Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 26 settembre 2016, n. 18846

No al rientro della minore assegnata al padre residente negli Stati Uniti se la figlia si oppone in sede di audizione. Infatti la chiara e univoca manifestazione di diniego della bambina, che costituisce condizione ostativa al rientro, non può essere disattesa dal giudice italiano senza procedere a un autonomo approfondimento istruttorio a fronte, soprattutto, di un quadro paterno non privo di criticità

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 26 settembre 2016, n. 18846

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6245/2016 proposto da:
(OMISSIS), nella qualita’ di madre della minore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE PER I MINORENNI di TRIESTE, depositato il 29/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta per il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Trieste, a seguito di nota dell’Ufficio Autorita’ Centrali Convenzionali, ha chiesto di accogliere l’istanza di restituzione della minore (OMISSIS), nata a (OMISSIS), formulata dal padre (OMISSIS), per il tramite dell’autorita’ centrale competente USA. Con provvedimento provvisorio, disposto all’esito della comparizione delle parti in data 14/1/2016, e’ stato inibito l’espatrio, soggetto a ratifica da parte del Collegio giudicante. In corso di procedimento, sentiti i genitori, e’ stata disposta, dalle autorita’ centrali competenti dello Stato richiedente, per il tramite dell’Autorita’ centrale italiana ed americana, l’acquisizione delle informazioni richieste dal collegio giudicante, ed e’ stato incaricato il servizio sociale del Comune di Duino su richiesta del padre e previa preparazione della minore di organizzare incontri padre figlia. E’ stata, inoltre, disposta l’audizione della minore con modalita’ idonee a salvaguardarne la serenita’.
Il tribunale, all’esito del procedimento, ha disposto il rientro della minore a (OMISSIS) sulla base delle seguenti argomentazioni:
1) Il richiedente e’ titolare del diritto di custodia della figlia ed esercita effettivamente questo diritto. Il Tribunale distrettuale di Portland nella sentenza di divorzio aveva stabilito che entrambi i genitori dovessero assumere diritti e responsabilita’ genitoriali condivise. La minore e’ sempre vissuta nel (OMISSIS) ed ha sempre visto con regolarita’ il padre, nei giorni stabiliti, in sede di divorzio. Il regime di affidamento e’ stato rispettato dalle parti e la minore e’ risultata stabilmente inserita nella nuova famiglia del padre. L’inadempimento agli obblighi economici sottolineato dalla madre della minore ed il grado modesto di partecipazione del padre ai rapporti con le istituzioni scolastiche e sanitarie non inficiano l’effettivita’ dell’esercizio del diritto di custodia, non limitato ad un semplice diritto di visita ma esteso alle decisioni mediche e formative, all’educazione religiosa ed al complessivo benessere della minore.
2) Il trasferimento e’ stato illegittimo dal momento che il consenso era limitato a due settimane e non alla protrazione sine die del medesimo. Il (OMISSIS) una volta conosciuta la volonta’ della moglie di proseguire la permanenza in Italia della minore ne ha subito intimato il rientro e attivato le autorita’ competenti, ottenendo un ordine di rientro dal Tribunale di Portland il 21/10/2015.
3) In ordine alle cause ostative indicate nell’articolo 13 della Convenzione dell’Aja viene rilevato che non sussiste per la minore il fondato rischio di pericoli fisici o psichici o di trovarsi in una situazione intollerabile. Al riguardo il padre ha ammesso i problemi di alcoolismo, parafilia (pornografia, feticismo, frequentazione di prostitute) e problemi psicologici. Tali circostanze erano note all’autorita’ giudiziaria americana nell’ambito del procedimento di divorzio e sono state approfondite nel periodo di nove mesi di monitoraggio nel corso del quale e’ stata controllata la situazione personale del (OMISSIS) dopo le lesioni subite dall’altra figlia (OMISSIS) in tenerissima eta’. Gli operatori sociali hanno ritenuto superate le criticita’ determinate dal pregiudizio arrecato alla figlia. Il curatore speciale di (OMISSIS) ha verificato l’intensita’ dei legami familiari e quello del padre con i figli, compresa (OMISSIS). La terapista di (OMISSIS) ha affermato che quest’ultima si e’ sentita a suo agio con entrambi i genitori ed e’ attaccata ad entrambi. L’autorita’ giudiziaria ha, pertanto, eseguito un esame approfondito delle criticita’ del (OMISSIS) e del suo nuovo nucleo familiare ed ha suggerito un percorso di sostegno che il (OMISSIS) ha intrapreso, risultando consapevole dei suoi problemi e motivato verso la terapia. Dall'(OMISSIS), la piccola (OMISSIS) e’ tornata a vivere con i genitori senza supervisione e nel medesimo periodo e’ stato respinto un ordine di protezione richiesto dalla madre di (OMISSIS) perche’ la bambina non e’ stata piu’ ritenuta in pericolo per abusi e negligenze e comunque capace di proteggersi ed esprimere le sue preoccupazioni alla terapista.
Le foto, scattate dal padre, che la ritraggono nuda sono solo il frutto di un intento ludico condiviso tra padre e figlia ma scevro da secondi fini. Il turbamento della minore quando le sono state chieste spiegazioni si giustifica con il comprensibile imbarazzo provato nel dover rendere conto in sede di audizione davanti a molte persone dell’episodio.
L’opposizione della minore al ritorno negli USA con il padre deve essere attentamente vagliata secondo la Corte d’Appello. La minore ha affermato di aver paura del padre riferendo che la mandava a scuola sporca. Non e’ stata in grado di spiegare con esattezza le ragioni di questa paura ne’ ha riferito di alcuno specifico episodio di ebbrezza del padre, limitandosi a riferire dei suoi problemi di alcoolismo in quanto appresi dalla madre e dalla terapeuta. Ha precisato solo che il padre urlava. Non risulta chiaro il perche’ della paura nei confronti del padre. La situazione emersa negli incontri protetti ha invece evidenziato una buona relazione padre – figlia, improntata a confidenzialita’ e all’esclusione di segni di disagio. L’audizione della minore non ha evidenziato la situazione di marginalizzazione nel nucleo familiare del (OMISSIS) sottolineata dalla madre ne’ ha evidenziato disagio nella minore per essere stata incolpata delle lesioni subite dalla sorellina (OMISSIS). Su questo specifico episodio la minore ha riferito soltanto di essersi dispiaciuta del fatto che il padre aveva rivelato la circostanza anche ad alcuni suoi amici. La Corte d’Appello condivide quanto affermato e verificato dal curatore speciale della piccola (OMISSIS), secondo il quale (OMISSIS) e’ integrata nel nucleo familiare paterno.
In conclusione, la Corte territoriale ha ritenuto che il giudizio in questione non sia volto ad accertare quale sia l’ambito familiare piu’ adeguato per la minore ma soltanto se sia presente una delle cause ostative previste dall’articolo 13 della Convenzione dell’Aja. Queste cause non sussistono dal momento che le problematiche personali del padre non costituiscono una fonte di fondato pericolo fisico e psichico per la minore ne’ la espongono ad una situazione intollerabile.
Le problematiche potranno costituire in futuro delle criticita’ nell’esercizio della responsabilita’ genitoriale da affrontarsi dalle competenti autorita’ americane alle quali la (OMISSIS) potra’ rivolgersi ed alle quali attraverso l’Autorita’ centrale deve essere trasmesso il presente provvedimento perche’ attivino un monitoraggio e sostegno per (OMISSIS) una volta che sara’ rientrata nel (OMISSIS).
Poiche’ la minore da tempo non vede e non ha frequenti rapporti con il padre e’ necessario che il servizio sociale di Duino accompagni il percorso verso il rientro in USA.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a cinque motivi. Ha resistito con controricorso Peter (OMISSIS). La parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 13, lettera a), e dell’articolo 3, comma 1, lettera b) della Convenzione dell’Aja del 25/10/1980 nonche’ la omessa valutazione di fatti decisivi dai quali sarebbe dovuto agevolmente emergere la non effettivita’ della custodia della minore da parte del padre. la custodia non e’ effettiva.
La verifica della condizione stabilita nell’articolo 3 lettera b) della Convenzione del’Aja non e’ stata effettuata adeguatamente essendo stato accertato che il (OMISSIS) si e’ limitato alla visita della minore ma non ne ha avuto cura e non ne ha seguito il percorso educativo, medico e scolastico. Egli ha anche mancato agli obblighi di mantenimento della figlia. In particolare e’ emerso che il (OMISSIS) non ha partecipato ai colloqui scolastici, non e’ stato puntuale nell’accompagnare la figlia a scuola, non ha seguito la figlia nelle cure mediche, ha dichiarato bancarotta inducendo la ricorrente ad una riduzione del proprio debito per il mantenimento della minore, non provvedendo neanche al pagamento delle cure mediche. Rileva infine la ricorrente di aver documentato tali circostanze.
In conclusione, sostiene la parte ricorrente che il Tribunale per i minorenni abbia confuso l’effettivita’ dell’esercizio della custodia con il mero diritto di visita.
Nel secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 della Convenzione dell’Aja e 8 della CEDU per non essere stato valutato il rischio futuro per la minore derivante dalla custodia paterna mediante un adeguato giudizio prognostico, risultando fondato, l’esame svolto dal Tribunale, esclusivamente sulla situazione attuale cosi’ come desunta dalle valutazioni svolte dalle autorita’ americane. In particolare non e’ stato dato rilievo all’episodio delle gravi lesioni subite dalla minore (OMISSIS) (OMISSIS), sorella unilaterale di (OMISSIS), dovute alla carenza di accudimento genitoriale ed alla dipendenza alcoolica paterna oltre che alla perdurante sussistenza di tale dipendenza e ad altri gravi disturbi psichici. Non e’ stato eseguito un autonomo e rigoroso accertamento in ordine al grado di rischio e pregiudizio per lo sviluppo psico fisico della minore stessa, alla luce delle emergenze e delle obiettivita’ istruttorie.
Nel terzo motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo nonche’ la violazione dell’articolo 8 della CEDU per non avere il Tribunale per i minorenni dato rilievo: 1) al fatto che (OMISSIS), una volta tornata nel (OMISSIS), non potra’ vedere la madre, perche’ la ricorrente potrebbe, al rientro negli Stati Uniti, essere processata ed arrestata per ritenzione del minore con conseguente perdita della responsabilita’ genitoriale; 2) al fatto che il (OMISSIS) attualmente e’ accusato di favoreggiamento della prostituzione e verra’ certamente condannato e detenuto in carcere per sei mesi essendo stato colto in flagranza di reato, con conseguente mancanza per la minore di alcuna figura genitoriale; 3) al fatto che il (OMISSIS) ha cercato d’incolpare (OMISSIS) per le lesioni gravissime subite da (OMISSIS) anche tentando di estorcerle un’ammissione di colpevolezza. La circostanza e’ stata riferita dalla terapeuta della minore in un’udienza davanti alla Corte distrettuale di Portalnd ed e’ stata confermata da (OMISSIS) davanti al Tribunale per i minorenni; 4) al fatto che (OMISSIS) sia stata fotografata dal padre nuda in posizione ambigua in vasca da bagno, senza correlare la circostanza alle psicopatologie di cui il (OMISSIS) e’ risultato tuttora affetto; al fatto che la minore sia stata esposta alla visione di materiale pornografico via internet; 5) al fatto che il (OMISSIS) soffre di una grave forma d’instabilita’ psichica non avendo superato le sue dipendenze.
Nel quarto motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’articolo 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja nonche’ dell’articolo 315 bis c.c.; dell’articolo 12 della Convenzione di New York e dell’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori nonche’ dell’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea per non avere adeguatamente valutato il rifiuto della minore in ordine al rientro negli Stati Uniti ed aver considerato il risultato dell’audizione in funzione meramente ricognitiva del rischio, trascurando il peso della contrarieta’ della minore. Non e’ stato considerato che le dichiarazioni rese dalla minore hanno confermato cio’ che era stato gia’ riferito alla propria terapeuta e che le stesse hanno trovato pieno riscontro probatorio documentale.
Nel quinto motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nel mancato approfondimento attraverso indagine peritale delle rilevanti problematiche psichiche e comportamentali del (OMISSIS) incontestatamente comprovate in correlazione al giudizio prognostico sul pregiudizio per la minore derivante da rientro negli Usa.
I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente perche’ logicamente connessi.
L’articolo 3 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 (resa esecutiva in Italia con la L. n. 64 del 1994) prescrive che il trasferimento o il mancato rientro di un minore dalla propria residenza abituale sia ritenuto illecito se avvenuto in violazione dei diritti di custodia di uno dei genitori. L’esercizio del diritto di custodia, fondato sulla legge o una decisione giudiziaria o amministrativa (ove previsto dalla legislazione dello stato di residenza abituale) od un accordo valido, deve essere effettivo (articolo 13, lettera a). L’effettivita’ dell’esercizio deve sussistere (o permanere) al momento del trasferimento o del mancato rientro.
Le condizioni oggettive ai fini della configurazione della fattispecie della sottrazione internazionale del minore, secondo quanto stabilito dalla predetta Convenzione, sono da individuarsi, pertanto, nell’oggettivo allontanamento dello stesso dalla residenza abituale (nella specie incontestatamente collocabile nel (OMISSIS) prima del trasferimento) senza consenso dell’altro genitore al trasferimento o al mancato rientro nonche’ nella titolarita’ ed esercizio effettivo del diritto di custodia da parte del denunciante l’avvenuta sottrazione.
Il giudice competente deve accertare autonomamente la positiva sussistenza delle condizioni sopraindicate, svolgendo ove necessario una propria istruzione probatoria, ancorche’ da eseguirsi coerentemente con le esigenze di urgenza della decisione, senza trascurare le acquisizioni probatorie provenienti da autorita’ giudiziarie od amministrative dello Stato estero senza esserne vincolato.
Non e’ contestato che il trasferimento in Italia, per un periodo di tempo determinato fosse stato autorizzato dal (OMISSIS) ma non il mancato rientro e l’allontanamento stabile dalla residenza abituale del minore.
Il diritto di custodia della minore, secondo quanto stabilito nel giudizio di divorzio americano era attribuito anche al (OMISSIS). L’esercizio effettivo di tale diritto e’ stato ritenuto sussistente alla luce di un ampio e circostanziato accertamento di fatto compiuto dal Tribunale per i minorenni che ne ha escluso la riconduzione a mero diritto di visita, sottolineandone i profili di concretezza (coabitazione; accompagnamento e ritiro da scuola, coinvolgimento nel nuovo nucleo familiare del (OMISSIS)).
La diversa conclusione della ricorrente non puo’ essere condivisa.
In conclusione, ricorrono le condizioni oggettive per la qualificazione della condotta della ricorrente come di sottrazione internazionale dalla residenza abituale della figlia minore (OMISSIS), essendo la decisione del mancato rientro avvenuta senza il consenso (ed in contrasto) con l’altro genitore titolare effettivo del diritto di custodia.
La ricorrente ha, tuttavia, invocato, l’applicazione, nella specie del regime derogatorio stabilito nell’articolo 13 della medesima Convenzione secondo il quale anche ove sussistano le sopra esaminate condizioni oggettive, l’Autorita’ giudiziaria o amministrativa dello Stato al quale e’ stato richiesto l’ordine di rientro non puo’ disporlo se accerti “che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. (articolo 13, lettera b). L’accertamento di tale situazione ostativa all’ordine di rientro deve tenere conto “delle informazioni fornite dall’Autorita’ centrale o da ogni altra Autorita’ competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale”.
Inoltre il rientro puo’ non essere disposto se il minore vi si oppone, qualora abbia raggiunto un’eta’ e un grado di maturita’ tali da tenere conto del suo parere.
Alla luce dei criteri sopraindicati, deve ritenersi che, coerentemente con essi, il Tribunale per i minorenni ha acquisito ed utilizzato le informazioni e le valutazioni svolte dall’autorita’ giudiziaria ed amministrativa degli Stati Uniti evidenziando un quadro della personalita’ paterna caratterizzato da dipendenza alcoolica e parafilia non ancora risolte nonche’ dall’accertamento di fatti e comportamenti direttamente coinvolgenti la vita di (OMISSIS), quali l’accusa ingiusta di essere stata causa delle lesioni gravissime subite dalla sorella in tenerissima eta’, (OMISSIS) e le foto scattatele dal padre. Tuttavia la necessita’, prevista nell’articolo 13, u.c., di non trascurare le informazioni provenienti dall’autorita’ giudiziaria competente nello Stato di residenza abituale, specie se coinvolto dalle vicende relative al nucleo familiare sotto esame, non impone la condivisione delle valutazioni svolte da tale autorita’ giudiziaria estera senza procedere ad alcuna concreta verifica della fondatezza e dell’attualita’ di tali valutazioni, svolta sulla base di autonomo accertamento, soprattutto alla luce di un quadro soggettivo comportamentale cosi’ stabilmente problematico.
A pag. 5 della sentenza impugnata si afferma che le istituzioni americane hanno svolto un’approfondita valutazione delle concrete problematiche del (OMISSIS) ed hanno dimostrato di saper intervenire tempestivamente a tutela d’insorgenze che potessero mettere in pericolo le minori anche con misure di allontanamento, salvo monitorare la situazione e ripristinare i rapporti genitoriali in presenza di mutamenti significativi. Tale valutazione positiva risulta svolta senza tenere conto specificamente delle condizioni di (OMISSIS) ed, in particolare, senza svolgere alcuna autonoma verifica prognostica del rischio per lo sviluppo psico fisico della minore derivante dal rientro negli Stati Uniti e dall’esercizio del diritto di custodia in forma quanto meno del tutto prevalente da parte del padre, alla luce delle patologie non risolte e delle manifestazioni comportamentali ad esse conseguenti.
Tale mancato accertamento, da svolgersi anche mediante indagine tecnica, e’ tanto piu’ necessario alla luce del fermo rifiuto della minore, espresso univocamente in sede di audizione. Al riguardo deve rilevarsi che la minore e’ stata ascoltata dal Tribunale all’eta’ di 10 anni e mezzo, ovvero in un’eta’ prossima a quella (12 anni) nella quale si presume la capacita’ di discernimento (articolo 315 bis c.c., comma 3) e che la previsione contenuta nell’articolo 13 della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 e’ una declinazione del principio sancito all’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e degli articoli 3 e 6, della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ratificata con la L. 20 marzo 2003, n. 77. L’ascolto del minore e la considerazione delle sue opinioni sono un passaggio ineludibile nei procedimenti che lo riguardano, non solo sotto il profilo del rispetto formale dell’adempimento, quale scansione procedimentale obbligata ma al fine sostanziale di dare dignita’ e rilievo giuridico alle sue determinazioni e alle sue scelte ove espresse con discernimento. Quest’ultimo profilo e’ peculiarmente valorizzato proprio nell’articolo 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja, dal momento che il rifiuto del minore, se capace di discernimento, puo’ essere ostativo al rientro. Ne consegue che secondo il paradigma normativo convenzionale si deve verificare preliminarmente se il minore abbia “raggiunto un’eta’ ed un grado di maturita’ tali che sia opportuno tener conto del suo parere”. Nella specie, Il tribunale ha svolto positivamente tale accertamento dal momento che ha dato luogo all’ascolto, in sede collegiale, rivolgendo domande e richiedendo precisazioni in ordine al rapporto tra la minore ed il padre e alle ragioni del suo rifiuto. E’ stata svolta, pertanto, un’audizione della minore rivolta specificamente al merito del giudizio, da ritenersi necessariamente conseguente alla sua capacita’ di discernimento, peraltro del tutto verosimile in considerazione dell’eta’.
Cosi’ procedendo, sempre sulla base dell’interpretazione testuale dell’articolo 13, l’accertamento del Tribunale ha una triplice natura: il discernimento del minore che deve precedere l’ascolto sul merito; l’accertamento dell’opposizione della minore; l’esistenza di ragioni diverse (quali, in particolare, le caratteristiche del genitore che ha materialmente eseguito la sottrazione) che giustifichino il rientro nonostante il rifiuto. La manifestazione della volonta’ e’ del tutto centrale nell’iter decisionale relativo all’applicabilita’ della deroga stabilita dalla norma e non ne puo’ essere escluso il rilievo solo perche’ si ritengono insufficientemente dettagliate le ragioni (in particolare la paura della convivenza con il padre) del rifiuto. La valutazione svolta dal Tribunale si colloca al di fuori del predetto paradigma in quanto da un lato esprime un giudizio di valore sulle ragioni del rifiuto della minore, dall’altro sovrappone ad esse la propria visione della relazione padre figlia e del grado d’integrazione della minore al suo interno (pag. 8 – 9 della sentenza). Nel giudizio sintetico finale, dopo aver sottoposto la minore ad un’ampia e dettagliata serie di domande pone in dubbio l’autenticita’ e la serieta’ delle motivazioni poste a base del rifiuto, cosi’ operando illegittimamente un sostanziale capovolgimento dell’ordine dei criteri indicato dalla norma e la logica collocazione del discernimento anteriormente alla rilevazione in concreto delle opinioni della minore. Deve, sottolinearsi, infine, come il Tribunale abbia ritenuto che il contesto (pag. 8 della sentenza) dovesse essere preso in considerazione al fine di vagliare le opinioni da essa espresse. Ma la predisposizione di un contesto che tenda a mettere a proprio agio il minore ed a favorirne la spontaneita’ e la chiarezza delle dichiarazioni costituisce un compito del Tribunale e non un elemento di criticita’ nella valutazione del contenuto delle stesse. Peraltro lo stesso Tribunale nella parte narrativa della sentenza a pag. 1 rileva che sono state assicurate modalita’ idonee a salvaguardare la serenita’ della minore nell’audizione.
In conclusione, l’articolo 13 impone l’ascolto del minore al fine di verificare se vi sia una precisa opposizione del medesimo ove munito di discernimento, ritenendo tale opposizione un motivo ostativo autonomo all’ordine di rientro. La funzione dell’audizione, ove ad essa si proceda, e’ in funzione della raccolta delle dichiarazioni del minore in ordine al rientro. Ove le risposte siano effettivamente indeterminate e non consentano di rilevare la volonta’ del minore puo’ dirsi non integrata la condizione ostativa prevista dalla norma. Nell’ipotesi inversa, ad una chiara determinazione di volonta’, non puo’ opporsi una valutazione alternativa della relazione con il genitore con il quale il predetto minore dovrebbe vivere in esito al rientro, priva di un preciso ed autonomo giudizio prognostico che dalle ragioni del rifiuto prenda le mosse. Infine, in caso di permanenza del dubbio sull’integrazione delle due condizioni derogatorie dell’ordine di rientro, nonostante il rifiuto del minore, si deve procedere ad un approfondimento istruttorio autonomo anche mediante consulenza tecnica d’ufficio e modelli di ascolto del minore piu’ adeguati.
Il giudizio sull’insussistenza delle condizioni ostative al rientro indicate nell’articolo 13 e’ risultato non conforme ai parametri normativi indicati nella norma in quanto svolto senza alcuna precisa verifica delle ragioni dell’opposizione della minore, non potendo tale univoca manifestazione di volonta’ essere disattesa senza un autonomo approfondimento istruttorio tanto piu’ a fronte di un quadro diacronico della situazione paterna oggettivamente non privo di criticita’ e non caratterizzato da uno stabile e definitivo superamento delle problematiche accertate.
Per le ragioni esposte, rigettato il primo motivo devono essere accolti i restanti con rinvio al Tribunale per i minorenni di Venezia.
P.Q.M.

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