Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 16 marzo 2017, n. 12832

La legge non chiede al Tribunale di Sorveglianza di “scommettere” sulle persone dei condannati, ma di ammetterli alla misura alternativa tenendo conto dei progressi compiuti nel corso del trattamento, in presenza delle condizioni per un graduale reinserimento nella societa?.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 16 marzo 2017, n. 12832

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M. S. – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 815/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI, del 23/04/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCHI Giacomo;

lette le conclusioni del PG Dott. Delehaye Enrico, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Bari revocava nei confronti di (OMISSIS) la misura della semiliberta’, gia’ sospesa provvisoriamente dal Magistrato di Sorveglianza.

Dopo avere ripercorso la carriera criminale del condannato, sottolineando il numero e la gravita’ dei delitti, l’uso della cocaina e la latitanza per un periodo di tempo notevole, il Tribunale riassumeva quanto avvenuto nei mesi successivi alla concessione della misura alternativa, rimarcando la ripetuta richiesta di licenze da parte del condannato e, dopo il rigetto di un’ulteriore richiesta, l’avvenuto ricovero presso un ospedale per una ferita alla mano, cui era seguita un’ulteriore licenza, al termine della quale (OMISSIS) era stato nuovamente ricoverato.

Secondo il Tribunale, la concessione della semiliberta’ era stata una scommessa sulla persona del condannato alla luce della sua personalita’ negativa, scommessa che era stata persa perche’ (OMISSIS) aveva approfittato degli spazi di liberta’ concessigli per contrastare l’autorita’, senza intraprendere percorsi virtuosi che erano possibili in conseguenza dell’attivita’ lavorativa e senza alcuna profondita’ introspettiva e volonta’ di cambiamento.

In sostanza, era mancata una sostanziale adesione alla misura alternativa.

2. Ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.

Il Magistrato di Sorveglianza aveva sospeso la misura a seguito di una errata segnalazione di violazione delle prescrizioni, successivamente corretta dallo stesso Commissariato di Cerignola, senza che il Magistrato ne tenesse conto.

Il ricorrente sottolinea che la revoca della misura presuppone una disanima critica da parte del Tribunale e una motivazione rigorosa, che dimostri la inidoneita’ del detenuto al trattamento.

Al contrario, l’ordinanza impugnata non forniva alcuna valida giustificazione della decisione adottata, con conseguente mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione.

Il Tribunale non aveva fatto riferimento a elementi concreti o giuridici, ma si era basato su congetture ed ipotesi insuscettibili di verifica empirica.

Le ripetute richieste di fruire di licenze era supportata da ragioni valide, tanto che il Magistrato di Sorveglianza aveva sempre accolto le istanze, anche alla fine del periodo; il Magistrato, lo stesso giorno in cui era stata sospesa la misura, aveva concesso al condannato il beneficio della liberazione anticipata. Il Tribunale, in sostanza, aveva sindacato il merito delle licenze concesse dal Magistrato e aveva espresso conclusioni non motivate.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato e determina l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato per mancanza assoluta dei presupposti per la revoca della misura alternativa.

1. Ai sensi dell’articolo 50 ord. pen., l’ammissione al regime di semiliberta’ e’ disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando sussistono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella societa’.

L’articolo 51 ord. pen. prevede che il provvedimento di semiliberta’ possa essere revocato in ogni tempo quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento. Una specifica previsione riguarda le licenze concesse al condannato: in regime di semiliberta’, che possono essere revocate in caso di trasgressione agli obblighi imposti (articolo 52 ord. pen.).

L’articolo 51 ter ord. pen. permette al Magistrato di Sorveglianza di sospendere in via cautelativa la misura con provvedimento immediatamente esecutivo che decade se la decisione del Tribunale di Sorveglianza non interviene entro trenta giorni.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, ai fini del giudizio di revoca del beneficio della semiliberta’, assumono rilievo le condotte che, per natura, modalita’ di commissione ed oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del condannato riveli l’inidoneita’ al trattamento e quindi l’esito negativo dell’esperimento (Sez. 1, n. 31739 del 01/07/2010 – dep. 12/08/2010, Farouq, Rv. 24835701).

Senza dubbio, la revoca del beneficio e’ giustificata quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento, ma tale valutazione tendenzialmente e’ collegata alla violazione di qualche obbligo (non a caso, i commi successivi dell’articolo 51 cit. fanno riferimento esclusivamente a condotte assunte in violazione degli obblighi); il giudice ha l’obbligo di accertare se la violazione commessa sia tale da far ritenere che il soggetto sia inidoneo al trattamento e che, quindi, l’esperimento abbia avuto esito negativo, fornendo, in tema, adeguata motivazione (Sez. 1, n. 5118 del 10/11/1987 – dep. 05/12/1987, Petrilli, Rv. 17722301).

3. La motivazione dell’ordinanza impugnata dimostra che la revoca e’ stata adottata in assenza dei presupposti di legge.

Si deve innanzitutto sottolineare che il Tribunale di Sorveglianza da’ atto che l’ordinanza veniva emessa a seguito della sospensione provvisoria della semiliberta’ disposta dal Magistrato di Sorveglianza di Foggia in conseguenza di una segnalazione di un comportamento “di non piena e puntuale adesione alle prescrizioni della semiliberta’”, ma sorvola sulla fondatezza della segnalazione e, quindi, sulla effettiva violazione di qualche prescrizione da parte del condannato; il ricorrente fornisce prova documentale – gia’ presentata al Tribunale – che, in realta’, la segnalazione del Commissariato di Cerignola era errata, tanto da indurre lo stesso Ufficio ad una correzione con la quale attestava che nessun obbligo era stato violato.

In secondo luogo, risulta evidente la volonta’ del Tribunale di rivalutare senza averne la competenza – la decisione del Magistrato di Sorveglianza di concedere licenze a (OMISSIS), soprattutto l’ultima, successivamente prorogata a seguito del ricovero in ospedale del condannato; inoltre il Tribunale fa intravedere – senza affermarlo esplicitamente – che l’aggravamento alla mano e’ stato determinato volontariamente per prolungare la licenza.

Viene evidenziato un “tratto di fondo di timbro oppositivo nelle condotte di (OMISSIS)” che l’ordinanza non riesce a concretizzare – anche perche’ nessuna violazione delle prescrizioni e’ stata accertata; si rileva che il condannato non ha proceduto a riflettere sulle proprie condotte devianti, affermazione priva di supporto oggettivo (non si cita alcuna relazione dell’UEPE); si nega che l’interessato abbia colto l’opportunita’ lavorativa come un’occasione, quando, in effetti, (OMISSIS) ha lavorato erse non lo ha fatto ha chiesto le ferie, scalandole dal monte ferie.

Il Tribunale ravvisa una tendenza a contrastare l’autorita’: ma il condannato ha sempre chiesto ed ottenuto i permessi e le licenze.

4. Il definitiva, il giudizio del Tribunale – reso possibile da un provvedimento provvisorio del Magistrato di Sorveglianza fondato su presupposti rivelatisi successivamente inesistenti – interpreta l’inidoneita’ al trattamento del condannato in senso strettamente psicologico, senza agganciarsi ad alcun comportamento concreto di segno francamente negativo da parte del ricorrente.

Paradossale e’ l’implicito rimprovero mosso al condannato di avere chiesto troppe licenze dopo che esse – rientranti nel limite indicato dall’articolo 52 cit. erano state concesse dal Magistrato di Sorveglianza, ricorrendone i presupposti.

Appare significativa, sotto questo profilo, l’interpretazione “autentica” che il Tribunale di Sorveglianza da’ al proprio provvedimento di ammissione alla semiliberta’: “una scommessa sulla persona e sulla sua ancora non pienamente evidente volonta’ di reinserimento nei circuiti della legalita’”.

La legge non chiede al Tribunale di Sorveglianza di “scommettere” sulle persone dei condannati, ma di ammetterli alla misura alternativa tenendo conto dei progressi compiuti nel corso del trattamento, in presenza delle condizioni per un graduale reinserimento nella societa’.

L’ordinanza non dimostra in alcun modo che tali condizioni non sussistono ne’ evidenzia alcuna condotta che legittimi tale valutazione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

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