Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 26 ottobre 2016, n. 45152

La condotta procacciatrice di voti, in vista della consultazione elettorale, non basta per far scattare la partecipazione all’associazione mafiosa.

In tema di reati elettorali, nella c.d. corruzione elettorale la dazione in favore dell’elettore, anche sotto forma di cibo e bevande, costituisce il compenso del voto ottenuto o da ottenere e si pone come controprestazione, laddove la semplice cena elettorale, per come e? normalmente intesa, non integra “corruzione” perchè costituisce un momento in cui avviene la presentazione dei candidati alle elezioni e l’illustrazione del programma da realizzare, donde il voto favorevole dei partecipi e? meramente eventuale e si rapporta al gradimento che ottiene il candidato

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 26 ottobre 2016, n. 45152

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOVIK Adet Toni – Presidente
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – rel. Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANZARO;

nei confronti di:

(OMISSIS), n. il (OMISSIS);

(OMISSIS), n. il (OMISSIS);

(OMISSIS), n. il (OMISSIS);

inoltre:

(OMISSIS), n. il (OMISSIS);

(OMISSIS), n. il (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2486/2013 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 19/11/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo Esposito;

udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Dott. Cedrangolo Oscar, che chiedeva l’accoglimento del ricorso della Procura generale di Catanzaro con conseguente annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame nonche’ la dichiarazione di inammissibilita’ dei ricorsi degli imputati;

uditi per il ricorrente (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS), che chiedevano la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello di Catanzaro e l’accoglimento del ricorso del proprio assistito;

udito per il resistente (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che chiedeva la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello di Catanzaro;

udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che chiedeva la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello di Catanzaro e l’accoglimento del ricorso del proprio assistito.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/11/2014 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Crotone del 30/04/2013, emetteva le seguenti statuizioni nei confronti degli imputati interessati dai ricorsi di Cassazione in oggetto:

a) riduceva ad anni 1 di reclusione la pena inflitta a (OMISSIS) in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86, confermando la pronunzia di assoluzione per il reato di cui all’articolo 416 ter c.p. e l’esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 per il reato predetto (sospensione condizionale gia’ riconosciuta in primo grado);

b) riduceva a mesi 8 di reclusione ciascuno la pena inflitta a (OMISSIS) e a (OMISSIS) in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, con concessione della sospensione condizionale al (OMISSIS) (derubricazione dal reato di cui all’articolo 416 bis c.p. originariamente contestato, gia’ operata dal giudice di primo grado – sospensione condizionale gia’ riconosciuta al (OMISSIS) dal Tribunale);

c) rideterminava la pena inflitta a (OMISSIS) relativamente al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, previa derubricazione nell’ipotesi di cui al cit. D.P.R., articolo 73, comma 5, in anni 1 di reclusione, ed Euro 3.000,00 di multa con concessione della sospensione condizionale della pena.

1.1. La Corte di appello riteneva infondati gli appelli proposti dal P.M. sulla diversa qualificazione giuridica, e dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e accoglieva parzialmente l’appello proposto dal (OMISSIS).

Nella sentenza impugnata si dava atto che non risultava contestata l’effettivita’ dei versamenti di somme di danaro operati dal (OMISSIS) a favore del (OMISSIS) e del (OMISSIS) (al primo circa Euro 10.000,00), per procacciare voti in occasione delle elezioni provinciali di Crotone del (OMISSIS).

1.2. I pagamenti non consistevano in corrispettivi versati, diversamente da quanto sostenuto dal (OMISSIS), per lo svolgimento di un volantinaggio, bensi’ in una parziale diretta remunerazione degli elettori in cambio del voto, mediante somme di danaro o utilita’ equivalenti come i buoni benzina.

Cio’ emergeva dall’entita’ sproporzionata rispetto all’ipotesi di una mera remunerazione per il volantinaggio e dalle intercettazioni sul punto del reclutamento di elettori anche tra gli “zingari”.

Nella conversazione n. 9303 del 22/06/2009, il (OMISSIS) riferiva a (OMISSIS), in termini tali da evidenziare il coinvolgimento del (OMISSIS), delle trattative in corso col (OMISSIS) per il turno del ballottaggio, al fine di concordare il prezzo che quest’ultimo avrebbe versato in cambio dell’ulteriore procacciamento di voti. Il dialogo conteneva un esplicito riferimento alla diretta destinazione di buoni benzina agli interessati. Se tale era la destinazione delle somme per il procacciamento di voti durante il ballottaggio, altrettanto doveva essere avvenuto nella prima fase, in cui il (OMISSIS) era presente come candidato.

1.3. Analoga valenza assumeva l’episodio del pagamento dei pullman per la trasferta a Benevento dei tifosi della squadra di calcio del Crotone. Contrariamente a quanto sostenuto dal (OMISSIS), non si trattava di un mero finanziamento con finalita’ promozionali, come avvenuto in passato, bensi’ di una diretta elargizione in rapporto sinallagmatico col voto di coloro i quali ne beneficiavano.

1.4. In riferimento all’appello proposto dal P.M. avverso le assoluzioni in primo grado per i reati di cui all’articolo 416 bis c.p., relativamente al (OMISSIS) e al (OMISSIS), e articolo 416 ter c.p. nei confronti del (OMISSIS) nonche’ avverso l’esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, la Corte territoriale richiamava l’ampia motivazione di cui alla sentenza del Tribunale

Si evidenziava che l’organica appartenenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS) al clan (OMISSIS) non era contestata e che la condotta partecipativa non poteva consistere nella stessa attivita’ di procacciamento dei voti esplicata in favore del (OMISSIS), persino se attuata tramite soggetti contigui al clan (OMISSIS); non emergevano vantaggi arrecati all’associazione grazie al procacciamento di voti o la sua attuazione mediante metodo mafioso o la percezione di un’attivita’ proveniente dal clan.

L’assenza di prova in ordine ad un condizionamento del voto riconducibile alla forza di intimidazione promanante dal clan o rafforzativa del sodalizio non consentiva di configurare l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.

1.5. La Corte di appello riteneva infondato anche l’appello del (OMISSIS) nella parte relativa alla contestazione dell’affermazione di responsabilita’, rilevando che, contrariamente a quanto assunto dalla difesa, la prova non era desunta dalle dichiarazioni dei collaboratori (riferite a periodi pregressi e richiamate dal giudice di merito a soli fini di riscontro del coinvolgimento in attivita’ concernenti gli stupefacenti, utili a decriptare le conversazioni captate), quanto dal contenuto

delle conversazioni intercettazioni, caratterizzate dall’uso di termini fuori contesto (“cagia’” contrassegnava l’acquirente di stupefacenti) e non riferibili all’oggetto del discorso, indicative di cessioni di droga effettuate dal (OMISSIS) a favore di terzi (sono richiamate le conversazioni n. 2464 del 27/11/2009; n. 3663 del 04/12/2009; n. 4454 del 04/12/2009).

2. La Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e le difese degli imputati proponevano ricorso per Cassazione avverso la predetta sentenza chiedendone l’annullamento.

2.1. Il Procuratore Generale in relazione alle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), deduce violazione dell’articolo 597 c.p.p., comma 1, per mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, per travisamento della prova in riferimento agli atti del processo specificamente indicati nonche’ per inosservanza o erronea applicazione della L. n. 203 del 1991, articolo 7. In particolare, la Procura generale contesta: a) nei confronti del (OMISSIS), l’esclusione da parte della Corte di appello dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86 (capo 26); b) nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS), la riqualificazione effettuata gia’ dal Tribunale – del reato di cui all’articolo 416 bis c.p. originariamente contestato (capo 1) nei loro confronti in quello di cui al cit. Decreto del Presidente della Repubblica n. 570, articolo 86.

2.2. Ad avviso del requirente, la Corte di assise di appello non aveva affrontato le specifiche doglianze riportate nell’atto di appello del P.M. presso il Tribunale, omettendo di valorizzare le emergenze probatorie. Si evidenziava che, durante le elezioni provinciali di Crotone del giugno 2009 (primo turno e ballottaggio), l’imputato (OMISSIS), candidato al primo turno, aveva elargito somme di danaro ed assegni per svariate migliaia di euro a beneficio di esponenti di primo piano della criminalita’ organizzata crotonese, affinche’ procacciassero voti a favore suo e del candidato a Presidente della Provincia (OMISSIS).

Nell’ambito del procedimento definito con rito abbreviato, era stata acclarata la responsabilita’ per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. degli esponenti di primo piano della cosca (OMISSIS) degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), principali artefici del procacciamento di voti a favore dei candidati (OMISSIS) e (OMISSIS) e beneficiari delle somme a loro erogate dal (OMISSIS) quale corrispettivo per il procacciamento di voti

L’organo inquirente rilevava che la Corte di merito non aveva valutato tale emergenza processuale, fondata sull’interrogatorio del (OMISSIS) del 21/01/2011, acquisito al fascicolo del dibattimento dal Tribunale di Crotone su accordo delle parti e sulle sue dichiarazioni sostanzialmente confermative rese all’udienza del 31/01/2013.

2.3. Secondo il ricorrente, tali elementi trovavano ulteriori riscontri in alcune conversazioni intercettate:

a) colloquio n. 8092 dell’08/06/2009, in cui il (OMISSIS) e lo (OMISSIS), dopo lo spoglio dei voti al primo turno, si tenevano reciprocamente aggiornati sui voti a favore del (OMISSIS) e dello (OMISSIS);

b) conversazione n. 8687 del 13/06/2009, avvenuta durante il ballottaggio, che dimostrava:

– la promessa del (OMISSIS) a favore di esponenti della cosca (OMISSIS) di somme di danaro per un importo pari ad Euro 4.000,00 (circostanza ammessa dal (OMISSIS) nel suindicato verbale), a fronte di una piu’ probabile richiesta piu’ cospicua da parte dei vertici della cosca;

– la giustificazione dell’entita’ della somma pretesa, ritenute elevata anche dallo (OMISSIS), in ragione dell’impegno di cinque persone impegnate nella ricerca dei voti e dell’impegno maggiore occorrente per il ballottaggio;

– la soddisfazione manifestata dal (OMISSIS), convinto che, grazie alla propria capacita’ di reperire voti, la proposta sarebbe stata accettata dal (OMISSIS);

– le frasi di (OMISSIS) e (OMISSIS) idonee a comprendere che (OMISSIS) era stato reso edotto della vicenda nonche’ l’assenza di poteri decisionali del (OMISSIS) e del (OMISSIS), che per ogni decisione e trattativa si sarebbero dovuto rivolgere al loro capo (OMISSIS), superiore gerarchico;

c) conversazione n. 8726 del 14/06/2009, ad ulteriore conferma dell’esistenza di un accordo economico per il procacciamento dei voti tra (OMISSIS) e gli affiliati della cosca e alla stretta sinergia tra (OMISSIS) e il (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS), appartenenti al medesimo sodalizio della ‘ndrangheta, al contrario di quanto affermato dal Tribunale;

d) conversazione n. 8737 del 14/06/2009, dalla quale si evincevano la disponibilita’ della cosca a procacciare 2.000/3.000 voti e l’assenza di propensione dello (OMISSIS) a sborsare una somma superiore a quella offerta di Euro 4.000,00 nonche’ la pianificazione delle operazioni inerenti alla campagna elettorale.

2.4. La Corte di assise di appello non aveva valutato le copie di due matrici di assegni di cui uno del 26/06/2009 dell’importo di Euro 3.000,00 e l’altro di Euro 500,00 del 17/04/2009, emessi da (OMISSIS) e negoziati da (OMISSIS) (padre di (OMISSIS)) e che all’udienza del 31/01/2013 il (OMISSIS) ammetteva di aver consegnato un assegno postdatato a (OMISSIS), intestato a (OMISSIS), a titolo di corrispettivo per il procacciamento di voti e propaganda elettorale.

I reali beneficiari erano (OMISSIS) e (OMISSIS), come emergeva dalle conversazioni intercettate (nn. 8834 e 8870 del 16/06/2009), in cui si discuteva della corresponsione di un assegno di Euro 3.000,00, postdatato al 26/06/2009, consegnato dal (OMISSIS) e nella disponibilita’ degli adepti della cosca, i quali tentavano di negoziarlo prima della data di valuta.

Analoghe considerazioni potevano essere espresse nella conversazione n. 2380 del 30/06/2009, in cui si evincevano la reale destinazione dell’assegno allo (OMISSIS) e la percezione di somme di danaro mediante titoli, da parte degli adepti, anche successivamente alla chiusura della campagna elettorale.

2.5. Il ricorrente richiama sul punto le sentenze con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati condannati in primo e in secondo grado in via non definitiva, con sentenze acquisite solo ai sensi dell’articolo 238 bis c.p.p.; le intercettazioni acquisite in quel processo comprovanti il ruolo del (OMISSIS), dello (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS) nonche’ il metodo mafioso adoperato per il procacciamento dei voti; le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) (capo della cosca (OMISSIS) – (OMISSIS) all’epoca dell’inizio della sua collaborazione) e (OMISSIS) (altro esponente di spicco del clan) sul metodo di procacciamento dei voti nelle competizioni elettorali precedenti al 2009 a favore di (OMISSIS), attraverso una ben rodata organizzazione operativa.

3. La difesa di (OMISSIS) proponeva ricorso per Cassazione per le ragioni qui di seguito riportate.

3.1. Violazione di norme procedurali previste a pena di nullita’, assoluta mancanza di riscontri esterni individualizzanti nonche’ omessa e insufficiente motivazione sul punto delle censure introdotte con l’atto di appello. Mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione, contraddittorieta’ della stessa per conclusioni non collegate alle premesse ed omessa motivazione in ordine alla tematica delle intercettazioni telefoniche.

La difesa deduceva che, in ordine all’attivita’ di spaccio, la Corte di appello aveva affermato di aver ricavato la prova del reato non dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (riferite a periodi pregressi e richiamate solo per decriptare le conversazioni captate), bensi’ solo dal contenuto delle intercettazioni riportate per esteso. Tale argomentare era illogico perche’ in ogni caso le dichiarazioni dei collaboratori, pur non costituendo prova, avevano rappresentano riscontro probatorio e chiave di lettura del materiale delle intercettazioni.

Tuttavia, la documentazione depositata dalle difese in dibattimento minava in re ipsa il narrato dei collaboratori e il dato probatorio ricavato in ordine alla decriptazione dei dialoghi intercettati: la documentazione anagrafica depositata dimostrava la presenza del (OMISSIS) in (OMISSIS) nel periodo indicato dai propalanti ed il suo impegno in attivita’ lavorative diurne nonche’, di conseguenza, la falsita’ delle dichiarazioni di accusa.

3.2. Violazione di legge penale e processuale, vizio di motivazione per illogicita’, contraddittorieta’ ed assoluta mancanza della stessa in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, per mancanza di motivazione.

4. La difesa di (OMISSIS) ha proposto ricorso per Cassazione, per violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86.

4.1. La difesa premetteva che occorreva chiarire l’attivita’ di predisposizione della complessa macchina organizzativa predisposta dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), dapprima della campagna elettorale del (OMISSIS) e, successivamente, al ballottaggio, del (OMISSIS) che appoggiava lo (OMISSIS). La struttura comprendeva numerose persone in ragione del collegio elettorale, il piu’ grande della provincia di Crotone. La remunerazione non concerneva la controprestazione data dal voto, bensi’ la remunerazione per l’attivita’ svolta. Il (OMISSIS) si interfacciava coi soli (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali a loro volta si rivolgevano ad altri soggetti, dediti a compiere le normali attivita’ svolte nel corso di una campagna elettorale. Tra tali attivita’ rientrava l’ottenimento di buoni benzina necessari all’effettuazione degli spostamenti necessari.

4.2. Ad avviso della difesa, non emergevano riferimenti del pagamento dei singoli voti agli zingari o a soggetti individuati, ma solo a persone gravitanti nell’organizzazione elettorale del (OMISSIS), alla quale il (OMISSIS) e i (OMISSIS) avrebbero dovuto elargire quantomeno un buono benzina per l’incarico espletato. Le doglianze del (OMISSIS) e del (OMISSIS) riguardavano l’esiguita’ dell’importo; era commentata l’insufficienza della somma di Euro 4.000,00 fissata e l’esigenza di dare un buono benzina.

4.3. La difesa osservava che, in relazione al pagamento del pullman per la trasferta dei tifosi del Crotone calcio, la Corte di merito riteneva esistente un rapporto di diretta relazione sinallagmatica tra l’elargizione economica e l’espressione del voto: in proposito rilevava che cio’ costituiva un falso problema, perche’ (OMISSIS) era espressione della tifoseria del Crotone calcio, legato alle frange ultra’ da molti anni e gia’ presidente di uno dei piu’ noti gruppi della lega cittadina. Piu’ volte provvedeva al pagamento dei pullman per le trasferte e, unitamente agli altri esponenti politici gia’ candidati a consigliere provinciale, forniva aiuti economici mediante la messa a disposizione dei pullman per la trasferta della squadra locale. Anche alcuni testimoni riferivano che gia’ in passato il (OMISSIS) aveva pagato alcuni pullman dei tifosi.

4.4. Secondo la tesi difensiva, dovevano escludersi la sussistenza di un rapporto sinallagmatico tra la dazione e l’espressione del voto nonche’ dell’elemento soggettivo di tale reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso della Procura Generale e’ infondato e i ricorsi proposti dalle difese degli imputati sono manifestamente infondati.

2. Col proprio ricorso, il requirente ripropone le stesse doglianze gia’ avanzate nei motivi di appello e motivatamente disattese dalla corte di merito.

2.1. Relativamente al primo motivo, con cui si contesta l’assoluzione di (OMISSIS) dal reato di scambio elettorale e (OMISSIS) e (OMISSIS) da quello di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, la Corte territoriale, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto non dimostrata l’appartenenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS) al clan (OMISSIS), circostanza esclusa dai collaboratori di giustizia, ed ha escluso poi che la condotta procacciatrice dei voti, esplicata in favore del (OMISSIS), potesse integrare di per se’ gli estremi della partecipazione ad associazione di cui all’articolo 416 bis c.p., non emergendo l’attuazione del procacciamento di voti mediante impiego di metodo mafioso o la percezione della sua provenienza dal clan (OMISSIS) e non potendosi sostenere che l’attivita’ illecita risultasse funzionale alla vita e al funzionamento della cosca.

Il Pg ricorrente, in termini estremamente generici, ha offerto una diversa chiave di valutazione del materiale probatorio, soprattutto delle intercettazioni, limitandosi a richiamare il contenuto di alcune parti dei dialoghi, senza confrontarsi adeguatamente con tali motivazioni.

Questa Corte Suprema e’, peraltro, ferma nel ritenere che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni intercettate costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita’ se motivata in conformita’ ai criteri della logica e delle massime di esperienza (sez. 6, 11/02/2013 n. 11794, Melfi, rv. 254439); in sede di legittimita’ e’ possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita’ risulti decisiva ed incontestabile (conf. sez. U, 28/05/2015 n. 22471, Sebbar, Rv. 263715; sez. 6, n. 11189 dell’8 marzo 2012, Asaro, rv. 252190).

Inoltre, lamentando in modo generico la mancata considerazione di alcuni elementi probatori, quali quanto desunto da sentenze non definitive, prive di valore probatorio e comunque riferibili a una diversa competizione elettorale – in relazione alla quale si invoca una inammissibile proprieta’ transitiva – il ricorso si risolve nel proporre una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero l’illogicita’ della motivazione, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio probatorio posto a fondamento della decisione di merito.

Ebbene, in tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (conf. sez. 6, 07/10/2015 n. 47204, Musso, Rv. 265482).

Ne’, la S.C. puo’ sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 6, 14/02/2012 n. 25255, Minervini, Rv. 253099).

2.2. Quanto all’esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 in ordine al reato contestato al (OMISSIS), la corte territoriale ha spiegato, con motivazione non illogica, le ragioni per le quali le espressioni contenute nei dialoghi captati, citate dalla Procura appellante, non costituissero la prova dell’espletamento di forme di condizionamento del voto riconducibile alla forza di intimidazione promanante dal clan e risultassero ricollegabili ad una sorta di pressione da esercitare non nei confronti degli elettori, bensi’ degli stessi soggetti, che avevano richiesto il procacciamento del voto, affinche’ pagassero le somme di danaro dovute. La corte ha evidenziato che l’organica appartenenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS) al clan (OMISSIS) non era contestata, ma che la condotta partecipativa non poteva consistere nella stessa attivita’ di procacciamento dei voti esplicata in favore del (OMISSIS), persino se attuata tramite soggetti contigui al clan (OMISSIS); inoltre, non emergevano vantaggi arrecati all’associazione grazie al procacciamento di voti o la sua attuazione mediante metodo mafioso o la percezione di un’attivita’ proveniente dal clan.

Correttamente, poi, in linea con la giurisprudenza di legittimita’ detta corte ha concluso che l’assenza di prova in ordine sia all’impiego del metodo mafioso sia ad un condizionamento del voto riconducibile alla forza di intimidazione promanante dal clan o rafforzativa del sodalizio non ne consentiva la configurabilita’

Infatti, l’articolo 7 configura due diverse ipotesi di circostanze aggravanti: la prima si applica al reato commesso da un soggetto, appartenente o meno all’associazione di cui all’articolo 416 bis c.p., che si avvale del metodo mafioso; tale e’ quella condotta idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica fatta di intimidazione su un numero determinato o indeterminato di persone. Questa Corte nell’individuare la ratio della circostanza aggravante in argomento ha affermato: “La ratio della disposizione di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 non e’ soltanto quella di punire con pena piu’ grave coloro che commettono reati utilizzando metodi mafiosi o con il fine di agevolare le associazioni mafiose, ma essenzialmente quella di contrastare in maniera piu’ decisa, stante la loro maggiore pericolosita’ e determinazione criminosa, l’atteggiamento di coloro che, siano essi partecipi o meno in reati associativi, si comportino da mafiosi, oppure ostentino in maniera evidente e provocatoria una condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi, quella particolare coartazione o quella conseguente intimidazione, propria delle organizzazioni della specie considerata” (sez. 6 n. 582 del 19.2.1998, rv. 210405); la seconda richiede che il reato sia commesso al fine specifico di agevolare l’attivita’ di un’associazione di tipo mafioso e non gia’ a favorire soltanto un partecipe di detto gruppo.

3. Col proprio ricorso la difesa del (OMISSIS) ha contestato la condanna in ordine alle condotte di detenzione e cessione di stupefacenti.

3.1. Per quanto attiene al primo motivo, va premesso che la Corte di appello ha ritenuto dimostrata la sua responsabilita’ per gli illeciti in materia di stupefacenti alla luce del contenuto delle intercettazioni, rappresentando che le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), inerenti ad un periodo precedente ai fatti, erano state utilizzate esclusivamente ai fini dell’interpretazione del linguaggio criptico dei colloqui e stabilire che l’oggetto degli stessi consistesse in droga. A tal fine, la sentenza ha riportato le conversazioni da cui desumere il coinvolgimento di (OMISSIS):

– nella conversazione n. 2464 del 27/11/2009, (OMISSIS) era mandato dal proprio interlocutore a ritirare da una terza persona qualcosa destinato al “cagia’” e, evidentemente, i due si preoccupavano di procurarsi lo stupefacente da rivendere, avendo gia’ la disponibilita’ del compratore.

– nella conversazione n. 3663 del 04/12/2009, erano adoperati frequentemente vocaboli e locuzioni di termini quali “camion”, “batterie”, “mettere in moto” e “cantiere” in modo decontestualizzato, senza nessun aggancio con l’attivita’ economica e professionale svolta; alla luce delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (seppur riferite ad epoche di poco precedenti), costituivano altrettanti riferimenti criptici allo stupefacente.

– nella conversazione n. 4454 del 04/12/2009, erano citati dei rapporti di debito-credito, aventi origine in commerci della stessa natura, facenti capo al (OMISSIS), che richiedeva “una imbasciata” ovvero “una cinquina di batterie”.

– nella conversazione n. 4485 dell’08/12/2009, il (OMISSIS) riferiva a tale (OMISSIS) di aver ricevuto la visita di un altro “cagia’” (acquirente della droga) e di aver concordato un appuntamento per la consegna;

– la successiva conversazione n. 4451 del 09/12/2009, era ricca di riferimenti criptici allo stupefacente, tenuto conto dell’uso di termini eterogenei e palesemente designati per indicare un oggetto diverso da quello apparente: le espressioni “sapeva di buono” e “no, non mi e’ piaciuta” inducevano ad escludere la possibilita’ di intendere i riferimenti ad una concessionaria e a qualcosa di “grigio” o di “blu” in senso letterale, trattandosi di evidenti notizie criptiche sugli stupefacenti).

Come correttamente ritenuto dalla corte di appello, il coinvolgimento in attivita’ di spaccio del (OMISSIS) trova prova diretta nel contenuto delle intercettazioni e le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), seppur riferite ad un periodo di poco precedente a quello in contestazione, si ponevano come un mero riscontro, non destinato a comprovare le attivita’ di detenzione e cessione di stupefacenti, bensi’ finalizzato esclusivamente alla comprensione dei termini oscuri adoperati nel corso delle conversazioni intercettate.

La difesa non si confronta con le argomentazioni logiche ed esaurienti fornite dalla Corte di appello sul punto, non contestando ad esempio la credibilita’ o l’attendibilita’ dei collaboratori ne’ la logicita’ delle osservazioni in tema di interpretazione della terminologica criptica dei dialoghi captati (v. sub 2.1.). Va sottolineato che il contenuto delle conversazioni telefoniche o ambientali intercettate costituisce fonte di prova diretta di tipo dichiarativo, e non prova indiretta di tipo presuntivo per la quale l’articolo 192 c.p.p., comma 2 richiede la sussistenza del requisito di gravita’, precisione e concordanza.

3.2. L’ulteriore doglianza in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti generiche e’ aspecifica, in quanto il ricorrente si e’ limitato a censurare l’omessa motivazione sul punto, senza pero’ chiarire, in positivo, le ragioni per le quali dovevano essere concesse. Ebbene, la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimita’ dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante e’ soddisfatto col solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (sez. 3, 17/11/2015, dep. 2016, n. 9836, Piliero, rv. 266460).

Le suesposte considerazioni comportano la manifesta infondatezza del ricorso proposto dalla difesa del (OMISSIS).

4. Infine, va esaminato il ricorso presentato dalla difesa del (OMISSIS). Va premesso che nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86 l’autore della condotta corruttiva puo’ risultare “chiunque”, trattandosi di reato comune nel quale non e’ necessaria la presenza attiva di un pubblico ufficiale (diversamente dalla corruzione ordinaria) o di un soggetto politico candidato alla competizione elettorale. La fattispecie in commento tutela l’interesse dello Stato al libero e corretto svolgimento delle consultazioni elettorali e il diritto di ogni elettore alla libera determinazione e manifestazione della propria preferenza elettorale. La disposizione normativa contempla due distinte ipotesi criminose, la prima a carico del candidato o di chi agisca a suo vantaggio, il quale per procurarsi il voto od altro vantaggio elettorale offre o promette agli elettori utilita’ di qualsiasi natura, la seconda a carico dell’elettore il quale per rendere favori elettorali accetta denaro o altra utilita’.

Nella prima ipotesi – anche se generalmente lo stesso politico candidato alle elezioni realizza di persona la condotta criminosa a proprio vantaggio – nulla esclude la realizzabilita’ dell’intervento corruttivo da parte di qualsiasi cittadino, anche senza l’intervento del candidato politico, interessato ad influenzare la competizione elettorale, cosi’ che l’intervento sara’ attuato a vantaggio altrui (il delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86 integra un’ipotesi di cosiddetta “corruzione elettorale”, non essendo un reato a concorso necessario, di talche’ per la sua configurabilita’ e’ sufficiente la sola promessa di utilita’ da parte del corruttore, la quale si atteggia come promessa del fatto del terzo e, conseguentemente, impegna solo chi la effettua; in tal senso, sez. 1, 30/11/2015, dep. 2016, n. 19230, Zappala’, non massimata sul punto; sez. 1, 04/06/2014 n. 35495, Scaramuzzino, Rv. 260129); si tratta di reato di pericolo astratto, essendo sufficiente il compimento della condotta per determinare l’applicazione della sanzione. In ordine a tale fattispecie criminosa, occorre rilevare che la Corte d’appello correttamente ha valutato la sussistenza di tutti gli elementi del reato e che, con motivazione congrua e non manifestamente illogica, ha affrontato tutti gli argomenti prospettati dalla difesa col ricorso, attinenti a censure in fatto. La Corte di appello, in particolare, ha svolto un’accurata disamina su tutti gli aspetti, spiegando le modalita’ della condotta illecita in relazione alle varie vicende oggetto di trattazione, quali il procacciamento dei voti presso gli zingari, l’utilizzazione dei buoni benzina quale strumento di pagamento degli elettori, l’assistenza sotto varie forme alla squadra di calcio del Crotone, ecc. La corte d’appello ha esaurientemente, logicamente e razionalmente argomentato (con motivazione senz’altro non affetta da vizi rilevabili in questa sede) le ragioni del proprio convincimento riportando – a pag. 5 – le conversazioni dalle quali ha desunto che la corresponsione dei buoni benzina agli elettori si poneva in rapporto sinallagmatico con l’espressione del voto e ne costituiva la controprestazione.

Il ricorso non si confronta con le argomentazioni esposte in sentenza, sopra riportate in dettaglio nella narrazione del fatto, ma nel ribadire le proprie doglianze gia’ prospettate nell’atto di appello, gia’ analiticamente affrontate e confutate dalla Corte territoriale, si limita ad offrire una propria inammissibile rilettura alternativa del coacervo probatorio.

Anche relativamente all’episodio della trasferta del Crotone calcio, la valutazione della corte di merito e’ esente da censura.

Il (OMISSIS), infatti, il giorno della trasferta (primo di ballottaggio) prendeva contatto coi tifosi sulla strada del ritorno e ricordava loro che il giorno successivo sarebbero dovuti recarsi a votare; inoltre, il giorno seguente si preoccupava di far materialmente prelevare i tifosi con un furgone e di farli accompagnare ai seggi (conversazioni nn. 827 del 21/06/2009 del (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS), capi tifosi presenti sul pullman e 912 del 22/06/2009 tra il (OMISSIS) e il candidato (OMISSIS)). E’ quindi evidente che anche in questo caso, (OMISSIS) ha agito non gia’ da semplice tifoso, ma come interessato alla competizione elettorale e le spese sostenute si sono poste come controprestazione economica all’espressione del voto in favore della propria coalizione.

In questo senso puo’ essere data risposta al quesito posto dalla difesa secondo cui, secondo questa interpretazione della norma “anche una cena elettorale potrebbe essere scambiata per corruzione elettorale perche’, chiaramente, finalizzata ad ottenere il consenso”. Il discrimine e’ gia’ nella norma. La cena elettorale, per come e’ normalmente intesa, costituisce un momento in cui avviene la presentazione dei candidati alle elezioni e l’illustrazione del programma da realizzare. Il voto favorevole dei partecipi e’ meramente eventuale e si rapporta al gradimento che ottiene il candidato. Nella corruzione elettorale, invece, la dazione in favore dell’elettore, anche sotto forma di cibo e bevande, costituisce il compenso del voto ottenuto o da ottenere e si pone come controprestazione.

Alla luce di tali considerazioni il ricorso presentato dalla difesa del (OMISSIS) deve essere ritenuto manifestamente infondato.

5. In conclusione, il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello va rigettato e i ricorsi del (OMISSIS) e del (OMISSIS) vanno dichiarati inammissibili, con conseguente condanna di tali imputati al pagamento delle spese processuali e al versamento ciascuno alla Cassa delle ammende della sanzione pecuniaria equamente quantificata nella somma di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Procuratore generale.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il (OMISSIS) e il (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali e al pagamento di Euro 1.000,00 (ciascuno) alla Cassa delle am

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