CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 30 luglio 2014, n. 17288

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11126-2008 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1116/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 04/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/06/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega orale, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per manifesta infondatezza del ricorso e condanna aggravata alle spese – ex articolo 385 c.p.c., comma 4.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 4.7.2007) la Corte di appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della s.p.a. (OMISSIS) – condannando la societa’ convenuta al pagamento della somma di euro 22.140,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale patito dall’attore a causa di una illegittima segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi, imputabile alla societa’ convenuta. La Corte del merito ha – tra l’altro – cosi’ motivato:… mentre il (OMISSIS) attribuisce il comportamento alla (OMISSIS), questa nega ogni propria responsabilita’ e imputa la condotta in questione al (OMISSIS).
L’appellante (OMISSIS) ha ragione nel sostenere che il coinvolgimento della (OMISSIS) nella vicenda e’ attestato da documenti ufficiali provenienti dalla (OMISSIS). Il doc. I da lui prodotto, infatti, nel primo foglio consiste in un “VERBALE DI CONSEGNA” redatto su carta intestata della (OMISSIS), protocollato al n. (OMISSIS), e datato (OMISSIS), con cui viene dato atto che “sono stati consegnati a (OMISSIS) p/c (OMISSIS), identificato con documento C. I. (OMISSIS) (…)
1) il prospetto dei risultati negli archivi della Centrale dei rischi della (OMISSIS) a suo nome/a nome dell’ente/societa’ di cui e’ rappresentante legale/socio;
2) il Foglio informativo sul funzionamento della Centrale dei rischi.
Il documento richiamato nel citato verbale, alla pag. 3, 4 riga, indica espressamente “ENTE SEGNALANTE: (OMISSIS) S.P.A.” e la medesima dizione si rinviene in tutte le pagine successive, dalla 4 alla 14. La (OMISSIS) non ha contestato l’autenticita’ materiale ne’ l’esattezza ideologica di questi documenti, ma indica come reale responsabile la s.p.a. (OMISSIS), senza spiegare perche’ un organo pubblico autorevole ed imparziale come la (OMISSIS), attesti ufficialmente e per iscritto il contrario.
Inoltre, l’appellante osserva sagacemente che la stessa (OMISSIS), nella lettera 21.10.2003 (doc. 3, 20 pagina), ha riconosciuto di essere stata lei “…a disporre le rettifiche del caso… “, ossia ha ammesso di essersi data carico di smentire e far cancellare la precedente segnalazione, esercitando cosi’ un potere che, almeno normalmente, presuppone il potere di segnalazione e il suo precedente esercizio….. La Corte ritiene che la documentazione proveniente dalla (OMISSIS) dimostri, almeno sino a convincente prova contraria e a dimostrazione d’errore, che la segnalazione in questione sia stata fatta dalla (OMISSIS). Questa, a propria volta, non ha dimostrato che l’attestazione della (OMISSIS) e’ erronea….
1.1.- Contro la sentenza di appello la societa’ convenuta ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso l’intimato.
Nel termine di cui all’articolo 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1.- Con il primo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., nullita’ della sentenza nonche’ vizio di motivazione.
Formula, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, il seguente quesito: se l’attore che solleva una nuova eccezione di natura impeditiva per la prima volta in appello viola il divieto di cui all’articolo 345 c.p.c. e se, dunque, la relativa eccezione e’ inammissibile.
2.1.1.- Il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 bis c.p.c..
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte e’ inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonche’, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’articolo 366-bis cod. proc. civ. (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, sebbene abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47) (Sez. 3, Sentenza n. 12248 del 20/05/2013).
Nella concreta fattispecie la ricorrente non si e’ attenuta al principio innanzi enunciato, formulando un unico quesito di diritto nonostante la congiunta denuncia di vizio di motivazione e violazione di norme di diritto. 2.2.- Con il secondo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c.; nullita’ della sentenza nonche’ vizio di motivazione.
Formula il seguente quesito ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c.: se l’attore che solleva, in replica ad un’eccezione del convenuto, un’altra eccezione di natura impeditiva potenzialmente idonea a neutralizzare l’eccezione del convenuto, e’ tenuto, in applicazione dell’articolo 2697 c.c., comma 2, ad offrire la prova della contro eccezione impeditiva sollevata.
2.2.1.- Il motivo e’ inammissibile per le stesse ragioni esposte sub 2.1.1.
2.3.- Con il terzo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 e 2082 c.c.; nullita’ della sentenza nonche’ vizio di motivazione. Formula, si sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., il seguente quesito: a) se la mera allegazione e finanche la prova di essere socio e/o amministratore di societa’ di capitali, in quanto tali considerati, non sono qualificabili imprenditori commerciali; b) se l’essere imprenditore commerciale non da automatico diritto al risarcimento del danno asseritamente subito a causa di un’erronea segnalazione in Centrale Rischi, a tal fine essendo, invece, necessaria la prova della condotta illecita del danno e del nesso di causalita’ tra la prima e la seconda.
2.3.1.- Il motivo – a prescindere dall’adeguatezza dei quesiti formulati – e’ infondato perche’ la Corte di merito, nell’affermare la responsabilita’ della societa’ ricorrente, ha richiamato anche la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, il cui articolo 15 prevede sia una forma di responsabilita’ da attivita’ pericolosa, richiamando l’articolo 2050 c.c., sia il diritto dell’interessato al risarcimento del danno non patrimoniale (ma v. gia’, Legge n. 675 del 1996, articoli 18 e 29).
Alla luce di questa premessa (non specificamente censurata), poi, la Corte di merito ha provveduto alla liquidazione equitativa di tale danno; liquidazione non attinta da specifica censura nei confronti della motivazione con la quale il giudice di appello ha fatto corretta applicazione analogica del principio enunciato da questa Corte in tema di protesto illegittimo. Principio ribadito anche di recente con l’affermazione per la quale l’illegittima levata di un protesto crea nell’attuale regime di mercato, che si fonda, in via principale, sul credito, un’inevitabile lesione dell’immagine del soggetto protestato, comportando una maggiore difficolta’ di accesso al credito, idonea a tradursi nella negazione o riduzione di futuri prestiti ovvero nella richiesta immediata di esazione di crediti, e determinando un danno, la cui liquidazione puo’ essere effettuata dal giudice anche in via equitativa (Sez. 3, Sentenza n. 3427 del 14/02/2014).
2.4.- Con il quarto motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 19 e 20 c.p.c.; nullita’ della sentenza nonche’ vizio di motivazione.
Formula il seguente quesito ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c.: se in tema di competenza territoriale in una causa avente ad oggetto il risarcimento del danno derivante da responsabilita’ extracontrattuale in cui sia convenuta una persona giuridica, si applica il criterio enunciato dall’articolo 19 c.p.c. e quindi la competenza si radica presso il Tribunale nella cui circoscrizione ha sede la persona giuridica convenuta, perche’ il criterio di cui all’articolo 19 c.p.c. prevale, in ogni caso, sui criteri di cui all’articolo 20 c.p.c.; e comunque se, in presenza di domanda di risarcimento per fatto illecito, a mente dell’articolo 20 c.p.c., la competenza territoriale si radica sempre nel luogo in cui e’ sorta l’obbligazione risarcitoria e nuovamente presso la sede della persona giuridica convenuta.
2.4.1.- Il motivo e’ inammissibile (oltre che per le ragioni esposte per il primo motivo) perche’ la Corte di merito – pur avendo esaminato solo per amore di completezza l’eccezione di incompetenza – ha in via preliminare rilevato l’inammissibilita’ della censura formulata sul punto alla sentenza di primo grado perche’ priva del carattere di specificita’ e in violazione dell’articolo 342 c.p.c. (v. sent. impugnata pag. 12). Contro questa statuizione la societa’ ricorrente non ha formulato alcuna censura, talche’ il motivo – con il quale e’ semplicemente riproposta l’eccezione di incompetenza censurando la seconda motivazione fornita dalla Corte di appello – e’ inammissibile.
3.- Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimita’ – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori e spese forfettarie come per legge.

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