Corte di Cassazione, sezione II civile, ordinanza interlocutoria  4 gennaio 2017

Richiesto l’intervento delle S.U. in tema di donazioni indirette.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

ordinanza interlocutoria  4 gennaio 2017

Svolgimento del processo

1. C.E. agì in giudizio davanti al Tribunale di Trieste nei confronti di P.C. , chiedendo che le fosse restituito 1/3 del valore dei titoli, ammontanti alla somma di Euro 241.0040,60, posseduti dal di lei padre, morto ab intestato in (…), il (omissis), che la convenuta, nella qualità di delegata, aveva dato ordine alla banca di trasferire sul proprio conto, trattandosi di trasferimento senza causa, effettuato undici giorni prima del decesso del C. ed in base ad un atto nullo, in quanto privo della forma solenne prevista per la donazione.
La P. , premettendo che il trasferimento era stato chiesto direttamente dal titolare e solo reiterato dalla delegata, non essendosi temporaneamente rinvenuto presso l’istituto di credito il primigenio ordine, non negava il trasferimento in di lei favore, affermando essersi trattato di una donazione indiretta di tipo remuneratoria (la donna, legata affettivamente al de cuius, se ne era presa attiva cura durante tutto il corso della malattia che lo aveva portato a morte ed aveva affrontato le spese funerarie), non necessitante della forma vincolata prevista per la donazione diretta.
2. Il Tribunale di Trieste, con sentenza n. 614/09, accoglieva la domanda, ritenendo che si fosse in presenza di donazione diretta, nulla per difetto di forma, in quanto l’ordine all’istituto di credito non poteva considerarsi atto idoneo a veicolare lo scopo di liberalità, in quanto astratto ed autonomo rispetto ai rapporti inter partes.
3. La Corte di Appello di Trieste, investita dalla convenuta e nella resistenza dell’appellata, che domandava, con impugnazione incidentale, la condanna dell’appellante, in via alternativa, a restituire i titoli od a corrisponderne il controvalore, con sentenza n. 816/2011, accolse il gravame principale e, pertanto, rigettò ogni domanda di C.E. . Il Giudice di seconde cure, opinando in difformità rispetto a quello di prime, considerato che la donazione indiretta di cui all’art. 809, cod. civ., non necessita “di due negozi, uno fra donante e donatario, e l’altro fra donante e terzo che realizza lo scopo-donazione, ma basta anche un solo negozio”, del quale ultimo vanno rispettate le forme, ritenne ricorrere l’ipotesi perorata dall’appellante.
Avverso quest’ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione C.E. sulla base di due motivi. P.C. ha resistito con controricorso. Entrambe hanno depositato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la falsa applicazione e violazione degli articoli 769, 782 ed 809 c.c. in relazione agli articoli 1834 e 1852 c.c., poiché la corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che il mero trasferimento di titoli, privo di qualsiasi giustificazione causale, rappresentasse una donazione indiretta, non avendo colto l’essenza del relativo istituto.
In particolare, poteva aversi, ad avviso della ricorrente, una donazione indiretta solo qualora si fosse adottato, per realizzare l’intento donativo, un negozio causale e non, come nella specie, un atto privo di una sua giustificazione causale, come per la emissione o la girata di titoli di credito.
Non ricorreva l’equivalenza, affermata dalla Corte territoriale, fra l’ordine di trasferire titoli di credito da un conto di deposito ad un altro conto di deposito e la cointestazione di un conto corrente bancario (ipotesi alla quale si riferivano gli arresti di legittimità riportati).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in quanto la corte territoriale non aveva chiarito il perché un mero ordine di trasferimento titoli dovesse essere considerato una donazione indiretta.
5. Reputa il Collegio sussistere l’opportunità di trasmettere gli atti al Primo Presidente per le sue valutazioni in ordine al disposto del comma 2 dell’art. 374, cod. proc. civ. e a tal fine osserva quanto segue.
L’art. 809, cod. civ., costituente norma di chiusura stabilisce, al suo primo comma che “Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769, sono soggette” a revocazione e a riduzione. Non si nutrono dubbi sull’inapplicabilità della forma solenne, prevista dall’art. 782, cod. civ., a tali liberalità, che, comunemente vengono dette donazioni indirette.
6. Gli studiosi si sono sforzati di porre in evidenza, attraverso le varie definizioni coniate, la struttura e il meccanismo di funzionamento ora mettendo in luce l’utilizzo di “altro strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla c. d. causa donandi e tuttavia in grado di produrre, insieme con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto mediato di un arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di liberalità da una parte (beneficiante) a favore dell’altra (che ne beneficia)”. Ora notando che “le parti ricorrono ad un determinato negozio giuridico, ma lo scopo pratico che esse si propongono non è affatto quello normalmente attuato mediante il negozio da esse adottato, ma uno scopo diverso, talora analogo a quello di un altro negozio, più spesso mancante di una propria forma tipica nell’ordinamento”.
Ora affermando trattarsi di “qualsiasi vantaggio patrimoniale, pecuniariamente apprezzabile, non causato da un contratto di donazione ma prodotto dall’attuazione di un atto materiale o di un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, che pur avendo in ogni caso un proprio scopo tipico diverso dalla donazione diretta, raggiunga identico risultato per lo spirito di liberalità che lo ebbe a determinare e per le conseguenze cui dà luogo”. Ora, ancora, spiegando trattarsi di “qualsiasi liberalità non direttamente voluta ed attuata attraverso il mezzo appositamente apprestato dall’ordinamento giuridico, caratterizzato da uno scopo tipico diverso dalla liberalità, onde quest’ultima costituisce una conseguenza secondaria ed ulteriore dell’atto compiuto”.
A ben vedere già da questi sforzi definitori di sintesi è possibile scorgere quale sia il punto che, nonostante la penetrante esplorazione di dottrina e giurisprudenza, resta controverso e controvertibile: quale lo strumento utilizzabile e quale il meccanismo di funzionamento.
Nel rispetto dei limiti della presente disamina, abbandonate alcune ipotesi, oramai scarsamente seguite (negozio atipico, unico negozio con clausola speciale), si ritiene in dottrina ed in giurisprudenza (Sez. 2, n. 21449 del 21/10/2015) che il fenomeno vada spiegato come la risultante della combinazione di due negozi (il negozio-mezzo ed il negozio-fine, accessorio e integrativo).
7. Il quadro, già di per sé non nitido in vitro, risulta non univoco attraverso il vaglio della casistica giurisprudenziale.
Si è sostenuta la sufficienza di un solo negozio, purché capace di procurare l’effetto indiretto della liberalità (Sez. 1, n. 11327 del 15/11/1997, Rv. 509941; Sez. 2, n. 5410 del 7/12/1989, Rv. 464506).
Si è affermata la donazione indiretta nel caso di dazione di una somma di denaro, ove, accertato lo specifico fine di permettere al beneficiario con la detta di procurarsi l’acquisto di un bene (Sez. 6-2, n. 18541 del 2/9/2014, Rv. 632422; Sez. 2, n. 26746 del 6/11/2008, Rv. 605904; Sez. 2, n. 4015 del 27/2/2004, Rv. 570643; Sez. 2, n. 3642 del 24/2/2004, Rv. 570449; Sez. 2, n. 502 del 15/1/2003, Rv. 559753). Anche se non sono mancate le sentenze di contrario avviso (Sez. 2, n. 4711 del 19/10/1978, Rv. 394403; Sez. 3, n. 1771 del 28/6/1963, Rv. 262712), le quali hanno ritenuto che la consegna gratuita del denaro costituisce donazione diretta.
L’assenso del coniuge non acquirente partecipante all’atto d’acquisto personale dell’altro coniuge, avente natura ricognitiva e in parte confessoria (art. 179, cod. civ.) – Se. 2, n. 19513 del 9/11/2012, Rv. 624096; Sez. 1, n. 4680 dell’8/5/1998, Rv. 515266 -.
In presenza di negotium mixtum cum donatione (negozio oneroso con previsione di un corrispettivo a prezzo vile) non si è dubitato della ricorrenza della donazione indiretta (Sez. 2, n. 1955 del 30/1/2007, Rv. 594939; Sez. 2, n. 13337 del 776/2006, n. 589816, Sez. 2, n. 1214 del 10/2/1997, Rv. 502306; Sez. 2, n. 1266 del 27/2/1986, Rv. 444716; Sez. 1, n. 201 del 28/1/1972, Rv. 355996; Sez. 2, n. 833 del 24/3/1971, Rv. 3500685).
Ad analoga conclusione si è giunti per il contratto a favore del terzo (Sez. 1, n. 2727 del 29/7/1968, Rv. 335312; Sez. 2, n. 1277 del 21/4/1956, Rv. 880451). Anche in un caso abbastanza peculiare nel quale risultava essere stata commissionata un’opera a favore del beneficiario (Sez. 2, n. 1561 del 22/6/1949, Rv. 881504).
Molte altre risultano le escogitazioni censite in sede di legittimità: il contratto preliminare stipulato dal beneficiante con denaro proprio, che fa intervenire nell’atto definitivo il beneficiato, al quale fornisce il denaro per pagare il saldo (Sez. 2, n. 6581 del 15/12/1984, Rv. 438129). La cointestazione di buoni fruttiferi postali (Sez. 2, n. 10991 del 9/5/2013, Rv. 625981). Il mandato ad amministrare con obbligo di versare la rendita al beneficiario (Sez. 3, n. 1987 del 6/6/1969, Rv. 341198). La cointestazione di deposito bancario (Sez. 2, n. 26983 del 12/11/2008, Rv. 605302; Sez. 2, n. 468 del 14/1/2010, Rv. 610813; Sez. 2, n. 3499 del 10/4/1999, Rv. 525158).
A fianco, poi, di affermazioni, in generale, del meccanismo di funzionamento della donazione indiretta (Sez. 2, n. 10991 del 9/5/2013, Rv. 625981; Sez. 2, n. 3526 del 16/10/1976, Rv. 382277; Sez. 1, n. 2565 del 5/12/1970, Rv. 348910; Sez. 2, n. 2054 del 16/10/1970, Rv. 348151) se ne annovera qualche altra che pone la distinzione tra una donazione indiretta e diretta nel mezzo utilizzato (Sez. 1, n. 1465 del 3/5/1969, Rv. 340265).
Per contro in talune occasioni la Cassazione ha escluso ricorrere l’ipotesi della donazione indiretta per l’assenza di autonomia dell’effetto della gratuità (Sez. 2, n. 7507 del 30/3/2006, Rv. 594104, la quale ha così concluso per l’accollo interno, stante che la liberalità qui non sarebbe un effetto indiretto, ma la causa propria dell’accollo stesso). Analogamente per l’assenza di un contratto commutativo, che conservi la propria autonomia sostanziale, in quanto attui un effettivo scambio di beni o diritti, sia pure di valore non equivalente ed implicante una attribuzione patrimoniale in favore di una delle parti, e, di conseguenza, resti assoggettato alla disciplina giuridica che gli è propria anche per la parte rivolta all’indiretta realizzazione di detta liberalità (si trattava di un corrispettivo pattuito per il diritto di costruire in aderenza, spettante, ricorrendone i presupposti, in via automatica ex art. 877, cod. civ.) – Sez. 2, n. 526 del 24/1/1979, Rv. 396639 -. Infine, la donazione indiretta, concepita come mezzo per conseguire, attraverso l’utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da questa divergente, non è stata ritenuta configurabile rispetto ai titoli di credito, per loro natura astratti, suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti (Sez. 1, n. 527 del 23/2/1973, Rv. 362546).
Non sono mancate le pronunzie, dissonanti rispetto a quella ipotesi che teorizza la necessaria combinazione di almeno due negozi, che hanno ritenuto confacente la rinunzia abdicativa, che accresca la posizione del beneficiato (Sez. 2, n. 1545 del 29/5/1974, Rv. 369681; Sez. 2, n. 3819 del 25/2/2015, Rv. 634473).
In una pronuncia (Sez. 2, n. 4623 del 29/3/2001, Rv. 545303) si è chiarito in motivazione (la massima non è utile allo scopo) che il fine liberale può essere raggiunto con qualunque negozio o atto non negoziale.
In definitiva, se è chiaro il meccanismo di funzionamento, non lo è altrettanto a riguardo della strada percorribile (necessità di almeno due negozi, di almeno uno o anche di un solo atto materiale).
8. La dottrina non offre soluzioni univoche o, comunque, tali da resistere alle avverse osservazioni.
Ammessa, abbastanza uniformemente la ricorrenza dell’ipotesi allo studio, per la rinunzia, il contratto a favore del terzo, l’adempimento del terzo (che, si è evidenziato, a differenza dell’adempimento del debitore, ha natura negoziale, perché “è un atto giuridicamente libero, caratterizzato dall’animus solvendi debiti alieni”), la donazione mista, la delegazione, l’espromissione, l’accollo, il trust e le cointestazioni bancarie o postali. La si è esclusa, invece, per i titoli di credito, per il comodato e la garanzia per debiti altrui. Sussiste, poi, tutta un’area, che in questa sede non si esplorerà, in quanto non direttamente utile allo scopo, delle ipotesi che si riscontrano nella vita delle società collegate ad un gruppo.
Assume rilievo, in relazione al tema processuale, evidenziare la mancanza di unanimità anche a riguardo degli atti non negoziali. Esclusi fermamente da taluno, vengono ammessi da altri, i quali, fanno riferimento ai casi, peraltro largamente di scuola, della semina, della piantagione, della costruzione su fondo altrui, della confessione giudiziale di un debito inesistente, della soccombenza volontaria in giudizio e financo della rinunzia a far valere decadenze o prescrizioni, con animo ovviamente liberale, teorizzando che la donazione indiretta non costituisce una categoria giuridica, ma economica. Né si sono reputate decisive le osservazioni di segno contrario, secondo le quali l’effetto giuridico dell’arricchimento non deriva, in siffatti casi, dal fatto materiale, ma da un atto negoziale successivo e “se non v’è accordo, se non v’è negozio, vi è soltanto un atteggiamento di inerzia del soggetto, del titolare del diritto a cui si possono collegare gli effetti… ma non le conseguenze”. Si è, infatti, contrapposto che la liberalità non discende dalla rinunzia postuma a richiedere il compenso previsto dalla legge, ma dal fatto finalizzato all’altrui gratuito vantaggio.
9. Occorre, a questo punto, tirare le fila del discorso.
Nel caso in esame appare difficilmente inquadrabile in un autonomo atto negoziale la disposizione data dal C. (priva di rilievo giuridico deve ritenersi la procura conferita alla P. in quanto resa inefficace dalla presenza dall’ordine del titolare del rapporto) alla propria banca; trattandosi, semmai, di un ordine che si colloca nella fase di esecuzione del contratto bancario di riferimento, cioè di un atto mero, che non si distinguerebbe dal disporre un qualsiasi pagamento per via materiale. Ipotesi, questa, dissimile, come appare evidente, dalla cointestazione ab origine del conto, che importa, appunto, la intermediazione del negozio attraverso il quale si intende perseguire lo scopo di liberalità. Negozio che viene posto in essere ab origine al fine di perseguire lo scopo di liberalità, nel mentre nel caso che ci occupa il contratto bancario qui in vigore era stato, a suo tempo, stipulato dal C. al fine esclusivo di soddisfare la causa sua propria.
La questione avrebbe opposta soluzione ove si ritenesse, come pure è plausibile, che l’art. 809, cod. civ., abbia inteso evocare qualunque mezzo utile allo scopo, sia esso fatto, atto giuridico in senso stretto o negozio giuridico.
Pare al Collegio, qui giunti, che emerga la necessità di ricomporre il quadro frammentato, che si è cercato di descrivere, con l’autorevolezza delle S.U., in quanto oltre alla mancanza di apprezzabilmente uniforme interpretazione, largamente inquinata dai turbamenti del caso concreto, la questione si carica di particolare rilievo ove si consideri che le operazioni in discorso assumono assai di sovente funzione trans o post mortem, e quindi, il significato di regolamento ultimo, non più emendabile. Per contro, non può obliterarsi l’esigenza, sottesa alla prescrizione della forma solenne imposta dal legislatore in materia di donazione diretta, di circondare con particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo di uno, più o di tutti i suoi beni.

P.Q.M.

Dispone la trasmissione degli atti al Primo Presidente.

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