Per l’edificio costruito da più soggetti su un suolo comune il condominio “nasce” nel momento in cui vengono assegnati gli appartamenti in proprietà esclusiva. In tal caso insorge la presunzione legale di comunione “pro indiviso” delle parti del fabbricato destinate all’uso comune
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
ordinanza 2 marzo 2017, n. 5335
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8297/2013 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1170/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 21/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1170/2012 del 21 novembre 2012 della Corte d’Appello di Genova, che aveva rigettato l’appello proposto dalla stessa (OMISSIS) avverso la sentenza n. 4189/2005 del Tribunale di Genova ed invece accolto l’appello incidentale proposto dal CONDOMINIO (OMISSIS), ordinando alla (OMISSIS) di liberare le intercapedini perimetrali del sottotetto condominiale dalle masserizie ivi collocate. La causa era iniziata con citazione del 26 gennaio 1997 proposta dalla condomina (OMISSIS) (della quale (OMISSIS) e’ erede costituitasi in corso di giudizio) per impugnazione della deliberazione assembleare del 18 dicembre 1996, che invitava la signora (OMISSIS) a non utilizzare dette intercapedini perimetrali a livello del suo appartamento, in quanto di proprieta’ comune. Avendo l’attrice proposto altresi’ domanda di usucapione di tali locali, venivano chiamati in giudizio anche i condomini dell’edificio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e il CONDOMINIO (OMISSIS) si difendono con controricorso, mentre (OMISSIS) e (OMISSIS), intimati, non hanno svolto difese.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e il CONDOMINIO (OMISSIS) hanno depositato memoria ex articolo 380 bis 1 c.p.c. in data 20 dicembre 2016.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 1117 e dell’articolo 1472 c.c., in riferimento all’avvenuta attribuzione della natura di titolo costitutivo del condominio di (OMISSIS) all’atto per Notaio (OMISSIS) del 29 agosto 1953, con conseguente errata determinazione delle parti comuni.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 1362 c.c., in relazione al mancato recepimento del significato attribuito dalla CTU ai termini contrattuali di contenuto tecnico, in relazione ai muretti d’attico ed ai confini.
Il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e la violazione degli articoli 1140, 1159 e 1158 c.c., in riferimento al ritenuto compossesso condominiale dei vani ricavati nel sottotetto condominiale.
3. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. La Corte d’Appello di Genova ha affermato che la proprieta’ condominiale dei sottotetti si ricava dal “titolo pre-costitutivo del condominio a rogito not. (OMISSIS) in data 19.08.53, col quale tutti i soggetti interessati alla costruzione dell’edificio acquistarono pro quota l’area edificabile in vista della futura edificazione del caseggiato. L’atto conteneva gia’ l’identificazione e la descrizione degli appartamenti che per effetto della descrizione del caseggiato sarebbero diventati di proprieta’ dei singoli condomini”. Alla condomina (OMISSIS) era attribuita la proprieta’ dell’appartamento interno 7 (poi divenuto di proprieta’ (OMISSIS)), i cui confini venivano descritti come “porzioni condominiali del sottotetto e muretto attico sui terrazzini”. Per unanime interpretazione giurisprudenziale, in ipotesi di edificio costruito da una sola persona, la situazione di condominio edilizio si ha per costituita nel momento stesso in cui l’originario unico proprietario ne operi il frazionamento, alienando ad un terzo la prima unita’ immobiliare suscettibile di separata utilizzazione. Se, invece, si tratti, come nel caso in esame, di edificio costruito da piu’ soggetti su suolo comune, il condominio insorge al momento in cui avviene l’assegnazione in proprieta’ esclusiva dei singoli appartamenti. Spetta, invero, al giudice del merito stabilire, in base al contenuto della convenzione ed all’interpretazione della volonta’ dei contraenti, se i comproprietari pro indiviso di un suolo, i quali stabiliscano di costruirvi un fabbricato condominiale, per conseguire la proprieta’ esclusiva dei singoli appartamenti senza necessita’ di porre in essere, a costruzione ultimata, ulteriori atti traslativi o dichiarativi, abbiano stipulato un negozio di divisione di cosa futura, ovvero una reciproca concessione ad aedificandum (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 102 del 15/01/1990; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4868 del 15/07/1983). Costituitosi, in ogni caso, il condominio, per effetto dell’assegnazione delle singole porzioni, insorge altresi’ la presunzione legale di comunione “pro indiviso” di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano, in tale momento, destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo non risulti, in contrario, una chiara ed univoca volonta’ di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprieta’ di dette parti e di escluderne gli altri (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014; Sez. 2, Sentenza n. 16292 del 19/11/2002). Sono quindi oggetto di proprieta’ comune dei proprietari delle singole unita’ immobiliari dell’edificio, agli effetti dell’articolo 1117 c.c. (in tal senso, peraltro, testualmente integrato, con modifica, in parte qua, di natura interpretativa, dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220) i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune (gia’ cosi’, peraltro, indipendentemente dall’integrazione dell’articolo 1117 c.c., nel richiamato senso, disposta dalla Riforma del 2012: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23902 del 23/11/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6143 del 30/03/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8968 del 20/06/2002; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7764 del 20/07/1999). Altrimenti, ove non sia evincibile il collegamento funzionale, ovvero il rapporto di accessorieta’ supposto dall’articolo 1117 c.c., tra il sottotetto e la destinazione all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, giacche’ lo stesso sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidita’ l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, esso va considerato pertinenza di tale appartamento. La proprieta’ del sottotetto si determina, dunque, prioritariamente in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso e’ destinato in concreto. La Corte d’Appello di Genova si e’ attenuta a tali principi e, poiche’ l’indagine diretta a stabilire, attraverso l’interpretazione dei titoli d’acquisto, se sia o meno applicabile la presunzione di comproprieta’ ex articolo 1117 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto, essa non e’ censurabile in sede di legittimita’ se non per omesso esame di un fatto storico decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv. in L. n. 134 del 2012, (applicabile nella specie ratione temporis).
Non puo’ certamente rilevare, ai fini dell’interpretazione del contenuto del contratto e del suo programma obbligatorio (la quale consiste in apprezzamento tipico del giudice di merito volto a ricostruire l’intenzione delle parti), la qualificazione giuridica degli elementi dell’accordo che abbia raggiunto il consulente tecnico d’ufficio, trattandosi di accertamento che esula dai compiti delegabili all’ausiliare.
IV. Quanto al terzo motivo di ricorso, riguardante la pretesa della ricorrente di aver usucapito le soffitte in contesa, la Corte di Genova ha negato che vi fosse prova di condotte di possesso esclusivo dei beni, a tanto non valendo la mera occupazione dei locali con vari oggetti. La censura lamenta la mancata considerazione del fatto che l’accesso ai vani per cui e’ causa possa avvenire soltanto attraverso l’appartamento della stessa ricorrente, sicche’ non v’era ragione di escludere gli altri dal possesso. La doglianza e’ infondata, atteso che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilita’ di accesso ad esso, non e’ comunque, di per se’, idoneo a far ritenere lo stato di fatto cosi’ determinatosi funzionale all’esercizio del possesso “ad usucapionem”, essendo, per converso, comunque necessaria, a fini di usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla “res” da parte dell’interessato attraverso un’attivita’ apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19478 del 20/09/2007) La valutazione degli atti di possesso, agli effetti indicati, e’ peraltro rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, sempre al di fuori dei limiti attualmente segnati dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Quanto alla denuncia di omesso esame di fatto, contenuta nel terzo motivo, la circostanza indicata e’, percio’, priva di decisivita’, in quanto attiene ad un dato non avente portata idonea a determinare direttamente, sul punto, l’esito del giudizio.
V. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore dei controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e CONDOMINIO (OMISSIS), mentre non occorre provvedere per (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non hanno svolto difese.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis
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