mercedes slk

Suprema Corte di Cassazione

sezione i

sentenza 8 gennaio 2014, n. 129

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato il 22 dicembre 1999, R.L. chiese la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto con B.C. il (omissis).
La B. non si oppose, ma formulò richieste economiche di aumento dell’assegno di mantenimento per la figlia minore e di riconoscimento di assegno divorzile.
2. – Il Tribunale di Pesaro, in data 7 febbraio 2001, pronunciò sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo la prosecuzione del giudizio per gi aspetti economici. Quindi, all’esito della istruttoria, pronunciò in data 6 febbraio 2008 sentenza definitiva con la quale pose a carico del R. , a titolo di concorso nel mantenimento della figlia, ormai maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, un assegno mensile di Euro 420,00, rigettando ogni ulteriore domanda della B. .
3. – Quest’ultima propose avverso detta sentenza gravame, che fu accolto dalla Corte d’appello di Ancona solo con riferimento alla statuizione sulle spese del giudizio, che furono compensate nella misura di un terzo, e poste per la parte residua a carico della B. , in considerazione del fatto che, se costei era risultata soccombente in misura maggiore, in ordine all’assegno di mantenimento per la figlia era risultato però soccombente il R. .
Escluse la Corte di merito la sussistenza dei presupposti legittimanti la corresponsione dell’assegno divorzile, ritenendo che la B. disponesse di mezzi sufficienti a mantenere il tenore di vita precedente, pure in assenza di assegno di mantenimento, non previsto in sede di separazione consensuale, come dimostrato, tra l’altro, dall’acquisizione, sia pure in leasing, di un’autovettura di grossa cilindrata. Ed anche la convivenza more uxorio della B. con il suo nuovo compagno deponeva a favore della sufficienza dei redditi percepiti – o comunque a sua disposizione – a consentirle di mantenere un tenore di vita assolutamente adeguato.
D’altra parte, secondo la Corte di merito, dalla stessa documentazione prodotta e dalle deduzioni della B. risultava come la stessa avesse rinunciato a mantenere l’impiego per non subire la decurtazione del reddito originariamente percepito, con ciò dimostrando la insussistenza di una situazione reddituale legittimante la richiesta dell’assegno.
Quanto all’assegno di mantenimento per la figlia, la Corte ritenne pacifico, sulla base della istruttoria svolta, ed in mancanza di prove diverse, che la stessa non era ancora autosufficiente, e giudicò adeguato, in relazione ai redditi dell’obbligato, l’assegno fissato dal primo giudice nella misura di Euro 420,00 mensili.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la B. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso il R. .

Considerato in diritto

1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 5 della Legge n. 898 del 1970 come modificato dall’art. 10 della legge n. 74 del 1987, per omesso riconoscimento del diritto a percepire l’assegno divorzile, nonché violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. ed insufficiente nonché contraddittoria motivazione su tale punto della controversia, nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato che la situazione economica attuale in cui versa la ricorrente è identica a quella in cui si trovava all’epoca della separazione dal coniuge. La Corte di merito avrebbe dedotto da semplicistiche considerazioni, quale l’uso in leasing di un veicolo Mercedes SLK, le cui rate la B. non sarebbe riuscita a saldare, una situazione reddituale adeguata a consentirle un tenore di vita simile a quello goduto in costanza di matrimonio, laddove, a fronte del cospicuo compendio immobiliare e del remunerativo contratto di lavoro del R. , la attuale ricorrente non presentava la dichiarazione dei redditi dal 2004, non possedendo beni ed avendo perduto la sua occupazione lavorativa come insegnante di religione a causa della condizione di divorziata e non, come ritenuto dalla Corte di merito, per sua colpa. Infondatamente il giudice di secondo grado avrebbe poi ritenuto che il mantenimento del precedente tenore di vita fosse consentito alla B. anche dalla convivenza con altro uomo, che, a sua volta, non presentava la dichiarazione dei redditi dal 2005. Ed anche la successione ereditaria della donna, invocata dal R. , consisterebbe in un modesto appartamento diviso dalla B. con la sorella e sulla cui quota di proprietà dell’attuale ricorrente graverebbe ipoteca.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione, ai sensi dell’art. 366 bis cod.proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis, del seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 898 del 1970 come modificato dall’art. 10 L. 6 marzo 1987, n. 74 e dell’art. 112 ss. c.p.c. il diritto all’assegno divorzile, alla luce di un corretto esame degli accadimenti come provati e delle domande avanzate dalle parti, sorga a fronte dell’impossibilità per il richiedente di ottenere mezzi tali da consentire il raggiungimento della mera autosufficienza economica oppure di un tenore di vita sostanzialmente non diverso rispetto a quello goduto in costanza di matrimonio, operandosi tale esame non già su un piano ipotetico e astratto ma attraverso criteri di effettività e concretezza, tenendo all’uopo conto di tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi del caso di specie in rapporto ad ogni fattore, economico-sociale, di carattere individuale, ambientale, territoriale”.
2. – La censura risulta priva di fondamento.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto (v., ex multis, Cass., sentt. n. 11686 del 2013, n. 15611 del 2007).
Nella specie, la Corte di merito ha dato conto, con motivazione congrua e non illogica, del proprio convincimento, maturato alla stregua delle acquisizioni probatorie, in ordine all’adeguatezza dei mezzi economici a disposizione della attuale ricorrente ad assicurarle un tenore di vita non inferiore a quello goduto in costanza di matrimonio.
A tal fine, il giudice di secondo grado, nel confermare sul punto le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, ha fatto riferimento, per un verso, all’acquisizione in leasing di una autovettura Mercedes SLK, ritenuta indicativa di una situazione di benessere, per l’altro, alla rinuncia da parte della B. al mantenimento dell’impiego per non subire una decurtazione del reddito, rinuncia giudicata incompatibile con una situazione di difficoltà economica, ed ancora alla convivenza more uxorio della donna con un altro uomo, che costituiva un ulteriore elemento di conferma della adeguatezza dei redditi a sua disposizione. Tali emergenze istruttorie non sono state superate dai rilievi dell’appellante, attuale ricorrente.
3. – Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della Legge n. 898 del 1970 come modificato dall’art. 11 della legge n. 74 del 1987, nonché insufficiente o contraddittoria ed omessa motivazione nella determinazione dell’entità dell’assegno posto a carico del R. quale contributo per il mantenimento della figlia e nella ripartizione tra i genitori della stessa delle spese straordinarie. La Corte di merito avrebbe errato nel non considerare, ai fini del relativo calcolo, lo stato di disoccupazione ed il conseguente aggravamento delle condizioni economiche della B. , che la avevano determinata a richiedere un aumento del contributo per la figlia, e ciò pur avendo la stessa Corte sottolineato, da un lato, che le esigenze economiche di una ventenne sono diverse da quelle di una minore, e, dall’altro, che il R. percepiva un reddito maggiore rispetto a quello goduto all’epoca della separazione.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se ai sensi dell’art. 6 della L. n. 898 del 1970 come modificato dall’art. 11 L. 6 marzo 1987 n. 74 alla luce di un corretto esame degli accadimenti come provati, l’assegno di mantenimento per i figli possa prescindere dalla effettiva disparità reddituale tra le parti e se per la quantificazione dello stesso debba comunque tener conto del precedente tenore di vita, commisurato all’età del figlio non autosufficiente, nonché delle spese straordinarie in favore dei figli stessi”.
4. – La censura è immeritevole di accoglimento.
La Corte di merito, nella determinazione della misura del contributo posto a carico del R. per il mantenimento della figlia maggiorenne non autosufficiente economicamente, ha ritenuto, sulla base dell’esame delle risultanze istruttorie, ed in relazione ai redditi accertati di quest’ultimo, di confermare l’entità di detto contributo fissata dal primo giudice, correttamente rilevando che nessun concreto elemento in senso contrario era stato dedotto dalla B. .
5. – Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod.proc.civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla ripartizione delle spese di lite. Avrebbe errato il giudice di secondo grado nell’accogliere solo parzialmente il motivo di appello relativo alla integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio, avendo attribuito una maggiore soccombenza alla B. anziché al R. nonostante la prima fosse risultata soccombente solo in relazione alla domanda di assegno divorzile.
La illustrazione del motivo si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c. vi sia soccombenza laddove la maggior parte delle domande avanzate siano state superate dal venir meno dei presupposti dell’azione non imputabile alle parti”.
6. – La doglianza non coglie nel segno.
Il giudice di secondo grado ha fatto buon governo del suo potere discrezionale nella liquidazione delle spese di lite, motivando correttamente la propria decisione alla stregua della soccombenza del R. , ma anche della B. , in ordine al contributo per il mantenimento della figlia, e della soccombenza di quest’ultima con riguardo all’assegno divorzile.
7. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

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