Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 18 giugno 2015, n. 12642

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente

Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2983/2013 proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di erede di (OMISSIS), ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE STUDIO LEGALE PANCRAZI (C.F./P.I. (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

  • ricorrenti –

contro

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

  • controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1412/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2015 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli altri motivi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali legali rappresentanti dello studio legale Pancrazi – associazione professionale, convenivano dinanzi al Tribunale di Pisa le signore (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ la societa’ (OMISSIS) s.a.s. per ottenerne la condanna al pagamento della somma di euro 135.358,98, a titolo di compenso dell’opera professionale prestata, giudiziale ed extragiudiziale, in loro favore.

Si costituivano ritualmente le convenute, eccependo l’inesistenza di alcun incarico conferito in nome e per conto della societa’, di cui le prime tre non avevano la rappresentanza, e chiedevano l’accertamento dell’effettiva obbligazione maturata a carico di queste ultime, tenuto conto dell’attivita’ svolta, dei risultati ottenuti, degli acconti percepiti e del loro credito di lire 85.000, a titolo di corrispettivo della ristrutturazione dell’immobile di proprieta’ degli attori eseguita dalla societa’.

Con sentenza n. 111/2008 il Tribunale di Pisa condannava le signore (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento di quanto effettivamente accertato, oltre alla rifusione delle spese di giudizio.

In accoglimento del successivo gravame la Corte d’appello di Firenze, con sentenza 29 ottobre 2012 dichiarava l’inammissibilita’ della domanda proposta dall’avv. (OMISSIS) e rigettava quella svolta dall’avv. (OMISSIS) e dello studio legale Pancrazi – associazione professionale, con condanna degli appellati alla restituzione della somma percepita in esecuzione della sentenza di primo grado oltre alla rifusione delle spese processuali.

Motivava:

– che nelle more tra la notifica della citazione di primo grado, eseguita il 21 novembre 2002, e l’udienza di prima comparizione del 13 febbraio 2003 era intervenuto, in data 18 gennaio 2003, il decesso dell’avv. (OMISSIS), che aveva promosso il giudizio con l’avv. (OMISSIS), “anche disgiuntamente”, in proprio e quale legale rappresentante dello studio legale Pancrazi – associazione professionale, e tale evento non era stato dichiarato nelle successive udienze;

– che il mandato disgiunto doveva intendersi riferito all’associazione professionale, non legittimata peraltro a sostituirsi ai professionisti nei rapporti con la clientela;

– che quindi l’avv. (OMISSIS) rivestiva la duplice veste di parte sostanziale e di difensore di se stesso e sebbene l’omessa interruzione del giudizio, dopo il suo decesso non dichiarato, non potesse essere fatta valere dalle controparti, restava il fatto che l’avv. (OMISSIS) – che lo aveva proseguito, senza dichiarare l’evento, ex articolo 300 c.p.c. – era legittimato ad agire solo per il proprio credito; e non pure per il compenso dovuto alla parte defunta, per prestazioni professionali da essa rese, in via esclusiva, dal 1996 al maggio 2001;

– che neppure poteva avere effetto sanante la costituzione degli eredi, avvenuta in grado d’appello, ne’ era possibile enucleare dalla somma complessiva unitariamente pretesa con l’atto di citazione il compenso dovuto all’avv. (OMISSIS) per l’opera professionale da lui effettivamente prestata.

Avverso la sentenza, non notificata, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quali eredi dell’avv. (OMISSIS), e l’associazione professionale studio legale (OMISSIS) proponevano ricorso per cassazione, notificato il 17 gennaio 2013 e articolato in tre motivi.

Resistevano con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

All’udienza dell’1 aprile 2015 il Procuratore generale ed il difensore dei ricorrenti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la nullita’ della sentenza per omesso contraddittorio, ex articolo 183 c.p.c., comma 4, sulla questione, rilevata d’ufficio, dell’inammissibilita’ della domanda proposta dall’avv. (OMISSIS) in primo grado.

Il motivo e’ infondato.

La sanzione di nullita’ della c.d. sentenza a sorpresa, o della terza via, e’ stata introdotta nell’articolo 101 c.p.c., mediante l’aggiunta di un comma 2, dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, comma 13. Tale disposizione, pero’, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, della medesima legge, si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore: e quindi, in epoca successiva alla promozione del presente giudizio.

E’ vero che l’articolo 183, nel testo ratione temporis vigente, contemplava gia’ la doverosita’ dell’indicazione, da parte del giudice istruttore, delle questioni rilevabili d’ufficio di cui si ritenesse opportuna la trattazione: ma si trattava, all’epoca, solo di lex imperfecta, priva di sanzione, pur se rispondente al principio generale di collaborazione, immanente al processo civile.

Con il secondo motivo si censura la violazione dell’articolo 161 c.p.c., e dei principi sulla legittimazione ad agire in relazione alla disciplina dell’interruzione, giacche’ la corte territoriale ha ritenuto la carenza di legittimazione dell’avv. (OMISSIS), morto nel corso del giudizio di primo grado.

Il motivo e’ fondato.

Premesso, in punto di diritto, che il decesso della parte sostanziale nel corso del giudizio, se non dichiarato a fini interruttivi ai sensi dell’articolo 300 c.p.c., non fa venir meno l’efficacia della sentenza nei confronti degli eredi, appare evidente la contraddizione in cui e’ incorso il giudice d’appello nel dichiarare, da un lato, irrilevante l’omessa interruzione del giudizio a seguito del decesso dell’avv. (OMISSIS) – nel contempo, parte sostanziale e difensore di se stesso – e nel rilevare d’ufficio, per contro, la carenza di legitimatio ad causam dell’altro avvocato costituito, (OMISSIS), nel proseguire il giudizio: stante l’assenza di alcuna eccezione al riguardo da parte degli eredi, appellanti, che hanno anzi dimostrato di volersi avvalere della sentenza di primo grado, loro favorevole.

Non senza aggiungere che l’avv. (OMISSIS), figlio ed erede della parte defunta, era comunque legittimato a proseguire il giudizio: restando sanata l’omessa integrazione del contraddittorio verso gli altri eredi per effetto della loro rinunzia implicita alla relativa eccezione in sede di gravame.

L’accoglimento del presente motivo assorbe la disamina di quello successivo, con cui si deduce, in via subordinata, la violazione dell’articolo 1298 c.c., comma 2, nel mancato rilievo della solidarieta’ attiva fra i due professionisti, che renderebbe superfluo l’accertamento del riparto del credito del compenso nei rapporti interni.

Il ricorso e’ dunque infondato e dev’essere respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessita’ delle questioni trattate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimita’.

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