Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 9 luglio 2014, n. 15605

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25597/2007 proposto da:
(OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA PER AZIONI (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 542/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 30 gennaio 2004, il Tribunale di Cassino, in accoglimento dell’azione proposta L.F., ex articolo 67, comma 2, ha condannato la (OMISSIS) soc. coop. per azioni al pagamento in favore del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. delle somme di euro 265.873,17 ed euro 5.505,43, oltre rivalutazione ed interessi dalle rimesse sul conto corrente della societa’, derivanti dal netto ricavo dello sconto di dodici cambiali.
Con sentenza del 5 febbraio 2007, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha escluso la rivalutazione monetaria sulle somme oggetto delle rimesse revocate. La Corte ha ritenuto la natura solutoria delle rimesse, in quanto non e’ stata provata l’esistenza di un’apertura di credito, cui non e’ equiparabile il “castelletto di sconto”, mentre ha reputato illegittima la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca, sulla base di un motivo. Resiste la curatela con controricorso. Le parti hanno, altresi’, depositato le memorie di cui all’articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L.F., articolo 67, comma 2, articoli 1842 e 1858 c.c., nonche’ il vizio di motivazione, per avere la corte d’appello, in accordo con le risultanze della c.t.u., considerato sussistere la disponibilita’ delle somme, accreditate in virtu’ dello sconto di dodici cambiali, non al momento dell’operazione, come sarebbe stato corretto, ma a quello dell’incasso dei titoli, non tenendo cosi’ conto dell’accreditamento del netto ricavo dello sconto delle cambiali medesime: secondo tale corretto criterio, invece, soltanto quattro delle undici rimesse, eseguite fra il marzo ed il giugno 1991 per lire 33.836.857, atteso l’esito, avrebbero potuto considerarsi revocabili.
Il motivo e’ fondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto insussistente la disponibilita’ degli importi anticipati dalla banca al correntista in virtu’ di operazioni di sconto di dodici cambiali, collocando tale disponibilita’ non al momento dello sconto dei titoli, ma a quello dell’incasso dei medesimi. La questione riguarda, pertanto, il momento in cui possa ritenersi sussistere la disponibilita’ delle anticipazioni operate dalla banca in virtu’ dello sconto di cambiali eseguito su conto corrente, ai fini della revocatoria fallimentare delle rimesse.
Secondo la nota giurisprudenza di questa Corte in tema di revocatoria fallimentare, le rimesse sul conto corrente dell’imprenditore successivamente fallito sono legittimamente revocabili, ai sensi della L.F., articolo 67, quando il conto stesso, all’atto della rimessa, risulti “scoperto”; pertanto al fine di accertare se una rimessa del correntista sia destinata al pagamento di un proprio debito verso la banca ed abbia quindi funzione solutoria, ovvero valga solo a ripristinare la provvista sul conto corrente, occorre fare riferimento al criterio del “saldo disponibile” del conto, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione di incassi ed erogazioni da parte della banca; non e’, invece, idoneo ne’ il criterio del “saldo contabile”, che riflette la registrazione delle operazioni in ordine puramente cronologico, ne’ quello del “saldo per valuta”, che e’ effetto del posizionamento delle partite unicamente in base alla data di maturazione degli interessi (cfr., fra le altre, Cass. 15 luglio 2010, n. 16608 e 3 luglio 2013, n. 16610).
Poiche’ la revocabilita’, L.F., ex articolo 67, delle rimesse in conto corrente bancario eseguite dall’imprenditore poi fallito nel periodo sospetto e’ condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio delle disponibilita’, la c.d. copertura di un conto corrente bancario si da nel caso di apertura di credito, che e’ onere della banca provare, in quanto solo grazie alle caratteristiche di tale contratto, posto che non vi e’ credito esigibile della banca – in quanto lo diventera’ solo al momento della cessazione dell’apertura stessa – puo’ affermarsi che le rimesse non costituiscano pagamento (di recente, Cass. 22 ottobre 2013, n. 23975; nonche’ es. 9 novembre 2007, n. 23393; 11 settembre 1998, n. 9018).
E’ pur vero, poi, che il contratto di apertura di credito va distinto da altri strumenti bancari, quali il castelletto di sconto, al primo non equiparabile in quanto, di per se’, non attribuisce al cliente la facolta’ di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro ed e’ esclusivamente fonte, per l’istituto di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, i titoli (cfr. Cass. 20 marzo 2008, n. 7451; 5 giugno 2007, n. 13176; ed altre), quale tipo di contratto normativo.
Ma altro e’ il c.d. castelletto di sconto, altro l’accredito su quel conto scaturente dalle specifiche operazioni di sconto poste in essere dal correntista.
Con il contratto di sconto di cui all’articolo 1858 c.c., la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso. Quanto, in particolare, allo sconto di cambiali, l’articolo 1859 c.c., prevede, per il caso di mancato pagamento, il diritto della banca alla restituzione della somma anticipata. Dunque, il cliente puo’ disporre da subito della somma, di cui pertanto consegue l’immediata disponibilita’, che ne costituisce l’effettiva causa negoziale.
Ne’ tale efficacia del contratto e’ smentita dall’inciso “salvo buon fine”, il quale importa che, ove il terzo resti inadempiente, sorgera’ in capo al correntista l’obbligo di restituzione dell’importo anticipato.
Cio’ in quanto lo sconto non e’ un mandato all’incasso, bensi’ l’operazione con cui la banca anticipa al cliente, previa deduzione dell’interesse, l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione del credito stesso. Il mancato buon fine del titolo opera come condizione risolutiva del contratto (o, se si vuole, come effetto sospensivo del diritto della banca alla restituzione), e non come condizione sospensiva dell’accredito al cliente (come accade nell’ipotesi, affatto diversa, del versamento di titoli senza sconto: cfr. Cass. 19 agosto 1996, n. 7615).
L’accredito del corrispettivo in conto corrente, dunque, da la disponibilita’ immediata della somma, anche se sotto condizione risolutiva del mancato pagamento dell’obbligato cambiario alla scadenza (per la condizione risolutiva si pronunciano Cass. 17 maggio 2013, n. 12079; 23 settembre 2002, n. 13823; 10 agosto 1990, n. 8128; e v. gia’ Cass. 14 luglio 1975, n. 2780; 16 luglio 1969, n. 2620; 8 gennaio 1969, n. 33; 24 luglio 1964, n. 2018; 11 maggio 1957, n. 1659). In tale contesto, resta isolato il precedente citato nell’impugnata sentenza (Cass. 21 gennaio 2000, n. 656), che nega l’immediata disponibilita’ in caso di sconto di cambiali.
Non essendosi la sentenza attenuta a quanto esposto, essa va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, si adeguera’ al seguente principio, enunciato ex articolo 384 c.p.c., comma 1: Le rimesse sul conto corrente dell’imprenditore successivamente fallito sono legittimamente revocabili, ai sensi della L.F., articolo 67, quando il conto stesso risulti “scoperto” secondo il criterio del “saldo disponibile”, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione di incassi ed erogazioni da parte della banca; pertanto, in presenza di operazioni di sconto di titoli cambiari con accredito del netto ricavo sul conto corrente, tale saldo va determinato considerando che il cliente acquista l’immediata disponibilita’ del denaro, accreditato sul conto corrente a fronte della cessione del credito verso terzi, e che l’eventuale mancato buon fine del titolo opera come condizione risolutiva del contratto. La Corte del merito provvedera’ alla liquidazione delle spese per il presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda altresi’ la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

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