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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza n. 9680 del 27 febbraio 2014

RITENUTO IN FATTO 

1.SV , detenuto presso la casa circondariale di Altamura, impugna  innanzi a questa Corte per il tramite del suo difensore l’ordinanza del 24 gennaio  2013, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Bari ha respinto la sua istanza  intesa ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale ovvero, in subordine,  la detenzione domiciliare per motivi di salute, in relazione alla pena residua in  corso di espiazione per i reati di atti di libidine violenti e violenza sessuale dal  1994 al 1996 in danno del figlio infraquattordicenne.

2.Il Tribunale di sorveglianza di Bari ha respinto l’istanza di affidamento in prova  proposta dal S , in

considerazione della gravità del reato oggetto della  condanna e dell’assenza di un serio percorso di revisione critica del reato, per  avere egli continuato a professare la propria innocenza, si che la stessa equipe  pedagogica si era espressa per un programma trattamentale; l’istanza di  detenzione domiciliare era stata poi respinta in quanto non era stata allegata  alcuna documentazione sanitaria attestante un’inabilità fisica del richiedente.

3. SV deduce tre doglianze:  I)-erronea applicazione di legge e motivazione carente ed illogica per avere il  provvedimento impugnato respinto la sua istanza di affidamento in prova solo  con riferimento alla gravità del reato ascrittogli e per essersi egli professato  innocente, senza tener conto delle positive informazioni fornite sul suo conto dal  carabinieri di Ginosa Marina, dove egli dimorava all’epoca dei fatti e del fatto che  SM. con la quale aveva contratto matrimonio nel 2012, si era  dichiarata disponibile ad accoglierlo nella sua abitazione; inoltre la relazione di  sintesi dell’equipe di osservazione inframuraria aveva rilevato come egli avesse  mostrato costante senso di responsabilità e condotta in linea con le norme  vigenti; per la concessione del beneficio dell’affidamento in prova non era  richiesta alcuna ammissione di colpevolezza, non potendo essa indurre ad una  prognosi sfavorevole in ordine alla commissione di altri reati; inoltre il  provvedimento impugnato nulla aveva riferito se il chiesto beneficio  dell’affidamento in prova avesse potuto o meno contribuire a migliorare il suo  processo rieducativo;  II)-in subordine, declaratoria della non manifesta infondatezza della questione di  legittimità costituzionale degli artt. 13, 47 e 71 bis Ord. Pen. per violazione degli  artt. 2, 3, 24 e ll1 della Costituzione, atteso che se l’affidamento in prova fosse  stato ritenuto necessariamente subordinato all’ammissione di colpevolezza ed      alla non gravità del reato ascritto, sarebbe stato violato il diritto di ciascuno di  protestare la propria innocenza non solo di fronte ad un’accusa, ma anche  di fronte ad una condanna, oltre che il diritto ad un giusto processo regolato dalla  legge, in cui doveva essere altresì compresa l’eventuale richiesta di revisione del  processo;  III)-violazione di legge e motivazione illogica con riferimento al diniego di  detenzione domiciliare, essendo egli persona settantenne, al limite di uno stato  depressivo, affetto da ipertensione e soggetto ad accertamenti sanitari periodici;  ed il Tribunale avrebbe dovuto chiedere alla struttura carceraria le informazioni  sanitarie a lui relative, al fine di valutare la sua parziale inabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1.E’ fondato il primo motivo di ricorso proposto da SV

2.Presupposto normativo per la concessione dell’affidamento in prova al servizio  sociale è l’idoneità della misura a rieducare il reo ed ad assicurarne la  prevenzione dal pericolo della recidiva, si che, per negare detto beneficio, è  necessario riscontrare la sussistenza di elementi che siano in contrasto con il  perseguimento di dette finalità; ed al riguardo la giurisprudenza di questa Corte  ha elaborato tutta una serie di ipotesi, idonee a giustificare il diniego di detto  beneficio, identificandole, fra gli altri, in connotazioni negative della persona; in  eventuali debiti verso la giustizia; in una persistente irregolarità  comportamentale, tale da porsi in insanabile contrasto con le finalità rieducative  che il beneficio in esame persegue.  Se quindi non va trascurata la tipologia e la gravità dei reati commessi, occorre  tuttavia principalmente far riferimento al comportamento tenuto dal soggetto  dopo i fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare  in concreto, e non in modo meramente ipotetico, se siano ravvisabili sintomi di  positiva evoluzione della personalità del condannato, tali da consentirne il  reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (cfr. Cass. 1^  ll.3.97 n. 1970; Cass. 1^, 4.3.99 n. 1812; Cass. 1^, 9.7.09 n. 31809, rv.  244322).  3.Nella specie il Tribunale di Sorveglianza di Bari non ha evidenziato i validi  elementi, dai quali poter desumere che il ricorrente non fosse idoneo ad usufruire  del beneficio penitenziario chiesto, essendosi limitato a fare riferimento alla non  trascurabile gravità del reato per il quale era in esecuzione pena ed avendo tratto  elementi contrari alla concessione del beneficio dell’affidamento in prova  unicamente facendo riferimento alla circostanza che il ricorrente non aveva mai      ammesso la propria colpevolezza in ordine al reato ascrittogli; ed è noto che, sul  punto, la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che, ai  fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, la mancata ammissione da parte  del condannato della propria colpevolezza non può indurre ad una prognosi  sfavorevole in ordine alla commissione di altri reati, sia perché nell’attuale  processo penale l’imputato non ha l’obbligo di dire la verità, sia perché l’assenza  di confessione può essere dettata da una variegata e disparata serie di motivi, si  che la stessa non può, da sola, essere ritenuta sintomatica di mancato  ravvedimento, di persistente pericolosità sociale, ovvero di fermo proponimento  di persistere nel crimine (cfr., in termini, Cass. Sez. 1 n. 18388 del 20/2/2008,  Cesarini, Rv. 240306).

4.Da quanto sopra consegue l’annullamento del provvedimento impugnato, con  rinvio degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Bari, affinché, in piena autonomia  di giudizio, esamini nuovamente l’istanza proposta da SV , tenendo  conto delle riscontrate carenze motivazionali.

5.Sono da ritenere assorbiti il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

P.Q.M. 

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di  Sorveglianza di Bari.

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