cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 22 settembre 2014, n. 38637


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 947/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO, del 26/09/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

lette le conclusioni del PG Dott. Francesco Salzano, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 26.9.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Milano respingeva il reclamo proposto nell’interesse di (OMISSIS) avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di Sorveglianza della stessa sede aveva dichiarato il predetto (OMISSIS) delinquente abituale, applicando la misura di sicurezza della casa di lavoro per due anni.
1.1. Il Tribunale condivideva il giudizio di infondatezza, espresso dal Magistrato di Sorveglianza, della preliminare eccezione d’improcedibilita’ dedotta dal detenuto a norma dell’articolo 14 della convenzione Europea di estradizione del 13.12.1957, atteso che l’estradizione era stata concessa in relazione a sentenza di condanna emessa per tentato omicidio dal Tribunale di Milano in data 5.5.2005 (irrevocabile il 4.11.2008), condanna che aveva indotto il P.M., anche alla luce del certificato penale – riportante condanne per reati contro il patrimonio ed altro a pene superiori ad anni quindici di reclusione – a richiedere ed ottenere ai sensi dell’articolo 103 c.p., la dichiarazione di delinquenza abituale con applicazione della sopra menzionata misura di sicurezza, per la pericolosita’ sociale con carattere di attualita’ del condannato.
Sulla questione dell’eccezione preliminare in rito, osservava, inoltre, il Tribunale di Sorveglianza che il (OMISSIS) non avrebbe mai potuto dare il consenso alla ipotetica applicazione della misura di sicurezza, perche’ al momento della concessione della estradizione non era possibile sapere se vi sarebbero stati in futuro i presupposti per la sua applicabilita’.
2. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del suo difensore di fiducia, deducendo violazione di legge in relazione agli articoli 666 e 699 c.p.p., e articolo 14 della Convenzione Europea sull’estradizione del 13.12.1957, nonche’ vizio di motivazione.
Premette il difensore ricorrente che il (OMISSIS) in data 17.2.2012 era stato estradato dalla Spagna per l’espiazione della pena di cinque anni di reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Milano in data 5.5.2005 (irrevocabile il 4.11.2008) per il reato di tentato omicidio e altro commesso nel (OMISSIS).
Il (OMISSIS), dopo essere stato consegnato all’autorita’ italiana, aveva prestato il consenso a che fossero eseguite nei suoi confronti anche le restanti condanne risultanti dal provvedimento di cumulo a suo carico, ma non comprese nel Mandato di Arresto Europeo per il quale era stato estradato.
Si avviava, poi, l’attuale procedimento di sorveglianza per la dichiarazione di delinquenza abituale e per l’applicazione della misura di sicurezza della casa di lavoro.
Detto procedimento – deduceva il difensore – era viziato da carenza di condizione di procedibilita’, non avendo mai l’estradato prestato il consenso all’estensione dell’estradizione anche alla domanda di delinquenza abituale e di applicazione della misura di sicurezza, ne’ risultava mai richiesta l’estensione anche per tale giudizio.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, in adesione ai motivi di ricorso, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Evidenzia, in particolare, che il procedimento di sorveglianza de quo e’ stato iniziato dopo l’esecuzione del M.A.E. e che non risulta che la misura di sicurezza fosse gia’ espressamente contemplata nella sentenza di condanna per la quale era stato concesso il predetto mandato; sottolinea, inoltre, che per la misura di sicurezza implicante una restrizione della liberta’ personale e’ applicabile il principio di specialita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e, pertanto, merita accoglimento.
1.1. Osserva la Corte che il principio di specialita’, gia’ sancito dall’articolo 14, comma 1 della Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata con Legge 30 gennaio 1963, n. 300, e previsto dall’articolo 721 c.p.p., e’ stato ribadito dalla Legge 22 aprile 2005, n. 69, articolo 32, recante “Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/5 84/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato di arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri”.
In forza di tale disciplina “la consegna della persona ricercata e’ soggetta ai limiti del principio di specialita’, con le eccezioni previste, relative alla procedura di consegna passiva, dall’articolo 26”, ed e’, cioe’, sempre subordinata alla condizione che, “per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per cui e’ stata concessa, la persona non venga sottoposta ad un procedimento penale, ne’ privata della liberta’ personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, ne’ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della liberta’ personale”.
La disposizione di cui all’articolo 26, comma 1, citato non si applica quando:
“a) il soggetto consegnato, avendone avuta la possibilita’, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale e’ stato consegnato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno;
b) il reato non e’ punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della liberta’ personale;
c) il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della liberta’ personale;
d) la persona e’ soggetta a una pena o a una misura che non implica la privazione della liberta’, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se puo’ limitare la sua liberta’ personale;
e) il ricercato ha acconsentito alla propria consegna, oltre a rinunciare al principio di specialita’ con le forme di cui all’articolo 14;
f) dopo essere stata consegnata, la persona ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialita’ rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia e’
raccolta a verbale dall’autorita’ giudiziaria dello Stato membro di emissione, con forme equivalenti a quelle indicate all’articolo 14”.
L’interpretazione di tali disposizioni e’ stata sempre nel senso che il principio di specialita’ opera anche in fase esecutiva ed impedisce che l’estradato, in mancanza o in attesa dell’estradizione suppletiva, sia sottoposto a limitazione della liberta’, per effetto, ad esempio, del cumulo di una sentenza resa per fatti diversi da quelli per cui e’ stata concessa la estradizione (v., tra le piu’ recenti, Sez. 1, n. 3791 del 7/11/2013, dep. 28/1/2014, Allegro, Rv. 259163; Sez. 6, n. 39240 del 23/9/2011, Caiazzo, Rv. 251366) o comunque di qualsiasi provvedimento successivo, che renda eseguibile una sentenza.
1.2. Questa Corte ha, di recente, affermato (e il Collegio condivide l’assunto) che il principio di specialita’ di cui alla Legge n. 69 del 2005, articolo 26, non si applica con riferimento alle misure di sicurezza che comportino una semplice limitazione della liberta’ personale e non una restrizione della stessa (Sez. 1, n. 35768 del 5/7/2013, Marotta, Rv. 256298, in fattispecie relativa alla applicazione della liberta’ vigilata a soggetto consegnato in Italia in esecuzione di mandato di arresto Europeo).
2. Tanto premesso, considerato che la misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di lavoro applicata dal Magistrato di Sorveglianza al (OMISSIS) ha carattere indubbiamente detentivo (v. l’espressa formulazione dell’articolo 215 c.p., commi 1 e 2, n. 1)); che detta misura non risulta applicata con la sentenza di condanna per la quale venne emesso a carico del ricorrente il mandato di arresto Europeo; che l’interessato non risulta aver mai prestato in modo espresso e formale, cosi’ da risultare inequivoco (Sez. 1, n. 14005 del 22/2/2007, Cavallin, Rv. 236435), il consenso alla sottoposizione a una misura di sicurezza detentiva non accessoria alla sentenza di condanna oggetto della concessa estradizione, si ritiene che l’ordinanza impugnata sia incorsa nella violazione di legge denunciata e, conseguentemente, debba essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano, che dovra’ attenersi al suenunciato principio di diritto, provvedendo, peraltro, ad accertare i presupposti di applicabilita’ della misura di sicurezza in parola anche in relazione ad eventuali circostanze sopravvenute.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.

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