CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 1 ottobre 2015, n. 19645

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente

Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7700-2009 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C. E DEI SINGOLI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); VITO MONTANARO & FIGLI S.N.C.; (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il 04/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2015 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso, inammissibilita’ o rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per l’inammissibilita’ o infondato.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con sentenza del (OMISSIS), il Tribunale di Bari dichiarava il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. nonche’ dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dopo la dichiarazione di esecutivita’ dello stato passivo, con istanza del 16.10.2006 i signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) presentavano proposta di concordato con cessione in loro favore di tutti i beni compresi nell’attivo fallimentare e versamento da parte loro nelle casse del fallimento della somma necessaria per dotare la procedura della liquidita’ occorrente per disporre i pagamenti – nei limiti previsti nella proposta – a favore dei creditori ammessi al passivo (o che avessero domandato tardivamente l’ammissione) alla data della presentazione della istanza. Versamento garantito mediante lettere di un istituto di credito nelle quali si attestava che ciascuno dei proponenti disponeva di una somma di euro 650.000 erogabile a sua semplice richiesta.

Ottenuto il parere favorevole del Curatore e del Comitato dei creditori, la proposta veniva approvata dai creditori. Effettuate quindi le comunicazioni di legge, la fallita (OMISSIS), con ricorso depositato il 23 marzo 2007, proponeva opposizione, che il Tribunale con decreto depositato il 25 giugno 2007 rigettava, provvedendo alla omologazione del concordato “alle condizioni tutte di cui alla proposta, con trasferimento in favore degli assuntori dei beni mobili e immobili solo a seguito dell’integrale esatto adempimento del concordato”. Avverso il decreto di omologazione la (OMISSIS) proponeva reclamo alla Corte di appello di Bari dolendosi, tra l’altro, della nullita’ del decreto per la partecipazione al collegio decidente del giudice delegato alla stessa procedura concorsuale oggetto della domanda di concordato, nonche’ dell’omesso differimento della esecutivita’ del decreto di omologazione fino allo spirare dei termini per proporre il reclamo o al momento in cui si esauriscono le impugnazioni, in violazione dei limiti posti dalla L.F., articolo 130, comma 1 alla esecutivita’ della proposta di concordato; esprimeva inoltre dubbi e perplessita’ sulla idoneita’ della proposta stessa a garantire l’esatta esecuzione degli obblighi concordatari, stante la disponibilita’ limitata al termine del 30.6.2007 delle somme attestate come esistenti dagli istituti bancari.

Con decreto depositato il 4 febbraio 2008, la Corte d’appello di Bari rigettava il reclamo, osservando per quanto qui ancora rileva: a) che la dedotta nullita’ non sussisteva, atteso che l’omologazione e l’opposizione previste dalla L.F., articolo 129 non postulano affatto l’esistenza di un provvedimento assunto dal giudice delegato, ne’ puo’ assimilarsi il relativo procedimento al giudizio riguardante provvedimenti adottati dal giudice stesso, tenendo presente che sulla proposta di omologazione avanzata da terzi e sulla opposizione spiegata dai falliti egli non esprime alcun giudizio di legittimita’ o di convenienza; b)che, quanto al disposto della L.F., articolo 130 – come modificato dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006 – esso non puo’ che riferirsi ai decreti conclusivi delle diverse opposizioni, si’ da non impedire la applicazione anche nella specie della regola generale, posta dalla L.F., articolo 26, comma 5, della immediata esecutivita’ dei decreti adottati dal tribunale, nonostante il reclamo; c) che rettamente il Tribunale aveva considerato i limiti dei poteri di indagine e di verifica disponibili dal giudice della opposizione alla proposta concordataria a seguito della nuova struttura del concordato delineata dalla riforma del 2006, ed avverso tali argomentazioni la opponente aveva opposto censure vaghe e generiche, tanto piu’ considerando come solo a seguito del regolare e puntuale adempimento delle obbligazioni concordatarie potra’ l’attivo fallimentare essere trasferito agli assuntori.

Avverso tale provvedimento la signora (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 111 Cost. affidato a tre motivi, cui resistono con controricorso i signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). La intimata curatela non ha svolto difese.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. Con il primo motivo viene censurato il rigetto della eccezione, che la ricorrente aveva proposto nel reclamo, di nullita’ del decreto di omologazione in quanto adottato da un collegio di cui aveva fatto parte il giudice delegato al fallimento. La ricorrente insiste nella sua tesi secondo la quale tale partecipazione costituirebbe violazione del disposto della L.F., articolo 25, comma 2, e quindi vizio di costituzione del giudice comportante ex articolo 158 cod. proc. civ. nullita’ del provvedimento emesso dal giudice stesso.

La doglianza non merita accoglimento.

In primo luogo, giova evidenziare che l’orientamento piu’ volte espresso da questa Corte di legittimita’ e’ nel senso che la inosservanza dell’obbligo di astensione – all’infuori della ipotesi, regolata dall’articolo 51 c.p.c., n. 1, nella quale il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento – assume rilievo solo quale motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell’organo decidente e sulla validita’ della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione – come nella specie – di detta istanza nei termini e con le modalita’ di legge preclude la possibilita’ di far valere tale vizio in sede di impugnazione (cfr. Sez. 1 n. 22999/14; n. 10900/10; Sez. 3 n. 12263/09; S.U. n. 5087/08; Sez. 1 n. 565/07; S.U. n. 16615/05).

Vero e’ che recentemente si e’ manifestato nella giurisprudenza di questa Corte anche un orientamento contrario per le ipotesi nelle quali sia la legge stessa a prevedere espressamente una specifica causa di incompatibilita’, vietando che del collegio decidente in alcuni procedimenti faccia parte un determinato giudice: in particolare, si e’ ritenuto (cfr. Sez. 1 n. 5426/12; Sez. L n. 4677/15) che produca vizio di costituzione del giudice ex articolo 158 cod. proc. civ. la violazione del divieto, introdotto dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006 nella L.F., articoli 25 e 99, per il giudice delegato di far parte, rispettivamente, del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti, e del collegio che decide sulle impugnazioni del decreto di esecutivita’ dello stato passivo da lui emesso.

Ma la adozione di tale tesi interpretativa non condurrebbe comunque nella specie alla conclusione esposta nel motivo: il divieto di cui all’articolo 25, comma 2 si mostra invero inapplicabile al giudizio di omologazione del concordato previsto dalla L.F., articolo 129, che – come rettamente rilevato dalla Corte distrettuale nel provvedimento in esame – non e’ assimilabile, ai fini considerati, al reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato. Non e’ dato invero individuare, nell’ambito della procedura concordataria, la previsione di alcun atto dispositivo di tale procedura da parte del giudice delegato, consistendo piuttosto la funzione di tale organo in quel contesto nel coordinare ed organizzare le varie fasi dell’avanzamento progressivo del procedimento stesso. Ne’ puo’ in contrario ritenersi sufficiente il solo richiamo, che figurava contenuto nella L.F., articolo 129 (nel testo introdotto dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, vigente all’epoca e poi soppresso con il Decreto correttivo), alla L.F., articolo 26, commi 5, 6, 7 e 8 in quanto applicabili, perche’ la prevista applicazione nel giudizio di opposizione al concordato di alcune delle norme regolanti il procedimento di reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato non implica anche, in difetto di espresso richiamo della incompatibilita’ prescritta dall’articolo 25, comma 2, la estensione a tale giudizio della incompatibilita’, la cui ratio evidente si mostra del resto inidonea, per la sopra indicata diversita’ di oggetto intercorrente tra i due giudizi, a giustificare una siffatta estensione analogica.

2. Con il secondo motivo la ricorrente si duole del rigetto del suo motivo di reclamo afferente l’interpretazione della L.F., articolo 130, insistendo nel sostenere che il tribunale aveva travalicato i limiti imposti da tale norma (il cui primo comma dispone che la proposta di concordato diventa efficace con la scadenza dei termini per proporre opposizione o con l’esaurimento delle impugnazioni previste dall’articolo 129) la’ dove aveva disposto l’immediato trasferimento in favore degli assuntori del concordato dei beni mobili e immobili acquisiti all’attivo fallimentare, invece di differire tale trasferimento al momento di acquisizione di efficacia del decreto di omologazione.

Osserva tuttavia il collegio che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte di legittimita’, la denunzia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse alla astratta regolarita’ della attivita’ giudiziaria, bensi’ l’interesse alla eliminazione del pregiudizio arrecato da tale violazione all’esercizio dei diritti della parte nel processo: e’ cioe’ inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione che si limiti ad evidenziare l’erroneita’ di una determinata statuizione senza precisare il pregiudizio che ne sarebbe derivato per la parte ricorrente, ne’ in che modo la statuizione stessa avrebbe inciso sull’esito della lite (cfr. ex multis Sez. 1 n. 1755/06; n. 11844/06; Sez. 5 n. 27006/07; Sez. L n. 6330/14; Sez. 5 n. 26831/14). Cio’ posto, e considerato che nella specie l’illustrazione del motivo non contiene alcun riferimento ad un pregiudizio siffatto (peraltro tanto piu’ necessario nella specie ove si tenga presente come il decreto di omologazione subordinasse espressamente al regolare e puntuale adempimento delle obbligazioni concordatarie il trasferimento agli assuntori dell’attivo fallimentare), la sola proposizione della questione interpretativa si mostra inammissibile.

3. Privo di fondamento e’ infine il terzo motivo, con il quale la ricorrente lamenta che la Corte d’appello, negando al giudice dell’omologazione il controllo sulla fattibilita’ del concordato fallimentare, avrebbe violato il disposto della L.F., articolo 129 e articolo 26, commi 5, 6, 7 e 8. Tesi, questa, che questa Corte ha gia’ avuto modo di affrontare, rilevando, al contrario, come nel giudizio di omologazione del concordato fallimentare il controllo del tribunale sia limitato alla verifica della regolarita’ formale della procedura e dell’esito della votazione (salvo che non sia prevista la suddivisione dei orditori in classi ed alcune di esse risultino dissenzienti), restando escluso ogni controllo sul merito, giacche’ la valutazione del contenuto della proposta concordataria, riguardando il profilo della convenienza, e’ devoluta ai creditori, sulla base del parere inerente ai presumibili risultati della liquidazione formulato dal curatore e dal comitato dei creditori (cosi’ Cass. Sez. 1 n. 24359/13). A tale giurisprudenza il collegio intende dare continuita’, non contenendo il motivo di ricorso elementi per una modifica.

4. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore dei resistenti delle spese di questo giudizio, in euro 7.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

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