fallimento-impresa

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 30 aprile 2014, n. 9541

Svolgimento del processo

Con sentenza del 23/10- 6/112012, la Corte d’appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, ha respinto il reclamo proposto da Eurostruzioni s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento n. 36/2012.
La Corte del merito ha rilevato che Eurostruzioni aveva depositato, all’interno della procedura prefallimentare attivata da alcuni creditori, due proposte di concordato preventivo, la prima, del novembre 2001, non ammessa per mancanza della maggioranza necessaria, la seconda, nel maggio 2012, dichiarata dal Tribunale inammissibile (rectius, revocata ex art. 173 l.f.), con coeva dichiarazione di fallimento, alla stregua dei rilievi del commissario giudiziale riguardanti la parte della proposta di concordato che non aveva idoneamente suddiviso le tipologie dei crediti tributari, con la conseguente violazione del divieto di effettuare un pagamento non integrale dei crediti privilegiati per iva e ritenute alla fonte, nonché delle regole sulle cause legittime di prelazione, alterate per effetto della previsione del soddisfacimento non integrale dei crediti privilegiati, in violazione dell’art.160 l.f..
Né la reclamante aveva reso alcuna delucidazione a fronte di detti rilievi, né il Tribunale aveva affermato la natura vincolante della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta; né infine era rilevante la questione sul deposito delle spese che si presumono necessarie ex art.163 l.f., posto che il Tribunale non aveva attribuito alcun valore a tale aspetto.
La Corte territoriale osserva che la parte ben avrebbe potuto depositare nuova proposta o emendarla secondo i rilievi del commissario; che il Tribunale effettivamente non aveva tenuto conto della messa in liquidazione della società, motivando sullo stato di insolvenza alla stregua delle indagini della Guardia di Finanza e della relazione del commissario nonché dell’esame diretto della documentazione societaria, mentre avrebbe dovuto effettuare altra indagine, ma dall’esame dirette delle stesse proposte di concordato risulta l’impossibilità della società di soddisfare integralmente tutti i creditori.
Avverso detta pronuncia ricorre Eurocostruzioni s.r.l., sulla base di tre motivi.
Si difende con controricorso il Fallimento.
Gli intimati Tensiter Sarda s.r.l., C.D. Autotrasporti e C.P. non hanno svolto difese.
La ricorrente ed il Fallimento hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli arrt. 160, 161, 162 e 173 l.f., per avere la Corte del merito, in consonanza con il Tribunale, ritenuto che spetti al Giudice la valutazione sulla fattibilità del piano; nel concordato con cessione dei beni, in difetto di diversa ed inequivoca assunzione di responsabilità, oggetto dell’obbligazione è solo la messa a disposizione dei beni, liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione o ne alterino in modo significativo il valore, e l’indicazione della percentuale assume unicamente la funzione chiarificatrice del presumibile risultato del completamento del piano.
Secondo la ricorrente, nel caso non esistono crediti non considerati nella proposta concordataria, che non prevede “alcun trattamento diversificato tra i diversi creditori, la cui unica differenza sarà data dalle legittime cause di prelazione portate da ciascuno di essi; né, di conseguenza, si propone un pagamento parziale dei crediti privilegiati per iva e ritenute alla fonte”. È errata infine l’affermazione della natura preliminare delle persistenti istanze di fallimento rispetto alla seconda proposta di concordato, così come il riferimento all’abuso dello strumento concordatario.
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente denuncia error in procedendo, sostenendo che erroneamente la Corte del merito ha equiparato alla pronuncia di inammissibilità quella di revoca ex 173 l.f., e che quindi difetta nel caso la previa revoca dell’ammissione al concordato.
1.3.- Col terzo mezzo, la parte denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 163 l.f., sostenendo in subordine, ove ritenuta la rilevanza della questione del deposito delle spese (che la Corte del merito ha escluso), la riduzione delle spese presumibili della procedura ed in ogni caso l’illegittimità del mancato reimpiego delle somme originariamente versate in relazione alla prima domanda di concordato non ammessa.
2.1.- Va superata in limine l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Fallimento nella memoria ex art. 378 c.p.c., atteso che, alla stregua del disposto di cui all’art. 162, 3 comma l.f., l’impugnativa per i soli vizi attinenti alla procedura concordataria, ove accolti, sono destinati a riverberarsi sulla sentenza di fallimento (sul principio, le pronunce 22083/2013 e 3586/2011).
2.2.- Il primo motivo è infondato.
La Corte del merito non ha in alcun modo espresso un giudizio sulla fattibilità economica del piano o della proposta, ma, come evidenziato chiaramente nella pronuncia impugnata, in consonanza con quanto già ritenuto dal Tribunale, ha condotto una valutazione di mera legittimità, riscontrando nella previsione del soddisfacimento parziale dei crediti privilegiati e, fra questi, quello per iva e ritenute alla fonte, la violazione di norme imperative di legge, ovvero del divieto del pagamento parziale dei crediti privilegiati per iva e per ritenute alla fonte, ex art. 182 ter l.f., e dell’alterazione delle cause legittime di prelazione, ex art. 160, 2 comma l.f..
E, come affermato nelle pronunce 22931/2011 e 7667/2012, l’intangibilità dei detti crediti, ex art. 182 ter l.f., sussiste anche per le procedure cui non sia applicabile ratione temporis l’art. 32 del d.l. 185/2008, conv. nella l. 2/2009, n. 2, che ha modificato il primo comma dell’art. 182-ter l. f., in quanto la disposizione, che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell’iva, ha natura eccezionale e attribuisce al credito un trattamento peculiare ed inderogabile; ne consegue che la sua portata sostanziale si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito iva.
Così statuendo, la Corte territoriale si è chiaramente attenuta alla propria funzione di controllo nella tutela della legalità della procedura.
Ed infatti, come è stato più volte ribadito da questa Corte (vedi la pronuncia delle Sezioni unite 1521/2013 e la successiva, resa a sezione semplice, 11014/2013, tra le altre), il controllo di legittimità da parte del Giudice, che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato, non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.
Nel resto, il ricorrente tenta di sminuire la valenza della suddivisione dei creditori in classi e dell’indicazione delle percentuali di pagamento, sostenendo che nel concordato con cessione dei beni, l’indicazione della percentuale assume solo una “funzione chiarificatrice del presumibile risultato del completamento del piano di concordato”.
Tale difesa è evidentemente inidonea ad incidere sulla rilevata illegittimità delle modalità liquidatorie, parte essenziale della proposta, che la parte ha indicato.
2.2.- Il secondo motivo va respinto.
La ricorrente sostiene che la pronuncia di fallimento emessa in difetto del presupposto della necessaria previa revoca dell’ammissione al concordato costituisce vizio procedurale.
Tale prospettazione non coglie la specificità sul punto della pronuncia impugnata, che ha ritenuto che il Tribunale fosse incorso in un mero vizio formale, dichiarando l’inammissibilità della proposta, invece della revoca dell’ammissione ai sensi dell’art. 173 l.f., avendo riscontrato la mancanza delle condizioni legittimanti la stessa.
2.3. – Il terzo motivo è inammissibile, in quanto rivolto a censurare il profilo del deposito delle spese ex art. 163 l.f., che la Corte Territoriale ha ritenuto irrilevante nella decisione del Tribunale.
3.1. – Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.

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