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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 13 giugno 2014, n. 13507

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. BENINI Stefano – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2865/2008 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso il Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.C.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1269/2006 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2014 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari la (OMISSIS) s.r.l. per sentirla condannare al risarcimento dei danni contrattuali o, in subordine, precontrattuali subiti per aver partecipato ad una gara d’appalto indetta dalla cooperativa per la costruzione di villette unifamiliari in (OMISSIS), che non le era stata aggiudicata nonostante essa avesse formulato l’offerta economicamente piu’ vantaggiosa.

Le domande furono respinte dal giudice di primo grado.

L’appello proposto dalla soccombente contro il solo capo della decisione che aveva rigettato la domanda svolta ai sensi dell’articolo 1337 c.c., e’ stato a sua volta respinto dalla Corte d’appello di Bari, con sentenza del 28.12.06.

La corte territoriale, per cio’ che nella presente sede ancora interessa, ha rilevato che nel bando di gara era inserita una clausola con la quale “l’appaltatore si riserva(va) comunque la possibilita’ di procedere all’aggiudicazione a suo insindacabile giudizio..” il che, per un verso, comportava che il bando andasse qualificato non gia’ come offerta al pubblico ma come mero invito ad offrire, e, per l’altro, portava alla conclusione che l’appellante non poteva nutrire alcun ragionevole affidamento circa un esito della gara ad essa favorevole.

La sentenza e’ stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi e illustrato da memoria, cui la (OMISSIS) a r.l. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS), denunciando violazione dell’articolo 1337 c.c., deduce che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del merito, le modalita’ di svolgimento della gara, modellate secondo quelle bandite per l’aggiudicazione di appalti pubblici, aveva fatto sorgere il suo ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto nel caso in cui la sua offerta fosse risultata quella maggiormente conveniente, posto che la liberta’ di scegliere il contraente anche a prescindere dalla graduatoria non comporta la possibilita’ di scelta arbitraria e che nessuna clausola di scelta discrezionale puo’ scriminare il comportamento della parte che abbia violato il principio di buona fede.

2) Col secondo motivo, denunciando violazione degli articoli 1366 e 1370 c.c., la ricorrente ribadisce che l’espressione di un giudizio di gradimento che il proponente si riservi attraverso apposita clausola del bando non puo’ tradursi in scelta arbitraria. Sostiene che, secondo un’interpretazione secondo buona fede della clausola con la quale la coop. (OMISSIS) si era riservata la possibilita’ di aggiudicare la gara “a suo insindacabile giudizio”, il mancato gradimento avrebbe dovuto esprimersi per obiettive e motivate ragioni e non per effetto di imperscrutabili scelte della proponente e che il dubbio interpretativo avrebbe dovuto risolversi in suo favore.

I motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, vanno dichiarati inammissibili.

In via generale va ricordato che, perche’ possa ritenersi integrata la responsabilita’ precontrattuale, e’ necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilita’ il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilita’, interrompa le trattative senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilita’, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto (Cass. nn. 4802/013, 7768/07, 11438/04).

La verifica della ricorrenza di tutti questi elementi, risolvendosi in accertamento di fatto, e’ demandato al giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ se adeguatamente motivato (Cass. n. 11438/04 cit.).

Gia’ sotto tale primo profilo appare palese la genericita’ delle censure illustrate dalla ricorrente che, lungi dall’individuare vizi logici della motivazione che sorregge la pronuncia impugnata, si risolvono nella richiesta di una diversa interpretazione della clausola contrattuale di gradimento, oltretutto fondata su presupposti di fatto (la maggiore convenienza economica della proposta da essa formulata, l’assoluta arbitrarieta’ della scelta operata dalla cooperativa) rimasti del tutto indimostrati.

Cio’ che maggiormente rileva, tuttavia, e’ che la corte territoriale, proprio in ragione dell’esistenza della predetta clausola contrattuale, ha escluso la natura vincolante del bando, qualificandolo come mero invito ad offrire e non come vera e propria proposta di contratto.

Le censure della ricorrente, che non investono in alcun modo il predetto accertamento, da solo idoneo a giustificare il rigetto della domanda risarcitoria ex articoli 1336/37 c.c., si rivelano, in definitiva, prive di effettiva attinenza alla decisione.

3) Il terzo motivo del ricorso, in buona parte meramente ripetitivo delle doglianze gia’ illustrate nei primi due e quindi inammissibile per le ragioni appena esposte, e’ invece manifestamente infondato laddove invoca l’applicazione al caso in esame del principio di diritto enunciato da Cass. n. 13922/01 in fattispecie del tutto diversa, in cui il bando di concorso indetto dall’impresa privata non conteneva un’esplicita clausola di gradimento.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in e euro 5.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

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