di parole e di pagine utilizzabile per ogni tipologia di atto processuale a tale Corte rivolto); cosi’ come manca la previsione di un potere della Corte di cassazione di fissare essa stessa i limiti dimensionali degli atti di parte nel giudizio di legittimita’ (potere previsto invece, per esempio, dal Regolamento di procedura della Corte di giustizia dell’Unione europea, il cui articolo 58 recita: “Lunghezza degli atti processuali. Salvo quanto disposto da norme specifiche del presente regolamento, la Corte, mediante decisione, puo’ stabilire la lunghezza massima delle memorie o delle osservazioni depositate dinanzi ad essa. Tale decisione e’ pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea”). Non puo’ quindi ritenersi praticabile, in assenza di una previsione normativa espressa, la sanzione dalla inammissibilita’ per l’irragionevole estensione del ricorso per cassazione, dovendosi per contro ritenere che l’auspicabile obbiettivo di un processo (anche) di legittimita’ introdotto da atti chiari e sintetici, che deducano con immediatezza e nitore concettuale tutto quello che serve per decidere e solo quello che serve per decidere, non puo’ esser raggiunto, a legislazione invariata, senza il volontario coinvolgimento dell’Avvocatura, perseguibile con tecniche di soft law e fondato sull’utilita’ che ciascun attore del processo puo’ trarre dalla modifica delle proprie abitudini professionali (in tale prospettiva si muove, del resto, il protocollo Cassazione/CNF del 17.12.15, che, nell’indicare i limiti dimensionali degli atti defensionali davanti alla Suprema Corte, si preoccupa opportunamente di esplicitare, nella nota n. 2, che il loro superamento “non comporta l’inammissibilita’ o l’improcedibilita’ del ricorso (e degli altri atti difensivi or ora citati), salvo che cio’ non sia espressamente previsto dalla legge)”).

La violazione del principio di sinteticita’, tuttavia – se non determina di per se stessa l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, “espone al rischio” (come si legge nel § 4.c. della citata sentenza n. 17698/14) di una declaratoria d’inammissibilita’ dell’impugnazione. Detta violazione, infatti, rischia di pregiudicare la intelligibilita’ delle questioni sottoposte all’esame della Corte, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e quindi, in definitiva, ridondando nella violazione delle prescrizioni, queste si’ assistite da una sanzione testuale di inammissibilita’, di cui ai nn. 3 e 4 dell’articolo 366 c.p.c..

Cio’ e’ quanto appunto si verifica nel caso in esame, nel quale i fatti di causa non vengono sommariamente esposti dal ricorrente, ma dovrebbero essere ricostruiti dalla Corte di cassazione mediante la lettura di decine e decine di pagine di trascrizione di atti del giudizio di merito e di altri giudizi.

Il ricorso va quindi, in definitiva, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

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