Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 26 marzo 2015, n. 6132

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9337/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositato il 11/10/2013; n. 180/13 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato LAURO MASSIMO che si riporta;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato SANTI ROSSELLA che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Alla fine dell’unione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il Tribunale di Milano dispose l’affidamento condiviso del figlio (OMISSIS) nato nel (OMISSIS); dispose l’assegnazione della casa familiare alla madre nell’ipotesi in cui il figlio fosse rimasto collocato presso di lei a (OMISSIS) e disciplino’ le modalita’ di frequentazione con il padre; determino’ in euro 1000,00 rivalutabili il contributo mensile dovuto dal (OMISSIS).

La Corte d’appello di Milano, Sezione per i minorenni, adita dal (OMISSIS), con decreto 9.7.2009, considerato che la (OMISSIS) si era trasferita a (OMISSIS) portando con se’ il figlio senza un accordo con l’altro genitore, ha ritenuto che tale comportamento integrasse una violazione delle prescrizioni del primo giudice e giustificasse l’ammonimento della (OMISSIS) a non porre in essere comportamenti ostruzionistici diretti ad ostacolare il rapporto padre-figlio, ma non l’accoglimento della richiesta del (OMISSIS) di ritrasferimento del figlio a (OMISSIS) dove lui abitava. Tale richiesta e’ stata rigettata anche con successivo decreto 11 ottobre 2013, nel quale la medesima Corte ha ritenuto che il figlio si era ormai radicato a Roma dove frequentava la scuola materna e non manifestava segni di disagio; inoltre dalla c.t.u. risultava che il rapporto con il padre non era positivo per il minore e che mancavano segnali negativi quanto al rapporto con la madre. Quindi la Corte ha disposto, anche a causa della estrema conflittualita’ tra i genitori, l’affido temporaneo di (OMISSIS) al Comune di Roma, luogo di residenza del minore, in modo da consentire ai servizi sociali di monitorare la situazione quanto al rapporto padre-figlio; ha revocato l’assegnazione alla (OMISSIS) della casa familiare di (OMISSIS) e disciplinato gli incontri tra padre e figlio a (OMISSIS) e (OMISSIS); ha confermato il contributo di mantenimento di euro 1000,00 a carico del (OMISSIS), oltre al 50% delle spese straordinarie preventivamente concordate.

Avverso questo provvedimento il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost., comma 7, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria; la (OMISSIS) si difende con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione, sollevata dalla controricorrente e dal P.G., di inammissibilita’ del ricorso avverso il provvedimento impugnato, che si assume privo dei caratteri della decisorieta’ e definitivita’ ex articolo 111 Cost., comma 7, e’ infondata.

Questa Corte ha osservato che, in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, gia’ la Legge 8 febbraio 2006, n. 54, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio, esprimeva un’evidente assimilazione della posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio, in tal modo conferendo una definitiva autonomia al procedimento di cui all’articolo 317 bis c.c., (testo previgente) ed avvicinandolo a quelli in materia di separazione e divorzio con figli minori, senza che assuma alcun rilievo la forma del rito camerale, previsto, anche in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerita’ e snellezza; di conseguenza, nel regime di cui alla Legge n. 54 cit., sono impugnabili con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost., i provvedimenti emessi dalla Corte d’appello, Sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, ivi compresa l’assegnazione della casa familiare (v. Cass. n. 23032 e 23411 del 2009). Questo principio e’ certamente valido, a maggior ragione, dopo la riforma (Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154) che ha completamente assimilato la posizione dei figli nati da genitori coniugati e non. L’impugnato decreto, provvedendo sull’affidamento del figlio e sul suo mantenimento, presenta i requisiti della decisorieta’, risolvendo una controversia tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitivita’, con efficacia assimilabile rejbus sic stantibus a quella del giudicato ed e’ quindi ricorribile per cassazione, a norma dell’articolo 111 Cost..

Venendo ai motivi del ricorso, nel primo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 155 e 155 quater c.c., e vizio di motivazione, per avere erroneamente confermato il collocamento del figlio (OMISSIS) a Roma, dove si trovava per una decisione unilaterale della madre, senza autorizzazione del Tribunale per i minorenni e senza valutarne la conformita’ all’interesse del minore sulla base di indagini psicologiche non espletate, anziche’ disporne il ritrasferimento a (OMISSIS) presso la sua precedente residenza anagrafica. Ne sarebbe derivata la violazione dei principi in tema di affidamento condiviso che miravano a garantire un rapporto equilibrato e continuativo con entrambe le figure genitoriali e del principio secondo cui le decisioni fondamentali per i figli (tra le quali anche quella della residenza) devono essere assunte di comune accordo dai genitori e, in caso di disaccordo, rimesse al giudice. Il motivo e’ infondato.

La Corte d’appello, dopo avere stigmatizzato il comportamento della (OMISSIS) per la sua decisione unilaterale di portare con se’ il figlio a (OMISSIS) (affidato inizialmente ad entrambi i genitori in modo condiviso), dove si era trasferita per motivi di lavoro, ha rilevato che la sua permanenza a (OMISSIS) corrispondeva all’interesse del figlio il quale li’ si era radicato ed un suo ritrasferimento a (OMISSIS), ove risiedeva il padre con il quale egli non aveva un rapporto positivo, sarebbe stato negativo; di conseguenza, ha rimodulato, in relazione alla nuova situazione determinatasi, il regime degli incontri della minore con il padre, motivando al riguardo anche in ordine all’opportunita’ di affidarlo temporaneamente al Comune di Roma.

Questa decisione fa corretta applicazione del principio secondo cui le decisioni riguardanti i figli minori, compresa la scelta della sua residenza, non devono tenere conto degli interessi dei genitori, ma esclusivamente dell’interesse del minore stesso, anche nei casi in cui questo possa eventualmente coincidere, in via di fatto, con quello di uno dei genitori affidatari che non abbia rispettato il metodo dell’accordo in tema d’indirizzo della vita familiare fissato dall’articolo 144 c.c., applicabile anche per la scelta della residenza del figlio affidato ad entrambi i genitori in modo condiviso dopo la separazione tra coniugi o dopo l’interruzione della convivenza tra i genitori non coniugati.

Nel secondo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 155 c.c., e vizio di motivazione, si assume la violazione del principio secondo cui la conflittualita’ tra i genitori non impedisce di disporre l’affidamento condiviso, senza l’espletamento di indagini sulla capacita’ genitoriale ne’ sull’interesse del minore.

Il motivo, che critica la decisione impugnata per avere escluso l’affidamento condiviso del figlio, affidato temporaneamente al Comune di Roma sotto la vigilanza dei servizi sociali, e’ infondato.

Se e’ vero che il conflitto fra i genitori non e’, di per se’ solo, idoneo ad escludere l’affidamento condiviso, che il legislatore ha mostrato di ritenere come il regime ordinario (v. Cass. n. 1777/2012), questa Corte ha ritenuto possibile escluderlo in presenza di un pregiudizio per l’interesse del figlio laddove l’altro genitore risulti inidoneo o manifesti carenze sul piano educativo (v. Cass. n. 16593/2008, n. 5108/2012). A tale riguardo, la Corte d’appello ha motivato circa il negativo rapporto del figlio (descritto in sua presenza come “nervoso, iperattivo e aggressivo”) con il padre che in questa sede agisce per far ristabilire il precedente regime di affidamento condiviso con collocamento a (OMISSIS) presso di lui o per ottenerne l’affidamento esclusivo. La censura mira in sostanza a una revisione del giudizio di fatto compiuto dal giudice di merito che e’ insindacabile in sede di legittimita’, tanto piu’ che non e’ stato specificamente allegato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, a norma del novellato articolo 360 c.p.c., n. 5, (nel nuovo testo riformulato ad opera del Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. in Legge n. 134 del 2012, applicabile nella fattispecie ratione temporis).

Nel terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 148 e 155 c.c., per avere determinato il contributo al mantenimento del figlio in un importo che non terrebbe conto della sua modesta capacita’ reddituale.

Il motivo e’ infondato per ragioni analoghe al precedente, mirando anch’esso alla revisione del giudizio di fatto che e’ stato compiuto dai giudici di merito in ordine alla valutazione della sua capacita’ reddituale, ai fini della quantificazione del contributo di mantenimento, anche tenendo conto che egli ha riottenuto la piena disponibilita’ della propria abitazione di Milano, e senza specifica allegazione dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rilevante agli effetti dell’articolo 360 n. 5 c.p.c. In conclusione, in ricorso e’ rigettato. Le spese del giudizio sono compensate, in considerazione della delicatezza e della natura delle questioni trattate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.

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