Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 12 gennaio 2017, n. 600

Il risarcimento del danno nel rapporto di curatela rientra nell’obbligazione non di valuta ma di valore. Per questo non si applica il criterio di imputazione dei pagamenti prima agli interessi e poi al capitale che vale per le sole obbligazioni pecuniarie

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 12 gennaio 2017, n. 600

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11285-2013 proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di NAPOLI – Rep. n. 29938 del 25.5.2016;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2461/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2016 dal Consigliere Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento (OMISSIS) srl agiva contro l’avv. (OMISSIS), precedente curatore, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni causati alla massa fallimentare, per la cattiva gestione degli immobili del (OMISSIS), che, benche’ occupati da terzi o oggetto di preliminari, non erano mai stati interessati da iniziative del curatore intese ad ottenere il rilascio, l’indennita’ di occupazione o lo scioglimento dei preliminari; nonche’ per le movimentazioni del tutto ingiustificate di due libretti bancari accesi presso il Banco di Roma ed intestati alla procedura.

Il convenuto contestava la domanda, ed avanzava riconvenzionale per il pagamento delle spese e degli onorari; chiamava in causa l’assicuratrice della responsabilita’ civile, che si costituiva eccependo la mancanza di copertura.

Il Tribunale, con sentenza non definitiva 2647/03, accoglieva la domanda della Curatela disponeva la separazione della riconvenzionale, disponendone la riassunzione al Tribunale fallimentare; rigettava la domanda di garanzia.

Nel prosieguo, disposta CTU, il Tribunale, con la sentenza definitiva 3712/06, condannava il (OMISSIS) alla corresponsione alla Curatela della somma di Euro 886.977,51, oltre interessi legali dal 21/0/98 al soddisfo.

La Corte d’appello, con sentenza del 23/5-3/7/2012, ha parzialmente accolto l’appello del (OMISSIS), riducendo l’importo della condanna, confermando nel resto la sentenza di’ primo grado, ed ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale della Curatela e della Aurora Ass.

La Corte del merito ha ritenuto:

l’ irrilevanza della questione della producibilita’ o meno in appello dei documenti intesi a provare l’impegno professionale del curatore revocato nella difesa del patrimonio del fallimento, esulando dall’oggetto della causa la valutazione complessiva dell’impegno professionale dello stesso, ed inammissibile l’ordine di esibizione in difetto della puntuale specificazione dell’oggetto;

che alla data del fallimento, il patrimonio della (OMISSIS) comprendeva 45 unita’ tra appartamenti e box, respingendo le deduzioni del (OMISSIS) intese a ridurre l’entita’ del compendio immobiliare,escludendo gli immobili indicati;

che erano in parte fondati i rilievi dell’appellante principale sul periodo valutato dal CTU ai fini del calcolo dell’indennita’ di occupazione;

che andavano escluse le voci relative agli immobili indicati, avendo la curatela ottenuto il rimborso di dette indennita’ e tali ammissioni rendevano non necessario l’espletamento del giuramento decisorio chiesto sul punto dall’appellante.

Ricorre avverso detta pronuncia l’avv. (OMISSIS), con ricorso affidato a quattro motivi.

Si difende con controricorso il Fallimento.

Le parti hanno depositato le memorie ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Col primo motivo, il ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza o del procedimento, in relazione agli articoli 233, 345 e 356 c.p.c., 2736 c.c., per il mancato accoglimento dell’istanza di giuramento decisorio onde definire le somme effettivamente incassate per l’indennita’ di occupazione e gli interessi; si duole che la Corte d’appello abbia ridotto la condanna in misura corrispondente alle somme incassate a titolo di rimborso di indennita’ per le quali vi e’ stata ammissione della Curatela, e quindi per complessivi Euro 165.997,66, trascurando l’allegazione di ulteriori incassi circostanziati dalla parte.

2.1. – Il motivo e’ infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito deve sempre disporre il giuramento decisorio, benche’ deferito in via subordinata, anche se i fatti con esso dedotti siano stati gia’ accertati o esclusi in base alle risultanze probatorie, purche’ il contenuto del giuramento abbia il carattere della decisorieta’ in ordine al “thema decidendum” oggetto della controversia (in tal senso, cfr. la pronuncia 11964 del 2010).

Cio’ posto, ed avuto riguardo alla puntuale trascrizione in ricorso della formula del giuramento decisorio da deferire al curatore del fallimento, deve rilevarsi la non decisorieta’ dello stesso.

Ed infatti, come lo stesso ricorrente riporta alle pagine 6-7 del ricorso, detta parte, nella conclusionale in appello, aveva dedotto che la Curatela aveva incassato Euro 432.204,28 gia’ nell’aprile 2007, ed ammesso per percepito solo all’udienza collegiale dell’11/1/2012, con la riduzione della domanda di soli Euro 165.997,66″ quale incomprensibile quota parte dell’incasso ma per i quali il CTU (OMISSIS) aveva addebitato la maggior somma di Euro 175.490,18″.

Cio’ posto, e’ di chiara evidenza la mancanza del requisito della decisorieta’ del giuramento in oggetto, visto che, come ammesso dallo stesso ricorrente, il fatto del pagamento da parte del Comune di Caserta al Fallimento era stato ammesso da quest’ultimo, e, quanto al secondo capo della formula del giuramento, lo stesso ha ad oggetto non un fatto storico, ma un’imputazione e, come tra le ultime affermato nella pronuncia 10184/2013, il giuramento, sia decisorio che suppletorio, non puo’ vertere sull’esistenza o inesistenza di rapporti giuridici o di situazioni giuridiche, ne’ puo’ deferirsi per provocare l’espressione di apprezzamenti od opinioni, e, tantomeno, di valutazioni giuridiche, dovendo la sua formula avere ad oggetto circostanze determinate, che, quali fatti storici, siano stati percepiti dal giurante con i sensi o con l’intelligenza, sicche’ non puo’ costituirne oggetto la qualita’ di amministratore di condominio, essa implicando l’accettazione della nomina, che e’ un atto negoziale e non un fatto storico.

1.2. – Col secondo, della violazione o falsa applicazione degli articoli 1194 e 2043 c.c., per avere il CTU, nel calcolo dell’indennita’ di occupazione, adottato il criterio dell’ imputazione prima agli interessi e poi al capitale, mentre non si tratta di obbligazione di risarcimento danni.

2.2. – Il motivo e’ fondato.

E’ in primo luogo da respingersi la prospettata inammissibilita’ del motivo per novita’, fatta valere dal Fallimento per non avere il (OMISSIS) sollevato specifico motivo d’appello sulla non corretta applicazione dell’articolo 1194 c.c., atteso che il (OMISSIS) aveva contestato il calcolo dell’indennita’ di occupazione e, avendo la Corte del merito accolto il profilo di impugnazione, la stessa era tenuta a ricalcolare il dovuto ex novo, secondo i corretti criteri di imputazione.

Nel merito, la censura coglie nel segno, atteso che, trattandosi di obbligazione non di valuta, ma di valore (risarcimento del danno nel rapporto tra Curatela e avv. (OMISSIS)), non trova applicazione l’articolo 1194 c.c., col criterio di imputazione dei pagamenti prima agli interessi e poi al capitale, che invece si applica per le sole obbligazioni pecuniarie(sul principio, tra le tante, si vedano le pronunce 8104/2013 e 6357/2011.

1.3. – Col terzo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione, per avere la Corte del merito calcolato il danno per la mancata riscossione delle indennita’ di occupazione a prescindere dall’utilizzabilita’ ed effettiva utilizzazione.

2.3. – Il motivo e’ inammissibile.

La parte si duole della quantificazione del danno per la mancata riscossione delle indennita’ di occupazione prescindendo dall’effettiva utilizzazione e persino dall’utilizzabilita’ degli immobili.

Tale doglianza e’ esposta in termini generici, senza indicare gli immobili non occupati o non occupabili e senza riportare i passi della CTU in cui gli stessi sarebbero stati considerati ai fini del calcolo del danno, ne’ e’ sostenibile, come opinato dal ricorrente, che si possa far valere come motivo di ricorso la mera ed astratta “questione”, non connotata da specificita’.

Infine, va rilevato che, pronunciandosi sugli immobili in tesi non occupati, la Corte d’appello ha rimarcato, di contro alla posizione del (OMISSIS), che questi nei circa tredici anni in cui era stato curatore, non aveva neanche tentato di provare di avere svolto una qualche utile attivita’ o che le congiunture del mercato avessero determinato la mancata produzione del reddito, da cio’ conseguendo “la responsabilita’ per l’omesso incasso delle somme utilmente ritraibili dagli stessi”.

1.4. – Col quarto motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza o del procedimento per avere ritenuto irrilevanti i documenti la cui tardivita’/inutilizzabilita’ era stata controversa tra le parti in primo grado; per avere confermato che, scaduti i termini ex articolo 184 c.p.c., e salva la rimessione in termini, non e’ possibile alcuna produzione documentale; per avere dichiarato inammissibile la richiesta di esibizione.

2.4. – Il motivo e’ inammissibile.

Occorre in primo luogo soffermarsi sui due primi profili del motivo.

Il ricorrente ha formulato il motivo facendo valere il vizio processuale e tale scelta e’ chiaramente e consapevolmente enfatizzata dalla parte, di talche’ qualsiasi lettura diversa(id est, come vizio di motivazione) sarebbe in contrasto con la questione sottoposta a questa Corte.

Cio’ posto, e’ agevole rilevare che il motivo e’ articolato in modo generico, nel dolersi dell’ indiscriminata valutazione di inammissibilita’/irrilevanza(dell’irrilevanza peraltro ci si potrebbe dolere solo sotto il profilo del vizio ex articolo 360, n. 3) dei documenti, senza distinguere tra documenti tempestivi o formati successivamente, della riconferma della producibilita’ in primo grado sino alla scadenza dei termini ex articolo 184 c.p.c. e salva la rimessione in termini, e dell’ammissibilita’ dei documenti in secondo grado nei limiti di cui all’articolo 345 c.p.c..

Quel che si vuol sostenere e’ che, anche nell’ottica del vizio processuale, la parte sarebbe stata tenuta a circostanziare la sua doglianza facendo specifico riferimento ai documenti in tesi ritualmente prodotti, o formatisi successivamente o indispensabili in secondo grado, sempre evidenziandone la decisivita’, che altrimenti la parte non avrebbe subito alcuna lesione dal vizio processuale, mentre questa Corte si e’ reiteratamente espressa nel senso di ritenere che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che e’ inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (cosi’, tra le ultime, le pronunce 26831/2014, 6330/2014, 26157/2014).

E’ inammissibile infine la doglianza relativa al mancato accoglimento dell’istanza di esibizione, che la Corte d’appello ha motivatamente escluso, stante il difetto di puntuale specificazione, atteso che, secondo l’orientamento maggioritario (in senso difforme, le pronunce 13533/2011 e 1484/2014), il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di disporre l’ordine di esibizione al fine di acquisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non e’ sindacabile in cassazione, perche’, trattandosi di strumento istruttorio residuale utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile “aliunde”, e l’iniziativa non presenti finalita’ esplorative – ravvisabili allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e del suo contenuto per verificarne la rilevanza nel giudizio – la valutazione della relativa indispensabilita’ e’ rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione il mancato esercizio di tale potere non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (cosi’ la pronuncia 23120 del 2010, e tra le altre, conformi, le pronunce 24188/2013 e 17076/2004).

In ogni caso, anche ad ammettere la sindacabilita’ del diniego dell’ordine ex articolo 210 c.p.c., il ricorrente si e’ limitato del tutto genericamente a prospettare l’indispensabilita’ ex se dei documenti in oggetto.

3.1.- Conclusivamente, va accolto il secondo motivo di ricorso, respinti gli altri; va cassata la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, con rimessione alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che si atterra’ a quanto sopra rilevato, ed alla quale si rinvia anche la decisione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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