Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 22 giugno 2016, n. 12964

Se la sentenza di fallimento segue ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo c’è anche riguardo alla decisione di inammissibilità del concordato

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 22 giugno 2016, n. 12964

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, (c.f. (OMISSIS)), in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in (OMISSIS), come da procura in calce al ricorso e poi istanza di fissazione d’udienza;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in liquidazione, c.f. (OMISSIS)), in persona del liquidatore p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), come da procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la Corte d’Appello di FIRENZE;
Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del curatore p.t.;
Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del curatore p.t.;
(OMISSIS), residente in (OMISSIS).
(OMISSIS), residente in (OMISSIS).
– intimati –
per la cassazione della sentenza n. 356/2013 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 27.2.2013, nel giudizio iscritto al n. 1880/2012 r.g.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 30 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;
uditi per il ricorrente l’avv. (OMISSIS) e per il resistente l’avv. (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

IL PROCESSO

Il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione impugna la sentenza della Corte d’Appello di Firenze 27.2.2013, n. 356/2013, che ebbe ad accogliere il reclamo interposto dalla (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, resa da Tribunale di Firenze 27.7.2012 su istanza di taluni creditori e del Pubblico Ministero, dopo avere dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo con cessione integrale dei beni ai creditori avanzata dalla debitrice.
Secondo la corte d’appello, superata l’eccezione del difetto di contraddittorio per omessa convocazione del debitore (invero ammesso alla difesa, sentito in camera di consiglio ed ulteriormente autore di memoria scritta), si era mostrata errata la decisione di inammissibilita’ della domanda di concordato, avendo il tribunale effettuato una prognosi sulla fattibilita’ economica della proposta, attraverso la riclassificazione dell’attivo patrimoniale, ridotto dell’importo di 20 milioni di Euro, inammissibilmente autonoma rispetto alle conclusioni dell’attestatore e fondata sulla pretesa irrealizzabilita’ dei crediti vantati nei confronti di talune societa’ partecipate, con sede sia all’estero che in Italia, circostanza che, in prosieguo, non aveva trovato effettivo riscontro nella procedura fallimentare. Parimenti non appariva corretta la valutazione prognostica assegnata dal tribunale alla liquidazione dell’attivo, rivelatasi un giudizio sulla fattibilita’ economica del piano ma senza un ausilio peritale a smentita delle asseverazioni dell’attestatore.
Per la corte d’appello, infine, non poteva trovare ingresso nella fase del reclamo la valutazione di ulteriori fatti – quali la lottizzazione immobiliare in (OMISSIS), il connesso credito bancario garantito e la compravendita di singole unita’, senza ripianamento del debito – neppure presi in esame dal tribunale poiche’ prospettati per la prima volta in sede di reclamo e benche’ ivi dibattuti, comunque restando essi rilevanti ai fini di un giudizio sulla meritevolezza della proposta e non sulla fattibilita’ giuridica del concordato.
Il ricorso e’ affidato a tre motivi, cui resiste (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, con controricorso. Il fallimento ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la falsa applicazione degli articoli 160, 161, 162, 173 e 180 l.f., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che il tribunale avesse espresso valutazioni in ordine alla fattibilita’ economica del piano concordatario, atteso che il primo giudice si era limitato ad accertare che in esso erano previste modalita’ attuative della proposta non conformi alla legge e che nel frattempo era emerso che l’attestazione del professionista era incompleta.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce ulteriore violazione degli articoli 162 e 173 l.f., essendosi il giudice del gravame rifiutato di valutare gli atti di frode posti in essere dalla societa’ proponente, sicuramente rilevanti ai fini dell’ammissibilita’ del concordato ed in quanto emersi nella relazione ex articolo 33 l.f., attinenti all’omessa destinazione a rientro dal debito ipotecario dei versamenti dei promissari acquirenti gli immobili, privi di indicata destinazione e all’acquiescenza alle pronunce ex articolo 2932 c.c. ad essi favorevoli.
Con il terzo motivo deduce il ricorrente la violazione dell’articolo 18 l.f., in quanto la sentenza impugnata ha escluso la possibilita’ di esaminare vicende non prese in considerazione dal tribunale, pur se dedotte dalla reclamante in seno ai motivi di ricorso, dunque in violazione del principio devolutivo pieno del reclamo.
1. Il primo motivo e’ fondato. La corte d’appello, pur dichiarando di conformarsi al precedente di Cass. s.u. n. 1521/2013, ne ha travisato ogni indicazione ove ha conferito, in primo luogo, un improprio valore condizionante all’attestazione del professionista di cui all’articolo 161, comma 3 l.f., facendo derivare dalla mera assimilabilita’ del suo apporto alle attivita’ piu’ in generale svolte dai consulenti tecnici verso l’ufficio giudiziario il significato di acquisizione istruttoria che il giudice stesso non potrebbe mai superare, se non in caso di violazione delle regole della fattibilita’ giuridica, non potendo invece in assoluto porre in discussione la fattibilita’ economica. La confusione tra le due valutazioni, e di entrambe la distinzione rispetto alla convenienza economica, e’ resa palese dall’aver fatto coincidere la corte d’appello “l’indicazione della misura del soddisfacimento percentuale offerta ai creditori” con la seconda delle citate nozioni, senza considerare – come invece argomentato dai primi giudici – la necessita’ di dover comunque dare atto, quale condizione di ammissibilita’ del concordato, di una sua almeno possibile vocazione satisfattiva secondo la causa concreta impressagli dal proponente (Cass. 11423/2014, 11497/2014). In secondo luogo, la pronuncia censura la decisione dei primi giudici perche’, nel loro giudizio di azzeramento di una posta dell’attivo, ricondotta ad una prospettiva di assoluta incertezza nonostante l’apprezzamento per 20 milioni di Euro da parte del debitore, sarebbe stata attuata una invasione di campo rispetto (ed ancora) alla fattibilita’ economica, per di piu’ con prognosi infausta dovuta ad una stigmatizzata “autonoma valutazione degli elementi del concordato”. Sul punto, e’ mancato il rispetto del principio, cui dare continuita’, per il quale il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimita’ sul giudizio di fattibilita’ della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilita’ di successo economico del piano ed i rischi inerenti. “Il menzionato controllo di legittimita’ – che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo – non e’ limitato alla completezza, alla congruita’ logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilita’ giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilita’ con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalita’ il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.”. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione di beni, il controllo di legittimita’ consiste nella verifica dell’idoneita’ della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta (Cass. 11014/2013). Ed in quel giudizio rientra anche l’eventuale impossibilita’ giuridica di dare esecuzione, sia pure parziale, alla proposta di concordato, nonche’ l’eventuale inidoneita’ della proposta, se emergente prima facie, a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati (Cass. 13083/2013).
2. Su tali aspetti, in fatto, la corte d’appello per un verso ha trascurato che il Tribunale di Firenze, esaminando lo statuto giuridico-economico e dunque gli indici di realizzabilita’ dei crediti vantati dalla societa’ debitrice verso societa’ partecipate, e’ pervenuto a negare la causa concreta del concordato stesso – come con chiarezza si legge nella sentenza 27 luglio 2012, in questa sede esaminabile dato il tipo di vizio sollevato – posto che l’epilogo del giudizio alternativo e’ stato proprio quello di concludere nel senso della inesistente prospettiva di soddisfacimento, anche solo minimo, nei confronti dei creditori chirografari, per difetto assoluto di certezza nella sussunzione dei citati beni nell’attivo concordatario. E a tale conclusione i giudici di primo grado sono giunti individuando i limiti di esposizione descrittiva – in termini di completezza e veridicita’ – dell’attestazione e della proposta, quanto alla mancata trasformazione dei rischi giuridici attinenti al patrimonio delle partecipate in puntuali criteri esplicativi dei rischi di realizzazione certa e secondo i temi concordatari dei rispettivi assets offerti ai creditori. La corte d’appello, evitando di esercitare il proprio sindacato sui citati criteri e contraddittoriamente da un lato ammettendo che essi comunque attenevano alla fattibilita’ giuridica e pero’ ridondavano in un esito negativo trasmodando in apprezzamento di fattibilita’ economica, non si e’ cosi’ attenuta al principio, qui da ribadire, per cui, in tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilita’, intesa come prognosi di concreta realizzabilita’ del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilita’, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilita’ giuridica, intesa come non incompatibilita’ del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilita’ economica, intesa come realizzabilita’ nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso verificare unicamente la sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato (Cass. 24970/2013, 21901/2013).
3. Per altro verso, la corte d’appello, degradando ogni prognosi di azzeramento dell’attivo ceduto ad inammissibile operazione valutativa non sovrapponibile dal giudice, dopo la riforma, rispetto alle prospettazioni dell’attestatore, ha comunque aggiunto singoli giudizi -tratti dall’andamento della liquidazione fallimentare, rectius dalle attivita’ di relazione ex articolo 33 l.f. – a smentita parziale ex post della iniziale misura di quell’azzeramento (ricondotto a circa 10 milioni di valore presunto), senza tuttavia affrontare ed individuare l’erroneita’ giuridica della metodologia di computo perseguita dal tribunale e dunque omettendo di fornire un diverso giudizio di serieta’ e sicurezza adempitiva ex ante, secondo la causa concreta del concordato (e percio’ in vista di una almeno minima ripartizione o di un apprezzabile pagamento ai chirografari), a contrasto della ipotesi di non pagamento in alcuna misura ai chirografari, quale invece ritenuta dal tribunale, limitandosi ad opporre aggiornate (e pero’) mere stime del curatore, nel loro complesso e tuttavia ancora inferiori ai valori della proposta. Ne’ il decreto impugnato, sostituendo in tal modo una sua valutazione a quella del tribunale ha superato il primo e citato giudizio di difetto assoluto di liquidabilita’ del menzionato attivo costituito da crediti verso terzi.
4. Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondati. La loro trattazione permette di evidenziare un ulteriore limite del decreto fiorentino, attenendo il vizio rilevato prima ancora che ai limiti di oggetto delle potesta’ di controllo attribuite al giudice sul merito della domanda, piuttosto alla latitudine istruttoria dei poteri attivabili circa i fatti essenziali del concordato comunque recati al contraddittorio fra le parti e dunque al conseguente giudizio. Trattandosi di esaminare invero i presupposti di ammissibilita’ del concordato preventivo, che sono i medesimi in ogni sua fase dell’ammissione, della revoca e dell’omologazione (Cass. s.u. 1521/2013, Cass. 12533/2014, 3409/2016) -, l’eventuale ingiustificato diniego di apprezzamento delle corrispondenti circostanze acquisite od offerte e’ destinato ad influire sulla correttezza del giudizio che conduce alla omologazione, alterando quella stessa graduazione bilanciata della soluzione concorsuale piu’ idonea, quale imposta dagli articoli 160 e 161 l.f., per ogni tipologia di concordato secondo Cass. s.u. 9935/2015, ove si richiede in primo luogo di assicurare la viabilita’ processuale del progetto ristrutturativo promosso dal debitore e destinato ad imporsi a tutti i creditori, sulla base del principio di maggioranza dei consensi rispetto alla sussunzione della insolvenza nella procedura di fallimento, come pur domandato dai creditori ovvero anche dal P.M. Si vuole cioe’ precisare che la valutazione sul positivo mantenimento delle condizioni di ammissibilita’ va espressa dal tribunale e dalla corte d’appello, unitariamente intesi come giudici di merito e nell’ambito delle prerogative di intervento sulla originaria domanda, quale constatazione indefettibile per il buon fine del predetto progetto.
5. Sul punto, la ritenuta decisivita’ di trattazione deriva dal rinvenimento di una regola di giudizio, del tutto violata dalla corte d’appello ed invece sussistente nell’ordinamento concorsuale, per cui la fissazione dello speciale reclamo avverso l’assetto di merito, conferito tanto da una concreta disciplina concordatizia che fallimentare della crisi della singola impresa, ne consente la stabilita’ se tutti i presupposti di ammissibilita’ dei rispettivi modelli siano stati oggetto di verifica e positivo riscontro. Ed infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, limitatamente ai procedimenti in cui trovi applicazione la riforma di cui al Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, e’ caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, con conseguente (e precisata) inapplicabilita’ dei limiti previsti dagli articoli 342 e 345 c.p.c., sicche’ le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al tribunale (Cass. 12706/2014, 6835/2014, 6306/2014, 9174/2012, 22546/2010), emergendo tale soluzione necessaria “attesi il carattere indisponibile della materia controversa e gli effetti della sentenza di fallimento, che incide su tutto il patrimonio e sullo status del fallito (Cass. 6306/2014).
6. Ne consegue che il giudice del merito investito del reclamo e’ tenuto ad esaminare, anche con l’esercizio dei poteri officiosi ex articolo 18, comma 10 l.f., tutti i temi di indagine oggetto di doglianza, benche’ attinenti a fatti (anteriori) non allegati nel corso del procedimento di primo grado (come accaduto in talune fattispecie considerate nei precedenti citati ed in cui il debitore, correttamente evocato in giudizio, non si era pero’ ne’ difeso ne’ presentato) o a nuove eccezioni in senso proprio, ed altresi’ quando il reclamante si limiti a riproporre le tesi difensive gia’ addotte, senza contrastare altrimenti le motivazioni in base alle quali il tribunale le ha respinte. Il solo limite che detto giudice incontra e’ quello di non potersi spingere sino al punto di valutare d’ufficio la ricorrenza di quei soli presupposti, oggettivi o soggettivi, della fallibilita’ che non siano in contestazione tra le parti e, anche per tale via, possano comunque dirsi positivamente sussistenti. La selettivita’ delle soluzioni concorsuali di cui all’articolo 1, comma 1 l.f. non permette peraltro, quale limite di sistema, di far discendere dal principio della domanda di parte una regola decisoria che, valorizzando la mera non contestazione in giudizio, faccia entrare in una delle procedure ivi previste soggetti che vi sono programmaticamente estranei, a questa stregua operando requisiti fondativi anticipati di inammissibilita’ anche rilevabili d’ufficio.
La menzionata natura devolutiva piena del reclamo, quale ricavata dall’articolo 18 l.f. e per come precisata, quando la pronuncia di fallimento segua o sia contestuale ad una declaratoria di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo – ed e’ il caso sottoposto al Collegio -, concerne pertanto, in maniera inscindibile, sia il decreto di inammissibilita’ sia la sentenza dichiarativa di fallimento, contestuale o separata.
7. Orbene, e’ incontroverso che la vicenda relativa al complesso immobiliare costruito dalla societa’ poi fallita, usufruendo essa di rilevanti finanziamenti in forza di un contratto di mutuo fondiario concesso da un istituto di credito, rimasto poi non adempiuto nonostante le somme incassate dai promissari acquirenti dei singoli edifici nel frattempo realizzati, con aumento dell’indebitamento per interessi e distrazione in danno dei creditori di una somma per circa 24 milioni di Euro e per una destinazione del tutto generica e mai chiarita, la prospettata rinunzia di altri 5 milioni per i crediti residui, l’acquiescenza alle sentenze di trasferimento coattivo nel frattempo promosse verso la societa’, non vennero esaminate dal tribunale al momento della dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.r.l. E siffatto esame – per fatti che la stessa debitrice aveva riconosciuto come illeciti, ma degradandoli a mere fonti di eventuali responsabilita’ dei singoli autori – venne omesso, non perche’ questione inerente alla meritevolezza della proposta – per come non piu’ rilevante nel concordato riformato, dopo il Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 80 del 2005 -, alla stregua della sbrigativa motivazione della corte fiorentina, ma in quanto semplicemente non sottoposta da alcuno al vaglio del tribunale, ne’ da quest’ultimo rilevata d’ufficio. Cio’ ancorche’ la questione stessa, alla stregua di potenziale atto di frode ai creditori e comunque illecito (nonostante l’obbligo, a livello di fattibilita’ giuridica, di una puntuale indicazione delle circostanze tra i dati da dover esporre dal debitore: Cass. s.u. 1521/2013), fosse astrattamente idonea – almeno secondo l’impostazione abbracciata nel reclamo dalla curatela fallimentare – a determinare per i parametri dell’articolo 173 l.f. una eventuale revoca dell’ammissione al concordato ove disposta, trattandosi di atti contra legem nonche’ decettivi ai fini della genuina formazione del consenso e, quindi, a maggior ragione, a rendere senz’altro inammissibile, ex articolo 162 l.f., la domanda gia’ al momento in cui venne portata alla cognizione iniziale del tribunale. Va cosi’ ripetuto che, nel concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimita’ sul giudizio di fattibilita’ della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilita’ di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimita’ – che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo – non e’ limitato, come detto, alla completezza, alla congruita’ logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilita’ giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilita’ con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalita’ il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro (Cass. 11014/2013, 13083/2013,21901/2013,24970/2013,11423/2014,11497/2014).
8. Sul tema, occorre solo osservare la totale erroneita’ della tesi che ascriverebbe i fatti, oggetto di possibile attivazione da parte del commissario giudiziale ai fini della revoca dell’ammissione nel frattempo disposta e secondo il congegno dell’articolo 173 l.f., ad oggetto di una riserva di iniziativa: al punto che, come prospettato dal controricorrente, un loro omesso riferimento in quella sede ne andrebbe a determinare la non esaminabilita’ in assoluto. In realta’, nel momento in cui la societa’ fallita, proponendo reclamo avverso la sentenza di fallimento, ha espressamente censurato anche la decisione sull’inammissibilita’ della domanda di concordato – che sta a monte della declaratoria di fallimento -, ha inteso sottoporre l’intera questione (id est la sussistenza o meno delle condizioni di ammissibilita’ del concordato) al vaglio della corte, la quale, quindi, nel decidere se la domanda di concordato della (OMISSIS) s.r.l. fosse o meno ammissibile, ex articolo 162 l.f., avrebbe dovuto esaminare anche quei fatti, pacificamente anteriori al deposito della proposta ed astrattamente idonei, come visto, ad incidere sul detto giudizio di ammissibilita’, in quanto pure sottoposti, nel contraddittorio dalle parti, al suo esame.
Ne’ e’ da dirsi che gli atti di frode segnalati dal curatore fallimentare nel giudizio di reclamo, cioe’ con esso condotti all’accertamento devoluto al giudice del rimedio, non potessero divenire oggetto di esame nella detta fase processuale, perche’ mai portati al sindacato del tribunale nell’ambito del procedimento di concordato, in quanto, per un verso, nella fattispecie la pronuncia di inammissibilita’ ebbe pacificamente ad intervenire – trattandosi di concordato depositato il 2 luglio 2012, cioe’ prima dell’entrata in vigore delle novelle nn. 134 e 98 dell’articolo 161 l.f., adottate tra il 2012 e il 2013, che hanno consentito il deposito della domanda di concordato con riserva e poi anche la nomina, in via anticipata, del commissario giudiziale -, anteriormente ancora rispetto alla (previsione di possibile) nomina del commissario giudiziale, che in astratto avrebbe potuto riferire sugli atti di frode al primo collegio.
Per altro verso, la revoca del concordato ammesso, ai sensi dell’articolo 173 l.f., e’ istituto che si scinde in una parte organizzativa, strutturata attorno ad un particolare procedimento accelerato che, deviando dal normale iter che conduce dall’ammissione all’omologa, permette di anticipare la conclusione della vicenda concordataria, su un piano di inaccessibilita’ normativa del debitore per sue condotte illecite che la giurisprudenza in tema ha gradualmente focalizzato in un’apposita figura aperta di frode, per cui se poi il proponente e’ anche insolvente e qualcuno lo abbia richiesto, se ne pronuncia pure il fallimento. D’altronde, la stessa norma – nel suo comma 1 – puo’ dirsi ricognitiva di circostanze che, ivi solo specificate da un punto di vista descrittivo, realizzano altrettanti limiti permanenti di ammissibilita’ del concordato stesso (come poi a chiusura riassunto nell’ultima proposizione del terzo comma articolo cit.), perche’ vulnerano la sua fattibilita’ giuridica ovvero appaiono idonei a degradare i presupposti di completezza delle stesse attestazioni dell’esperto oltre ovviamente alle rappresentazioni della proposta: cosi’, si e’ detto che “gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneita’ a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purche’ siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarieta’ della condotta, di cui, invece, non e’ necessaria la dolosa preordinazione”(Cass. 17191/2014, 3409/2016). Tali elementi non sono stati presi in considerazione dalla corte d’appello, benche’ tutti integranti, per come rappresentati, la figura appena descritta.
9. Ne’ si puo’ dubitare allora che cosi’ come il fallito che non abbia spiegato difese nel corso del procedimento prefallimentare puo’ sollevare in sede di reclamo anche questioni nuove non esaminate dal tribunale, deve parimenti ritenersi – per identita’ di ratio, secondo un principio di parita’ di posizioni, oltre che di economia processuale – che anche (come nella specie) il curatore reclamato possa segnalare quei profili di inammissibilita’ del concordato non tempestivamente emersi, quale ne sia la causa, nel procedimento celebrato innanzi al primo giudice. Proprio l’accoglimento delle censure recate ai motivi attinenti all’ammissibilita’ del concordato aveva infatti determinato la corte d’appello a revocare in via consequenziale il fallimento ma, corrispondentemente, una pienezza di valutazione di tutte le condizioni di ammissibilita’, comprensive di quelle introdotte dalle altre parti legittimate a resistere nel giudizio di reclamo, avrebbe imposto una diversa completezza istruttoria e decisoria, essendo il medesimo il concordato e dovendo le condizioni di ammissibilita’ tutte sussistere in ogni sua fase.
Ritiene conclusivamente il Collegio che, quanto ai motivi secondo e terzo, debba essere affermato il seguente principio di diritto: “quando la sentenza di fallimento abbia fatto seguito ad un provvedimento di inammissibilita’ della domanda di concordato, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ricorre anche con riguardo alla decisione sull’inammissibilita’ del concordato, perche’ parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale rispettivamente chiesta, per la stessa crisi, dal debitore ovvero dai legittimati al suo fallimento; ne consegue che ove il reclamante abbia inteso impugnare la dichiarazione di fallimento che lo riguarda censurando innanzitutto la decisione del tribunale sulla mancata ammissione del concordato, lo stesso giudice del reclamo, adito ai sensi degli articoli 18 – 162 l.f., e’ tenuto a riesaminare tutte le questioni concernenti detta ammissibilita’, ancorche’ non sottoposte in precedenza all’esame del primo giudice ed invece introdotte per la prima volta nel nuovo giudizio ad opera delle altre parti ivi costituite”.
Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che si atterra’ ai riportati principi, regolando anche le spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento di legittimita’.

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