Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 28 marzo 2017, n. 15272

Le possibilità di mera restituzione degli atti al pubblico ministero da parte del Gip investito da una richiesta di emissione del decreto penale di condanna (articolo 459, comma 3, del Cpp) riguardano solo i profili di legittimità del rito  (in quanto sottoposti al controllo del giudice), di qualificazione giuridica del fatto (potere connaturale all’esercizio della giurisdizione) o di idoneità e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto. È da escludere che vi possano essere spazi ulteriori basati su ragioni di opportunità per la restituzione degli atti da parte del giudice, il quale, quindi, lì dove ritenga di non emettere sentenza ex articolo 129 del Cpp, è tenuto, al di là delle suddette ipotesi, a emettere il decreto penale. Ne deriva che è abnorme, perché non consentita dall’ordinamento processuale, la restituzione degli atti motivata dal giudice sulla base della ipotetica valutazione di applicabilità della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis del Cp. Del resto, il giudice neppure potrebbe provvedere a pronunciare sentenza di proscioglimento immediato ex articolo 129 del Cpp, perché la particolarità del procedimento per decreto, privo di contraddittorio, è incompatibile con la specificità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 131-bis del Cp, in ragione della peculiare natura di tale istituto, che implica l’instaurazione del contraddittorio e che comporta l’emissione di un provvedimento non pienamente liberatorio, data la ricorrenza di effetti pregiudizievoli, tra cui l’iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento dichiarativo

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 28 marzo 2017, n. 15272

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – rel. Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;

nei confronti di:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 15501/2015 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del 25/06/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;

lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Mario Fraticelli, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli con decisione emessa in data 25 giugno 2015 ha respinto la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, proposta dal Pubblico Ministero nei confronti di (OMISSIS), con restituzione degli atti.

A sostegno di tale decisione si afferma in motivazione che “la condotta in contestazione potrebbe rientrare, alla luce dei criteri fissati dall’articolo 131 bis c.p., tra le ipotesi di particolare tenuita’ del fatto”, trattandosi di discussione per questioni di viabilita’, in seguito alla quale verosimilmente l’indagato non ha neppure percepito di essere obbligato a fornire le proprie generalita’.

2. Avverso detto provvedimento – di restituzione degli atti – il Pubblico Ministero competente ratione loci ha proposto ricorso per cassazione, denunziandone l’abnormita’.

Si evidenzia nel ricorso che:

– il GIP avrebbe introdotto una conclusione del procedimento per decreto del tutto atipica e non prevista dalla legge, determinando una regressione non consentita;

– l’esercizio dell’azione penale e’ avvenuto tramite la domanda di emissione del decreto penale di condanna, suscettibile di opposizione;

– in sede di opposizione l’imputato potrebbe, se del caso, optare per una domanda di applicazione del nuovo istituto della non punibilita’ per speciale tenuita’ del fatto, si’ da contemperare la celerita’ del rito alternativo e la procedura di cui all’articolo 131 bis c.p. “senza creare circoli viziosi”.

3. Il ricorso e’ fondato, per le ragioni che seguono.

3.1 Va premesso che le ipotesi in cui e’ da ritenersi prevista la possibilita’ di mera restituzione degli atti al Pubblico Ministero da parte del Gip investito da una richiesta di emissione del decreto penale di condanna (articolo 459 c.p.p., comma 3) riguardano i profili di legittimita’ del rito – in quanto sottoposti al controllo del giudice -, di qualificazione giuridica del fatto (potere connaturale all’esercizio della giurisdizione) o di idoneita’ e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto.

E’ pertanto da escludersi l’esistenza di uno spazio di discrezionalita’ ulteriore, correlato a diverse ragioni di opportunita’, posto che il Gip risulta investito da una azione penale gia’ esercitata nella particolare forma di cui all’articolo 459 c.p.p., comma 1 e pertanto, li’ dove non ritenga di emettere sentenza ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. e’ tenuto, al di la’ delle suddette ipotesi, ad emettere il decreto penale oggetto di richiesta (in tal senso si richiama quanto di recente affermato da Sez. 6 n. 23829/2016, rv 267272, nonche’ – in precedenza – da Sez. 3 n. 8288/2009, rv 246333).

Dunque la restituzione degli atti basata – come nel caso in esame – su una ipotetica valutazione di applicabilita’ della particolare causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p. non puo’ ritenersi consentita dal sistema processuale e concretizza, effettivamente, una ipotesi di abnormita’.

3.2 Come e’ noto, la categoria concettuale della abnormita’ nasce per porre rimedio a comportamenti procedimentali posti in essere dall’organo giudicante da cui derivano atti non altrimenti impugnabili – in virtu’ del principio di tassativita’ delle sanzioni processuali e dei relativi rimedi – e al contempo espressivi, in concreto, di uno “sviamento” della funzione giurisdizionale, non piu’ rispondente al modello previsto dalla legge.

La lunga e articolata elaborazione giurisprudenziale sul tema (a partire dalle decisioni elaborate nella vigenza del codice del 1930, tra cui sent. 12.12.81, ove si precisava che risulta abnorme il provvedimento che per la singolarita’ e stranezza del suo contenuto sta al di fuori non solo delle norme legislative ma dell’intero ordinamento processuale, tanto da doversi considerare imprevisto e imprevedibile dal legislatore) e’ stata efficacemente sintetizzata dalla decisione emessa dalle Sezioni Unite n. 25957 del 26.3.2009, che questo Collegio condivide, in cui si e’ posta in rilievo, a fini di razionalizzazione delle diverse ipotesi e di effettiva percezione della diversita’ tra atto abnorme e atto illegittimo, la differenza esistente tra abnormita’ strutturale e abnormita’ funzionale dell’atto emesso, con classificazione delle relative ipotesi.

L’abnormita’ strutturale va infatti riconosciuta li’ dove vi sia esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo consentito, nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioe’ completamente al di fuori dei casi consentiti, perche’ al di la’ di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto).

L’abnormita’ funzionale, e’ invece, da inviduarsi nel caso di stasi del processo e di impossibilita’ di proseguirlo e va limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo.

Il caso in esame rientra nella nozione di “carenza di potere in concreto” posto che il potere di restituzione degli atti di cui all’articolo 459 c.p.p., comma 3 di certo esiste, ma va inquadrato in casi diversi da quello qui scrutinato, caso caratterizzato – peraltro – dal fatto che il giudice si e’ espresso in forma solo probabilistica circa la ricorrenza della particolare causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p..

4. In effetti, il punto di criticita’ – che pare aver determinato l’emissione del provvedimento qui in esame e che induce la Corte ad approndire il tema – e’ determinato dalla difficolta’ di armonizzare la particolare procedura monitoria di cui agli articoli 459 c.p.p. e ss. (procedimento per decreto, rito con connotazioni premiali e caratterizzato dall’assenza di previo contraddittorio) con il nuovo istituto di cui all’articolo 131 bis c.p., introdotto dal legislatore con il Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28.

4.1 La esiguita’ del disvalore penale del fatto – pur corrispondente alla figura tipica – e’ stata costruita nella legge come particolare causa di esclusione della punibilita’ (istituto di diritto sostanziale) e non come causa di improcedibilita’ dell’azione (istituto marcatamente processuale).

Da cio’ sono derivate una serie di conseguenze in campo processuale, data la particolare natura dell’istituto, che innegabilmente presuppone un “accertamento” del fatto, delle sue modalita’ obiettive di realizzazione e delle sue conseguenze (essendo tali parametri richiamati come indicatori al fine di qualificare la particolare tenuita’ dell’offesa) e che rappresenta un epilogo del giudizio (ove la tenuita’ venga dichiarata con sentenza) non completamente liberatorio per il destinatario, come evidenziato in piu’ arresti, tra cui Sez. 6 n. n.11040 del 27.1.2016, rv 266505 (la sentenza dibattimentale ha efficacia di giudicato in altri giudizi civili o amministrativi quanto a sussistenza del fatto, illiceita’ penale e attribuibilita’ al suo autore; il provvedimento, anche se di archiviazione, va iscritto nel casellario giudiziale, in virtu’ di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 28 del 2015, articoli 3 e 4).

Al contempo, a fini deflattivi, il Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 2 introduce la possibilita’ di dichiarare la particolare tenuita’ del fatto in sede di procedimento di archiviazione, con apposita sequenza regolamentata dall’attuale articolo 411, comma 1 bis (norma che sostanzialmente introduce un obbligo, in tale ipotesi, di instaurazione del contraddittorio con indagato e persona offesa con facolta’ di opposizione da parte dei medesimi, non vincolante per il giudice). 4.2 Ora, a fronte di tale particolare inquadramento dogmatico e procedimentale, e’ da escludersi che il giudice delle indagini preliminari, destinatario di una richiesta di emissione del decreto penale di condanna, possa emettere – per tale causa, ossia per la, ritenuta, particolare tenuita’ del fatto – sentenza di proscioglimento immediato ai sensi dell’articolo 129 c.p.p..

La ragione essenziale circa l’assenza di tale facolta’ non va cercata – ad avviso del collegio – nella mancata modifica normativa, in sede di intervento di novellazione, del testo dell’articolo 129 cod.proc.pen. (che testualmente non prevede tale opzione ma nel cui ambito operativo puo’ essere immessa in via interpretativa, come si e’ ritenuto possibile, in sede di legittimita’ da Sez. U. n. 13681 del 25.2.2016 rv 266593, atteso il ruolo sistemico di tale particolare previsione di legge, tale da ricomprendere tutte le ipotesi di non punibilita’) quanto nel fatto che il particolare rito monitorio (procedimento per decreto) e’ per definizione, privo di contraddittorio e pertanto il soggetto destinatario (cosi’ come la eventuale persona offesa) non potrebbe esercitare la facolta’ che il sistema processuale impone gli venga riconosciuta finanche in sede di archiviazione, come si e’ detto.

In altre parole, se e’ vero che il Gip investito dalla richiesta di emissione del decreto penale di condanna e’ titolare del potere di emettere la sentenza di proscioglimento di cui all’articolo 129 c.p.p., tale possibilita’ e’ da escludersi nella ipotesi di ritenuta sussistenza – da parte del giudice – della speciale causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p. e cio’ in ragione della particolare natura di tale istituto, che implica la instaurazione del contraddittorio e che comporta l’emissione di un provvedimento non pienamente liberatorio, data la ricorrenza di effetti pregiudizievoli, tra cui la iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento dichiarativo.

E’ pertanto corretto ritenere che l’applicazione dell’istituto della particolare tenuita’ del fatto possa – allo stato attuale della normativa – venire in rilievo esclusivamente in sede di formulazione della opposizione al decreto penale gia’ emesso, e dunque dopo l’instaurazione del contraddittorio, nell’ambito delle opzioni processuali spettanti all’opponente.

4.3 Operate tali precisazioni, il provvedimento – per le ragioni esposte in precedenza – va annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Gip del Tribunale di Napoli per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza 25.6.2015 del GIP del Tribunale di Napoli e dispone la trasmissione degli atti al medesimo GIP per l’ulteriore corso

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