Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 1 giugno 2016, n. 11392

In sede di opposizione al passivo fallimentare, la ricognizione di debito non rappresenta fonte autonoma dell’obbligazione, bensì riveste soltanto il più circoscritto effetto di sollevare il creditore dall’onere di provare il proprio diritto. La ricognizione di debito diviene inefficace, siccome priva di causa, nel caso in cui il debitore, sul quale incombe la relativa prova, deduca e dimostri in giudizio la nullità, ovvero l’inesistenza, del rapporto obbligatorio

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 1 giugno 2016, n. 11392

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8521/2010 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, (c.f. (OMISSIS)), in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE;
– intimate –
nonche’ da:
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE (P.I. (OMISSIS)), in persona del Curatore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (c.f. (OMISSIS)), in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
(OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso il decreto n. 772/2010 del TRIBUNALE di PALERMO, depositato il 17/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2015 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento, e rigetto del ricorso incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale del Fallimento, rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – (OMISSIS) Spa in l.c.a. ha chiesto di essere ammessa al passivo del Fallimento (OMISSIS) Sas di (OMISSIS) in liquidazione per i seguenti importi:
1) Euro 25.001.612,23, di cui 5.149.160,3 per capitale ed il resto per interessi, il tutto cosi’ ripartito: Euro 8.197.970,02 (di cui Euro 2.356.633,59 per capitale ed il resto per interessi) dovuti dalla societa’ fallita, in via di regresso, per avere (OMISSIS), in qualita’ di fideiussore, estinto un debito della societa’ nei confronti del (OMISSIS); Euro 16.115.546,40 (di cui Euro 2.584.361,54 per capitale ed il resto per interessi) per scoperto del conto corrente numero (OMISSIS) (originariamente numero (OMISSIS)); Euro 588.387,25 (di cui Euro 108.456,34 del capitale ed il resto per interessi) per scoperto del conto corrente numero (OMISSIS); Euro 99.708,56 per scoperto del conto corrente “sofferenza”;
2) Euro 2.272.410,35 oltre interessi in forza di una cambiale ipotecaria sottoscritta da (OMISSIS) Sas (d’ora in poi (OMISSIS)) in data 19 dicembre 1989;
3) Euro 85.060.049,12 in virtu’ di garanzia fideiussoria prestata a favore di altre imprese del gruppo (OMISSIS).
2. – A fronte del progetto di stato passivo predisposto dal curatore, che prevedeva l’ammissione soltanto per il complessivo importo di Euro 2.664.222,70, in dipendenza della fideiussione prestata da (OMISSIS) in favore del (OMISSIS), il giudice delegato ha ammesso i seguenti importi:
1) 4.066.129,14, di cui Euro 2.356.633,59 per capitale ed il resto per interessi, in relazione al debito derivante dal pagamento effettuato da (OMISSIS) in favore del (OMISSIS);
2) Euro 4.459.050,32, di cui Euro 2.584.361,54 per capitale ed il resto per interessi, in relazione allo scoperto del conto numero (OMISSIS);
3) Euro 122.621,04, di cui Euro 108.456,34 per capitale ed il resto per interessi, in relazione allo scoperto del conto numero (OMISSIS);
4) Euro 2.569.193,37, di cui Euro 2.272.410,36 per capitale ed il resto dell’interessi in relazione alla cambiale ipotecaria.
3. – (OMISSIS) ha proposto impugnazione, nei confronti della Curatela e di (OMISSIS)Cassina (OMISSIS) Sas di (OMISSIS) in liquidazione, limitatamente alla mancata ammissione di parte dei crediti e di alcune ragioni creditorie ed in particolare:
1) interessi maturati prima del quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento sulla esposizione diretta di (OMISSIS) (fideiussione in favore del (OMISSIS), scoperti sui conti correnti numero (OMISSIS) numero (OMISSIS));
2) interessi maturati prima del quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento sul credito portato dalla cambiale ipotecaria;
3) esposizione di (OMISSIS) per debiti di garanzia.
Il Fallimento (OMISSIS)Cassina (OMISSIS) Sas di (OMISSIS) in liquidazione ha spiegato impugnazione incidentale tardiva, dolendosi dell’ammissione oltre il dovuto dei crediti insinuati.
4. Il tribunale di Palermo, investito dell’impugnazione, con Decreto 17 febbraio 2010, ha respinto l’impugnazione principale proposta da (OMISSIS) e dichiarato inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva spiegata dalla Curatela.
4.1. – A tale ultimo riguardo, il tribunale ha osservato che la legge fallimentare, come riformata, non prevede le impugnazioni incidentali tardive, impugnazioni incompatibili con l’assetto della procedura fallimentare disegnata dalla riforma, caratterizzato dalla terzieta’ del giudice delegato nella fase di verifica dei crediti, dall’attribuzione al curatore di veste di vera e propria parte e, soprattutto, dalla estrema concentrazione sia della fase di verifica, sia della fase di impugnazione dello stato passivo, sottratta alla disciplina dei giudizi ordinari e retta dalle regole dettate per i procedimenti in Camera di consiglio.
Secondo il tribunale, l’esclusione delle impugnazioni incidentali tardive si armonizzerebbe in particolare con le esigenze di concentrazione ed immediatezza che caratterizzano la fase di impugnazione dello stato passivo e con la struttura semplificata ed accelerata dei procedimenti in camera di consiglio, di tal che, ove ammissibili, le impugnazioni incidentali tardive inciderebbero significativamente sui tempi di formazione dello stato passivo e neutralizzerebbero il termine di 30 giorni posto dal legislatore proprio a sollecitare la rapida definizione delle contestazioni dello stato passivo.
Se il legislatore si aggiunge nel decreto impugnato – avesse inteso consentire le impugnazioni incidentali tardive, non si spiegherebbe d’altronde il fatto che non sia stato previsto alcun sistema di comunicazione o pubblicita’ del deposito del ricorso di impugnazione principale.
4.2. – A fondamento del rigetto dell’impugnazione proposta da (OMISSIS), il tribunale di Palermo ha in breve osservato:
1) che il giudice delegato aveva ritenuto prescritto il credito per gli interessi maturati sulla esposizione diretta di (OMISSIS) anteriormente al quinquennio precedente la dichiarazione di fallimento poiche’ non era stata fornita la prova della conclusione, allegata dalla banca, di un accordo di rinuncia alla loro percezione sottoposto a condizione risolutiva poi non avveratasi, sicche’ il termine prescrizionale aveva maturato il suo corso;
2) che, viceversa, dei tre successivi accordi di rinuncia agli interessi sospensivamente condizionata, allegati dalla banca e in tesi conclusi in esito a tre successive delibere adottate in proposito dalla medesima (del 27 dicembre 1989, 26 febbraio 1991 e 23 dicembre 1991, trascritte, nella parte rilevante, alle pagine 9-10 del decreto impugnato), solo il primo dei tre, documentato nella prima delibera del 27 dicembre 1989 del consiglio di amministrazione della allora (OMISSIS), risultava essersi effettivamente concluso, giacche’ portato a conoscenza del proponente Gruppo (OMISSIS), e che, tuttavia, una delle condizioni ivi contemplata (la riscossione in tutto o in parte di un credito vantato da una societa’ del gruppo nei confronti del Comune di Palermo) era venuta ad esistenza nel 1991, consentendo cosi’ alla stessa banca di esercitare il diritto agli interessi e, in tal modo, determinando la maturazione del termine prescrizionale prima del quinquennio anteriore al fallimento;
3) che, quanto alle altre due delibere, di contenuto difforme da quello della prima, esse non risultavano comunicate ad (OMISSIS), essendo inidonea sotto diversi aspetti la documentazione prodotta da (OMISSIS), sicche’ nessuna pattuizione poteva dirsi perfezionata nel quadro di applicazione della regola generale posta dall’articolo 1326 c.c.;
4) che neppure, a seguito di tali due ultime delibere, l’accordo concernente la rinuncia sospensivamente condizionata agli interessi poteva dirsi realizzato ai sensi dell’articolo 1333 c.c., concernente il contratto con obbligazioni del solo proponente, in mancanza del rifiuto dell’oblato, dal momento che, muovendo l’asserito accordo da una proposta proveniente dalla controparte, (OMISSIS) rivestiva essa la veste dell’oblato, e non del proponente, con conseguente inapplicabilita’ della norma invocata;
5) che il menzionato accordo non risultava perfezionato ai sensi dell’articolo 1327 c.c., mancando le condizioni per l’applicazione di detta norma;
6) che, con riguardo agli interessi maturati sulla somma portata dalla cambiale ipotecaria, si fosse consumata la prescrizione, essendo stati prodotti due soli atti interruttivi (lettere di costituzione in mora del 25 giugno 1993 e del 16 maggio 1996) mentre il precetto dell’11 giugno 1999, pure fatto valere dalla banca quale atto interruttivo, faceva riferimento al solo capitale, con espressa riserva di successiva richiesta degli interessi;
7) che, con riguardo ai debiti di garanzia di (OMISSIS) nei confronti delle altre societa’ del gruppo (OMISSIS), seppure era vero che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice delegato, la fideiussione del 5 agosto 1988 aveva data certa, ricavabile dal decesso di (OMISSIS), sottoscrittore della fideiussione, occorreva tuttavia considerare che, all’epoca, l’oggetto sociale della societa’ non contemplava il rilascio di garanzie in favore di terzi e che (OMISSIS) era iscritta nel registro delle imprese con conseguente conoscibilita’ dell’atto costitutivo;
8) che, d’altro canto, la valutazione dell’estraneita’ della garanzia all’oggetto sociale doveva essere verificata secondo il criterio della strumentalita’ rispetto all’oggetto medesimo, a seconda dell’esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla societa’ agente, interesse che, nel caso di specie, (OMISSIS) non aveva provato, essendosi limitata ad asserire che il rilascio della fideiussione avrebbe consentito la ristrutturazione della sua esposizione debitoria, mentre avrebbe dovuto dimostrare che essa, singolarmente considerata e non in rapporto al gruppo, non aveva i mezzi per consolidare l’esposizione, per cui l’operazione di consolidamento costituiva un vantaggio per la stessa;
9) che neppure poteva condividersi la tesi secondo cui la vincolativita’ della fideiussione era confermata dalla dichiarazione di ricognizione di debito effettuata dal liquidatore il 12 novembre 2004, perche’ questa, appunto per il suo valore ricognitivo, non era idonea a sanare la inefficacia dell’atto;
10) che, con riguardo ai contratti di mutuo fondiario stipulati da (OMISSIS) Spa, (OMISSIS) non aveva indicato e comprovato in forza di quale atto essa dovesse risponderne;
11) che, con riguardo all’anticipazione fondiaria del 17 marzo 1989, garantito da ipoteca, i prospetti di conteggio ai sensi dell’articolo 2855 c.c., non erano idonei a provare l’ammontare del credito, giacche’ non si evinceva come si fosse pervenuti alla sua quantificazione in Euro 1.507.699,17, in difetto della produzione dello sviluppo del piano di ammortamento, da cui desumere la scomposizione delle rate in capitale e interessi, ed il tasso di interesse praticato.
5. – (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi.
La Curatela ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale fondato su un motivo.
(OMISSIS) ha replicato con controricorso al ricorso incidentale.
(OMISSIS) Sas (OMISSIS) in liquidazione non ha spiegato difese.
Ricorrente principale e incidentale hanno inoltre depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. – Il ricorso principale proposto da (OMISSIS) contiene otto motivi.
6.1. – Il primo motivo e’ svolto da pagina 12 a pagina 33 del ricorso ed e’ articolato in cinque punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1326, 1333, 1398, 2298, 2315, 2697, 2709 e 2729 c.c., della L. Fall., articolo 96 e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la mancata ammissione degli interessi ultraquinquennali sulla esposizione diretta di (OMISSIS) Sas finanziamento in valuta e aperture di credito nonche’ cambiale ipotecaria”.
Vi si sostiene, anzitutto, che il tribunale sarebbe incorso in errore nell’escludere, con riguardo al secondo allegato accordo (Delib. 26 febbraio 1991 e successiva lettera inviata ad (OMISSIS) del 15 marzo 1991), la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 1333 c.c. sulla base della considerazione che (OMISSIS) “non era proponente, ma oblato”, non essendosi avveduto che la menzionata lettera del 15 marzo 1991 rispondeva si’ ad una precedente lettera, contenente la proposta, proveniente da (OMISSIS) del 14 febbraio 1991, ma detta risposta recava condizioni difformi dalla proposta medesima e, dunque, valeva come nuova proposta effettuata da (OMISSIS).
D’altro canto l’ulteriore affermazione del tribunale, secondo cui l’applicazione dell’articolo 1333 c.c., doveva escludersi anche perche’ l’obbligazione risultante dalla menzionata lettera sarebbe stata semmai assunta da (OMISSIS) nel contesto di accordi piu’ ampi, con obblighi a carico del Gruppo (OMISSIS) o di soggetti terzi, non aveva alcuna base nel materiale istruttorio acquisito al giudizio, salvo che il tribunale non avesse inteso riferirsi all’accordo di consolidamento del 5 agosto 1988, nel qual caso, tuttavia, allo stesso accordo di rinuncia condizionata agli interessi avrebbe dovuto riconoscersi la stessa data certa che l’accordo di consolidamento certamente possedeva.
Inoltre la conoscenza della lettera del 15 marzo 1991 da parte di (OMISSIS) si ricavava dalla documentazione indicata alle pagine 23-30 del ricorso, di per se’ dotata di efficacia probatoria e che il tribunale aveva omesso di considerare se non altro come elementi presuntivi gravi precisi e concordanti.
Infine l’errore commesso dal tribunale si era esteso all’esposizione debitoria connessa alla cambiale ipotecaria, tenuto conto che lettera del 10 gennaio 1992 concernente la condizionata agli interessi, a seguito della del 23 dicembre 1991, si estendeva a tutti i che facevano capo ad (OMISSIS).l’ultima rinuncia delibera rapporti
6.2. – Il secondo motivo e’ svolto da pagina 33 a pagina 39 del ricorso e si articolo in tre punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1326, 1327, 1362 e 2697 c.c., della L. Fall., articolo 96 e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la mancata ammissione degli interessi ultra quinquennali sulla esposizione diretta di (OMISSIS) Sas (finanziamento in valuta e aperture di credito nonche’ cambiale ipotecaria)”.
Vi si sostiene, in breve, che il tribunale avrebbe errato nell’escludere l’applicabilita’ dell’articolo 1327 c.c., dal momento che non aveva spiegato la ragione per la quale la prestazione in concreto dedotta nell’accordo di sospensione degli interessi non sarebbe stata tale da eseguirsi senza una preventiva risposta in base agli usi o alla natura dell’affare.
Secondo (OMISSIS) al fine di affermare o escludere l’applicazione dell’articolo 1327 c.c., il giudice di merito avrebbe dovuto indagare la natura della prestazione dedotta nella proposta per accertare se la medesima natura fosse tale da far si’ che la prestazione dovesse eseguirsi senza una preventiva risposta e, nel caso di specie, tale prestazione consisteva in un mero non facere, consistente nel non contabilizzare gli interessi maturati e maturandi, al fine di liberare risorse finanziarie in favore di (OMISSIS).
In ogni caso l’intervenuta successiva accettazione per fatti concludenti era desumibile da una pluralita’ di elementi.
Anche in questo caso la societa’ ricorrente ha posto in evidenza che la doglianza concerneva altresi’ gli interessi maturati sull’esposizione debitoria da cambiale ipotecaria.
6.3. – Il terzo motivo e’ svolto da pagina 39 pagina 45 del ricorso e si articola in quattro punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1326 e 2697 c.c., dell’articolo 96 legge fallimentare e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la mancata ammissione degli interessi ultra quinquennali sulla esposizione diretta di (OMISSIS) Sas (finanziamenti valuta e aperture di credito nonche’ cambiale ipotecaria)”.
Vi si sostiene, in breve, che, ad escludere la conclusione del contratto ai sensi degli articoli 1333 e 1327 c.c., esso doveva comunque considerarsi concluso nelle forme ordinarie, in forza dell’articolo 1326 c.c., ravvisandosi la proposta della lettera del (OMISSIS) del 14 febbraio 1991 e l’accettazione della lettera della banca del 15 marzo 1991, mentre la ricezione da parte di (OMISSIS) di tale accettazione si desumeva dalla lettera intestata e con timbro conforme ” (OMISSIS)Cassina (OMISSIS) Sas (OMISSIS)” in data 20 dicembre 1991, necessariamente riconducibile al rappresentante legale di (OMISSIS), lettera avente data certa in quanto richiamata in altra lettera avente data certa, perche’ prodotta in fase prefallimentare, del 10 gennaio 1992, proveniente da (OMISSIS). Inoltre, secondo la ricorrente, vi erano due ulteriori elementi tali da confermare la conoscenza di (OMISSIS) dell’accettazione, ossia una lettera del rappresentante delle societa’ del gruppo nonche’ la contabilizzazione nei bilanci di (OMISSIS) dei soli importi in linea capitale e non degli interessi.
Anche in questo caso la doglianza e’ estesa all’esposizione debitoria da cambiale ipotecaria.
6.4. – Il quarto motivo e’ svolto da pagina 46 a pagina 50 del ricorso e si articola in tre punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1224, 2946 e 2948 c.c., dell’articolo 96 legge fallimentare e degli arttg. 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): l’applicazione della prescrizione quinquennale agli interessi moratori relativi all’esposizione diretta e alla cambiale ipotecaria”.
Vi si sostiene, in breve, che il tribunale avrebbe errato ritenere applicabile il termine di prescrizione breve quinquennale, trattandosi di credito per interessi moratori sottoposto al termine di prescrizione ordinario decennale.
6.5. – Il quinto motivo e’ svolto da pagina 50 a pagina 71 del ricorso e si articola in sette punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1398, 1399, 1988, 2298, 2315, 2697 e 2709 c.c., della L. Fall., articoli 96 e 160 e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la mancata ammissione del credito di (OMISSIS) derivante dalla fideiussione del 5 agosto 1988”.
Vi si sostiene, in breve, che il tribunale avrebbe errato nel ritenere che l’onere probatorio della sussistenza dei vantaggi compensativi in favore di (OMISSIS), tali da giustificare il rilascio della fideiussione, dovessero essere provati da (OMISSIS), dal momento che il riconoscimento di debito da parte del liquidatore di (OMISSIS), comportando l’effetto di astrazione processuale previsto dall’articolo 1988 c.c. e facendo pertanto ritenere esistente il rapporto fondamentale, poneva l’onere probatorio del contrario a carico del Fallimento.
Ha aggiunto (OMISSIS) che la teoria dei cosiddetti vantaggi compensativi aveva rilievo sul piano dell’accertamento della eventuale responsabilita’ degli amministratori e non dell’efficacia degli atti compiuti dalla societa’ e che la giurisprudenza di legittimita’ richiamata dal tribunale a sostegno della propria decisione non era citata a proposito, dal momento che essa si limitava a ribadire che il terzo contraente, al quale sia stata opposta l’estraneita’ dell’atto all’oggetto sociale ha l’onere di dimostrare che tale atto e’ funzionale a detto oggetto, in quanto e’ idoneo in concreto a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente rilevante della societa’: prova che (OMISSIS) aveva fornito, neppure potendosi ritenere, come aveva fatto il tribunale, che occorresse dimostrare l’accertamento dello stato di insolvenza di (OMISSIS), dal momento che il salvataggio di una societa’ presuppone una situazione di crisi non necessariamente tradottasi in insolvenza; inoltre non rispondeva al vero che (OMISSIS) avesse un’esposizione debitoria tra le piu’ basse rispetto alle altre societa’ del gruppo.
In ogni caso, secondo il ricorrente, il tribunale aveva errato nel non riconoscere l’efficacia di ratifica della fideiussione 5 agosto 1988 al complesso negoziale costituito, da un lato, dalla dichiarazione ricognitiva del liquidatore di (OMISSIS) del 12 novembre 2004, dall’altro dai bilanci di (OMISSIS).
Con riguardo al capo del decreto che aveva ritenuto non indicata la fonte dell’obbligazione di garanzia di (OMISSIS) per le obbligazioni derivanti dai mutui fondiari di (OMISSIS), il tribunale aveva omesso di considerare che la fideiussione 5 agosto 1988 era stata indicata quale fonte dell’obbligazione di garanzia anche con riguardo a detti rapporti nel ricorso in opposizione allo stato passivo.
6.6. – Il sesto motivo e’ svolto da pagina 72 a pagina 84 del ricorso e si articola in quattro punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1398, 1399, 1988, 2252, 2293, 2298, 2315, 2697 e 2709 c.c., degli articoli 96 e 160 legge fallimentare e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la mancata ammissione del credito di (OMISSIS) derivante dalle ulteriori fideiussioni prestate da (OMISSIS) Sas”.
Con il motivo si lamenta che il tribunale abbia disatteso anche l’istanza di ammissione in via subordinata rispetto al credito derivante dalla fideiussione del 5 agosto 1988, del credito derivante “da fideiussioni ulteriori e diverse rispetto a quella 5 agosto 1988 di cui in premessa”, fideiussioni menzionate nel corpo del motivo.
6.7. – Il settimo motivo e’ svolto da pagina 84 da pagina 93 del ricorso e si articola in tre punti sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1346, 2697, 2808 e 2855 c.c., della L. Fall., articoli 53, 54 e 96 e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): il mancato riconoscimento della prelazione ipotecaria richiesta da (OMISSIS)”.
Dopo aver evidenziato che l’ammissione con prelazione ipotecaria era stata richiesta in relazione al credito originato dall’anticipazione fondiaria del 17 marzo 1989 in favore di (OMISSIS) Spa, garantita da ipoteca su immobili di (OMISSIS), (OMISSIS) ha rammentato che il tribunale aveva disatteso la domanda sul rilievo che i prospetti di conteggio ex articolo 2855 c.c., non erano idonei a provare l’ammontare del credito, dal momento che non si evinceva come si pervenisse alla quantificazione del credito chirografario in Euro 1.507.699,17, in difetto della produzione dello sviluppo del piano di ammortamento da cui desumere la scomposizione della rata in capitale e interessi e il tasso di interesse praticato.
Cio’ detto, la ricorrente ha evidenziato che il contratto concernente l’anticipazione, in uno con il successivo atto di erogazione e quietanza di anticipazione fondiaria, prevedeva un tasso di interesse che, dopo il primo semestre del rapporto, avrebbe potuto essere soggetto a variazioni sulla base dei parametri oggettivi indicati da precise clausole negoziali, sicche’ il piano di ammortamento poteva avere ad oggetto solo la scansione prevista per la restituzione del capitale, mentre poteva riguardare gli interessi solo con riferimento all’importo della prima rata, le ulteriori rate di interessi potendo essere determinate solo ex post.
D’altronde i prospetti prodotti sia in fase di ammissione al passivo che nel giudizio di opposizione riportavano i dati rilevanti per la scomposizione in capitale e interessi delle singole rate come stabiliti ex ante quanto al capitale e determinati nel tempo quanto agli interessi.
6.8. – L’ottavo ed ultimo motivo e’ svolto da pagina 93 a pagina 95 del ricorso e concerne la liquidazione delle spese di lite, spese che, secondo la ricorrente, avrebbero dovuto essere compensate, versandosi in ipotesi di reciproca soccombenza, dal momento che, a fronte del rigetto dell’opposizione, era stata dichiarata inammissibile l’impugnazione incidentale proposta dal Fallimento.
7. – Il ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS)Cassina (OMISSIS) Sas di (OMISSIS) contiene un solo motivo con cui il ricorrente incidentale ha lamentato l’erroneita’, per violazione di legge, del decreto impugnato, nella parte in cui aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva spiegata dinanzi al tribunale.
8. – Il ricorso del Fallimento, che per ragioni di ordine logico-giuridico va anzitutto esaminato, giacche’ il suo accoglimento rimetterebbe in gioco l’intero esame dei rapporti economici tra le parti, va respinto.
La disciplina delle “impugnazioni” (cosi’ oggi testualmente definite dal legislatore) contro lo stato passivo sono contenute nella L.F. Artt. 98 e 99, i quali regolano gli unici strumenti (l’opposizione, l’impugnazione dei crediti ammessi e la revocazione) attraverso cui gli interessati possono sindacare le decisioni adottate dal giudice delegato in sede di verificazione dello stato passivo.
La formulazione della rubrica della L. Fall., articolo 98, in particolare, pare aver ridotto lo spazio riservato al dibattito che in passato impegnava la dottrina con riguardo al quesito concernente la natura dei menzionati rimedi, ed in particolare dell’opposizione allo stato passivo, quesito d’altronde gia’ risolto da questa Corte con il riconoscimento, in seguito stabilmente riconfermato, della natura impugnatoria di tale opposizione. In detta prospettiva e’ stato ad esempio affermato che il vigente L. Fall., articolo 99, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso, per l’appunto, inequivocabilmente impugnatorio, con conseguente esclusione dell’ammissibilita’ di domande nuove, non proposte nel grado precedente (da ultimo Cass. 15 febbraio 2016, n. 2917, che richiama Cass. 2 febbraio 2015, n. 1857; Cass. 30 marzo 2012, n. 5167; Cass. 22 marzo 2010, n. 6900).
Nel riconoscere la natura impugnatoria dell’opposizione allo stato passivo, tuttavia, questa Corte ha gia’ avuto modo di evidenziare la peculiarita’ del rimedio in discorso, che non e’ cosi’ e semplicemente equiparabile ad un appello (Cass. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. 22 marzo 2013, n. 7278; Cass. 11 settembre 2009, n. 19697).
Ed invero, il punto nodale del problema, con riguardo all’atteggiarsi dell’opposizione allo stato passivo quale rimedio impugnatorio, si riassume nel quesito se tale opposizione possa essere effettivamente qualificato quale giudizio di secondo grado, nella sostanza assimilabile a quello di appello, ovvero se la natura impugnatoria del rimedio debba essere intesa in senso soltanto funzionale, essendo esso diretto all’introduzione di un procedimento di primo grado (e, nell’attuale contesto normativo, di unico grado), allo stesso modo in cui – a titolo di esempio tra gli altri possibili – la medesima natura e’ stata riconosciuta, ad altro fine, all’opposizione a decreto ingiuntivo, giacche’ diretta a contestare il provvedimento monitorio, sia nei profili di rito, sia in quelli di merito (da ultimo Cass. 1 settembre 2015, n. 17383).
Occorre allora in proposito muovere dal rilievo che il legislatore, nel riformare la disciplina del fallimento, pur avendo mutato la natura del giudizio di verifica, attribuendo al curatore il ruolo di parte ed affermando all’articolo 95, comma 3, che il giudice delegato pronuncia su ciascuna domanda “nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati”, ne ha pero’ mantenuto la caratteristica di giudizio a cognizione sommaria, in cui non e’ obbligatoria l’assistenza tecnica a favore del creditore ed ove e’ previsto che il giudice possa procedere “ad atti di istruzione a richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento” (articolo 95, comma 3). A tale connotazione si collega la natura dell’opposizione, che non puo’ per conseguenza essere qualificata come appello: se e’ vero, infatti, che il legislatore ha delineato il procedimento di verifica dei crediti come un procedimento che ha piu’ di ieri natura decisoria e si fonda sul principio della domanda e dell’eccezione, in cui il curatore assume la qualita’ di parte ed il giudice pronuncia secondo le regole del contraddittorio e non nelle forme del rito inquisitorio, resta fermo che tale procedimento prevede, come si diceva, pur sempre una cognizione sommaria. Di qui la conclusione che il giudizio di opposizione, ancorche’ contro il provvedimento che lo definisce non sia ammissibile l’appello, ma soltanto il ricorso per cassazione, e’ pur sempre giudizio di merito a cognizione piena, il cui oggetto non assume le caratteristiche proprie dell’appello (in questo senso Cass. 11 settembre 2009, n. 19697).
A rincalzo della conclusione raggiunta sembra doversi ulteriormente osservare che, alla luce del dato normativo, il giudizio di opposizione allo stato passivo non sembra retto dal principio devolutivo (tantum devolutum quantum appellatum) che presiede invece al funzionamento del giudizio di appello, ormai definitivamente connotato come revisio prioris istantiae destinata a svolgersi nei rigorosi limiti dei motivi di impugnazione formulati ai sensi dell’articolo 342 c.p.c., salvo quanto eventualmente ancora rilevabile d’ufficio, nonche’ delle domande ed eccezioni non accolte esplicitamente riproposte secondo la disciplina dell’articolo 346 c.p.c.. Ai sensi della L. Fall., articolo 99, comma 2, n. 4 e comma 7, difatti, il ricorso in opposizione deve contenere a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonche’ l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti, mentre la costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente pure essa, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonche’ l’indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
Val quanto dire che, mentre tutte le eccezioni, ivi comprese quelle in senso lato, hanno ingresso nel giudizio di appello solo per il tramite dell’espressa riproposizione richiesta dall’articolo 346 c.p.c., le sole eccezioni in senso stretto devono essere spiegate a pena di decadenza, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, nei rispettivi atti introduttivi.
Ulteriore conferma della menzionata natura del giudizio di opposizione allo stato passivo, estraneo al modello dell’appello, si trae altresi’ dalla previsione della L. Fall., articolo 99, comma 8, secondo cui l’intervento di qualunque interessato non puo’ avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalita’ per queste previste: e cio’ vuol dire che l’intervento di qualunque interessato e’ sempre possibile, purche’ avvenga nel rispetto delle forme a tal fine richieste. Ma tale aspetto rimarca l’incolmabile divario che separa l’opposizione allo stato passivo dall’appello, nel quale l’intervento dei terzi non e’ mai ammesso, salvo non si tratti di coloro i quali potrebbero proporre opposizione a norma dell’articolo 404 c.p.c., soggetti, cioe’, che neppure possono qualificarsi terzi in senso proprio.
In conclusione, pur riconosciuta l’appartenenza dell’opposizione allo stato passivo al genus, inteso nel senso piu’ lato, dei rimedi impugnatori, cio’ non consente ne’ di equiparare tale opposizione all’appello, e neppure di ritenere applicabili all’opposizione allo stato passivo, per regola generale, le regole dettate in materia di impugnazioni dagli articoli 323 c.p.c. e segg., occorrendo viceversa di volta in volta scrutinare la compatibilita’ di esse con lo strumento in questione, in ragione dalle sue particolari caratteristiche.
Cio’ premesso, va dunque affermato che il giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinato a seguito del Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169) non e’ un giudizio di appello, anche se ha natura impugnatoria costituendo il rimedio avverso la decisione sommaria del giudice delegato. Il procedimento e’ tuttavia integralmente disciplinato dalla normativa fallimentare che prevede che avverso il decreto di esecutivita’ dello stato passivo possano essere proposte solo opposizione (da parte dei creditorio dei titolari di diritti su beni), impugnazione (da parte del curatore o di creditori avverso un credito ammesso) o revocazione. Ciascuno di tali rimedi puo’ essere proposto dal soggetto legittimato esclusivamente entro il termine di cui alla L. Fall., articolo 99, sicche’ non e’ concepibile la possibilita’ di far valere un proprio diritto nel contesto dell’impugnazione proposta da altro soggetto. E cio’ perche’ qualora il termine per impugnare sia ancora pendente il soggetto deve proporre l’impugnazione a se’ spettante e, qualora invece il relativo termine sia ormai decorso, deve ritenersi che sia decaduto dalla possibilita’ di contestare autonomamente lo stato passivo (con cio’ escludendosi concettualmente la configurabilita’ dell’impugnazione incidentale, sia tempestiva che tardiva).
9. – Il ricorso principale va respinto.
9.1. – Il primo motivo, con cui (OMISSIS) ha simultaneamente dedotto un vizio di violazione di legge e di carenza motivazionale (come, del resto, con tutti gli altri mezzi di impugnazione proposti) in ordine alla sussunzione della fattispecie entro l’ambito di applicazione dell’articolo 1333 c.c., e’ sotto distinti aspetti inammissibile.
9.1.1. – E’ inammissibile la censura nella parte in cui prospetta una neppure astrattamente configurata violazione di legge.
E’ difatti agevole rammentare che il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ volto a demolire la soluzione che il giudice di merito ha dato alla questione di diritto riguardante il rapporto giuridico controverso. Il vizio di violazione di legge consiste cioe’ nella erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta prevista da una norma di legge: viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta applicazione della norma di legge ed attiene invece alla valutazione in fatto riservata al giudice di merito, valutazione censurabile, in sede di legittimita’, esclusivamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, con la precisazione che la linea di demarcazione tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge determinata dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge per effetto della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) discende dalla considerazione che solo la seconda delle ipotesi considerate e’ necessariamente mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 5 marzo 2007, n. 5076; Cass. 18 aprile 2007, n. 9245; Cass. 17 luglio 2009, n. 16739; Cass. 30 ottobre 2009, n. 23060; Cass. 30 gennaio 2012, n. 1312; Cass. 6 marzo 2012, n. 3455).
Orbene, nel caso in esame la doglianza spiegata non attiene alla erronea ricognizione, da parte del giudice di merito, della fattispecie astratta contemplata dall’articolo 1333 c.c. (contratto con obbligazioni a carico del solo proponente), bensi’ nella concreta ricostruzione della vicenda effettuata dal tribunale sulla base del materiale istruttorio disponibile, dal momento che, secondo la stessa prospettazione della ricorrente per cassazione, il tribunale avrebbe correttamente ritenuto che, nella figura considerata dall’articolo 1333 c.c., colui il quale assume l’obbligazione e’ il proponente, senza che sia in tal caso necessaria accettazione da parte del delato (fatto salvo il suo rifiuto previsto dal comma 2 della norma), mentre l’errore si sarebbe annidato, in punto di ricostruzione di fatto, nella valutazione, in tesi erronea, effettuata dal tribunale, laddove aveva erroneamente attribuito la veste di proponente a (OMISSIS) e non, invece, come correttamente avrebbe dovuto fare (ponendo l’accento sulla difformita’ del contenuto della lettera del 15 marzo 1991 della banca rispetto alla precedente proposta), a (OMISSIS).
Identico discorso va fatto con riguardo all’assunto svolto dalla ricorrente per cassazione concernente la collocazione della asserita pattuizione sulla rinuncia sospensivamente condizionata agli interessi nel quadro di un piu’ ampio accordo che coinvolgeva il Gruppo (OMISSIS) e la banca, giacche’, ancora una volta, cio’ che viene in discorso non e’ l’identificazione della proposizione posta dall’articolo 1333 c.c. (che, concernendo il contratto con obbligazioni del solo proponente, non puo’ ovviamente trovare applicazione in caso di obbligazioni contrapposte a carico di ciascuno dei contraenti), ma la ricostruzione del fatto, dal momento che, secondo quanto sostenuto da (OMISSIS), il tribunale, in una parola, avrebbe fondato sul nulla la ritenuta sussistenza di tale piu’ ampio accordo, nient’affatto comprovato agli atti del giudizio.
Hanno ancora indubbiamente tratto al fatto come ricostruito dal tribunale le doglianze avanzate dalla ricorrente per cassazione in tema di valutazione dell’opponibilita’ e dell’efficacia probatoria della documentazione presa in considerazione per i fini del giudizio.
9.1.2. Dal versante della censura motivazionale, poi, il motivo, nella parte volta a sostenere che (OMISSIS) aveva veste di proponente e non di oblata, e’ nuovamente inammissibile per una pluralita’ di motivi.
9.1.2.1. – In generale, la doglianza – come dovra’ ribadirsi anche successivamente riguardo ad altri motivi non soddisfa la previsione dettata dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo applicabile ratione temporis. E’ difatti inammissibile la revisione del ragionamento decisorio del giudice – quale quella in buona sostanza sollecitata in questa sede -, non potendo mai la Corte di cassazione procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. n. 91/2014; Cass. S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 5024/2012) e non potendo il vizio consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilita’ e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass. n. 11511/2014; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 6288/2011; Cass. n. 6694/2009). E, con riguardo alle prove, mai puo’ essere censurata la valutazione in se’ degli elementi probatori secondo il prudente apprezzamento del giudice (Cass. n. 1414/2015; Cass. n. 13960/2014).
Nel caso in esame, allora, non resta se non prendere atto della motivazione in fatto adottata dal giudice di merito, di cui si e’ dato sufficiente conto al par. 4.2. e che, pertanto, non occorre nuovamente riassumere in questa sede: motivazione sulla base della quale il tribunale di Palermo ha con ragionamento congruo e, come tale non suscettibile di controllo in sede di legittimita’, escluso la ricorrenza della fattispecie contemplata dall’articolo 1333 c.c..
9.1.2.2. – Ed inoltre, piu’ in particolare, la prospettazione secondo cui la lettera del 15 marzo 1991, proveniente da (OMISSIS), avrebbe recato una nuova proposta, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 1326 c.c., non essendo conforme alla proposta di controparte, attiene ad una circostanza di fatto che non risulta neppur dedotta nel giudizio di merito. Ed invero:
-) non ve n’e’ traccia nel decreto impugnato, nel quale, diversamente, si pone in evidenza la difformita’ contenutistica tra le tre successive Delib. dell’istituto bancario (27 dicembre 1989, 26 febbraio 1991 e 23 dicembre 1991), ma non si fa alcun cenno ad una qualche difformita’ tra la proposta rivolta a (OMISSIS) e la sua deliberazione del 26 febbraio 1991 e conseguente lettera, dalla stessa proveniente, del successivo 15 marzo;
-) il ricorso per cassazione non contiene parimenti alcuna specifica indicazione in ordine alla circostanziata deduzione, nel corso del giudizio di merito, della difformita’ tra la proposta che aveva condotto alla lettera del 15 marzo 1991 ed il contenuto di essa: e va da se’ che, attesa la natura impugnatoria dell’opposizione allo stato passivo, il tribunale non avrebbe neppure potuto di propria iniziativa ricostruire la vicenda in termini di nuova proposta di (OMISSIS) in assenza di una sua prospettazione, se non altro in fatto, in tal senso.
9.1.2.3. – D’altro canto, la doglianza sul punto e’ ulteriormente inammissibile anche perche’ generica. A pagina 20 del ricorso per cassazione si da’ infatti per scontato che il contenuto della lettera del 15 marzo 1991 sarebbe “difforme rispetto alla proposta del cav. (OMISSIS), in quanto reca condizioni risolutive certamente difformi”, ma manca di spiegare in che cosa consisterebbe esattamente tale difformita’, ove si consideri che la Delib. Istituto Bancario 27 dicembre 1989, poneva come condizione risolutiva della rinuncia agli interessi (oltre che il recupero del dovuto in sede concorsuale) la riscossione in tutto o in parte del credito vantato nei confronti del Comune di Palermo da una diversa societa’ del gruppo ( (OMISSIS) Spa), mentre la Delib. del 26 febbraio 1991, cui e’ seguita la lettera del 15 marzo 1991, parla, (oltre che del recupero del dovuto in sede concorsuale) di riscossione in tutto o in parte dei crediti derivanti da riserve e/o del residuo credito vantato nei confronti dello stesso Comune di Palermo da parte della medesima societa’ del gruppo: sicche’ non e’ affatto evidente, come pare ritenere la ricorrente, che, a fronte della proposta proveniente da un (OMISSIS) del 14 febbraio 1991, ove era richiesta la conferma della sospensione della capitalizzazione degli interessi precedentemente pattuita, l’evento condizionante risolutivamente la rinuncia agli interessi si fosse modificato.
Ne’ la considerazione che precede si pone in contraddizione con l’affermazione proveniente dal tribunale (pagina 11 del decreto impugnato) secondo cui “l’ipotetico accordo si sarebbe modificato nel tempo”, dal momento che detto accordo non ha evidentemente al suo centro l’individuazione della condizione risolutiva prevista, bensi’ l’identificazione della gamma dei rapporti intercorrenti tra le parti ed assoggettati alla rinuncia, gamma ampliatasi con “l’estensione della sospensione della contabilizzazione degli interessi moratori con decorrenza retroattiva su tutti i rapporti in essere intrattenuti dal Gruppo (OMISSIS)” (cosi’ la Delib. 23 dicembre 1991, trascritta pagina 10 del decreto impugnato).
9.1.2.4. – Per il resto, la censura e’ ancora inammissibile, in quanto si appunta su un passaggio motivazionale del decreto impugnato – l’idoneita’ dei documenti prodotti da (OMISSIS) a comprovare, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, la conoscenza da parte di (OMISSIS) della proposta di rinuncia condizionata agli interessi di cui alla lettera del 15 marzo 1991 – che, in riferimento alla doglianza concernente l’applicazione dell’articolo 1333 c.c., e’ privo di decisivita’, una volta disattesa la doglianza svolta contro la principale ed autonoma ratio decidendi adottata dal giudice di merito, laddove ha ritenuto che tale norma non potesse applicarsi in quanto (OMISSIS) era destinataria e non autrice della proposta.
9.2. – Il secondo motivo va disatteso.
Con riguardo al vizio di violazione di legge valgono le considerazioni svolte al par. 9.1.1.: non occorre dilungarsi per evidenziare che anche nel caso in esame la doglianza e’ difatti integralmente mediata dal dissenso manifestato dalla societa’ ricorrente in ordine alla ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito.
Sostiene per il resto in buona sostanza la societa’ ricorrente che il tribunale non avrebbe motivato la propria affermazione concernente l’inapplicabilita’ dell’articolo 1227 c.c., alla pattuizione di rinuncia condizionata agli interessi: ma cosi’ non e’, dal momento che il tribunale ha espressamente ritenuto che non ricorresse alcuno dei presupposti previsti da detta norma, ne’ la richiesta del proponente in tal senso, ne’ la prestazione da eseguirsi senza una preventiva risposta in base agli usi o alla natura dell’affare.
Si tratta, qui, di una valutazione del merito il cui controllo e’ interdetto – secondo i principi che poc’anzi si sono richiamati al giudice di legittimita’, salvo che sotto il profilo motivazionale: ma, per quest’aspetto, la ricorrente per cassazione ha sostenuto che il tribunale avrebbe errato perche’ l’applicazione dell’articolo 1327 c.c., avrebbe dovuto essere fatta discendere dalla natura dell’affare, trattandosi di prestazione di non facere consistente nel non riscuotere gli interessi in questione.
La doglianza cosi’ prospettata non coglie tuttavia nel segno.
Vale anzitutto osservare che l’affermazione di (OMISSIS) secondo cui la prestazione in discorso avrebbe natura di prestazione di non facere, non ha fondamento nel contesto della vicenda in esame: ed infatti la rinuncia agli interessi si risolveva nel caso di specie tutt’altro che in un mero non fare, giacche’, al contrario, essa richiedeva di estrinsecarsi in una modificazione del regime degli interessi altrimenti dovuti sui debiti maturati a carico del Gruppo (OMISSIS). E, d’altro canto, se le cose stessero come sostiene la ricorrente per cassazione, l’applicazione dell’articolo 1327 c.c., sarebbe senz’altro interdetta. Quale che sia l’esatta natura, controversa in dottrina, da attribuirsi all’esecuzione della prestazione senza una preventiva risposta, sta di fatto che detta esecuzione deve palesare all’esterno il sorgere del vincolo contrattuale, sicche’ una condotta meramente passiva non puo’ configurare esecuzione prima della risposta dell’accettante, tale da determinare la conclusione del contratto ai sensi dell’articolo 1327 c.c..
Viceversa, occorre richiamare il principio affermato da questa Corte secondo cui le ipotesi nelle quali il contratto deve ritenersi concluso nel tempo e nel luogo in cui ne ha avuto inizio l’esecuzione sono solo quelle tassativamente indicate dell’articolo 1327 c.c., comma 1 (richiesta del proponente, natura dell’affare e usi commerciali), che impongano l’esecuzione della prestazione senza una preventiva risposta (Cass. 22 aprile 2002, n. 5874; Cass. 12 novembre 2004, n. 21516). Percio’, ad esempio, non e’ sufficiente ad integrare questa ipotesi la mancanza di interesse del proponente alla preventiva accettazione, o ancora la circostanza che oggetto della prestazione sia un bene di largo consumo, o con prezzo predeterminato autoritativamente (Cass. 5 dicembre 1969, n. 3891; Cass. 10 novembre 1960, n. 2997).
Cio’ premesso, non risulta dunque comprensibile, dalla lettura del ricorso per cassazione, per quale ragione la prestazione consistente nella non riscossione degli interessi sarebbe per sua natura tale da dover essere eseguita senza una preventiva risposta.
7.3. – Il terzo motivo va disatteso.
7.3.1. – Con riguardo al vizio di violazione di legge valgono le considerazioni svolte al par. 9.1.1.: anche nel caso in esame la doglianza e’ difatti integralmente immediata dal dissenso manifestato dalla societa’ ricorrente in ordine alla ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito.
7.3.2. – Secondo la ricorrente, esclusa la conclusione dell’accordo concernente la rinuncia agli interessi ai sensi dell’articolo 1333 ovvero articolo 1327 c.c., il tribunale avrebbe dovuto comunque riconoscere che la stipulazione sul punto aveva avuto luogo secondo la regola generale stabilita dall’articolo 1326 c.c.: per il che avrebbe dovuto considerare quale proposta quella proveniente dal (OMISSIS) (lettera del 14 febbraio 1991), quale accettazione la lettera di (OMISSIS) del 15 marzo 1991, mentre la ricezione da parte di (OMISSIS) di tale accettazione avrebbe dovuto essere desunta dalla lettera intestata e con timbro conforme ” (OMISSIS) Sas di (OMISSIS)” in data 20 dicembre 1991, necessariamente riconducibile al rappresentante legale di (OMISSIS).
In contrario si deve tuttavia evidenziare che il tribunale si e’ soffermato su detta lettera, ritenendo che, a fronte della contestazione della Curatela, “l’opponente avrebbe dunque avuto l’onere, per valersi della scrittura, di produrre l’originale e di chiedere la verificazione della scrittura: invero, il disconoscimento della firma (o la dichiarazione del terzo, qual e’ il curatore, di non conoscere) si traduce in un disconoscimento della copia foto statica, con conseguente onere della parte che vuole avvalersene di produrre l’originale”.
Orbene, quest’ultimo argomento, consistente nel ritenere che la fotocopia prodotta dalla banca fosse stata assoggettata ad disconoscimento di conformita’ all’originale, secondo la previsione dell’articolo 2719 c.c., con conseguente onere di produzione dell’originale, non e’ stato sottoposto dalla ricorrente ad alcuna censura, il che rende ormai incontestabile che detto documento fosse radicalmente privo di efficacia probatoria.
7.3.3. – Per altro verso, la ricorrente per cassazione, a pagina 43-44 del ricorso, ha anche sostenuto che la conoscenza da parte di (OMISSIS) dell’accettazione di (OMISSIS) con lettera del 15 marzo 1991 avrebbe dovuto essere altresi’ desunta: a) da una lettera del rappresentante delle societa’ del Gruppo (OMISSIS) e faceva riferimento all’accordo sulla moratoria degli interessi; b) dalla circostanza che (OMISSIS) aveva contabilizzato nei bilanci il solo importo in linea capitale e non quello per interessi.
Riguardo a tali documenti, gia’ invocati dalla banca nella fase di merito, il tribunale ha tuttavia debitamente motivato motivato: “In ultimo, nessun rilievo in ordine alla prova di accordi successivi alla Delib. 27 dicembre 1989, puo’ assumere la circostanza che la (OMISSIS) nei precetti notificati alla (OMISSIS) Sas e al cav. (OMISSIS)Cassina (OMISSIS) diffidava pagare la sorte capitale, facendo riferimento alla rinuncia condizionata agli interessi, perche’ tale iniziativa non prova gli accordi in tal senso. Analoga considerazione vale per la contabilizzazione nel bilancio di (OMISSIS) Sas del solo debito capitale, per la lettera ricognitiva di debito del liquidatore (ove si fa riferimento al solo capitale)”.
Anche in questo caso siamo dinanzi ad una motivazione non implausibile ed adeguata: ed anche in questo caso, come si e’ gia’ detto, cio’ che la parte ricorrente richiede alla Corte di cassazione non e’ correggere la motivazione, ma di sostituire una motivazione gradita ad una sgradita.
7.4. – Il quarto motivo va disatteso.
Gia’ il giudice delegato, al momento della formazione dello stato passivo, risulta aver riconosciuto alla banca i soli interessi entro il quinquennio, mentre non risulta che la questione sia stata sollevata nella fase di opposizione allo stato passivo, con apposito motivo di doglianza, nulla emergendo in proposito ne’ dal decreto impugnato, ne’ dal ricorso per cassazione.
Ne discende, atteso il carattere impugnatorio del giudizio di opposizione allo stato passivo, che il punto e’ precluso.
7.5. – Il quinto motivo va accolto.
Anche in questo caso, come nei precedenti, si tratta di una censura mista sia di violazione di legge che di vizio motivazionale concernente il debito nascente dalle garanzie prestate dalla fallita.
Avendo accertato che vi era stata ricognizione del debito da parte del liquidatore della fallita, il tribunale, secondo la societa’ ricorrente, avrebbe errato nel negare valore decisivo a tale riconoscimento nonche’ nel pretendere dalla banca creditrice la prova che la prestazione della fideiussione del 5 agosto 1988 rispondesse ad un interesse della stessa fallita.
Osserva in proposito la Corte che nel caso di specie non si trattava di provare il rapporto fondamentale, che era pacificamente di fideiussione, bensi’ di accertare l’efficacia del negozio stipulato dall’amministratore nei confronti della societa’ rappresentata e, quindi, dei suoi creditori.
In tale contesto il tribunale avrebbe dovuto fare applicazione del principio secondo cui la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte dell’obbligazione, ma ha solo il piu’ limitato effetto di sollevare il creditore dall’onere di provare il proprio diritto. Essa, tuttavia, diviene inefficace, siccome priva di causa, ove il debitore (sul quale incombe la relativa prova) deduca e dimostri in giudizio la nullita’ o l’inesistenza del rapporto obbligatorio (Cass. 18 novembre 2008, n. 27.406).
7.6. – Il sesto motivo e’ assorbito.
7.7. – Il settimo motivo va disatteso.
Esso concerne la prelazione ipotecaria della banca. E, di fronte alla motivazione in fatto del tribunale, basata sull’impossibilita’ di accertare l’ammontare del credito per l’insufficienza della documentazione prodotta, il ricorso e’ volto ad illustrare in questa sede il fondamento della pretesa, attraverso il richiamo dei documenti indicati come pertinenti.
Ma, naturalmente, non e’ il giudizio di cassazione la sede volta allo scrutinio dei documenti, da sottoporre invece all’esame del giudice di merito, essendo il sindacato della Corte di cassazione limitato all’esame della congruita’ della motivazione, in questo caso ineccepibilmente resa dal tribunale con apprezzamento congruo e motivato.
7.8. – L’ottavo motivo e’ assorbito.

P.Q.M.

rigetta i motivi nn. 1, 2, 3, 4 e 7, accoglie il quinto, assorbiti il sesto e l’ottavo. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese al tribunale di Palermo in diversa composizione.

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