Cassazione 6

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 4 marzo 2015, n. 4380

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 323/2008 proposto da:

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L. N. (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di (OMISSIS) – Rep.n. 154.510 del 11.1.2008;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2707/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2014 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma che, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda del fallimento, volta alla condanna della (OMISSIS) s.p.a. al pagamento della somma di euro 280.231,26, oltre interessi.

La corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di compensazione legale, sollevata dalla banca con riguardo all’esistenza di altri conti a saldo passivo di maggiore importo.

In particolare, ha giudicato priva di pregio l’argomentazione del tribunale, il quale, nel reputare inammissibile l’eccezione, aveva attribuito rilevanza preclusiva alla mancata opposizione dell’eccezione in sede di riconoscimento del predetto debito operato dalla banca, ai sensi dell’articolo 547 c.p.c., nel corso di un procedimento di espropriazione presso terzi intrapreso da un creditore con riguardo ad un credito di minore ammontare, procedimento in seguito dichiarato improcedibile per il fallimento del debitore.

Ha, quindi, ritenuto applicabile l’articolo 1853 c.c., trattandosi di reciproci crediti derivanti da distinti rapporti di conto corrente bancario, e la L.F., articolo 56, attesa l’anteriorita’ dei crediti della banca rispetto alla dichiarazione di fallimento del (OMISSIS).

La (OMISSIS) s.p.a. ha depositato controricorso ed una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di motivazione, in tutti i suoi aspetti, per avere la sentenza impugnata omesso di motivare sulle ragioni per le quali il riconoscimento di debito da parte della banca nella dichiarazione ex articolo 547 c.p.c., e la mancata dichiarazione di compensazione sarebbero privi di valenza.
Con il secondo motivo, censura la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per mancata considerazione delle controeccezioni del fallimento, il quale aveva, a fronte dell’avversa eccezione di compensazione, sottolineato le conseguenze della dichiarazione positiva della banca nel procedimento espropriativo e la sua natura confessoria, nonche’ il vincolo derivante dall’essere dette somme tenute dalla banca a disposizione di giustizia, la mancata dichiarazione di estinzione per compensazione nel detto procedimento ex articolo 547 c.p.c., il vincolo di indisponibilita’ del credito, il divieto di azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento.
Con il terzo motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1988 c.c., articoli 543, 546 e 547 c.p.c., avendo la corte territoriale dichiarato l’intervenuta compensazione tra il credito della societa’ per saldo di conto corrente ed il credito della banca per i saldi passivi di altri due conti correnti, limitando la portata della ricognizione di debito del terzo pignorato ai suoi rapporti diretti con il creditore pignorante ed escludendone invece l’efficacia per il debitore assoggettato ad esecuzione.
Con il quarto motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 543, 546 e 547 c.p.c., articoli 2917, 1241 ss. e 1853 c.c., e L.F., articolo 56, in quanto l’eccezione di compensazione non poteva piu’ essere opposta efficacemente ai creditori della sua debitrice dopo l’udienza di cui all’articolo 547 c.p.c..
Con il quinto motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione della L.F., articolo 51, perche’ il vincolo di indisponibilita’ del credito che si produce con la notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi genera l’inopponibilita’ al creditore di qualsiasi fatto sopravvenuto, e, se il debitore esecutato e’ dichiarato fallito dopo la notificazione stessa, tale inopponibilita’ va riferita alla massa fallimentare.
2. – Il primo motivo e’ inammissibile, essendo privo del momento di sintesi ex articolo 366 bis c.p.c..
3. – Il secondo motivo, oltre che presentare quesiti generici ai limiti dell’inammissibilita’, e’ infondato, avendo la corte d’appello espressamente rigettato le eccezioni del fallimento.
4. – Gli ultimi tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono infondati.
Essi pongono la questione se, intrapreso dal creditore individuale procedimento di espropriazione presso terzi con riguardo alle somme depositate dal debitore su conto corrente bancario – conclusosi con decreto di improcedibilita’ per sopravvenuto fallimento del debitore – allorche’ peraltro la banca, in occasione della dichiarazione di terzo ex articolo 547 c.p.c., abbia omesso di rendere nota la sussistenza di un proprio controcredito di maggiore importo, derivante da altri conti correnti facenti capo al medesimo debitore, sia in seguito precluso alla stessa, richiesta del pagamento di quel saldo attivo da parte del fallimento del suddetto debitore, eccepire la compensazione, sebbene il procedimento espropriativo non sia mai pervenuto al decreto di assegnazione a causa del sopraggiunto fallimento e per tale ragione sia stato dichiarato improcedibile.
La questione proposta – cui il Collegio reputa di dare risposta negativa – richiede l’individuazione di alcuni caratteri del procedimento di espropriazione presso terzi.
4.1. – Secondo il principio enunciato piu’ volte da questa Corte, il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa, la quale si perfeziona con la dichiarazione positiva del terzo (o con l’accertamento giudiziale del credito di cui all’articolo 549 c.p.c.), fornendo essa al giudice dell’esecuzione le informazioni necessarie per provvederne all’assegnazione al pignorante (Cass. 9 marzo 2011, n. 5529; 27 gennaio 2009, n. 1949; 15 luglio 1972, n. 2443). La dichiarazione positiva del terzo (come l’accertamento compiuto giudizialmente), pertanto, completa l’oggetto dell’espropriazione, che, ai fini esecutivi, e’ in tal modo definitivamente fissato: il pignoramento e’ l’atto con cui s’individuano e si conservano i diritti del debitore sottoposti ad espropriazione.
In particolare, nel pignoramento dei crediti l’accertamento dell’appartenenza del credito si atteggia in modi peculiari, dal momento che (a differenza che di quella del bene nell’espropriazione mobiliare, che si trovi presso il debitore, e della trascrizione dell’immobile nei registri immobiliari), nella procedura esecutiva presso terzi altrettanti “sintomi di appartenenza” immediati non sono riscontrabili. E’ stato, invero, chiarito che qui “soccorrono strumenti di verifica dell’appartenenza, che possono essere interni al processo esecutivo (come la dichiarazione con la quale il terzo specifica di quali cose o di quali somme e’ debitore o si trova in possesso, ex articolo 541 c.p.c., comma 1), o esterni ad esso, costituiti da un processo di cognizione volto all’accertamento di una convenzionale ed esteriore appartenenza del credito al debitore esecutato: articoli 548 e 549 c.p.p.” (Cass. 6 novembre 2002, n. 15549).
In ipotesi di esito normale del processo di espropriazione presso terzi, allorche’ questi renda la dichiarazione positiva, segue infine l’ordinanza di assegnazione. L’oggetto del pignoramento, come sopra accertato, e’ quindi l’oggetto dell’ordinanza di assegnazione del credito, la quale dovra’ essere emessa nei limiti dell’accertamento sull’oggetto cosi’ compiuto (Cass. 6 novembre 2002, n. 15549) e costituisce l’atto conclusivo del procedimento di espropriazione forzata presso terzi, il quale determina il trasferimento del credito dal debitore esecutato al suo creditore (Cass. 26 agosto 1997, n. 8013; 12 ottobre 1995, n. 10626; 20 novembre 1990, n. 11195).
L’ordinanza di assegnazione conclude il processo e comporta il trasferimento del credito, anche se avviene pro solvendo.
Nei confronti del terzo, il provvedimento di assegnazione peraltro non vale a renderlo esecutato, avendo esso il medesimo effetto che avrebbe una cessione negoziale del credito e l’ordinanza, con la quale il giudice dell’esecuzione, su istanza di assegnazione del creditore procedente, qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il provvedimento di assegnazione, e’ assunta nell’ambito dell’attivita’ esecutiva e non di quella di accertamento del credito: in altri termini, l’ordinanza di assegnazione contiene un accertamento che si esaurisce in ambito esecutivo (cfr., tra le altre, Cass. 20 novembre 2012, n. 20310; 18 maggio 2009, n. 11404; 16 maggio 2005, n. 10180; 8 aprile 2003, n. 5510).
4.2. – Piu’ in particolare, e’ stato chiarito dalla giurisprudenza costante di legittimita’ che nel processo di esecuzione forzata con espropriazione presso terzi sono parti necessarie solo i creditori ed il debitore esecutato, mentre il terzo pignorato non e’ il soggetto passivo dell’esecuzione, restando estraneo ad essa in quanto chiamato unicamente a rendere la dichiarazione di cui all’articolo 547 c.p.c. (e multis, Cass. 16 settembre 2005, n. 18352; 8 agosto 2003, n. 11976; 23 aprile 2003, n. 6432; 6 luglio 2001, n. 9215; 20 febbraio 2001, n. 2465; 10 settembre 1998, n. 8966; 1 febbraio 1988, n. 905; 13 gennaio 1983, n. 249).
Il pignoramento nelle forme di cui all’articolo 543 c.p.c. e ss., si realizza pur in mancanza di un titolo esecutivo verso il debitor debitoris, che non si trova in una condizione in cui tamquam pro condemnato habetur. Se destinatario degli effetti passivi del titolo e’ il debitore esecutato, il terzo e’ coinvolto solo di riflesso per la sua qualita’ di debitore del debitore, ovvero per il suo dovere di prestazione verso il titolare del credito.
E’ per tale ragione che, ad esempio, le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto come, in ipotesi di dichiarazione reticente che abbia favorito il debitore arrecando pregiudizio al creditore istante, a carico del terzo sussiste non la responsabilita’ processuale aggravata di cui all’articolo 96 c.p.c. (dato che egli, al momento di quella dichiarazione, non ha ancora la qualita’ di parte), ma la responsabilita’ per illecito aquiliano ex articolo 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del soddisfacimento provocato con quel comportamento doloso o colposo, avendo violato il dovere di collaborazione nell’interesse della giustizia quale ausiliario del giudice (Cass., sez. un., 18 dicembre 1987, n. 9407).
4.3. – Il nuovo L.F., articolo 107, comma 6, (in vigore dal 16 luglio 2006 nel testo derivante dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5) dispone che, se alla data di dichiarazione di fallimento siano pendenti procedure esecutive, il curatore puo’ subentrarvi; ma, in mancanza, il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilita’ dell’esecuzione. Cio’ rende inequivoca l’alternativa tra prosecuzione della procedura esecutiva e cessazione della stessa.
All’epoca dei fatti di causa, invece, la norma prevedeva che il curatore si sostituisse al creditore istante e cio’ per le sole procedure immobiliari. Al riguardo, si era ritenuto (per tutte, Cass. 19 luglio 1999, n. 7661) che “per le espropriazioni immobiliari in corso si deve parlare di una improseguibilita’ da parte del creditore procedente e di una proseguibilita’, rimessa ad una scelta discrezionale, da parte del curatore. L’azione proseguita e’, tuttavia, proprio quella iniziata dal singolo creditore, sia pure con le modificazioni indotte dall’apertura del concorso di tutti i creditori”.
Mentre, poi, il venir meno della legittimazione del curatore alla prosecuzione dell’azione esecutiva pendente ne provoca il riacquisto in capo ai creditori, i quali possono riprendere l’azione dal punto al quale era giunto il curatore (Cass. 19 luglio 1999, n. 7661, cit.): il “fondamento del principio va individuato nell’incontestabile opportunita’ di risparmiare tempo e di utilizzare le attivita’ processuali complesse e dispendiose gia’ poste in essere, prima, per l’instaurazione della procedura esecutiva individuale e, poi, per la prosecuzione della stessa da parte del fallimento”.
Sebbene una sentenza non recente abbia esteso regola alle procedure esecutive mobiliari con riguardo all’inefficacia della vendita di un bene mobile pignorato effettuata dal debitore in pendenza della procedura di espropriazione ed anteriormente alla dichiarazione di fallimento (Cass. 29 marzo 1969, n. 1040), non e’ questo il caso di specie.
Infatti, nella presente controversia nessuna delle parti afferma, ne’ la circostanza e’ in alcun modo indicata nella sentenza impugnata, che il curatore abbia esercitato la facolta’ di subentrare nella procedura esecutiva in corso, ma le parti deducono che la procedura esecutiva presso terzi si e’ conclusa con dichiarazione di improcedibilita’.
4.4. – E’ ora necessario occuparsi della qualificazione e del valore della dichiarazione del terzo ex articolo 547 c.p.c..
Essa appartiene alla fase esecutiva, non introducendo la citazione del terzo, con l’invito a rendere la dichiarazione, un processo di cognizione nei suoi confronti.
Secondo una risalente pronuncia della Corte, la dichiarazione del terzo si pone come “figura atipica del processo esecutivo” (Cass. 30 maggio 1963, n. 1426).
Reputa il collegio che essa consista in una dichiarazione di debito, quale atto tipico endoprocessuale, avente natura di dichiarazione di scienza e funzione complementare al pignoramento. Autorevole dottrina lo paragonava ad una “esibizione ideale” del terzo (actio ad exibendum): e con questa l’analogia in effetti sussiste quanto all’obbligo del terzo di adempiere, a fini di giustizia, alla richiesta di informazioni sulla sua posizione verso il debitore che gli viene rivolta (actio ad declarandum). Del resto, questa Corte ha piu’ volte ragionato del dovere di collaborazione del terzo nell’interesse della giustizia quale ausiliario del giudice (Cass., sez. un., 18 dicembre 1987, n. 9407; piu’ di recente, Cass. 16 settembre 2008, n. 23727).
Ove dunque il terzo debitor debitoris, nel rendere la dichiarazione di cui all’articolo 547 c.p.c., renda noto il proprio credito compensabile con il credito del debitore esecutato, cio’ non integra un’eccezione di compensazione in senso proprio, in quanto non si tratta di un giudizio di cognizione, il terzo non e’ parte in causa ed egli adempie ad un mero obbligo di giustizia.
In ipotesi, poi, di estinzione del processo esecutivo, dispone l’articolo 632 c.p.c., che, se essa si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, rende inefficaci gli atti compiuti.
Pertanto, dovendosi alla dichiarazione positiva del terzo attribuire la natura di dichiarazione di scienza quale atto tipico endoprocessuale, essa non preclude al terzo, ove il procedimento esecutivo si estingua per qualsiasi ragione, di eccepire la compensazione nei suoi rapporti diretti con il debitore principale.
In caso di fallimento, in particolare, la L.F., articolo 56, stabilisce la facolta’ per i creditori di compensare i crediti che vantano verso il fallito “ancorche’ non scaduti prima della dichiarazione di fallimento”. La norma, in tal modo, ha ampliato l’ordinaria facolta’ di compensazione ai crediti non liquidi o esigibili, ma esistenti, dando la giurisprudenza da una interpretazione estensiva della L.F., articolo 56, in linea con una esigenza di equita’, essendosi affermato (Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775) che la L.F., articolo 56, deroga al principio della par condicio, permettendo al creditore di soddisfarsi per intero, quando sia anche debitore del fallimento. Non rileva il momento in cui l’effetto compensativo si produce, ferma restando l’esigenza dell’anteriorita’ del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte: cio’ che rileva e’ l’accertamento del momento in cui sussisteva il controcredito, anche qualora non fosse liquido o esigibile (Cass. 7 giugno 2013, n. 14418; 31 agosto 2010, n. 18915; 27 aprile 2010, n. 10025).
4.5. – In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto: “In tema di pignoramento individuale presso terzi di somma depositata su conto corrente bancario, non e’ precluso al terzo che abbia reso la dichiarazione positiva ex articolo 547 c.p.c., nel procedimento espropriativo, in seguito dichiarato improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore, di eccepire, nel giudizio ordinario intrapreso dal fallimento in luogo del debitore per il pagamento del saldo del conto corrente, la compensazione con riguardo al credito vantato dalla banca verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente, ai sensi della L.F., articolo 56”.
4.6. – La sentenza impugnata, che ha fatto applicazione di questo principio, non merita dunque le censure proposte.
5. – La sostanziale novita’ della questione trattata giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di legittimita’

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