Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 10 maggio 2017, n. 11464

Nullità assoluta per la vendita a trattativa privata di beni nell’attivo fallimentare. E’ ininfluente che il tribunale avesse autorizzato il curatore all’atto.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 10 maggio 2017, n. 11464

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15602/2012 proposto da:

(OMISSIS), (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), nella qualita’ di eredi (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.r.l., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso successivo;

– ricorrente successivo –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procure a margine del controricorso e del controricorso successivo;

– controricorrente + controricorrente successivo –

contro

Fallimento della (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procure in calce al controricorso e del controricorso successivo;

– controricorrente + controricorrente successivo –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l.;

– intimati –

e contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS), Fallimento della (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 620/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 08/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/2017 dal cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO;

udito, per i ricorrenti e la ricorrente successiva, l’Avvocato (OMISSIS), per la (OMISSIS) con delega, che ha chiesto l’accoglimento dei propri ricorsi;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;

udito, per il controricorrente + controricorrente successivo (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;

udito, per il controricorrente + controricorrente successivo Fallimento, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso (OMISSIS) con l’accoglimento dei restanti quattro motivi; rigetto del ricorso successivo (OMISSIS) e rigetto del ricorso incidentale (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. In data 22-12-1999 il tribunale di Firenze autorizzo’ la curatela del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. a stipulare con (OMISSIS) un atto, poi intestato come “atto di transazione con vendita di immobile”, previdente, da un lato, una transazione finalizzata alla rinuncia a ogni azione di responsabilita’ contro il predetto (OMISSIS), a fronte del pagamento, da parte sua, della somma di Lire 2.130.942.345, da soddisfare in parte con la rinunzia alla insinuazione di alcuni crediti, e, dall’altro, la vendita del complesso aziendale della fallita, comprensivo di due immobili, a persona da indicare al rogito.

Di conseguenza il curatore del fallimento, (OMISSIS), il (OMISSIS) e i legali rappresentanti delle designate (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. stipularono il corrispondente contratto pubblico.

2. Con successiva citazione, il nuovo curatore della fallita, (OMISSIS), chiedeva al tribunale di Firenze che fosse dichiarata la nullita’ del provvedimento di autorizzazione suddetto e dell’atto di compravendita dei beni immobili rispettivamente posti in (OMISSIS), siccome effettuato in violazione della L. Fall., articolo 108 (nel testo pro tempore).

Integrato il contraddittorio nei confronti di (OMISSIS) e della (OMISSIS), e autorizzata la chiamata in causa dell’originario curatore ( (OMISSIS)) e del notaio rogante (dr. (OMISSIS)), l’adito tribunale rigettava le domande.

3. La sentenza veniva riformata dalla corte d’appello di Firenze in accoglimento del gravame del fallimento, poiche’ la vendita immobiliare era da considerare affetta da nullita’ assoluta in quanto stipulata a trattativa privata, in violazione del citato articolo 108. In particolare la corte riteneva, per un verso, non rilevante la circostanza (definita “esterna”) che il curatore fosse stato autorizzato dal tribunale fallimentare al compimento dell’atto e, per altro verso, che l’alienazione non era stata legittimata neppure dalla transazione, il bene non avendo costituito res litigiosa ma parte dell’attivo fallimentare. Sottolineava invero che la transazione era stata autorizzata al distinto fine di scongiurare la controversia relativa al promovimento dell’azione di responsabilita’ nei confronti dell’amministratore della societa’ fallita.

Di contro la corte territoriale rigettava la domanda subordinata che gli eredi di (OMISSIS) avevano riproposto in appello, di nullita’ dell’intero atto di transazione con cessione dei beni in conseguenza della nullita’ della vendita immobiliare, osservando che contraente in parte qua era da considerare non (OMISSIS), quanto piuttosto la (OMISSIS) s.r.l. In aggiunta osservava che l’atto inter partes era stato composto da due convenzioni, una riguardante gli immobili e l’altra i beni mobili, e che “la domanda degli eredi (OMISSIS), sebbene genericamente estesa alla declaratoria di nullita’ integrale dell’atto, per la parte ulteriore rispetto al contratto di cessione di azienda, di cui le parti contraenti non (avevano) chiesto l’annullamento, (…) risulta(va) sostanzialmente priva di oggetto”.

4. Per la cassazione della sentenza, depositata il 9-5-2011 e non notificata, hanno proposto separati ricorsi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) eredi di (OMISSIS), affidandosi a cinque mezzi, e la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a un motivo, ricorsi entrambi illustrati da successiva memoria.

Nel primo si sono costituiti il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., il notaio (OMISSIS) e il rag. (OMISSIS), ciascuno resistendo, il secondo anche con memoria e il terzo proponendo un motivo di ricorso incidentale.

Nel secondo ricorso si sono costituiti il fallimento e il notaio, entrambi resistendo.

Non ha svolto difese la (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c..

2. Il ricorso degli eredi (OMISSIS) e’ articolato in cinque mezzi.

Col primo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 108 e 35, per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto applicabile la prima disposizione in fattispecie in cui il trasferimento era stato effettuato in adempimento di una transazione debitamente autorizzata dal tribunale, e per avere altrettanto erroneamente ritenuto che la validita’ del contratto potesse derivare dal suo inserimento nell’ambito del negozio transattivo solo quando i beni avessero costituito, essi medesimi, res litigiosae.

Col secondo e’ dedotta la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., l’ultrapetizione o l’extrapetizione e la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in ordine alla domanda riconvenzionale subordinata riproposta dai ricorrenti in appello. In tal caso si addebita alla corte d’appello – testualmente – di aver “pronunciato d’ufficio su un’eccezione che non (era) stata sollevata dalle parti, avendo ritenuto insussistente un fatto (titolarita’ del rapporto) che non era stato invece contestato e non avendo (…) pronunciato sulla domanda di nullita’ dell’intera transazione ex articolo 1419 c.c., proposta dal dante causa (…), pur avendola dichiarata infondata”.

Col terzo motivo e’ dedotta la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, essendo stata posta a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, senza preventivamente provocare il contraddittorio tra le parti.

Col quarto motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1421 c.c., potendo la nullita’ del contratto esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse; sicche’ legittimato all’azione dovevasi considerare anche il (OMISSIS), per quanto ritenuto dalla corte territoriale persona diversa dal contraente. I ricorrenti sostengono che l’interesse alla declaratoria di nullita’ sarebbe derivato dal fatto che solo in conseguenza di tale declaratoria il (OMISSIS) (e per lui gli eredi) avrebbero potuto ottenere la restituzione dell’importo versato in adempimento della transazione.

Infine col quinto mezzo si deduce il vizio di motivazione e la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e segg., nella parte in cui la corte d’appello ha ricostruito la fattispecie negoziale ritenendo che l’oggetto del contratto fosse limitato alle due vendite, quella immobiliare e quella del complesso aziendale. I ricorrenti lamentano che la sentenza non abbia dato conto del perche’, sebbene dinanzi a vari negozi tra le parti in collegamento funzionale, tale collegamento dovesse ritenersi irrilevante o addirittura inesistente, ed eccepiscono che a tal riguardo essa abbia disatteso e ignorato non solo le pattuizioni del contratto nel loro letterale significato, ma anche gli atti emessi nell’ambito del procedimento fallimentare.

3. Il ricorso incidentale del (OMISSIS) e’ affidato a un unico motivo, sostanzialmente eguale al primo motivo del ricorso principale: si denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 35 e 108, per avere la corte d’appello trascurato di considerare che il menzionato rogito, recante la dicitura “atto di transazione con vendita di immobile”, aveva fatto parte del piu’ complesso accordo transattivo ritualmente autorizzato dal competente tribunale fallimentare.

4. Anche il ricorso della societa’ (OMISSIS) replica, in unico motivo, codesta tesi denunziando la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 35 e 108.

5. Proprio in quanto attinenti alla medesima questione e volti a sostenere una tesi identica, possono essere esaminati unitariamente il primo e il quinto motivo del ricorso degli eredi (OMISSIS) e i motivi (unici) dei ricorsi del (OMISSIS) e della societa’ (OMISSIS).

I motivi sono infondati.

6. Il contratto della cui validita’ si discute era costituito, in base all’accertamento di merito, dalla alienazione da parte del curatore dei due immobili facenti parte del complesso aziendale della fallita, alienazione effettuata con il sistema della trattativa privata.

Ogni riferimento alla transazione autorizzata dal tribunale, nell’ambito della quale, secondo i ricorrenti, sarebbe stata autorizzata anche la vendita al (OMISSIS) o a persona da questi nominata, non e’ pertinente (finanche in relazione all’orientamento espresso da Cass. n. 25136-08 e prima ancora da Cass. n. 3444-71) atteso che, per l’appunto, la corte territoriale ha stabilito, con apprezzamento di fatto a essa istituzionalmente riservato, che il contratto stipulato dal curatore, benche’ indicato come “atto di transazione con vendita immobiliare”, esulava dalla funzione transattiva nella parte concernente la vendita. Questa non era effetto della transazione, nel senso che non era da annoverare in ambito transattivo, bensi’ rappresentava, rispetto al complesso aziendale, una vera e propria compravendita slegata dal fine di comporre una lite.

Nello specifico, secondo l’impugnata sentenza, la transazione era stata autorizzata in relazione all’azione di responsabilita’ da esperire nei confronti del (OMISSIS), senza che fosse stata mai rivendicata, da questi o da altri soggetti, la proprieta’ dei beni acquisiti all’attivo fallimentare. Donde la vendita era stata si’, a sua volta autorizzata, ma non nell’ottica di cui alla L. Fall., articolo 35.

7. La motivazione al riguardo spesa dalla corte d’appello e’ congruente e logica e la censura svolta nel quinto motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ riflette il tentativo di revisionarne l’esito. Il che non e’ consentito in cassazione, stante il principio secondo cui, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volonta’ delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimita’ nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg..

Questo vuol dire che, onde far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate e ai principi in esse contenuti, ma e’ anche tenuto a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimita’ (v. Cass. n. 13242-10; Cass. n. 17717-11; Cass. n. 17168-12; e prima ancora Cass. n. 13839-04 e molte altre).

8. E’ da puntualizzare che, in base alle norme pro tempore vigenti, il decreto di autorizzazione del tribunale fallimentare di cui alla L. Fall., articolo 35, non e’ suscettibile di gravame e non puo’ acquistare autorita’ di giudicato: per lo piu’ si sostiene trattarsi di atto di volontaria giurisdizione (v. Cass. n. 22628-06) o di amministrazione attiva (v. Cass. n. 15094-05).

Quel che interessa e’ che ogni vizio a esso riferibile comporta l’invalidita’ – sub specie di annullabilita’ (cfr. Cass. n. 5334-81, nonche’, piu’ di recente, sebbene per i riflessi in materia tributaria, Cass. 13242-15) – dell’atto transattivo compiuto.

Questa condizione non ricorre nella specie, perche’, appunto, il contratto, nella parte concernente la vendita, non poteva essere inquadrato nello schema funzionale della transazione autorizzata dal tribunale. E dalla conseguente non applicabilita’ alla fattispecie dei principi e degli orientamenti giurisprudenziali in materia di annullabilita’ del negozio transattivo concluso in attuazione di autorizzazione concessa ai sensi della L. Fall., articolo 35, discende che correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto la nullita’ della compravendita, in quanto conclusa in violazione della norma imperativa di cui all’articolo 108 stessa legge (per conclusione analoga, cfr. Cass. n. 2510-94).

Tale disposizione, prescrivendo come regola generale la forma dell’incanto e in via di eccezione quella senza incanto, ove il giudice delegato – previe le formalita’ indicate nella stessa norma – la ritenga piu’ vantaggiosa, e’ chiaramente ispirata a un rigore formale finanche maggiore di quello posto dal codice di rito per il processo di esecuzione forzata. In particolare il comma 2 della disposizione (nel testo che rileva in causa) vale a riaffermare l’impossibilita’ di vendite forzate che prescindano – come avviene nella trattativa privata – dal rispetto delle forme all’uopo unicamente stabilite.

Per cui la vendita di beni immobili (per quanto parte di complessi aziendali) deve farsi con incanto o, qualora il giudice delegato la ritenga piu’ vantaggiosa, senza incanto, con la precisazione che il riferimento alla vendita senza incanto non comprende ogni tipo di vendita forzata che prescinda dalle forme di quella all’incanto, ma implica il richiamo delle norme dettate dal codice di rito per tale tipo di vendita forzata, le quali vanno inderogabilmente osservate anche in sede fallimentare entro i limiti di cui all’articolo 105 (v. Cass. n. 458499, Cass. n. 3624-04, Cass. n. 27667-11, Cass. n. 26954-16).

Nella fattispecie, l’impossibilita’ di correlare la vendita all’autorizzazione data nel distinto contesto della transazione fa si’ che semplicemente rilevi, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., la nullita’ del contratto medesimo, in se’ e per se’ considerato, essendo stato il contratto posto in essere in violazione delle norme imperative che regolano il procedimento di liquidazione dell’attivo fallimentare.

9. Possono essere esaminati unitariamente anche i restanti motivi (secondo, terzo e quarto) del ricorso principale.

La critica a essi rispettivamente consegnata dagli eredi (OMISSIS) e’ che la corte territoriale:

(1) avrebbe errato nel pronunciare d’ufficio su eccezione riservata alla parte in ordine alla titolarita’ del rapporto negoziale, stante che tale eccezione non era stata sollevata, cosicche’ erroneamente essa non avrebbe pronunciato sulla domanda di nullita’ dell’intera transazione ex articolo 1419 c.c., siccome proposta dal loro dante causa;

(2) avrebbe in ogni caso violato il principio del contraddittorio, pronunciando in ordine alla legitimatio ad causam senza previamente sentire le parti;

(3) avrebbe infine, e comunque, mancato di considerare che (OMISSIS) aveva sicuro interesse all’azione di nullita’ della transazione, e quindi era legittimato ai sensi dell’articolo 1421 c.c., in quanto solo a seguito della nullita’ egli avrebbe potuto reclamare la restituzione della somma pagata in esecuzione dell’accordo.

10. Le censure sono da disattendere in consecuzione di quanto gia’ sottolineato circa il non essere stata la vendita conchiusa nel contesto della transazione. Il che rende arbitraria la tesi dalla quale i motivi sono avvinti, che cioe’ la nullita’ della vendita avrebbe potuto avere un qualsivoglia minimale effetto di travolgimento della transazione autorizzata con riferimento all’azione di responsabilita’.

11. Va poi sottolineata l’evidente contraddizione insita nel secondo motivo, nella misura in cui i ricorrenti ascrivono alla sentenza di avere, da un lato, ritenuto d’ufficio carente la legittimazione attiva del (OMISSIS) e, dall’altro, mancato di pronunciare sulla relativa domanda, quando invece e’ ovvio che l’affermato difetto di legittimazione ad causam, sempre rilevabile d’ufficio (salvo che si sia formato un giudicato interno ostativo), vale a integrare proprio la pronuncia che si assume omessa.

Questo fatto, aggiunto alla pacifica rilevabilita’ d’ufficio essendosi dinanzi a una condizione dell’azione, rende il senso dell’infondatezza anche della terza doglianza, dovendosi per completezza aggiungere che quella afferente la legittimazione attiva e’ questione di diritto; e dinanzi a una questione di diritto non rileva che il giudice abbia deciso senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via). Non sussiste difatti la nullita’ della sentenza per effetto di una tale omissione, ove appunto la questione sia di puro diritto: puo’ porsi soltanto un problema di consumazione di altro vizio, come violazione in iure, ove un errore di diritto si sia in effetti consumato in esito alla pronuncia, e sempre che proprio quell’errore, e non altro, sia stato debitamente denunziato in sede di legittimita’ (cfr. Cass. Sez. U. n. 20935-09).

12. Una puntualizzazione va poi fatta anche in ordine al quarto mezzo.

Deve osservarsi che la sentenza ha reso in sequenza due affermazioni: da un lato, ha premesso che l’atto de quo aveva regolato “contestualmente una pluralita’ di rapporti fra le parti, mediante ricorso a piu’ schemi negoziali, funzionalmente collegati”; dall’altro ha sottolineato che, “tuttavia”, “al contratto di cessione di azienda oggetto della richiesta di declaratoria di nullita’ da parte degli eredi (OMISSIS) per estensione della dichiarata nullita’ della collegata vendita immobiliare”, non aveva preso parte il (OMISSIS) ma la societa’ (OMISSIS), la quale non aveva proposto alcuna domanda.

In sostanza, secondo la ricostruzione operata dalla corte d’appello la domanda coltivata dagli eredi (OMISSIS) aveva avuto per oggetto “la declaratoria di nullita’” del “contratto di cessione di azienda”. Tant’e’ che, appena dopo, la sentenza ha affermato che la transazione “solo genericamente” era stata evocata, e che “la domanda degli eredi (OMISSIS) sebbene genericamente estesa alla declaratoria di nullita’ integrale della transazione (…)”, per la parte ulteriore rispetto al contratto di cessione di azienda era risultata “sostanzialmente priva di oggetto”.

Consegue che la motivazione della corte territoriale, per quanto in effetti non perspicua su codesto punto, appare incentrata su un’interpretazione della domanda come “generica” quanto alla transazione in se’, e in verita’ protesa a far valere vizi del contratto di cessione per la “parte ulteriore” rispetto a quella immobiliare, di cui i “contraenti non (avevano) chiesto l’annullamento”.

Nel quarto motivo, i ricorrenti danno per presupposto che la pretesa da essi azionata non aveva avuto a oggetto il “contratto di cessione d’azienda” – come affermato dalla corte d’appello di Firenze – quanto piuttosto “la transazione”, nella parte afferente il suo effettivo ambito funzionale volto a comporre la lite sull’azione di responsabilita’. Cio’ e’ tanto vero che essi hanno esplicitato l’interesse sottostante affermando che “rispetto a tale domanda sussisteva l’interesse del sig. (OMISSIS) ed oggi dei suoi eredi, poiche’ solo a seguito della dichiarazione di nullita’ dell’intero atto egli avrebbe (avuto) diritto alla restituzione di quanto corrisposto in adempimento della transazione”.

Ma se cosi’ e’, il motivo devesi considerare addirittura inammissibile, perche’ lascia impregiudicato il rilievo della corte territoriale circa la genericita’ di una simile domanda, attesa la considerazione preliminare, da se’ sufficiente a sorreggere la decisione, per cui nessuna attinenza poteva ravvisarsi tra la vendita e la transazione.

13. In conclusione tutti i ricorsi vanno rigettati.

L’intrinseca complessita’ delle questioni agitate induce a compensare le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese processuali

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